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Favoreggiamento personale: quando non si configura

Una persona, condannata per detenzione di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo di riqualificare il reato in favoreggiamento personale, sostenendo di essere stata costretta. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il favoreggiamento non è configurabile durante la commissione di un reato permanente come la detenzione di droga, poiché l’aiuto deve avvenire dopo la consumazione del reato principale.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento Personale e Detenzione di Droga: l’Analisi della Cassazione

Con l’ordinanza n. 5385 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla distinzione tra detenzione di stupefacenti e il reato di favoreggiamento personale. Il caso offre spunti cruciali per comprendere quando un soggetto che detiene droga per conto di terzi risponde del primo reato e non del secondo, specialmente in relazione alla natura permanente del delitto di detenzione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di una persona per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/90. La condanna, emessa in primo grado, veniva confermata anche dalla Corte d’Appello. L’imputata, non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico ma articolato motivo di ricorso.

Le Obiezioni della Difesa

La difesa lamentava un vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo principalmente tre tesi:

1. Applicazione della scriminante dello stato di necessità: L’imputata asseriva di essere stata costretta a detenere la droga sotto minaccia, invocando quindi l’applicazione dell’art. 54 del codice penale.
2. Riqualificazione in favoreggiamento personale: In alternativa, si criticava la mancata riqualificazione del fatto nel meno grave reato di favoreggiamento, sostenendo che la sua condotta fosse stata meramente quella di aiutare un altro soggetto a eludere le investigazioni.
3. Attenuante della minima partecipazione: In via subordinata, si richiedeva il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., per aver avuto un ruolo di minima importanza nella vicenda.

La Decisione della Cassazione e il diniego del favoreggiamento personale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni difensive infondate e, in parte, non proponibili in sede di legittimità. L’analisi dei giudici si è concentrata sui singoli punti sollevati dalla difesa, offrendo chiarimenti importanti.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le tesi difensive una per una. Innanzitutto, ha evidenziato come le censure relative alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove non potessero trovare spazio nel giudizio di Cassazione, che è un giudizio di legittimità e non di merito. La Corte d’Appello, secondo gli Ermellini, aveva fornito una motivazione congrua, adeguata e priva di vizi logici.

Sul punto specifico della scriminante della coazione, i giudici hanno osservato che la Corte di merito aveva correttamente respinto la richiesta, sottolineando come l’imputata non avesse mai riferito in precedenza di aver subito alcuna costrizione. Questa circostanza rendeva l’affermazione tardiva e priva di fondamento probatorio.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda la richiesta di riqualificare il reato in favoreggiamento personale. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il reato di favoreggiamento presuppone che il reato principale sia già stato commesso. La detenzione di sostanze stupefacenti, invece, è un reato di natura permanente, la cui consumazione si protrae per tutto il tempo in cui il soggetto detiene la sostanza. Di conseguenza, non è logicamente e giuridicamente possibile configurare un’attività di ‘aiuto’ post-delitto (tipica del favoreggiamento) mentre il delitto stesso (la detenzione) è ancora in corso.

Infine, anche la richiesta relativa all’attenuante della minima partecipazione è stata respinta. La Corte ha rilevato non solo che tale doglianza non era stata presentata in appello, ma anche che essa è del tutto infondata, poiché l’attenuante in questione è applicabile solo in caso di concorso di persone nel reato, ipotesi mai contestata nel caso di specie.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma che chi detiene stupefacenti per conto di terzi risponde del reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 e non del meno grave delitto di favoreggiamento personale. La natura permanente del reato di detenzione impedisce di considerare la condotta come un ‘aiuto’ fornito dopo la commissione di un reato. La decisione ribadisce inoltre i limiti del giudizio di Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito per rivalutare le prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Si può essere accusati di favoreggiamento personale per aver detenuto droga per conto di un’altra persona?
No. Secondo la Corte, il reato di favoreggiamento personale si può configurare solo dopo che un reato è stato commesso. Poiché la detenzione di stupefacenti è un reato permanente (che continua nel tempo), non è possibile commettere favoreggiamento mentre la detenzione stessa è in corso.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No. La Corte di Cassazione si limita a giudicare la legittimità della decisione, verificando che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione sia logica e non contraddittoria. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Perché la richiesta di applicare la scriminante della costrizione è stata respinta?
La Corte di merito ha respinto la richiesta perché l’imputata non aveva mai riferito in precedenza di aver subito alcuna attività di costrizione o minaccia per detenere lo stupefacente, rendendo la sua affermazione in sede di ricorso tardiva e non credibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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