Favoreggiamento personale o concorso nel reato? La Cassazione chiarisce
Quando aiutare un’altra persona a commettere un reato cessa di essere un semplice aiuto e diventa una vera e propria partecipazione al crimine? La distinzione tra favoreggiamento personale e concorso di persone nel reato è sottile ma cruciale, con conseguenze significative sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna su questo tema, offrendo un chiarimento fondamentale, specialmente in relazione ai cosiddetti ‘reati permanenti’.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un soggetto accusato di concorso in detenzione di sostanze stupefacenti. Secondo la ricostruzione, l’imputato era pienamente consapevole che all’interno di un ricovero situato in una proprietà a lui riconducibile fosse custodita una quantità di droga. Questa consapevolezza, emersa da intercettazioni telefoniche, durava da diverse settimane prima del sequestro da parte delle forze dell’ordine. L’imputato, nel suo ricorso, sosteneva che la sua condotta dovesse essere riqualificata nel meno grave delitto di favoreggiamento personale, ritenendo di aver semplicemente aiutato un’altra persona a nascondere la droga, senza partecipare attivamente alla sua detenzione.
La Decisione della Corte e la questione del favoreggiamento personale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della motivazione risiede nella natura del reato contestato: la detenzione di sostanze stupefacenti è un ‘reato permanente’. Ma cosa significa esattamente?
Un reato si definisce permanente quando la condotta illecita si protrae nel tempo. Nel caso della detenzione di droga, il reato non si esaurisce nel momento in cui si entra in possesso della sostanza, ma continua per tutto il tempo in cui la si detiene. La Corte ha ribadito un principio giuridico consolidato: il delitto di favoreggiamento personale può essere configurato solo se l’aiuto viene prestato dopo che il reato è stato completamente commesso e la sua fase di consumazione è terminata.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte sono state chiare e lineari. Qualsiasi forma di aiuto, supporto o agevolazione fornita al colpevole durante la perpetrazione di un reato permanente non costituisce favoreggiamento personale, bensì una forma di concorso nel reato stesso. Consentire consapevolmente che la droga venga nascosta in un luogo di cui si ha la disponibilità significa contribuire attivamente al protrarsi della condotta di detenzione. Questo contributo, anche se non materiale (come vendere la droga), si configura come un concorso morale, rafforzando l’altrui proposito criminale e garantendo le condizioni per la continuazione del reato. Pertanto, l’imputato non ha aiutato qualcuno a ‘sfuggire’ alla giustizia dopo il fatto, ma ha partecipato attivamente al fatto stesso, rendendolo possibile nel tempo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un importante principio di diritto: nei reati permanenti, il confine tra aiuto esterno e partecipazione attiva è quasi inesistente. Chiunque fornisca un contributo consapevole mentre il reato è in corso di svolgimento ne diventa complice a tutti gli effetti. La decisione ha implicazioni pratiche rilevanti: chi sceglie di ‘chiudere un occhio’ o di offrire un supporto logistico (come un luogo sicuro per nascondere merce illecita) non potrà successivamente invocare la meno grave accusa di favoreggiamento personale. La condotta, per la legge, è una vera e propria partecipazione al crimine, con tutte le conseguenze penali che ne derivano. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Qual è la differenza fondamentale tra concorso nel reato e favoreggiamento personale?
La differenza risiede nel momento in cui viene prestato l’aiuto. Si ha concorso nel reato quando si partecipa, materialmente o moralmente, durante la commissione del reato. Si ha favoreggiamento personale quando l’aiuto viene fornito dopo che il reato si è già concluso, per aiutare il colpevole a eludere le indagini o sottrarsi alla giustizia.
Perché nel caso di un reato permanente come la detenzione di droga non si può configurare il favoreggiamento personale?
Perché un reato permanente, come la detenzione di stupefacenti, si considera in corso di consumazione per tutto il tempo in cui la condotta illecita perdura. Qualsiasi aiuto fornito durante questo periodo (ad esempio, offrendo un nascondiglio) non avviene ‘dopo’ il reato, ma ‘durante’, e quindi si qualifica come una forma di concorso nel reato stesso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, significa che non esamina il merito della questione perché il ricorso manca dei presupposti di legge. Come conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11561 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11561 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CONEGLIANO il 08/03/1957
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME – che deduce il vizio motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del reato nel delitto di favoreggiament personale – è inammissibile perché, lungi dall’evidenziare profili di illogicità della motivaz si limita ad attaccare profili ricostruttivi del fatto, avendo, per contro, la Corte di ribadito, con argomentazioni immuni da censure, il concorso dell’imputato nella detenzione dello stupefacente sequestrato, posto che, come emerge dal contenuto di talune intercettazioni telefoniche (cfr. p. 4 e p. 5 della sentenza impugnata), l’imputato era ben consapevole che nel ricovero posto sul fondo della madre era custodita sostanza stupefacente, la cui presenza, per stessa ammissione dell’imputato, gli era nota da due-tre settimane prima del sequestro, e dovendosi ribadire il principio, correttamente richiamato dalla Corte di merito e con il qual ricorrente omette di misurarsi criticamente, che il delitto di favoreggiamento personale non configurabile in corso di consumazione di un reato permanente, come nel caso di specie, essendo contestata la condotta di detenzione, in quanto qualsiasi agevolazione del colpevole posta in essere durante la perpetrazione della sua condotta si risolve, salvo che non si diversamente previsto, in un concorso, quanto meno morale, nel reato allo stesso ascritto (Sez. 3, n. 14961 del 27/03/2024, Medda, Rv. 286105);
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della tassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025.