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Favoreggiamento personale: quando è concorso nel reato

La Corte di Cassazione chiarisce i confini tra concorso nel reato di detenzione di stupefacenti e favoreggiamento personale. La sentenza analizza il caso di una donna che, allertata dal convivente all’arrivo delle forze dell’ordine, ha tentato di nascondere un ingente quantitativo di droga. La Corte ha stabilito che tale condotta non integra il meno grave reato di favoreggiamento personale, bensì una piena partecipazione (concorso) al reato permanente di detenzione, poiché l’azione ha contribuito a protrarre la condotta illecita anziché a farla cessare.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento personale o concorso in spaccio? La Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9249 del 2025, affronta un tema cruciale nel diritto penale legato agli stupefacenti: la distinzione tra il favoreggiamento personale e il concorso nel reato di detenzione. La Corte ha stabilito che nascondere la droga per conto di un’altra persona, mentre la detenzione è ancora in corso, non costituisce un semplice aiuto post-fatto, ma una vera e propria partecipazione attiva al reato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda due persone conviventi. Un uomo viene fermato dalle forze dell’ordine e trovato in possesso di una piccola quantità di hashish. La successiva perquisizione si estende all’abitazione condivisa con la sua compagna. All’arrivo presso l’appartamento, l’uomo avverte la donna, la quale tenta prontamente di recuperare un quantitativo ben più cospicuo di sostanza stupefacente per nasconderlo all’esterno, in una dépendance. L’operazione non riesce e la droga viene recuperata dai Carabinieri.

La Corte di Appello aveva già condannato entrambi, qualificando il fatto come detenzione ai fini di spaccio (seppur nell’ipotesi di lieve entità) e riconoscendo il concorso della donna nel reato. Entrambi hanno proposto ricorso in Cassazione: l’uomo sostenendo che la droga fosse per uso personale, la donna chiedendo di riqualificare la sua condotta nel reato meno grave di favoreggiamento personale.

La Decisione della Corte sul Favoreggiamento Personale

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la decisione dei giudici di merito con motivazioni molto nette.

Per quanto riguarda la posizione dell’uomo, i giudici hanno ritenuto infondata la tesi dell’uso personale. La presenza di un quantitativo di droga sufficiente per oltre seicento dosi, una somma di denaro considerevole e non giustificabile, e le modalità di conservazione della sostanza sono stati considerati elementi univoci a sostegno dell’accusa di detenzione finalizzata alla cessione a terzi.

Il punto giuridicamente più rilevante riguarda però la posizione della donna e la distinzione con il favoreggiamento personale. La difesa sosteneva che il suo fosse stato un aiuto estemporaneo, volto unicamente a proteggere il convivente in una situazione di rischio. La Cassazione ha respinto questa lettura.

Il Reato Permanente e l’Esclusione del Favoreggiamento

Il fulcro del ragionamento della Corte risiede nella natura del reato di detenzione di stupefacenti. Si tratta di un “reato permanente”, la cui commissione si protrae per tutto il tempo in cui il soggetto ha la disponibilità della sostanza.

Il favoreggiamento personale, per sua natura, può essere commesso solo dopo che un reato si è concluso, al fine di aiutare il colpevole a sfuggire alla giustizia. Nel caso di specie, la condotta della donna (spostare e nascondere la droga) non è intervenuta a reato esaurito. Al contrario, si è inserita attivamente nella fase di consumazione del reato, contribuendo a mantenere e a occultare la sostanza e, di fatto, prolungando la detenzione illecita. Il suo gesto non era volto a far cessare la permanenza del reato, ma a garantirne la prosecuzione. Pertanto, la sua azione è stata correttamente inquadrata come un contributo causale alla realizzazione del reato stesso, configurando un’ipotesi di concorso e non di mero favoreggiamento.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Viene ribadito che non è configurabile il delitto di favoreggiamento personale per qualsiasi tipo di aiuto fornito durante la consumazione di un reato permanente. L’azione della donna, consistita nello spostamento e occultamento della droga, ha oggettivamente contribuito a rendere possibile l’ulteriore detenzione della sostanza, inserendosi attivamente nella custodia di essa. Non si è trattato, quindi, di un aiuto successivo, ma di una partecipazione diretta all’illecito. Inoltre, la Corte ha confermato il diniego delle attenuanti generiche per la donna, valorizzando un suo precedente specifico e il fatto che fosse già sottoposta a una misura non custodiale per reati della stessa indole.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: chi aiuta un’altra persona a nascondere sostanze stupefacenti rischia una condanna per concorso in detenzione ai fini di spaccio, un reato ben più grave del favoreggiamento personale. La distinzione chiave risiede nel momento in cui avviene l’aiuto: se il reato di detenzione è ancora in corso, qualsiasi condotta che ne faciliti la prosecuzione è considerata partecipazione attiva. Questa decisione rafforza un principio di rigore, sottolineando che anche condotte apparentemente secondarie possono integrare una piena responsabilità penale nel contesto dei reati legati alla droga.

Quando nascondere la droga per un’altra persona è concorso in detenzione e non favoreggiamento personale?
Secondo la Corte, si configura il concorso nel reato di detenzione quando l’azione di nascondere la sostanza avviene mentre il reato è ancora in corso (trattandosi di ‘reato permanente’). Tale condotta contribuisce a protrarre l’illecito e non è un semplice aiuto fornito dopo la sua conclusione, escludendo così il favoreggiamento personale.

Quali elementi possono escludere la destinazione della droga all’uso personale?
La sentenza indica che la destinazione allo spaccio può essere provata da un insieme di elementi, tra cui: il rinvenimento di un quantitativo ingente di sostanza (nel caso di specie, sufficiente per oltre 600 dosi), il possesso di una considerevole somma di denaro non giustificata e le modalità stesse di custodia della droga.

Perché sono state negate le attenuanti generiche alla coimputata?
La Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti generiche in base al precedente penale specifico della ricorrente e al fatto che, all’epoca dei fatti, fosse già sottoposta a una misura non custodiale per reati della stessa natura. Questi elementi sono stati considerati indicativi di una maggiore pericolosità sociale e ostativi a una riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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