Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9249 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9249 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 19/03/2000 a Roma COGNOME NOMECOGNOME nata il 30/11/1986 a Venafro
avverso la sentenza in data 15/04/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15/04/2024 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma di quella del Tribunale di Roma in data 16/11/2023, ha rideterminato le pene irrogate a NOME COGNOME e a NOME COGNOME in relazione alla detenzione di un quantitativo di hashish, qualificando il fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, ravvisando l’unicità del reato contestato a COGNOME,
riconoscendo infine, relativamente a quest’ultimo, la continuazione tra il reato in esame e quello oggetto di separata sentenza di condanna per fatto commesso il 20/09/2023.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 73 e 75 d.P.R. 309 del 1990.
La Corte aveva escluso la destinazione della droga ad uso personale, non considerando la rilevanza della dichiarazione resa dall’imputato in ordine all’uso abituale della sostanza e non valorizzando la circostanza che la droga era contenuta in un unico pacchetto in assenza di strumenti idonei al confezionamento, salva la presenza di bustine, di per sé non idonee, in quanto utilizzabili anche dall’assuntore.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dosimetria della pena.
La Corte non aveva dato conto dei criteri utilizzati per la determinazione della pena, non corrispondente ai minimi edittali, avendo fatto uso di formule generiche.
Ha presentato ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
3.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione nel delitto di favoreggiamento personale.
La ricorrente abitava nell’appartamento da un mese, nella sua stanza non erano stati rinvenuti elementi indicativi di attività di confezionamento e, per contro, il coimputato COGNOME si era assunto la responsabilità esclusiva della detenzione della droga rinvenuta, non rilevando l’eventuale consapevolezza da parte della ricorrente di quella detenzione.
Nel caso di specie l’aiuto prestato era stato estemporaneo in una situazione di rischio per il convivente, al di fuori di un contributo di tipo concorsuale, correlato ad una programmata disponibilità di droga.
Valutando il profilo psicologico e quello cronologico avrebbe dovuto darsi rilievo all’esclusiva volontà della ricorrente di favorire COGNOME in assenza della partecipazione al commercio o alla detenzione della sostanza stupefacente, potendosi richiamare l’orientamento in forza del quale è configurabile il delitto di favoreggiamento ove la condotta sia volta a facilitare la cessazione del reato.
3.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli artt. 62-bis e 133 cod. pen.
La Corte aveva valorizzato la gravità della condotta e la pericolosità del reato, elementi non incompatibili con la concessione delle attenuanti generiche, sia pur
solo equivalenti alla contestata recidiva, dovendosi considerare la giovane età e il comportamento susseguente, rappresentato dalla condotta processuale.
4 Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per l’inammissibilità dei ricorsi.
.5 Il procedimento si è svolto con trattazione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
.2. Relativamente a COGNOME, il primo motivo si risolve nella assertiva riproposizione di argomenti già dedotti ed esaminati dalla Corte territoriale, che con motivazione priva di fratture logiche ha escluso che la droga rinvenuta potesse dirsi destinata esclusivamente all’uso personale del ricorrente.
Nell’esame di tale questione, che postula la valutazione di profili fattuali e di per sé inerisce al merito, sono stati valorizzati: 1) la circostanza che nella vettura di COGNOME fosse stato rinvenuto un piccolo quantitativo di hashish, custodito in una bustina analoga ad altre poi repertate nell’abitazione del predetto, non utilizzabili per la conservazione di alimenti; 2) il fatto che in sede di perquisizione personale ydosso al predetto fosse stata rinvenuta una consistente somma di denaro, non confacente al suo stato e, peraltro, non compatibile, anche alla luce del rinvenimento di droga nell’abitazione, con l’assunto della destinazione del denaro all’acquisto per uso personale; 3) la circostanza che presso l’abitazione del ricorrente fosse stato recuperato il quantitativo più cospicuo, sufficiente per la preparazione di più di seicento dosi droganti.
Il complesso di tali elementi è stato dunque non illogicamente valutato come rappresentativo di una disponibilità di droga destinata all’ulteriore cessione, senza che gli argomenti difensivi risultino idonei a confutare tale conclusione, disarticolandone le premesse.
Il secondo motivo, riguardante la dosimetria della pena, è volto a sollecitare una diversa valutazione di merito, non consentita in questa sede, in assenza di profili di arbitrarietà del giudizio formulato dalla Corte, che, pur avendo riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, ha nondimeno sottolineato la concreta condotta tenuta dal ricorrente e il profilo personologico, in relazione ad una precedente condanna per fatto analogo, fermo restando che, a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione con
reato oggetto di separata sentenza, ritenuto più grave, è stato in concreto calcolato solo l’aumento imputabile al reato giudicato in questa sede, agli effetti dell’art. 81 cod. pen.
Relativamente alla posizione di COGNOME, il primo motivo è manifestamente infondato.
Al di là di quanto dichiarato da COGNOME, che si è assunto la responsabilità esclusiva della detenzione della droga rinvenuta nell’abitazione, la Corte ha non illogicamente considerato che la ricorrente, messa sull’avviso da quanto gridatole da COGNOME, accompagnato dai militari presso la sua abitazione, si era subito adoperata per recuperare il quantitativo maggiore di hashish e per nasconderlo all’esterno presso una dependance, dove peraltro era stata recuperata dai Carabinieri: su tali basi si è ritenuto che la predetta, la quale dimorava nell’abitazione da un mese, condividesse la detenzione con NOME COGNOME, avendo piena contezza dell’esistenza della droga e del luogo in cui si trovava, e che comunque ella non avesse in concreto agito al solo scopo di aiutare NOME COGNOME.
Deve sul punto rilevarsi come, contrariamente a quanto prospettato nel motivo di ricorso, non sia ravvisabile il delitto di favoreggiamento, in quanto la descritta condotta della ricorrente, risoltasi nello spostamento e occultamento della droga altrove, aveva contribuito a rendere possibile l’ulteriore detenzione della sostanza stupefacente, inserendosi attivamente nella custodia di essa, e non aveva dunque determinato l’interruzione della permanenza del reato al solo scopo di favorire COGNOME.
Si sottolinea al riguardo come / sulla base di un orientamento largamente prevalente non sia configurabile il delitto di favoreggiamento in relazione a qualsivoglia tipo di agevolazione realizzata in corso di consumazione di un reato permanente (sul punto Sez. 3, n. 14961 del 27/03/2024, COGNOME, Rv. 286105; Sez. 2, n. 282 del 22/09/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282510). Nei casi in cui si dà comunque rilievo al coefficiente psicologico che accompagna la condotta, si segnala, comunque, la necessità che la stessa valga a facilitare la cessazione della permanenza (Sez. 4, n. 28890 del 11/06/2019, COGNOME, Rv. 276571).
In tale ottica non può che rimarcarsi come, alla stregua di quanto rilevato, la condotta della ricorrente non fosse affatto volta a far cessare la permanenza ma fosse invece destinata a consentire la prosecuzione dell’illecita detenzione.
Di qui la manifesta infondatezza delle censure.
Anche con riguardo a COGNOME il secondo motivo si risolve nella non consentita sollecitazione di un diverso approccio valutativo, riguardante le attenuanti generiche e l’entità della pena, in assenza dell’individuazione di profili di
arbitrarietà del giudizio formulato dalla Corte, che ha tenuto conto del precedente specifico della ricorrente e del fatto che la stessa si trovava all’epoca dei fatti sottoposta a misura non custodiale per reati della stessa indole, elementi idonei a dar conto del diniego delle attenuanti e della concreta commisurazione del trattamento sanzionatorio.
Di qui l’inammissibilità dei ricorsi, cui segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/01/2025