Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15929 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15929 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 02/03/1982
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero
/in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
I difensori di NOME COGNOME ricorrono per l’annullamento dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato quella emessa il 31 ottobre 2024 dal GIP presso il medesimo Tribunale, che aveva applicato all’indagato la misura custodiale per concorso nel favoreggiamento della latitanza di Abbruzzese NOME, destinatario di ordinanze custodiali in qualità di promotore e organizzatore dell’omonima famiglia mafiosa, operante in Cassano allo Ionio, aiutandolo ad allontanarsi dalla Calabria e ospitandolo presso la villa di famiglia, ove
l’COGNOME sarebbe stato tratto in arresto il 6 novembre 2023, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Due sono i motivi di ricorso.
1.1. Con il primo si denuncia il difetto di motivazione per essersi il Tribunale limitato a ripetere le argomentazioni rese per le posizioni dei coindagati senza rispondere alle censure difensive. Erroneamente si afferma che il ricorrente, unitamente alla moglie, a COGNOME NOME e COGNOME NOME, avrebbe ospitato il boss latitante nella villa di famiglia, senza considerare che l’Abbruzzese è stato ospitato da COGNOME NOME presso la sua abitazione, mentre egli e la moglie abitano in luogo diverso e non hanno in alcun modo aiutato l’Abbruzzese ad allontanarsi dalla Calabria. Vi è travisamento dei fatti, in quanto il ricorrente non è presente agli spostamenti dell’Abruzzese del 5 e 6 novembre 2023 né il 17 ottobre, quando l’Abruzzese avrebbe dato indicazioni ai sodali prima di lasciare la Calabria; il Tribunale ha confuso la posizione del ricorrente con quella di COGNOME NOME e non è dato sapere in cosa sia consistito l’aiuto fornito all’Abruzzese.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione di legge e il difetto di motivazione intelazione agli artt. 192 cod. proc. pen., 378, 416-bis.1 cod. pen. e il travisamento del fatto.
Il Tribunale del riesame ha ripetuto quanto argomentato per altro correo senza valutare la posizione del ricorrente, ritenendo concreto e attuale il pericolo di reiterazione, all’evidenza confondendo la posizione del ricorrente con quella di COGNOME Nicola; non ha considerato che il ricorrente ha avuto contatti con l’Abruzzese solo tramite il suocero e solo quando si è recato a casa dei suoceri per pranzare; non ha considerato che il ricorrente è incensurato, non ha carichi pendenti e non ha mai dimostrato spregiudicatezza o ritrosia al rispetto delle regole, sicché non è dato comprendere su quali elementi sia fondato il pericolo di reiterazione. Mancante è anche la motivazione relativamente al tempo silente e all’attuale stato di salute del ricorrente, le cui condizioni erano state prospettate al fine di valutare la possibilità di attenuare la misura cautelare per consentirgli di sottoporsi alla terapia e ai continui controlli periodici necessari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi.
1.1. Generico e meramente oppositivo è il primo motivo con il quale si denuncia il difetto di motivazione e il travisamento dei fatti – vizio, questo, non deducibile in questa sede-, nonché la mancata risposta ai rilievi difensivi, neppure indicati, limitandosi il ricorrente a professare la propria estraneità alla
vicenda e la presenza inconsapevole in casa del suocero, evitando di confrontarsi con gli elementi indicati nell’ordinanza e valorizzando l’assenza e piuttosto che le circostanze in cui è stato presente in casa del suocero.
In modo lineare l’ordinanza ricostruisce la vicenda e i ruoli dei componenti della famiglia COGNOME l a partire dal giorno dell’arrivo del latitante presso la villa di famiglia sino a quello dell’arresto in base alle videoriprese delle telecamere ivi installate, coordinate con le risultanze delle intercettazioni e dell’analisi dei tabulati telefonici.
Nitidamente ripresa è la presenza del ricorrente presso la villa il giorno dopo l’arrivo del latitante e documentato l’aiuto offerto al suocero ed al cognato per l’operazione di trasferimento dei bagagli dell’Abbruzzese da un’autovettura ad un’altra, la stessa a bordo della quale la sera del 5 novembre 2023 il ricorrente, insieme a COGNOME NOME, scortava l’uscita dell’Abbruzzese a bordo di altra autovettura occupata da COGNOME NOME e preceduta da altro veicolo, con modalità a staffetta: metodica prudenziale, di norma utilizzata per proteggere gli occupanti del veicolo in posizione centrale, segnalando pericoli o presenze delle forze dell’ordine, che sarebbe stata utilizzata anche il giorno successivo/ per garantire il rientro dell’Abruzzese nella villa, ove fu tratto in arresto, e che era stata già utilizzata per proteggerne la trasferta in ambulanza dalla Calabria.
Ne deriva che non risulta affatto illogica o incoerente la valutazione del Tribunale in base agli elementi esaminati e valutati congiuntamente per la significatività del metodo utilizzato per gli spostamenti del latitante e delle accortezze utilizzate, di per sé, indicative della consapevolezza dello status e del ruolo del trasportato, come ricostruito nell’ordinanza e ritenute oggettivamente espressive della finalità di eludere i controlli e proteggere l’Abbruzzese, la cui ;tem; caratura criminale – eìff – u- ero – apicale non erano ignoti al ricorrente sia in ragione del rapporto familiare con i correi, sia degli stretti e risalenti rapporti tra la famigl degli Abbruzzese e quella dei Lovreglio, ricostruiti nell’ordinanza cautelare rinvenuta nella villa all’atto dell’arresto del latitante. Au
Anche in punto di esigenze cautelari l’ordinanza si sottrae a censure.
Posto che l’aggravante agevolatrice dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen. ha natura soggettiva ed è caratterizzata da dolo intenzionale e che nel reato concorsuale si applica al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell’altrui finalità (così Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep, 2020, COGNOME, Rv. 278734), proprio il rilievo attribuito all’intento di agevolare il clan, preservando il ruolo dirigenziale del latitante, giustifica i giudizio espresso dal Tribunale sul pericolo di recidiva e sulla irrilevanza dello stato di incensuratezza del Traversa nonché sulla ritenuta inadeguatezza della
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misura degli arresti domiciliari, avuto anche riguardo all’estrema gravità dei fatti, con giudizio di merito che non evidenzia vizi di illogicità manifesta.
Il Tribunale ha, infatti, desunto dalla gravità dei fatti, dalle modalità
esecutive della trasferta del latitante e dai metodi utilizzati per proteggerne la latitanza nonché dalla finalità perseguita, tipicamente mafiosi, un grave e
concreto pericolo di reiterazione, risultando minima la distanza temporale dai fatti ed indispensabile recidere i rapporti e le cointeressenze tra le due famiglie
con la misura più rigorosa, la cui adeguatezza e proporzionalità
/
presunta per legge, non risulta superata da elementi di segno contrario, avuto riguardo alla
operatività dell’associazione facente capo al latitante e ai risalenti rapporti tra le due famiglie mafiose; né risulta censurabile, a fronte del contesto delineato e
della personalità del ricorrente, il mancato apprezzamento delle documentate condizioni di salute, dovendo ritenersi implicitamente espresso un giudizio
negativo circa la loro incidenza sul grado delle esigenze cautelari da tutelare, ritenute prevalenti.
All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 20 marzo 2025