Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27604 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27604 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 17/01/1983 NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 29/12/1986 NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 05/09/1981 Azouzi Rami (CUI CODICE_FISCALE) nato il 18/02/1994 NOME Zcari (CUI CODICE_FISCALE) nato il 07/01/1979
avverso la sentenza del 21/11/2024 della Corte d’appello di Genova visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione del consigliere, NOME COGNOME lette le richieste scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; letta la memoria della difesa di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME con la quale ha la declaratoria di nullità o l’annullamento della sentenza
concluso chiedendo impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Genova ha parzialmente riformato la condanna, resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, in data 18 dicembre 2023, riducendo la pena irrogata, ex art. 599 cod. proc. pen. nei confronti di alcuni imputati, mentre nei confronti degli odierni ricorrenti NOME COGNOME (CUI 04JA3OV), NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE), alias NOME (CUI CODICE_FISCALE), alias NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE, alias NOME
l’egiziano , è stata confermata la condanna, pronunciata in primo grado, per tutti i reati loro ascritti.
1.1. Il primo giudice aveva condannato, NOME COGNOME in qualità di capo dell’organizzazione, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME quali partecipi, per il reato di associazione per delinquere finalizzato a commettere reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravato ai sensi dell’art. 12, comma 3bis d. lgs. n. 286 del 1998, commesso nel 2021 -2022.
Tutti i ricorrenti, inoltre, sono stati condannati per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina commessi dal 12 giugno 2021 al 17 gennaio 2022, con il riconoscimento della recidiva come contestata nonché delle pene accessorie di legge.
–NOME COGNOME (CUI 04JA3OV) è stato condannato alla pena di anni 7 e mesi 8 di reclusione ed euro 200.000 di multa;
–NOME (CUI CODICE_FISCALE, alias NOME) è stato condannato alla pena di anni 7, mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed euro 193.334 di multa;
–NOME (CUI CODICE_FISCALE, alias NOME) è stato condannato alla pena di anni 5, mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed euro 23.334 di multa;
–COGNOMECUI 04J98HI) è stato condannato alla pena di anni 4, mesi 9 giorni 10 di reclusione ed euro 110.000 di multa riconosciute all’imputato le circostanze attenuanti generiche;
–NOME COGNOMECUI 028IONV alias l’egiziano ) è stato condannato per una pluralità di delitti di cui all’art. 12 TU Imm. (capi 12, 14, 15, 16, 18, 20, 22, 24, 26, 28 e assolto dal reato di cui al capo 23) alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 150.000 di multa, riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
L’affermazione di responsabilità si è basata sull’esito delle indagini della Compagnia della Guardia di finanza di Ventimiglia, attivate per la segnalazione di un volontario della Caritas, che consentivano di accertare l’esistenza di un traffico illecito, volto a sfruttare migranti intenzionati a oltrepassare il confine tra l’estremo ponente ligure e la Francia.
Si riscontrava che, nella località INDIRIZZO del Comune di Ventimiglia, dove venivano reperiti rifiuti e documenti che dimostravano il passaggio di molti extracomunitari, era stato allestito un vero e proprio punto di incontro di cittadini stranieri. A seguito dello svolgimento di servizi di osservazione si verificava l’esistenza di gruppi di cittadini stranieri che iniziavano il cammino e il ritorno di uno solo di costoro.
Si individuavano, tra gli accompagnatori, NOME COGNOME (non ricorrente) già noto alle Forze dell’ordine, perché sottoposto a misura cautelare per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al quale si accompagnava NOME COGNOME risultato utilizzatore dell’utenza telefonica 3511407988, poi
sottoposta ad intercettazione, assieme ad altre che erano risultate a questa collegate e di interesse per l’indagine .
Veniva, così, accertata l’esistenza di un’organizzazione impegnata nell’intercettazione di migranti intenzionati a raggiungere la Francia clandestinamente, a gestire il loro trasporto tramite accompagnamento a piedi, lungo percorsi montani, in auto o su camion i cui autisti, alcune volte, ignoravano la presenza di persone nascoste nel mezzo.
Il capo del sodalizio veniva individuato in NOME COGNOME, coadiuvato dai due fratelli NOME e NOME e dal cugino (non ricorrente) con i quali collaboravano un cittadino tunisino, COGNOME e un altro di nazionalità marocchina (non ricorrente), mentre era emerso che il cittadino egiziano NOME si era occupato di singoli trasporti. Le tariffe, stabilite per i passaggi, erano di 150,00 € a persona per l’accompagnamento a piedi , mentre il trasporto con veicoli costava 250,00-300,00 euro a persona.
I tre fratelli, secondo la ricostruzione recepita nel provvedimento di primo grado, hanno negato la propria responsabilità ammessa, invece, dai restanti imputati ai quali sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
1.2. La Corte territoriale ha accolto le proposte di concordato svolte da taluni concorrenti nei reati ascritti agli odierni ricorrenti, riducendo la pena loro irrogata (v. p. 5 della sentenza).
La Corte territoriale ha escluso ogni rilievo alle eccezioni svolte con il gravame circa la non corretta trascrizione delle conversazioni intercettate, stante la definizione del processo con il rito abbreviato. Inoltre, la sentenza ha segnalato che le utenze telefoniche, oggetto di intercettazione, erano state scrupolosamente attribuite ai vari imputati, come indicato nella pronuncia di primo grado, alla quale la Corte territoriale operava rinvio.
Si è ritenuta sussistente la condizione di clandestinità degli stranieri interessati ai trasporti ed evidente l’o biettivo di varcare il confine con la Francia, unico Stato straniero raggiungibile da Ventimiglia. Si è sottolineato che il ricorso a passaggi costosi e rischiosi, svolti sempre in orario notturno, non con mezzi di trasporto regolari, rendeva evidente tale clandestinità tenuto conto, peraltro, che Ventimiglia dista dalla Francia pochi chilometri e che, con il treno, tale passaggio sarebbe potuto avvenire al costo di qualche euro, con tragitto che, tuttavia, sarebbe stato sottoposto ai controlli severi della polizia francese, presente a bordo dei convogli.
Si è escluso rilievo alla prova dell’avvenuto trasporto in Francia perché il reato contestato agli imputati, di cui all’art. 12 TU Imm., è stato considerato perfezionato con il mero compimento di atti diretti a procurare l’ingresso dei cittadini extracomunitari. Sono state, altresì, confermate le circostanze aggravanti contestate, sia del numero delle persone il cui ingresso è stato
agevolato, sia del fine di profitto e non si è riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art 114 cod. pen.
Infine, al di fuori degli imputati per i quali queste erano già state concesse dal primo giudice, la Corte territoriale ha condiviso il diniego delle circostanze di cui all’art. 62 -bis cod. pen.
A p. 7 e ss. la Corte di appello poi illustra le ragioni per le quali ha condiviso l’affermazione di responsabilità per il reato associativo e gli elementi valorizzati a carico di ciascuno degli imputati.
Avverso detta sentenza, hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati di seguito indicati, a mezzo dei propri difensori, denunciando plurimi vizi, di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen .
2.1. NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE), alias NOME COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE), alias NOMECOGNOME per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciano quattro vizi.
2.1.1. Il primo motivo deduce vizio di motivazione quanto al reato associativo e violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.
Ciò che caratterizza l’associazione viene rinvenuto dalla Corte di appello attraverso una motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado, nonostante le specifiche censure che erano contenute nell’atto di appello.
Tanto, in particolare, con riferimento alla insussistenza di un accordo a monte, idoneo alla realizzazione di un numero indeterminato di reati, ma prospettando, la difesa, l’esistenza di accordi, di volta in volta posti in essere dagli imputati, che avrebbero agito, all’occorrenza, in occasione della richiesta di quello o questo migrante.
Rispetto a tale specifica critica, il provvedimento della Corte territoriale ha omesso ogni motivazione, anche con riferimento alla posizione specifica di NOMECOGNOME il quale risulta, durante il periodo in cui i fratelli operavano, non in Italia.
Inoltre, si segnalava, da parte degli appellanti, la presenza di una serie di correi diversi per ciascuno dei reati fine attribuito ai ricorrenti.
2.1.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen. per l’imputato NOMECOGNOME
Rispetto alla partecipazione del ricorrente, la Corte di appello ha sostenuto che ciascun partecipe svolse un ruolo ben determinato per cui se non fosse stato coinvolto, l’organizzazione delle prestazioni sarebbe stata in qualche modo mutata e, quindi, ha escluso la circostanza attenuante di cui all’art 114 cod. pen.
Si tratta di motivazione insufficiente perché la giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante invocata, valorizza il contributo di rilevanza marginale ossia di efficacia causale lieve, rispetto
all’evento, tale da risultare trascurabile. Detta giurisprudenza non è stata tenuta in considerazione dalla Corte territoriale che ha trascurato che la condotta di NOME è stata attuata attraverso modalità che avrebbero consentito l’applicazione della circostanza.
2.1.3. Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 12 TU Imm .
La Corte di appello di Genova, con riferimento alla sussistenza del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non si è confrontata con le doglianze difensive nella parte in cui lamentavano la mancanza di prova dell’ingresso, in territorio francese, dei clandestini favoriti.
Le intercettazioni, poste a base della condanna, danno conto, per i ricorrenti, che in taluni casi si è verificata l’impossibilità del passaggio di frontiere e, anzi, il fallimento del tentativo di farlo (v. p. 51 della sentenza di primo grado), dando conto, ad esempio, della morte di un trasportato o dell’intervento dei Carabinieri che avevano arrestato un clandestino. Sicché, mancherebbe la prova del successivo ingresso dei trasportati in Francia e, quindi, della concreta idoneità delle condotte poste in essere a favorirne l’ingresso illegale.
2.1.4. Con il quarto motivo di denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il Giudice di secondo grado non ha considerato la contraddittorietà della sentenza di primo grado nella parte in cui ammetteva che, nonostante il sostanziale lucro, i reati sono stati commessi rispettando la dignità delle persone, rimarcando, anzi, che i migranti venivano accolti anche a casa dell’organizzatore, venivano sfamati, muniti di coperte in caso di temperature rigide. Peraltro, le cifre concordate sono indicate come assolutamente esigue, dato meritevole di considerazione ai fini delle circostanze attenuanti.
Si tratta di fatto che complessivamente esprime un disvalore minore rispetto alla figura tipica del reato di cui all’art. 12 TU Imm.
Nel caso di specie, poi, contraddittoriamente, le circostanze attenuanti generiche sono state concesse a coloro che hanno dato prova di ravvedimento della consapevolezza della gravità della condotta. Invece, nel caso dei ricorrenti, questi hanno manifestato umanità nei confronti dei trasportati, circostanza positiva che avrebbe potuto influire sulla concedibilità del beneficio invocato.
2.2. COGNOMECUI CODICE_FISCALE), per il tramite del difensore, avv. COGNOMENOME COGNOME denuncia, con un solo motivo, erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione in ordine alla condizione di clandestinità dei soggetti trasportati.
La sentenza impugnata, a p. 6, evidenzia che non c’è dubbio sulla condizione di clandestinità dei trasportati, avendo questi evidente interesse a varcare il confine con la Francia in modo clandestino pur essendo, lo Stato
straniero di destinazione, agevolmente raggiungibile da Ventimiglia-Grimaldi, con ordinari mezzi di trasporto ai quali i soggetti non clandestini avrebbero, senz’altro, p otuto fare ricorso.
Il ragionamento, secondo il ricorrente, è generico anche perché la norma non punisce il mero trasporto di una persona da uno Stato ad un altro. È necessario, invece, che le persone trasportate abbiano violato le norme in tema di immigrazione perché queste non avrebbero titolo di residenza nello Stato di destinazione.
Qualsiasi cittadino, infatti, secondo l’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, ha diritto di presentarsi alla frontiera di uno Stato straniero anche se sprovvisto di documenti d’identificazione e di legittimazione alla residenza, onde richiedere protezione internazionale, diritto garantito sia dalla Francia, sia dall’Italia, Stati coinvolti nella presente vicenda.
La legge italiana non punisce chiunque aiuti un soggetto a entrare in uno Stato ma solo quegli aiuti che sono diretti a procurare l’ingresso di persone che non possono e non devono, per qualche ragione, fare ingresso nel Paese di destinazione. Né, nel caso di specie è stato chiarito se i passeggeri fossero diretti in via definitiva in Francia o altrove. Non è chiaro neanche se si sia trattato di persone che potevano chiedere asilo o se si tratta di cittadini espulsi.
2.3. COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) alias NOME l’egiziano , per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME affida il ricorso a cinque motivi.
2.3.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 12 TU Imm.
La motivazione della Corte territoriale (v. p. 2 della sentenza) non ha preso in esame la posizione del ricorrente a fronte delle doglianze sollevate atto di impugnazione.
In particolare, il decidente, nel ritenere sussistente il reato a prescindere dalla prova dell’effettivo trasporto in Francia, non ha valutato il profilo della idoneità dell’azione per tutti i reati contestati all’imputato. Questi mancano della prova del successivo ingresso dei migranti in Francia e i servizi di pedinamento da parte della polizia di frontiera italiana, le operazioni di arresto da parte dell’autorità francese, le rudimentali operazioni con le quali si svolgevano i trasporti, dei quali gli imputati parlavano liberamente come dimostrano le intercettazioni, sono circostanze che rendono inidonea la condotta a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello Stato.
2.3.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione e violazione di legge, con riferimento alle circostanze aggravanti della finalità di lucro, del numero dei cittadini stranieri favoriti e dell’aver commesso il fatto in concorso con il concorso di tre o più persone.
L’imputato è stato condannato in relazione a condotte considerate aggravate.
La circostanza aggravante relativa al fine di profitto è soggettiva e si incentra su una particolare motivazione a delinquere e sulla direzione finalistica della condotta. I giudici di merito, nella specie, non hanno motivato in ordine a prove o riscontri effettivi che possano dimostrare l’effettiva riscossione di denaro da parte dell’imputato.
Non vi è sequestro di denaro contante, carte di credito, postepay riferibili all’imputato né vi sono movimentazioni di denaro dimostrate a suo favore con qualsiasi soggetto, irregolare e senza fissa dimora, che domiciliava all’interno di uno stabile abbandonato.
2.3.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge, erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della circostanza di cui all’art. 114 cod. pen.
La motivazione della Corte territoriale è carente quanto alla mancata applicazione della circostanza attenuante indicata, a fronte di specifico motivo di appello. Si tratta di vizio per violazione dell ‘ articolo 125, comma 3, del codice di rito nonché dell’art. 111, comma 7, Cost.
La Corte di appello si è limitata a ritenere che ciascun partecipe ha svolto un ruolo ben determinato per il buon fine delle operazioni per cui, se non fosse stato coinvolto, l’organizzazione delle prestazioni sarebbe in qualche modo mutata, così escludendo la circostanza invocata.
Si tratta di motivazione che non è logica, che è incompleta e, peraltro, non risponde ai motivi di gravame.
Ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante invocata, non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo, rispetto a quella realizzata dagli altri, ma è necessario il contributo dato come assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale dell’ iter criminoso.
2.3.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen. e vizio di motivazione.
L’atto di appello conteneva la richiesta di riconoscimento della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. perché il pregiudizio cagionato ai cittadini stranieri era da ritenersi lievissimo, non risultando alcun effettivo e provato danno, anzi i reati sono stati commessi sempre rispettando la dignità delle persone. Si rileva che su tale punto non vi è motivazione.
2.3.5. Con il quinto motivo si denuncia erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione circa il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonché circa l’entità del trattamento sanzionatorio, in
relazione alla misura della pena base e all’entità dell’aumento per la continuazione.
Non è stata motivata, specificamente, la concessione delle circostanze attenuanti generiche non nella massima estensione, né la mancata concessione del minimo edittale e del minimo aumento per la continuazione
Ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza non sono stati valutati tutti gli elementi rilevati con l’atto di appello, con particolare riferimento alla condotta positiva del condannato successiva al reato, alla capacità a delinquere e al l’oggettività del reato commesso.
Infine, si contesta la mancata motivazione in ordine alla commisurazione degli aumenti di pena, per ciascuno dei reati satellite, come preteso dalle Sezioni Unite di questa Corte richiamata con il ricorso, secondo la quale ove si riconosca la continuazione, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato più grave, deve stabilire l’entità di ciascun aumento, in modo distinto per ognuno dei reati satellite.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire richieste scritte, con le quali ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi, in assenza di richiesta di trattazione in udienza partecipata.
La difesa di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME con p. e. c. del 16 maggio 2025, ha fatto pervenire richieste scritte con le quali ha concluso chiedendo la declaratoria di nullità o l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.I ricorsi sono infondati.
I ricorsi proposti da NOME COGNOME (CUI 04JA3OV), NOME COGNOME (CUI 04CSDR5), alias NOME (CUI 049PM92), alias NOME, sono infondati.
2.1. Il primo motivo è infondato.
I ricorrenti si dolgono del ricorso, da parte della Corte territoriale, ad una motivazione per relationem quanto alle argomentazioni svolte dal primo giudice in ordine al reato associativo, prospettando che, invece, si tratta di prestazioni occasionali assicurate di volta in volta, in assenza di accordo a monte tra i sodali.
Su tale punto, va ricordato che il richiamo ai contenuti della sentenza di primo grado non è idoneo a sanare le lacune motivazionali quando, per valutare le censure d’appello, esso sia svolto in termini che impongono di fare esclusivo riferimento alla motivazione della sentenza di primo grado e che,
conseguentemente, non consentono di stabilire, neppure in forma parziale o implicita, il necessario rapporto dialettico fra i motivi d’appello e la sentenza di secondo grado (Sez. 5, n. 52619 del 05/10/2016, COGNOME, Rv. 268859).
Se è vero che, in presenza di decisioni di primo e secondo grado motivate con criteri omogenei e con un apparato logico uniforme -come quelle in esame nel caso in valutazione – è possibile procedere all’integrazione delle due sentenze in modo da farle confluire in una struttura argomentativa unitaria da sottoporre al controllo in sede di legittimità (tra le altre Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595) è, però, necessario che di integrazione si tratti.
La motivazione della sentenza di secondo grado, cioè, deve recare un esame delle censure proposte dall’appellante, sia pure con criteri conformi a quelli adottati dal giudice di primo grado e con riferimenti ai passaggi logici e giuridici della decisione appellata, in modo da evidenziare un’argomentata concordanza nell’analisi e nella valutazione degli elementi posti a fondamento del giudizio (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, cit.). «Occorre, in altre parole, che la sentenza di secondo grado si confronti effettivamente con i motivi di appello, esprimendo una specifica valutazione sugli stessi, propria del giudice dell’impugnazione; condizione, questa, che non ricorre all’evidenza laddove la formulazione della predetta sentenza imponga, per soppesare la fondatezza o meno delle argomentazioni difensive, di fare esclusivo riferimento a quanto esposto nella sentenza di primo grado» (così in motivazione Sez. 5, n. 52619 del 05/10/2016, Unterholzner, cit.).
Orbene, rispetto all’apparato argomentativo svolto dalla Corte territoriale, l’ esame dei motivi di appello appare esauriente (v. p. 28 e ss. della sentenza di primo grado e p. 7 della sentenza appello) e conforme ai principi giurisprudenziali indicati.
Infatti, la sentenza impugnata, sia pure sinteticamente, ha richiamato i temi sviluppati da quella di primo grado, segnalando che, in relazione al reato associativo le censure prospettate con il gravame apparivano del tutto aspecifiche, proseguendo, comunque, a delineare i ruoli e le modalità organizzative del sodalizio. Inoltre, la Corte di appello ha esposto rispetto alla specifica critica mossa quanto alla natura occasionale delle prestazioni, che queste non si erano limitate ad interventi non organizzati e diretti a soddisfare mere, imprevedibili e impreviste richieste, su tale punto richiamando, anzi, i dati di fatto già descritti dalle p. 28 a 49 della sentenza di primo grado, reputati espressione dell’attività sistematica organizzata dal gruppo.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile.
La censura prospettata è del tut to generica posto che, per l’imputato NOMECOGNOME pur richiamando in astratto condivisibili principi giurisprudenziali, non si espongono puntualmente le ragioni in fatto e in diritto in base alle quali la
con dotta dell’imputato dovrebbe integrare l ‘invocata fattispecie attenuata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822; Sez. 2, n. 5522 del 22/10/2013, Rv. 258264; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Rv. n. 254584).
2.3. Il terzo motivo è infondato.
Invero, si osserva che è sufficiente ad integrare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina qualsiasi condotta “diretta a procurare l’ingresso”.
Si è in presenza, evidentemente, di una norma a più fattispecie, in cui il reato rimane unico anche se il soggetto attivo realizza contestualmente più di una condotta fra quelle previste.
Sicché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio aderisce, è da ritenersi che non è mutata la fattispecie criminosa dell’art. 12 comma 3, TU Imm., che corrisponde a un reato di pericolo o a consumazione anticipata, il quale si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a procurare l’ingresso (Sez. U, n. n. 40982 del 21/06/2018, Mizanur, Rv. 273937; Sez. 1, n. 12748 del 27/02/2019, Piedimonte, Rv. 274991; Sez. 1, n, 45734 del 31/03/2017, Bouslinn, Rv. 271127; Sez. 1, n. 28819 del 22/05/2014, COGNOME, Rv. 259915).
Nessun elemento, dunque, sorregge la tesi propugnata dalla difesa che pretende, per la configurabilità del reato, la necessità dell’effettivo ingresso degli stranieri nel territorio nazionale. Sicché appare privo di rilievo decisivo il mancato riferimento, nei provvedimenti di merito, ad operazioni che si sono concluse con il fallimento del passaggio alla frontiera dei cittadini stranieri, o per l’arresto o per il respingimento di questi.
2.4. Il quarto motivo inammissibile.
Appare immune da vizi di ogni tipo e giustificata, con ragionamento privo di illogicità manifesta, l’opzione del primo giudice, richiamata nel provvedimento di appello, in base alla quale sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’or ganizzatore e agli altri associati (v. p. 78 e ss.).
Del resto, è pacifica la giurisprudenza di questa Corte nel senso che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, anche di natura positiva, prospettati dall’appellante. È invece, necessario che spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione delle circostanze, ritenute di preponderante rilievo (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 -01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Rv. 260610).
Il ricorso proposto da COGNOME (CUI 04J98HI) è infondato.
Si osserva che, in tema di immigrazione clandestina, il delitto di cui all’art. 12, comma 3, TU Imm. è integrato – anche dopo le modifiche introdotte nel
predetto articolo dalla L. n. 94 del 2009 – non solo dalle condotte specificamente finalizzate a consentire l’arrivo in Italia di cittadini stranieri in posizione irregolare, ma anche da quelle, immediatamente successive, intese a garantire il buon esito dell’operazione, la sottrazione ai controlli della polizia e l’avvio dei clandestini verso la località di destinazione, nonché, in genere, da tutte quelle attività di fiancheggiamento e di cooperazione collegabili all’ingresso di cittadini stranieri (Sez. 1, n. 37277 del 23/04/2015, COGNOME e altro, Rv. 264564: nella specie, si è ritenuta immune da censura la condanna, a titolo di concorso nel reato, di un soggetto che aveva provveduto a trasportare in pullman alcuni clandestini, sbarcati sulla costa siciliana, dapprima in un’abitazione rurale, ed in seguito fino alla stazione ferroviaria di Palermo.
Nel caso al vaglio, il primo giudice (v. p. 22 e ss. della sentenza di primo grado) evidenzia che, dalle intercettazioni svolte, è emerso che i migranti erano clandestini e che avevano l’esigenza di varcare il confine senza avere titolo per entrare in Francia.
Invero, le conversazioni captate, secondo il ragionamento immune da vizi e illogicità manifesta dei giudici di merito, evidenziano la preoccupazione per i continui arresti effettuati dalla polizia francese e per gli assidui controlli svolti dalla polizia di confine.
Si riportano, inoltre (v. p. 23 e ss.), le conversazioni ritenute significative rispetto alla clandestinità dei trasportati tanto che, in alcuni viaggi, questi erano stati arrestati insieme ai soggetti che avevano guidato in Francia i migranti. Questi ultimi sono descritti come giunti a Ventimiglia, attraverso la ferrovia nazionale, in contatto con membri dell’organizzazione per predisporre il trasporto e il passaggio di confine, con specifiche modalità (o a piedi, attraverso sentieri montani, o in vettura, al prezzo di 250300 € a persona , o con camion a prezzo di 150 € a persona ).
Il ragionamento di merito svolto, dunque, appare immune da illogicità manifesta e, comunque, fondato anche su una solida prova logica adeguatamente considerata nei provvedimenti di merito, non rivedibili, pertanto, nella presente sede per i noti limiti del sindacato di legittimità.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME (CUI 028IONV) è infondato.
4.1. Il primo motivo è infondato.
Invero, si osserva che è sufficiente ad integrare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina qualsiasi condotta “diretta a procurare l’ingresso”.
Si è in presenza, evidentemente, di una norma a più fattispecie, in cui il reato rimane unico anche se il soggetto attivo realizza contestualmente più di una condotta fra quelle previste.
Sicché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio aderisce, è da ritenersi che non è mutata la fattispecie criminosa dell’art. 12 comma 3, TU Imm., che corrisponde a un reato di pericolo o a consumazione anticipata, il quale si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a procurare l’ingresso (Sez. U, n. n. 40982 del 21/06/2018, Mizanur, cit.; Sez. 1, n. 12748 del 27/02/2019, Piedimonte, cit.).
Nessun elemento, dunque, sorregge la tesi propugnata dalla difesa che pretende, per la configurabilità del reato, la necessità dell’effettivo ingresso degli stranieri nel territorio nazionale.
Peraltro, a carico del ricorrente, almeno in quattro casi (v. p. 65 e ss. sentenza di primo grado, capi 20, 22, 24, 26), le conversazioni telefoniche captate, commentate nei provvedimenti di merito, nelle quali si organizza il viaggio in cui parla proprio il ricorrente, sono seguite da appostamenti della Guardia di finanza nel luogo di ritrovo per la partenza (località Roverino). Le sentenze di merito danno atto, poi, che si tratta proprio di luogo nel quale erano stati notati dagli investigatori mezzi di trasporto, persone che salivano a bordo dei mezzi e che si spostavano verso la barriera autostradale verso la Francia, peraltro dietro pagamento di somme di danaro, come dimostrato dal contenuto dei dialoghi commentati.
Appare, infine, condivisibile l’indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità secondo il quale le due sentenze di merito, ove conformi, possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615-01).
4.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Invero, dai colloqui intercettati di cui rende conto la sentenza di primo grado, richiamata da quella impugnata, emerge che sono moltissime le conversazioni in cui anche lo stesso imputato fa espresso riferimento al pagamento di somme per il trasporto (v. p. 65 sentenza di primo grado con riferimento al capo 20, rispetto al quale le somme da consegnare erano pari ad euro 650,00 in relazione al trasporto di tre cittadini afghani).
Dunque, rispetto a tali risultanze, appare non pertinente il richiamo, operato dal ricorrente, all’orientamento che attribuisce natura soggettiva alla circostanza aggravante del fine di profitto e al mancato sequestro, ai danni del ricorrente, di somme di danaro in quanto non precisamente calibrato rispetto alla complessiva motivazione di merito.
4.3. Il terzo motivo è inammissibile.
La censura è aspecifica perché non precisa in base a quali elementi la condotta dell’imputato doveva essere reputata marginale e con lieve efficacia causale, rispetto al l’attività illecita contestata.
Il ricorso, anzi, si limita a richiamare quando devoluto con il gravame, senza esporre la censura e rapportarla al contenuto complessivo della sentenza di secondo grado.
Si rileva che la condotta di NOME l’egiziano viene descritta dalle sentenze di merito come quella di un vero e proprio organizzatore dei trasporti da lui stesso concordati, quanto a orari di partenza e luogo di ritrovo, come soggetto che riscuote le somme dovute dai clandestini, che collabora abitualmente con l’autista NOME ed al quale si riferiscono gli esecutori materiali del trasporto illegale, telefonicamente, anche per dare conto del buon fine delle operazioni.
Dunque, la conclusione cui sono giunti i giudici di merito appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, ai fini del riconoscimento dell’attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, a mente dell’art. 114 cod. pen., la valutazione, anche implicita, delle condotte concorsuali non si traduce in una comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell’impresa criminosa. È necessario, invece, un esame volto ad accertare se il contributo, dato dal compartecipe, si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di efficacia causale così lieve rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso (tra le altre, Sez. 1, n. 35950 del 25/11/2020, Indelicato, Rv. 280081 – 01; Sez. 1, n. 26031 del 09/05/2013, COGNOME, Rv. 256035 – 01), marginalità che, per quanto sin qui detto, è stata coerentemente esclusa in sede di merito.
4.4. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Il danno , nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, secondo la giurisprudenza cui il Collegio intende dare continuità, non è solo quello arrecato ai favoriti ma anche all’ordine pubblico (cfr. Sez. 1, n. 9636 del 13/05/2016, dep. 2017, Rv. 269351 -01).
Invero, in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non è configurabile l’attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità in ragione del modesto importo del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito.
Nel puntualizzarsi che l’attenuante del danno di lieve entità è applicabile anche ai reati di pericolo, qualora siano plurioffensivi e colpiscano anche il patrimonio (tra le altre, Sez. 5, n. 28157 del 03/02/2015, Lande, Rv. 264917, in materia di esercizio abusivo di intermediazione finanziaria; Sez. 5, n. 35774 del 01/06/2011, COGNOME, Rv. 250937, in materia di reato tentato di contraffazione di moneta nazionale; Sez. 5, n. 5540 del 17/12/1996, dep. 1997,
COGNOME, Rv. 207134, in tema di emissione di assegno a vuoto; Sez. 1, n. 16510 del 17/10/1989, COGNOME, Rv. 182670, in materia di incendio), si è osservato che l’eventuale mancanza del danno patrimoniale non esclude comunque la sussistenza del reato quando rimane leso l’altro interesse protetto dalla norma, diverso da quello patrimoniale (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, COGNOME, Rv. 244190 in tema di peculato; tra le successive, sullo stesso tema, Sez. 6, n. 30141 del 04/06/2015, COGNOME, Rv. 265745; Sez. 6, n. 26476 del 09/06/2010, Rao, Rv. 248004).
Dunque, il reato ascritto, sanzionando il compimento di attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato ovvero dello Stato confinante in difetto dei presupposti di legge, tutela l’interesse dello Stato alla sicurezza interna e alla cooperazione senza che occorra la realizzazione di un ingiusto profitto da parte dell’agente, il cui perseguimento aggrava, invece, il reato base, che si perfeziona con il compimento di atti volti al potenziale ingresso illegale del cittadino straniero, rimanendo del tutto irrilevante il conseguimento dello scopo. I l lucro dell’agente è, invece, estraneo alla struttura di reato pericolo ovvero a consumazione anticipata.
4.5. Il quinto motivo è infondato.
La motivazione del primo giudice sulle circostanze attenuanti generiche che, nel caso di specie, non hanno operato nella massima estensione (v. p. 84) spiega in modo logico ed esauriente le ragioni per le quali non è stata riconosciuta la massima riduzione possibile.
Inoltre, la pena base è pari al minimo edittale.
Si osserva, poi, che gli aumenti per la continuazione riconosciuta in relazione ai restanti nove episodi sono di mesi quattro di reclusione ed euro 5000 di multa ciascuno, tutti nella stessa misura.
Si osserva che si tratta di incrementi modesti, giustificati dalla sentenza di primo grado tenendo conto della condotta dell’imputato , della parziale ammissione degli addebiti e dell’accertato rispetto, nell’espletamento dei viaggi, della dignità dei soggetti trasportati.
La sentenza di secondo grado (v. p. 8) svolge, sui punti devoluti con il gravame, una motivazione sintetica ma esaustiva e, comunque, conforme ai principi giurisprudenziali pacifici elaborati da questa Corte sul punto.
Invero, il dovere del giudice di dare ragione del corretto esercizio del potere discrezionale, in tema di determinazione della pena, è preteso in maniera cogente nei casi nei quali lo stesso si discosti apprezzabilmente del minimo edittale (v. tra le molte, Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, dep. 2000, Rv. 217333; Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Rv. 241189; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, Rv. 255825). Ma quando come nel caso di specie sia stato irrogato, appunto, il minimo edittale, è sufficiente la motivazione che faccia riferimento,
anche implicito, ai criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., peraltro non avversata dalla difesa con indicazione degli elementi, in ipotesi trascurati, capaci di sostenere la doglianza.
Quanto all’entità degli aumenti per la continuazione questi sono quantificati in parti uguali, per ciascuno dei reati riuniti dalla continuazione, aumenti contenuti, congrui e proporzionati. La motivazione, dunque, appare sufficiente tenuto conto dell ‘ entità non eccessiva degli incrementi operati ex art. 81 cod. pen.
Invero, appare rispettato il principio di diritto di cui alle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrente COGNOME (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 01) circa la necessità, in tema di reato continuato, da parte del giudice, nel determinare la pena complessiva, di individuare il reato più grave e stabilire la pena base, nonché calcolare e motivare anche l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. Sul punto, è noto poi che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (conf. Sez. U, n.7930 del 1995, Rv. 201549-01).
Segue a quanto sin qui esposto, il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 22 maggio 2025