Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30634 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30634 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 01/02/1975
avverso l’ordinanza del 24/02/2025 del TRIB. LIBERTA di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lettetscritite le conclusioni del PG COGNOME l i • g.); b; GLYPH j 7./P –
RITENUTO IN FATrO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Salerno ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, che applicava a NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti dorniciliari in ordine al delitto di associazione per delinquere finalizzata a reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al delitto di favoreggiamento aggravato continuato dell’immigrazione clandestina, posto in essere attraverso l’inoltro di istanze finalizzate alla costituzione di un rapporto di lavoro dipendente, invero fittizio, supportato dalla produzione di documentazione non veritiera (circa il fatturato di azienda, la disponibilità di terreni e via dicendo), con il solo fine di far ottenere il visto di ingresso a quindici cittadini extracomunitari, traendone illecito profitto per ogni istanza inoltrata.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione Nur, tramite il proprio difensore.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce violazione dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Il difensore si duole che l’ordinanza impugnata abbia ritenuto l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione di reati, evidenziando che l’unico reato fine contestato risale al 2022 e che la condotta di partecipazione dell’indagato al sodalizio si è interrotta verso la fine del medesimo anno 2022, secondo quanto dichiarato dal promotore e organizzatore NOME COGNOME.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si denuncia violazione sempre del suddetto articolo e vizio di motivazione in relazione alla valorizzazione, con riguardo al pericolo di recidiva, dell’esistenza di altra indagine presso il Tribunale di Noia, per fatti analoghi a carico dell’indagato. E si sottolinea che si tratterebbe dei medesimi fatti oggetto del presente procedimento, in relazione al quale COGNOME è sottoposto a misura cautelare.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione vengono rilevati violazione sempre del suddetto articolo e vizio di motivazione, sotto altro profilo, per non avere il provvedimento impugnato rapportato l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione con la normativa in materia di rilascio di nulla-osta al lavoro e con l’assenza di una normativa che consenta nell’attualità il c.d. click day e renda pertanto reiterabili i reati per cui si procede.
2.4. Col quarto motivo di ricorso ci si duole della violazione dell’art. 275, commi 1 e 2, e del vizio di motivazione con riferimento alla proporzionalità e adeguatezza della misura, stante il ruolo di semplice intermediario dell’indagato e il mantenimento di rapporti, interrotti poi dal 2022, esclusivamente con il promotore COGNOME sottoposto, altresì, agli arresti domiciliari in Capaccio Scalo e, quindi, in un luogo ben lontano da Palma Campania, luogo di esecuzione degli arresti domiciliari per l’odierno ricorrente.
2.5. Con il quinto motivo di impugnazione si deducono violazione dell’art. 284, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di motivazione con riferimento al diniego dell’autorizzazione in favore di Nur ad allontanarsi dal luogo di detenzione per svolgere attività lavorativa.
Si rileva che COGNOME, titolare di un’impresa individuale con sede a pochi metri dalla sua abitazione, avrebbe potuto avere anche un permesso di allontanamento per sole tre ore mattutine al fine di coordinare il lavoro degli operai. Si osserva, inoltre, che nel luogo di lavoro non vi sarebbe stato alcun rapporto con utenti né alcuna attività di reclutamento di stranieri, impossibilitata, altresì, dall’insussistenza di norma che lo consenta. Ci si duole che il Tribunale del riesame trascuri lo stato di indigenza di Nur, da presumersi per il solo fatto di avere il suddetto tre figli a carico.
Il difensore, alla luce di tali motivi, insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Infondati sono i primi tre motivi di impugnazione.
In riferimento ai limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari personali, va premesso che questa Corte è priva di potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità, quindi, è limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente
significative che lo determinavano e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie ( tra le altre, Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, Borragine, Rv. 221001; Sez. Un., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828), avuto, altresì, riguardo alla diversità di oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato, rispetto a quella demandata al giudizio di merito, che è intesa invece all’acquisizione della certezza processuale della colpevolezza dell’imputato (Sez.1, n.1951 dell’1/04/2010, Rv.247206). E ciò sia con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza, che con riguardo alle esigenze cautelari, delle quali soltanto si discute in questa sede.
Tanto premesso, in ordine al primo motivo di ricorso, del tutto esaustive appaiono le argomentazioni contenute nell’ordinanza impugnata in relazione a tali esigenze, laddove, da un lato, si sottolinea la perdurante attività del sodalizio, con presentazione di numerose istanze, anche negli anni successivi al 2022, con riguardo ai decreti flussi del 2023 e del 2024, e, dall’altro, si smentisce l’esistenza di contatti esclusivi di Nur con COGNOME, sostenuta dalla difesa, evidenziando la sussistenza di rapporti del suddetto con altri soggetti impegnati nel medesimo settore illecito, tra i quali il coindagato NOME COGNOME e tale NOME COGNOME
Quanto alla censura esplicitata nel secondo motivo di ricorso, secondo cui il Tribunale del riesame avrebbe tratto elementi in ordine all’attualità delle esigenze cautelari dal coinvolgimento di Nur in un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Noia, che secondo la difesa – che, però, non lo documenta – costituirebbe un bis in idem di quella alla base del presente procedimento, poiché relativa ai medesimi fatti, la stessa non risulta essere in grado di scardinare le articolate argomentazioni del Tribunale del riesame, restando, comunque, non scalfiti gli ulteriori elementi a carico di Nur, costituiti dalla reiterata e assidua attività illecita (parallela alla sua attività lecita di sartoria) protratta per anni ed alimentata dai contatti con numerosi soggetti.
Con riguardo, invece, al terzo motivo di impugnazione, va osservato che il pericolo di reiterazione, per essere rilevante ai fini cautelari, deve
riguardare reati analoghi, non necessariamente identici a quelli perpetrati.
1.2. Infondati, ai limiti dell’inammissibilità in quanto in fatto, rivalutativi oltre che generici, sono il quarto e il quinto motivo di ricorso. A fronte, invero, degli specifici rilievi dei Giudici del riesame, che – a p. 34 e 35 – danno piena contezza della negativa prognosi operata sulla base della gravità dei fatti, delle modalità di realizzazione degli stessi e della loro pluralità, con conseguente non accoglibilità, proprio per l’intensità di tali esigenze cautelari, sia della richiesta di sostituzione della misura in atto – applicata, secondo detti Giudici, già benevolmente dal G.i.p., che ha ritenuto di superare la presunzione relativa di adeguatezza della misura cautelare carceraria, fissata sia dall’art. 12, comma 4-bis, d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286, sia dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. finalizzato a commettere delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, rientrante nel novero dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. – con altra di natura non detentiva, sia della concessione di autorizzazione a recarsi al lavoro.
Quanto al primo profilo si sottolinea che una misura non detentiva non è idonea a salvaguardare le esigenze cautelari, in quanto implicante la possibilità di contatti continui, anche da remoto e a distanza geografica, con soggetti collegati a realtà criminali analoghe a quella in esame, risultando, invero, i reati contestati commessi anche a distanza e durante la pandemia, attraverso il procacciamento di cittadini extracomunitari da far entrare in Italia in difetto dei requisiti di legge, dietro corrispettivo illecito, e da collocare anche fuori provincia di residenza (Potenza, Roma, Cosenza e via dicendo) in sinergia con COGNOME e con il consapevole apporto di altri coindagati (i fittizi datori di lavoro NOME COGNOME e NOME COGNOME), nella piena consapevolezza dei meccanismi illeciti del sodalizio (tra cui la dazione corruttiva a funzionari della Prefettura di Napoli).
Quanto al secondo profilo, invece, si evidenzia che non solo non è documentata l’assoluta indigenza del nucleo familiare del ricorrente, atteso che la documentazione prodotta non comprova l’ammontare del reddito familiare complessivo; e che, a ogni buon conto, gli orari di lavoro prospettati (e non documentati) dalla difesa (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18) risultano concretamente incompatibili con le preminenti esigenze cautelari, comportando spostamenti continui di Nur, nonché contatto
ininterrotto con utenti e dipendenti, avendo egli dimostrato spiccata professionalità e abilità nel reclutare cittadini stranieri da “sistemare”,
anche contestualmente allo svolgimento della predetta attività lecita.
2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.