Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21143 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; i difensori, AVV_NOTAIO per COGNOME e AVV_NOTAIO COGNOME per
COGNOME hanno chiesto, con memorie di replica, l’annullamento della sentenza.
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RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza in data 4/03/2022 del Tribunale di Trieste, con cui è stata dichiarata la responsabilità, per quanto di interesse in questa sede, di COGNOME e COGNOME in ordine ad un delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso, aggravato dal numero di migranti favoriti (otto, provenienti dal Bangladesh), dall’esposizione a pericolo della vita o quantomeno dell’incolumità degli stessi nel corso della fuga (invero, il furgone che li trasportava finiva contro un albero), dall’avere commesso il reato in almeno tre persone e dall’avere agito al fine di profitto, e, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva e tenuto conto della diminuente per il rito, entrambi sono stati condannati ad anni 4 di reclusione ed euro 100.000 di multa ciascuno.
La sentenza di appello evidenzia che dagli atti contenuti nel fascicolo del P.m., tutti utilizzabili avendo gli imputati optato per il rito abbreviato, emerge che: – NOME e NOME (coimputato non ricorrente) il 28 febbraio 2021 giungevano a Trieste provenendo da Grosseto con la Volkswagen Passat di proprietà del fratello del primo, che aveva rilasciato al secondo l’autorizzazione a condurla anche all’estero, e, poco dopo essere arrivati, si recavano a Lubiana dove prendevano a noleggio un furgone Fiat Ducato, riportando il 2 marzo 2021 entrambi i veicoli in Italia e precisamente a Trieste; – su segnalazione della polizia slovena (che evidenziava che il suddetto furgone era stato noleggiato a Lubiana da un pregiudicato che abitualmente noleggiava veicoli a gruppi criminali dediti al trasporto di clandestini) le forze dell’ordine italiane iniziavano a monitorare gli spostamenti dei veicoli, installando altresì sugli stessi sistemi di localizzazione satellitare; – il 3 marzo successivo NOME e NOME, a bordo della Passat, si incontravano a INDIRIZZO con NOME, a bordo di una Focus, e questi ripartiva a bordo della Passat mentre gli altri due salivano sulla Focus e, dopo una sosta da un affittacamere, si dirigevano presso il centro Lanza ove era parcheggiato il furgone noleggiato; – dopo un breve colloquio i veicoli ripartivano e la Passat condotta da NOME si dirigeva oltreconfine verso il centro di Sezana, per, poi, rientrare in territorio italiano, accompagnato da un soggetto sconosciuto, recandosi di nuovo presso il centro Lanza; – quindi, sempre il 3 marzo, dopo le ore 11.00, il furgone Fiat Ducato, guidato dallo
sconosciuto che NOME aveva portato con sé dalla Slovenia, si recava in Slovenia giungendo quasi al confine con la Croazia, nei pressi della località Dragovania Vas, dove sostava per una decina di minuti in una zona boschiva; – successivamente, lo stesso giorno, la Passat guidata da NOME si recava, anch’essa in Slovenia, partendo dal centro Lanza, e giungeva nel primo pomeriggio in località Logatec, dove veniva raggiunta dal furgone Fiat Ducato; – da Logatec i due veicoli facevano rientro in Italia, dove entravano verso le 16.00; – nel viaggio di ritorno la Passat, sempre guidata da NOME, procedeva con funzioni di staffetta da Logatec fino a COGNOME in Italia, dove giungeva alle 16.05, seguendola da vicino il suddetto furgone; – i veicoli, poi, si separavano, venendo fermata successivamente la Passat a Prosecco con alla guida NOME; – il furgone veniva inseguito dalla polizia fino a quando giunto a Repen andava a sbattere contro una palma sita in un giardino; – l’ignoto conducente del furgone, non appena il veicolo impattava contro la pianta, si dava alla fuga, lasciando a bordo dello stesso otto clandestini del Bangladesh; poco dopo veniva rintracciata e fermata l’auto Focus a bordo della quale erano rinvenuti COGNOME e NOME; – nello smartphone di quest’ultimo era rinvenuto un messaggio vocale del seguente tenore “fratello, cosa succede con il furgone quel tipo continua a chiamarmi?”.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione dell’art. 110 cod. pen. e vizio di motivazione sul concorso di persone.
Osserva il difensore che la condotta di COGNOME è neutra e non fornisce I alcun contributo, in quanto lo stess non partecipa come staffetta nel trasporto dei migranti e non è dest natario dei bonifici sulla Western Union.
Rileva che non è sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza il mero noleggio del furgone Fiat Ducato utilizzato nell’illecito trasporto. Né è decisivo lo scambio di vetture con COGNOME.
Secondo la difesa si tratterebbe al più di connivenza non punibile in mancanza di qualsiasi contributo causale, essendosi trovato l’imputato, al momento dell’ingresso dei clandestini in Italia, su una terza autovettura in un luogo, sicuramente non distante, ma certamente non contiguo. Quantomeno mancherebbe l’elemento soggettivo del concorso e in particolare la consapevolezza e volontà di contribuire alla comune
realizzazione della condotta delittuosa.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso la difesa denuncia violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento dell’attenuante dell’art. 114 cod. pen.
Si rileva, quanto a quest’ultimo profilo, che, pure a volere ritenere il concorso, il contributo dell’imputato sarebbe stato di impatto marginale. Si invoca, infine, un ulteriore contenimento della pena nella prospettiva finalistica di reinserimento e recupero alla legalità del prevenuto.
Il difensore insiste per l’annullamento, alla luce dei suddetti motivi, della sentenza impugnata.
Propone, altresì, ricorso per cassazione COGNOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia.
3.1. Con il primo motivo di impugnazione vengono denunciati violazione degli artt. 110 e 12 d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286.
Osserva il difensore che si era evidenziato con l’appello che non corrispondeva al vero che il veicolo attribuito alla conduzione di NOME (Volkswagen Passat) e il furgone in cui avrebbero viaggiato i clandestini (Fiat Ducato) si fossero mossi assieme e che non vi era prova che NOME fosse a conoscenza che il furgone trasportava clandestini.
Lamenta il ricorrente che la sentenza non dimostra che davvero la Passat abbia fatto da staffetta, avendo le due autovetture, dopo l’ingresso in Italia, seguito percorsi differenti; e che non si comprende quale sia stato il contributo concorsuale di NOME alla condotta delittuosa, non specificando la sentenza impugnata se il concorso avesse riguardato l’intera vicenda o solo una porzione della medesima.
3.2. Col secondo motivo di ricorso viene lamentata mancata motivazione sulla richiesta di esclusione dell’aggravante di cui all’art. 12, comma 3, lett. b) 25 luglio 1998, n. 286.
Rileva la difesa che non si comprende come l’esposizione al pericolo per la vita o comunque per l’incolumità dei clandestini, con specifico riferimento all’incidente occorso al furgone ove i medesimi erano trasportati, possa essere riferito ad COGNOME, estraneo a quell’evento estemporaneo conseguito all’inseguimento della P.g.
Lamenta, comunque, l’assoluto silenzio sul punto della sentenza impugnata.
3.3. Con il terzo motivo di impugnazione si rilevano violazione dell’art. 12, comma 3-ter, lett. b) del suddetto decreto legislativo e vizio
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di motivazione sul fine di profitto.
Lamenta la difesa che non può dedursi detto fine dalla circostanza che i clandestini avevano pagato somme in favore di cittadini pakistani o greci in assenza di elementi di prova di somme percepite da NOME.
Rileva, poi, che trattandosi di aggravante soggettiva, la stessa poteva essere applicata solo se percepita e perseguita dal singolo concorrente (senza estensioni tra i correi) e solo in base al principio della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
3.4. Con il quarto motivo di ricorso vengono eccepiti violazione dell’art. 114 cod. pen. e vizio di motivazione.
Osserva la difesa che COGNOME era rimasto estraneo al prelevamento dei clandestini e al loro trasporto in Italia e che, quindi, il suo contributo, limitatosi al presunto ruolo di staffetta per un tratto breve (solo in Slovenia) del percorso intrapreso dal furgone Ducato, doveva essere considerato marginale.
Il difensore insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dottAVV_NOTAIO, conclude, con requisitoria scritta, per il rigetto dei ricorsi; l’AVV_NOTAIO per COGNOME e l’AVV_NOTAIO COGNOME per COGNOME insistono, con memorie di replica a detta requisitoria, per l’annullamento della sentenza in accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
Nel complesso infondato è il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Infondato è il primo motivo di impugnazione.
Nella ricostruzione effettuata dai Giudici di merito COGNOME risulta essere stato individuato come il soggetto che si recava (con NOME) con la Volkswagen Passat, di proprietà del fratello, a Lubiana dove prendeva a noleggio il Fiat Ducato f peraltro da persona avvezza a noleggiare veicoli per i trasporti di clandestini, riportava (sempre con il suddetto complice) il 2 marzo 2021 entrambi i veicoli in Italia e metteva, il successivo 3
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marzo, la propria autovettura più potente a disposizione di NOME, che avrebbe svolto da staffetta nel trasporto di clandestini quello stesso giorno. Lo stesso COGNOME era, sempre secondo detta ricostruzione, con NOME al momento in cui quest’ultimo riceveva il messaggio di cui sopra, in cui l’interlocutore si informava di cosa fosse successo al furgone.
E’ di tutta evidenza che, diversamente da quanto denunciato con detto motivo di ricorso, la sentenza impugnata con riguardo al concorso nel reato per cui si procede di COGNOME non incorre in alcuna violazione di legge ovvero in alcun vizio motivazionale.
Valorizza, invero, sia il noleggio del furgone che la messa a disposizione dell’auto in funzione dello svolgimento dell’attività di staffetta quali passaggi essenziali dell’attività criminosa posta in essere, non mere circostanze neutre, ma anzi significative di un pieno coinvolgimento dell’imputato nella vicenda sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, ben lungi dalla mera connivenza non punibile.
2.2. Inammissibile è, invece, il secondo motivo di ricorso.
A parte che nel caso in esame non sembra applicabile l’invocata attenuante (si veda Sez. 4, n. 3177 del 27/11/1992, dep. 1993, Santus e altri, Rv. 198437, secondo cui, poiché, ai sensi dell’art. 114, comma secondo, cod. pen., l’attenuante della minima partecipazione al fatto non si applica ove il numero dei concorrenti nel reato sia di cinque o più, il divieto della concessione opera anche nell’ipotesi in cui il numero dei partecipanti sia considerato come aggravante speciale di un determinato reato da una norma diversa dall’art. 112 cod. pen.; come appunto nel nostro caso, in cui ricorre l’aggravante di cui all’art. 13, comma 3, lett. d) del fatto commesso da tre o più persone), comunque scevre da vizi logici e giuridici, e come tali insindacabili in questa sede, sono le argomentazioni della sentenza impugnata sull’impossibilità di riconoscere a COGNOME la circostanza di cui all’art. 114 cod. pen. Evidenzia, a tale riguardo, la . Corte territoriale che la sua condotta non può essere eliminata mentalmente senza che si modifichi la fattispecie criminosa, essendo il suddetto il soggetto che garantiva la presenza dei veicoli impiegati e concorrenti per il trasporto di clandestini nel territorio nazionale, colui che predisponeva la logistica del trasporto e garantiva sostegno non solo morale ma anche materiale agli altri.
Egualmente non manifestamente illogiche, oltre che giuridicamente corrette, sono le argomentazioni della sentenza in esame che, a fronte
del rilievo difensivo sul contenimento della pena base nel minimo edittale, riproposto in questa sede, evidenzia come in questi termini abbia operato il primo Giudice, tenendo conto delle circostanze aggravanti contestate.
Nel complesso infondato è anche il ricorso di NOME COGNOME.
3.1. Infondato è il primo motivo di ricorso.
La Corte di appello di Trieste si confronta col rilievo difensivo, riproposto in questa sede, sulla mancanza, in capo ad NOME, del dolo della fattispecie per cui si procede. A tale riguardo osserva che la semplice disamina della condotta tenuta dal medesimo nei giorni 2 e 3 marzo 2021 evidenzia come lo stesso avesse piena consapevolezza della attività che si stava organizzando per condurre in territorio italiano i cittadini bengalesi; e che solo in questo modo si spiega il concorso di NOME nel trasporto in territorio nazionale degli otto cittadini bengalesi, privi di valido titolo d’ingresso. Rileva che significativo del dolo è anche il fatto che l’imputato non si limitava a raggiungere in territorio sloveno lo sconosciuto incaricato del trasporto dei clandestini, ma scortava il furgone condotto da quest’ultimo con all’interno i clandestini, operando a titolo di staffetta (da Logatec fino a COGNOME e, quindi, con riguardo al tratto più importante, di ingresso nel nostro territorio); e che ciò emerge sia dalla fase preparatoria che dalle modalità di ingresso in territorio italiano della Volkswagen Passat e del Fiat Ducato, ingresso che avveniva in tempi molto ravvicinati tra i due veicoli e nello stesso punto di valico, a riscontro della natura organizzata dell’attività di favoreggiamento in oggetto. Sottolinea che le modalità di condotta precedenti all’attività di favoreggiamento evidenziano come vi fosse un concorso programmatico tra tutti gli imputati (anche COGNOME, non ricorrente), circostanza che induce a ritenere che NOME ben sapesse del contributo degli altri.
Il motivo di ricorso, che insiste sul fatto che non vi è prova che i due veicoli si fossero mossi assieme e che la Passat avesse funto da staffetta, nonché che NOME fosse a conoscenza che il furgone trasportava clandestini, lamentando che la sentenza impugnata non individua il contributo concorsuale del suddetto, si rivela infondato, ai limiti dell’inammissibilità, laddove dimostra di non confrontarsi con le suddette argomentazioni.
3.2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Quanto all’aggravante dell’esposizione al pericolo per la vita o comunque per l’incolumità dei clandestini, la sentenza di appello risulta
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essere, invero, integrata da quella di primo grado che, con riferimento a detta circostanza, valorizza, oltre al dato oggettivo della presenza di ben otto clandestini nel furgone, la condotta assolutamente imprudente dell’autista – senza dubbio prevedibile da chi aveva svolto fino a pochi minuti prima il ruolo di staffetta e comunque nell’ambito di un’attività illecita concordata come quella in esame – che, per fuggire dalla P.g., impattava col furgone contro un albero, mettendo in serio pericolo la vita dei suddetti.
3.3. Altrettanto infondato è il terzo motivo di impugnazione.
La Corte a qua, con riguardo alla circostanza aggravante relativa alla finalità di lucro dell’operazione, rileva che: – i clandestini dichiaravano di essere stati favoriti da soggetti stranieri dietro versamento di somme di denaro; – seppure i trasportati erano cittadini bengalesi che nulla avevano a che fare con NOME e gli altri complici, il compimento da parte del suddetto di tutte le attività descritte induce a ritenere che l’imputato abbia aderito all’attività criminosa con finalità di lucro, non essendovi altra ragione per favorire l’ingresso clandestino di cittadini di origine bengalese, privi di legami amicali con il suddetto.
A tale motivazione non manifestamente illogica, si aggiunge la valorizzazione da parte del Tribunale di Trieste del rinvenimento nell’autovettura condotta da NOME di una distinta di pagamento Western Union di euro 177 a suo favore da parte di tale NOME COGNOME, corrispondente a quella riprodotta da un fotogramma rinvenuto sul telefono cellulare trovato nella disponibilità dei clandestini (dai medesimi usato per ricevere indicazioni sui luoghi ove recarsi in attesa dei trafficanti), a riprova di piena adesione alla finalità di lucro, perseguita anche da parte del prevenuto, diversamente da quanto prospettato dalla sua difesa.
3.4. Inammissibile, in quanto manifestamente infondato, non consentito, reiterativo e aspecifico, è, invece, il quarto motivo di ricorso.
Invero, a parte la dubbia applicabilità – di cui si è sopra detto con riguardo alla posizione di COGNOME – della circostanza della partecipazione di minima importanza ex art. 114 cod. pen. nel caso di favoreggiamento aggravato dal numero delle persone agenti, la Corte territoriale sottolinea come l’imputato abbia svolto l’attività più pericolosa del favoreggiamento per il quale si procede, recandosi in Slovenia per incontrarsi con il conducente del Fiat Ducato, al cui interno erano stati posizionati i migranti, ed ivi giunto avendo operato a titolo di staffetta nell’interesse
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del conducente del furgone, abbandonando il contatto con quest’ultimo veicolo solo una volta che entrambi erano entrati in territorio nazionale; e da ciò fa conseguire l’impossibilità di applicare detta circostanza, presupponendo la medesima che l’agente abbia posto in essere un’attività del tutto marginale nel complesso dell’operazione criminosa, tale da poter essere sostituita agevolmente senza che per questo venga meno la fattispecie criminale con le modalità che in concreto ha assunto.
A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, il motivo di ricorso, insistendo sul ruolo di staffetta di COGNOME per un breve tratto, dimostra di non confrontarsi con le stesse, reiterando censure già svolte e nel contempo sollecitando una rivisitazione fattuale non consentita.
4. Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024.