Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7682 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7682 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
COGNOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/07/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo z , GLYPH Pr GLYPH n e·n ((2:. GLYPH / 1 -; e.”-W·)–: ·
udito il difensore (Q, eL Cd.azie’, GLYPH e C.e Cf..) e t · G e’ 5″) ne 2
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza emessa in data 3 novembre 2021 dal G.u.p. del Tribunale di Udine, che, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava la penale responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al delitto di favoreggiamento pluriaggravato (dal numero delle persone favorite, dal numero dei concorrenti e dal fine di trarne profitto) dell’immigrazione clandestina in concorso ai medesimi contestato, condannandoli ciascuno alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione ed euro 2.083.000,00 di multa, oltre alle pene accessorie.
Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione, tramite il proprio comune difensore di fiducia, COGNOME, COGNOME e COGNOME.
2.1. Col primo motivo di impugnazione la difesa denuncia violazione dell’art. 546 cod. proc. pen. e nullità della sentenza impugnata perché illegittimamente motivata per relationem.
Si duole che la sentenza impugnata motivi la responsabilità degli imputati mediante richiamo a precedenti episodi di favoreggiamento di immigrazione clandestina e, in particolare, ad altre e diverse indagini di distinto procedimento riguardante solo due imputati, con esclusione quindi di COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione dell’art. 1, comma 1-bis d. I. n. 132 del 2021 e nullità della sentenza impugnata perché trae il giudizio di penale responsabilità utilizzando tabulati telefonici acquisiti dal Pubblico ministero, senza l’autorizzazione del giudice, in assenza di riscontri univoci e concordanti.
Si rileva che la suddetta norma transitoria prevede l’utilizzabilità dei dati relativi al traffico telefonico acquisiti prima dell’entrata in vigore di detto decreto e, quindi, in assenza dell’autorizzazione del giudice, soltanto unitamente ad altri elementi di prova, ossia in presenza dei c.d. riscontri; e che nel caso in esame i riscontri appaiono non univoci e concordanti. La difesa lamenta che la Corte di appello, a fronte dell’eccezione di inutilizzabilità dei tabulati, è rimasta silente.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione si rilevano violazione degli artt. 63, 191, 192 e 197-bis cod. proc. pen., per avere la Corte di merito ritenuto provata la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato contestato e delle aggravanti sulla scorta di atti inutilizzabili.
Osserva il difensore che gli stranieri trasportati non potevano essere escussi come persone informate sui fatti, ma come indagati di reato connesso, in quanto entrati clandestinamente nel territorio italiano ex art. 10-bis d. Igs. n. 286 del 1998; e che ciò determina l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai medesimi ex art. 63, comma . 2, e 191 cod. proc. pen., peraltro in assenza di un interprete e alla presenza di un “mediatore culturale” non identificato.
2.4. Col quarto motivo di ricorso la difesa si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione, per avere ritenuto la Corte territoriale raggiunta la prova circa la sussistenza delle contestate circostanze aggravanti del delitto ascritto sulla base del richiamo alle s.i.t. raccolte da due soli migranti senza nulla motivare, pur in assenza di riscontri, circa l’intrinseca attendibilità delle stesse, con conseguente ripercussione sul trattamento sanzionatorio (essendo state le aggravanti applicate nella misura di pena massima), e per non avere ritenuto concedibili le circostanze attenuanti generiche, in particolare per COGNOME la cui condotta è stata occasionale non risultando nemmeno indagato per i pregressi fatti di novembre 2020.
Il difensore per tali motivi insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, conclude per l’inammissibilità dei ricorsi, mentre l’AVV_NOTAIO, per gli imputati COGNOME e COGNOME, insiste per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono nel complesso infondati e vanno, pertanto, rigettati.
1.1. Inammissibile è il primo motivo di impugnazione, in quanto assolutamente generico, non evidenziandosi la decisività del richiamo ai precedenti atti di indagine (e, quindi ai pregressi episodi di favoreggiamento in data 19/11/2020 e 30/11/2020), contenuti in altro procedimento, ai fini dell’affermazione della penale responsabilità degli imputati.
1.2. Inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto non dedotto con l’atto di appello, è il secondo motivo di ricorso
(che comunque sarebbe infondato in quanto l’inutilizzabilità – opinabile, considerato che la sentenza motiva sui riscontri costituiti dalle risultanze documentali dei passaggi registrati dai telepass autostradali – non essendo assoluta risulterebbe sanata dalla scelta del giudizio abbreviato).
1.3. Infondato è il terzo motivo di impugnazione.
Invero, non vi sono elementi in atti – né vengono indicati dai ricorrenti – da cui evincere che fin dal momento in cui i migranti sono stati escussi dovevano essere considerati indiziati del reato di cui art. 10bis d. Igs. n. 286 del 1998 (si veda Sez. 2, n. 2539 del 05/05/2000, Papa, Rv. 216299, secondo cui l’inutilizzabilità nei confronti dei terzi prevista dall’art. 63 cod. proc. pen. per le dichiarazioni rilasciate da persona che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagato o imputato è subordinata, in ogni caso, alla condizione che il dichiarante sia colpito da indizi in ordine al medesimo reato ovvero al reato connesso o collegato).
Si osserva, inoltre, che l’assenza dell’interprete e la presenza di un mero mediatore culturale non identificato non sono documentate (tramite produzione dei relativi verbali di s.i.t.), in violazione del principio di autosufficienza.
1.4. Infondato è, infine, il quarto motivo di ricorso.
Invero, la sentenza impugnata evidenzia che il racconto dei due migranti (NOME e NOME), diversamente da quanto dedotto dalla difesa, è prec,iso e circostanziato, oltre che concorde, e consente di ritenere configurabili le aggravanti contestate, su cui ampiamente e logicamente la Corte territoriale argomenta (a p. 14). Detta Corte, invero, evidenzia che da tali dichiarazioni emerge che i medesimi, come gli altri trasportati, venivano condotti illegalmente dai paesi di origine e da ultimo dalla Bosnia sino in Italia con la collaborazione di più persone, di cui almeno un pakistano e un afghano, in aggiunta agli imputati, nella tratta dalla Slovenia in Italia; ed emerge, inoltre, che i clandestini avevano pagato euro tremila solo per la tratta dalla Bosnia all’Italia. Quanto a quest’ultimo profilo, aggiunge la Corte che il numero dei clandestini trasportati richiedeva, poi, un’attività organizzata, con la partecipazione di più soggetti, ciascuno con un incarico ben preciso, circostanza che effettivamente corrisponde alla modalità operativa degli imputati, che come detto si dirigevano in Gemona del Friuli in composizione prestabilita, in modo da configurare un insieme di veicoli preceduti da una staffetta dedicata; e che non è pensabile che gli
imputati si siano prestati a svolgere una condotta criminosa così complessa e rischiosa senza alcun corrispettivo, mettendo a rischio i veicoli impiegati e le loro persone senza alcun vantaggio economico, che, invece, il prezzo elevatissimo pagato dai clandestini per la sola tratta finale consentiva di pretendere.
Passando al trattamento sanzionatorio, la Corte a qua rileva che le condotte tenute dagli imputati anche dopo la consumazione dei reati (non collaborative, continuando gli stessi a negare i fatti anche nel giudizio di appello) escludono la possibilità di riconoscere loro le circostanze attenuanti generiche. Osserva, inoltre, a fronte del rilievo difensivo sugli aumenti di pena per le aggravanti, che il Giudice di primo grado ha precisato che tali aumenti trovano giustificazione nell’elevatissimo numero di clandestini trasportati e nell’evidente inserimento in una rete di traffico internazionale; e che a ciò si può aggiungere che i dedotti aumenti trovano ragione anche nella pluralità delle aggravanti contestate e nella entità del profitto derivato dal fatto, che si ritiene molto elevato, solo che si pensi al numero dei clandestini trasportato e al prezzo di circa tremila euro che per ogni clandestino i trafficanti imponevano dalla sola Bosnia all’Italia.
A fronte di tali analitiche e logiche argomentazioni le censure sulla sussistenza delle aggravanti, sull’entità degli aumenti operati e sul diniego delle circostanze attenuanti generiche si rivelano infondate.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2023.