Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18145 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 20/03/1967
avverso la sentenza del 11/06/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; NOME COGNOME
che conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che insiste per l’annullamento senza (in via principale) e con rinvio (in via subordinata) della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza emessa in data 22 luglio 2022 dal G.u.p. del Tribunale di Trieste, che, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine a quattro delitti – di cui ai capi 1), 3), 4) e 5) – di favoreggiamento pluriaggravato (dal numero delle persone favorite, dal numero dei concorrenti, dalle modalità inumane e degradanti dei trasporti e dal fine di trarne profitto) dell’immigrazione clandestina, e, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, concesse le circostanze attenuanti generiche e tenuto conto della diminuente per il rito, lo condannava alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione e 400.000 euro di multa, oltre che alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME deducendo vizio di motivazione risultante da atti del processo, e cioè dalle dichiarazioni rese nel corso della collaborazione intrapresa dal coimputato NOME COGNOME e dalle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio di garanzia al G.i.p.
Si duole il difensore che la Corte territoriale, nel ritenere che l’intestazione del furgone al Singh e i contatti telefonici con gli originari coimputati costituiscano riscontri alla chiamata in correità, dimostri di non avere valutato le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio di garanzia dall’imputato, che ha riferito di avere a stento conosciuto NOME in quanto presentatogli da NOME, di essersi limitato a prestare in un’occasione a quest’ultimo il proprio furgone, che aveva poi venduto ad NOME e di essersi recato spesso a Trieste, come emergente dai tabulati telefonici, per la sua attività di ambulante. E insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude per l’inammissibilità del ricorso, mentre l’avv. NOME COGNOME per l’imputato, insiste per l’annullamento della sentenza impugnata in via principale senza rinvio, in via subordinata con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
La Corte di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, dà conto degli elementi probatori che consolidano la chiamata in correità di NOMECOGNOME connotata anche dal riconoscimento fotografico da parte dello stesso nei confronti dell’odierno imputato.
Innanzitutto, muove dalla considerazione che l’intestazione del furgone TARGA_VEICOLO controllato al valico di Pese il 23 giugno 2018 (di cui COGNOME era divenuto intestatario solo due giorni prima del controllo di polizia, vendendolo, poi, poco tempo dopo a Hussain, cui risultava intestato dal 5 ottobre 2018: vedi p. 3 della sentenza), su cui fa leva nelle sue dichiarazioni il ricorrente giustificandone l’utilizzo da parte di COGNOME per averglielo imprestato, non sia l’unico riscontro di detta chiamata.
Sempre a p. 3, nel ripercorrere gli elementi evidenziati dal primo Giudice, i Giudici di appello sottolineano che era intestatario anche di un altro furgone, tg. CODICE_FISCALE, a bordo del quale era stato controllato dalla polizia slovena insieme ad NOME COGNOME, a Hussain Iftikhar e a Singh Charanjit il 10 giugno 2018. Ed evidenzia come il primo Giudice abbia ritenuto altamente sospetta l’intestazione di due furgoni in un breve lasso temporale in capo a persona che dichiarava di non saper condurre tali mezzi, giustificandola con lo scopo di commettere i reati contestati.
A p. 6 rilevano, inoltre, come la circostanza riferita in sede di interrogatorio di garanzia da COGNOME, che ha comunque ammesso di conoscere gli altri correi, di non conoscere NOME sia smentita dal fatto che quest’ultimo era controllato dalla polizia slovena da solo alla guida del furgone TARGA_VEICOLO il 22 giugno 2018 e dalla polizia italiana sempre da solo alla guida del medesimo furgone il 23 giugno 2018, quando poi venne tratto in arresto, oltre che dalla ricognizione fotografica di cui si è detto.
Osservano che ulteriori riscontri alla chiamata in correità sono costituiti dagli esiti dei tabulati telefonici dell’utenza intestata all’imputato, che documentano non solo i contatti telefonici tra quest’ultimo e i correi, tra cui anche NOME ad ulteriore dimostrazione che i due si conoscevano, in corrispondenza dei trasporti
illeciti di clandestini, ma anche la presenza fisica di NOME COGNOME nelle aree dei trasporti, a riprova del ruolo di staffetta svolto da COGNOME a
supporto di NOME impegnato nella guida del furgone con il quale di volta in volta venivano trasportati i clandestini.
E’ evidente che, relazionate ai valorizzati gravi, precisi e concordanti indizi, le dichiarazioni rese dall’imputato, su cui si continua ad insistere in
questa sede, sono risultate non credibili, sia perché intrinsecamente contraddittorie, evasive e non supportate da elementi concreti, sia perché
oggettivamente contraddette da elementi documentali e dalle circostanze di fatto emerse nel corso delle indagini, che danno conto e ragione della
sua presenza a Trieste durante i trasporti illeciti e che rendono inspiegabile l’utilizzo dei furgoni intestati a suo nome se non per finalità
illecite. Ne consegue l’infondatezza dei rilievi difensivi a fronte di una motivazione scevra da vizi logici e giuridici e che come tale non merita
censura in questa sede.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’11 febbraio 2025.