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Favoreggiamento immigrazione: la chiamata in correità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per favoreggiamento immigrazione clandestina pluriaggravato. La condanna, basata sull’accusa di un coimputato (chiamata in correità), è stata confermata perché supportata da solidi e molteplici elementi di riscontro oggettivo, come l’intestazione di più veicoli usati per il reato, tabulati telefonici e riconoscimenti fotografici, rendendo le giustificazioni dell’imputato non credibili.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento Immigrazione Clandestina: Quando la Chiamata in Correità è Prova sufficiente?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 18145 del 2025, offre un’importante lezione sulla valutazione della prova nel reato di favoreggiamento immigrazione clandestina. Il caso analizza la validità di una condanna basata sulla cosiddetta “chiamata in correità”, ovvero l’accusa proveniente da un coimputato, e sottolinea l’importanza cruciale dei riscontri oggettivi per renderla una prova solida e inconfutabile. Vediamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Processo

Il procedimento nasce da una condanna emessa dal Tribunale di Trieste, e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, nei confronti di un individuo per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il reato era aggravato da diverse circostanze: l’elevato numero di persone trasportate, la partecipazione di più concorrenti, le modalità di trasporto disumane e degradanti e il fine di lucro.

L’imputato era stato condannato alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione e a una multa di 400.000 euro. La condanna si fondava principalmente sulle dichiarazioni di un coimputato, che lo aveva indicato come partecipe nell’organizzazione dei trasporti illeciti. Contro la decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero valutato correttamente le prove a sua discolpa.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa dell’imputato ha contestato la sentenza d’appello, lamentando un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe tenuto in debito conto le sue dichiarazioni, rese durante l’interrogatorio di garanzia. In quella sede, egli aveva ammesso di conoscere gli altri coimputati, ma aveva fornito una versione alternativa dei fatti:

1. Aveva prestato e poi venduto un furgone a uno dei coimputati, giustificando così il coinvolgimento del veicolo nelle attività illecite.
2. I suoi frequenti viaggi a Trieste, emersi dai tabulati telefonici, erano legati alla sua attività lavorativa di venditore ambulante.

In sostanza, la difesa mirava a smontare il quadro accusatorio, presentando una spiegazione lecita per gli elementi che lo collegavano al reato.

L’Analisi della Cassazione sul Favoreggiamento Immigrazione Clandestina

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, rigettandolo. I giudici supremi hanno confermato la solidità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, evidenziando come la chiamata in correità del coimputato non fosse un elemento isolato, ma fosse corroborata da una serie di riscontri oggettivi, precisi e concordanti. Questi elementi, analizzati nel loro complesso, rendevano la versione dell’imputato palesemente inattendibile.

Gli elementi di riscontro valorizzati dalla Corte sono stati molteplici:

* Doppia Intestazione di Veicoli: L’imputato non era solo intestatario del furgone controllato in Italia, ma anche di un secondo furgone, a bordo del quale era stato fermato in Slovenia insieme ad altri coimputati. La Corte ha ritenuto altamente sospetta l’intestazione di due veicoli in un breve arco di tempo da parte di una persona che affermava di non saperli guidare.
* Riconoscimento Fotografico: Il coimputato che lo accusava lo aveva anche formalmente riconosciuto tramite individuazione fotografica.
* Contraddizioni sulla Conoscenza: L’imputato aveva negato di conoscere un coimputato chiave, ma questa affermazione è stata smentita dal fatto che quest’ultimo era stato fermato per ben due volte alla guida del furgone a lui intestato.
* Tabulati Telefonici: Le analisi dei tabulati telefonici hanno documentato contatti diretti tra l’imputato e i correi, inclusa la persona che sosteneva di non conoscere, proprio in concomitanza con i trasporti illeciti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza impugnata era logica, coerente e priva di vizi. I giudici di merito avevano correttamente applicato il principio secondo cui la chiamata in correità, per assurgere a prova, necessita di riscontri esterni che ne confermino l’attendibilità. Nel caso di specie, i riscontri erano non solo presenti, ma anche numerosi e convergenti. L’insieme degli indizi (l’intestazione dei furgoni, i controlli di polizia, i contatti telefonici, il riconoscimento fotografico) creava una trama probatoria robusta, che andava ben oltre la semplice accusa di un coimputato e smentiva punto per punto la versione difensiva.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: una condanna non può basarsi unicamente sull’accusa di un coimputato. Tuttavia, quando tale accusa è supportata da un mosaico di prove oggettive e indipendenti che, lette congiuntamente, conducono a un’unica e coerente ricostruzione dei fatti, essa diventa un pilastro portante dell’impianto accusatorio. Il caso dimostra come, nel contrasto al favoreggiamento immigrazione clandestina, un’attenta analisi investigativa capace di collegare persone, veicoli e comunicazioni sia essenziale per superare le versioni di comodo e giungere a una giusta condanna.

Cosa serve per condannare una persona sulla base dell’accusa di un complice?
Secondo la sentenza, l’accusa di un complice (chiamata in correità) non è sufficiente da sola. Deve essere supportata da elementi di prova esterni, oggettivi e indipendenti (i cosiddetti ‘riscontri’) che ne confermino l’attendibilità.

Quali prove sono state considerate decisive in questo caso di favoreggiamento?
Le prove decisive, oltre alla testimonianza del coimputato, sono state: l’intestazione a nome dell’imputato di due furgoni usati per i trasporti illeciti in un breve periodo, i tabulati telefonici che mostravano contatti tra i complici, un controllo di polizia in cui l’imputato era stato trovato con altri correi e il riconoscimento fotografico.

Perché la giustificazione dell’imputato non è stata ritenuta credibile?
La sua versione è stata giudicata non credibile perché gli elementi di prova la smentivano. Ad esempio, ha affermato di conoscere a malapena un coimputato, ma i tabulati telefonici dimostravano contatti diretti tra loro, e lo stesso coimputato era stato fermato più volte alla guida del suo furgone.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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