Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33810 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33810 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME (CUI 066ARR4) nato il DATA_NASCITA I1 iti’)€k I “)7Pc -ni COGNOME NOME COGNOME NOME (CUI 066URAM) nato il DATA_NASCITA bb k 1S , — 017.J nato il
avverso la sentenza del 29/06/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; adito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME Glze ha concluso chiedendo i cA PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTA. CA COGNOME –vys ; COGNOME J 1:11449 il difensQre COGNOME ; COGNOME .92.-r. COGNOME n ,, COGNOME j COGNOME e, o 0 L e ‘
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RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Locri, con sentenza in data 7/07/2022, assolveva, per quanto di interesse in questa sede, NOME alias NOME e COGNOME NOME alias NOME COGNOME NOME dal delitto COGNOME di favoreggiamento illegale dell’immigrazione clandestina, aggravato dal numero di migranti trasportati (settantotto), dal pericolo per la vita o l’incolumità degli stessi, dalle condizioni inumane e degradanti del trasporto e, infine, dal numero dei concorrenti (superiore a tre).
La Corte di appello di Reggio Calabria, in riforma di detta sentenza, ha dichiarato i suddetti imputati responsabili in ordine al reato di cui sopra e li ha condannati ciascuno alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 1340 di multa, disponendo l’espulsione a pena espiata e la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per anni cinque.
Avverso detta sentenza gli imputati propongono ricorsi per cassazione, tramite i rispettivi difensori, che, essendo sovrapponibili, possono essere trattati congiuntamente.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla motivazione rafforzata.
Si evidenzia che: – il G.u.p. assolveva gli imputati, per essere stati gli stessi tratti in inganno dagli organizzatori del viaggio, che avevano altresì deciso la rotta verso l’Italia, preimpostata tramite pilota automatico; tale assoluzione era, altresì, fondata sulle dichiarazioni di due migranti escussi a s.i.t., ritenute concordanti e attendibili; – elementi, questi, ritenuti invece dal Giudice di secondo grado idonei a fondare la condanna, senza però giustificarla con una motivazione rafforzata.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso il difensore lamenta violazione dell’art. 54 cod. pen. e vizio di motivazione circa la mancata applicazione della scriminante di cui a detto articolo.
Ci si duole che non siano state specificate le ragioni per le quali non sono state ritenute attendibili le dichiarazioni del coimputato COGNOME che affermava di avere assunto insieme ai due coimputati (anche quello non menzionato in quanto non ricorrente) il controllo dell’imbarcazione per evitare un naufragio, con l’unico scopo di raggiungere le coste
europee e, quindi, di avere commesso il fatto per la necessità di salvare se stesso e gli altri occupanti il natante dal pericolo attuale di un danno grave.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione i difensori rilevano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’applicazione delle circostanze aggravanti ai sensi del comma 3, lett. a), b), c) e d), dell’art.12 d. Igs. 25 luglio 1998, n.286 e, quindi, dell’aumento di pena di cui al comma 3-bis del medesimo articolo.
Rilevano i difensori che: – per quanto attiene all’aggravante di cui alla lett. a) del suddetto comma non è stata fornita alcuna prova sull’effettiva nazionalità dei settantotto migranti presenti a bordo dell’imbarcazione; – non risulta specificato il pericolo per la vita o per l’incolumità dei trasportati, di cui alla lett. b) di detto comma; – il numero delle persone e le condizioni inumane e degradanti dei trasportati non risultano dipese dagli imputati, che viaggiavano nelle stesse condizioni e avevano, altresì, pagato per il trasporto.
2.4. Col quarto motivo di ricorso si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’applicazione della circostanza aggravante di cui al comma 3-ter dell’art. 12 del suddetto decreto legislativo.
Rileva il difensore che nel caso in esame risulta del tutto indimostrata la sussistenza di un legame economico sia con i migranti ,che con gli organizzatori del viaggio; e che, ciò nonostante, è stata ravvisata l’aggravante di avere commesso il fatto allo scopo di trarne profitto.
2.5. Con il quinto motivo di impugnazione si deducono violazione degli artt. 114 e 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione, nonché omessa o insufficiente motivazione in punto di ritenuta pericolosità sociale dei ricorrenti e di applicazione dell’espulsione ex art. 235 cod. pen.
Si sottolinea che gli imputati non hanno spontaneamente deciso di condurre l’imbarcazione e che, pur escludendosi lo stato di necessità, andava quantomeno riconosciuta la partecipazione di minima importanza. Si rileva che, comunque, andavano concesse le circostanze attenuanti generiche, posto il comportamento degli imputati sia durante il fatto contestato che durante la detenzione cautelare. Si rileva che anche sull’espulsione, quale misura di sicurezza personale di carattere facoltativo, manca un’adeguata motivazione.
I difensori insistono, alla luce di tali motivi, per l’annullamento della sentenza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. 28 ottobre 2020, n. 137, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dottAVV_NOTAIO, conclude per l’inammissibilità dei ricorsi, mentre l’AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE concludono per l’accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Inammissibili sono entrambi i ricorsi.
1.1. Manifestamente infondato, oltre che genericamente dedotto, è il primo motivo di impugnazione di entrambi i ricorsi.
A parte che, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di assoluzione pronunciata in primo grado, pervenendo ad una sentenza di condanna, non ha l’obbligo di fornire una motivazione rafforzata nel caso in cui il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo, posto che, in tale ipotesi, non vi è neppure la concreta possibilità di confutare argomenti e considerazioni alternative del primo giudice, essendo la decisione di appello l’unica realmente argomentata/ (Sez. 6, n. 11732 del 23/11/2022, dep. 2023, S., Rv. 284472), comunque nel caso in esame la sentenza di appello risulta analiticamente confrontarsi con le ancorché assertive argomentazioni dell’assoluzione di primo grado, disattendendole una ad una e motivando compiutamente sulla responsabilità degli odierni ricorrenti in ordine al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla sussistenza delle aggravanti contestate e all’esclusione delle circostanze attenuanti invocate.
Rileva, invero, la Corte territoriale che il primo Giudice ha fondato l’esito assolutorio sulle dichiarazioni di uno solo dei tre imputati, COGNOME, che peraltro non ne escludono la responsabilità, come i.pérk-re quella dei suoi complici, avendo il suddetto specificato nel suo interrogatorio di avere dato una mano anche nelle fasi relative all’imbarco dei migranti, ricevendo le indicazioni dagli organizzatori turchi e curandosi, successivamente, che i migranti restassero sottocoperta (evidentemente per cercare di non destare sospetti ed eludere i pattugliamenti), e avendo, altresì, spiegato di avere ricevuto indicazioni
anche in ordine alla disponibilità dei telefoni cellulari in possesso dei trasportati.
Sottolinea come dette dichiarazioni riscontrino quelle dei migranti, che riconoscevano (con plurime individuazioni fotografiche) gli imputati come coloro che guidarono il natante, che si occuparono di accogliere i migranti a bordo e che u , il compito di trattenere i telefoni cellulari inizialmente requisiti dagli organizzatori e poi riconsegnati a ridosso delle coste italiane; e che può, dunque, ritenersi dimostrata, sulla scorta dell’analisi delle prove, non soltanto un’approssimazione agli organi di comando, ma anche il vero e proprio governo del natante, la gestione a bordo dei migranti ed un contributo financo nelle fasi iniziali dell’imbarco. Osserva, detta Corte, che nemmeno il fatto che la rotta verso l’Italia fosse già impostata sembra circostanza da cui far discendere dubbi sull’effettiva portata della condotta materiale tenuta dagli imputati nel corso della traversata, essendo noto che la conduzione di un natante per un così lungo viaggio (dalla Turchia all’Italia) non può certo essere affidata esclusivamente al pilota, non spiegandosi diversamente la presenza degli appellanti vicino agli organi di comando e a ben vedere lo stesso training al quale essi furono sottoposti nei giorni precedenti la partenza dalle coste turche,; tri;lversamente, non si spiegherebbe per quale motivo i trafficanti turchi avessero bisogno dei servigi degli imputati e avessero loro consentito di traversare ad un costo notevolmente ridotto (lo stesso imputato ritenuto credibile ricordava, nel corso del suo interrogatorio, che i trafficanti turchi gli avevano insegnato come condurre la barca ed anche l’utilizzo del pilota automatico) i tutto voler concedere, il contributo degli imputati fu assai più vario e non certo limitato al solo governo degli organi di comando, avendo senza dubbio tenuto gli imputati una condotta integrante un’attività materiale di ausilio all’ingresso illegale nel territorio dello Stato, bastando, invero, che il soggetto attivo ponga in essere con la propria condotta una condizione teleologicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero, perché sia integrata la situazione di pericolo che rappresenta l’oggetto giuridico della norma incriminatrice.
Rilevano i Giudici dell’appello che: – diversamente da come ritenuto dal primo Giudice , non è verosimile che gli imputati fossero stati tratti in inganno dagli organizzatori del viaggio e, quindi, non fossero sorretti dal necessario coefficiente psicologico; – è patrimonio acquisito al notorio giudiziario, che in questi viaggi organizzati i c.d. scafisti sono di
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nazionalità diversa dai migranti, onde scongiurare qualsiasi forma di contatto, come nel caso di specie, in cui i migranti erano appunto di nazionalità iraniana ed irachena, mentre gli odierni imputati sono di nazionalità uzbeca; – pure a voler dare credito alla versione secondo cui i tre imputati (tra cui i due ricorrenti) si prestarono a guidare l’imbarcazione, come contropartita per la mancata corresponsione di una parte significativa del prezzo del trasporto, ciò non inciderebbe sulla loro responsabilità; – pure ipotizzando che gli organizzatori non abbiano sin dal primo incontro edotto gli imputati del fatto che avrebbero dovuto condurre l’imbarcazione sino alle coste italiane, l’esborso di una somma inferiore di oltre il 50 % rendeva loro palese che avrebbero dovuto in qualche modo disobbligarsi; – essendo gli imputati consapevoli di aver effettivamente corrisposto una cifra irrisoria, che avrebbe dovuto essere compensata da un servizio nell’interesse di NOME e NOME (ovvero dei principali organizzatori), e dovendo gli stessi tenere conto della giornata trascorsa in mare, durante la quale appresero dai turchi come condurre l’imbarcazione, appare evidente che costoro sapessero, già prima della partenza, di dovere condurre la barca con a bordo i migranti sino in Italia; – in questa prospettiva, la richiesta avanzata da NOME e NOME il giorno della partenza verso l’Italia (ossia quella di condurre l’imbarcazione), lamentando l’assenza del loro collaboratore, non può certo ritenersi di portata ingannatoria, in quanto ragionevolmente prevedibile dagli imputati; – da altra angolazione sussiste la prova dell’elemento psicologico del reato, da valutarsi, inevitabilmente, nel momento in cui costoro accettarono di porsi alla guida del natante, essendo certamente a conoscenza, nel momento in cui accettarono di porsi alla guida del mezzo, vuoi per il prezzo praticato, vuoi per le modalità del viaggio, vuoi per il natante utilizzato in relazione al numero di trasportati, vuoi per la raccomandazione di tenere i migranti “stipati” sottocoperta affinché non fossero visti, del carattere illecito del trasporto; – nemmeno può condividersi l’ulteriore considerazione della sentenza di primo grado per cui, nella specie, difetterebbe la prova della scissione dei ruoli tra chi favorisce l’ingresso e chi viene, invece, favorito, dovendo emergere il requisito della terzietà dell’agente rispetto all’immigrato, posto che il soggetto attivo può anche essere uno o più degli stranieri coinvolti nell’ingresso illegale e ciò accade quando si pongono in essere condotte distinte da quelle dirette a favorire il proprio ingresso ovvero condotte idonee a procurare l’ingresso illegale a soggetti i quali altrimenti
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non ne avrebbero avuto l’opportunità; – ciò che è accaduto nel caso in esame, in cui anche a voler credere alla versione resa nel corso dell’interrogatorio gli imputati avevano avuto sia un ruolo nel momento in cui si operava il trasbordo dei migranti, sia nella conduzione dell’imbarcazione, sia nella gestione a bordo dei migranti trasportati; dalle convergenti dichiarazioni di questi ultimi, infatti, è emerso che furono loro sottratti i cellulari, poi restituiti verso la fine della traversata, a riprova del certo superamento dell’autofavoreggilamento.
1.2. Inammissibile in quanto in fatto e reiterativo è il secondo motivo di ricorso.
A fronte, invero, di una motivazione che, facendo leva sull’assenza di soprusi e di intimidazioni, esclusi espressamente dallo stesso imputato interrogato , che riferiva di essere stato convinto in uno con il coimputato dagli organizzatori del viaggio a porsi alla guida del natante così di fatto compensando il minor prezzo corrisposto, o più in generale sull’assenza di n un pericolo attuale di un grave danno alla persona, ritig,flu.mon ravvisabile lo stato di necessità neppure nella forma putativa. Osserva, invero; chela versione alternativa è priva di allegazione pure con riguardo alle concrete condizioni di tempo e di luogo, che avrebbero determinato la situazione di invocato pericolo, e alla non volontarietà e non inevitabilità della stessa. E sottolinea come il difetto di azioni costrittive o minatorie avvalori piuttosto l’ipotesi, di ordinaria verificazione, che alcuni soggetti, determinati ad ogni costo ad imbarcarsi, avessero volontariamente mercanteggiato con i trafficanti, prestandosi alla conduzione dei natanti come contropartita per la mancata corresponsione del (l’intero) prezzo del trasporto.
1.3. Inammissibili sono, poi, le censure sulle circostanze aggravanti di cui al terzo e al quarto motivo di ricorso, nonché sull’attenuante della minima partecipazione, sulle circostanze attenuanti generiche e, infine, sulla misura di sicurezza dell’espulsione, in quanto reiterative e in fatto, oltre che manifestamente infondate.
E ciò a fronte della forza persuasiva superiore della sentenza di appello rispetto a quella del primo Giudice e della capacità della motivazione di conferire alla decisione un’indubbia solidità.
La Corte di appello di Reggio Calabria, invero, ampiamente e logicamente (a p. 15) motiva sulla sussistenza di tutte le circostanze aggravanti oggetto di imputazione, ivi compresa quella della finalità di profitto, osservando a tale ultimo riguardo che è irragionevole ipotizzare
che gli imputati non abbiano agito per un loro concreto interesse economico, quand’anche esso fosse limitato al mancato o ridotto esborso di somme per il tragitto sino all’Italia, non essendovi peraltro tracce in atti di finalità esclusivamente solidaristiche, non essendo emerso alcun loro rapporto con i trasportati ma solo con gli organizzatori del viaggio, ed essendo del tutto ragionevole, anche con riguardo alle modalità del viaggio e di gestione dei migranti, che gli imputati operarono su indicazione degli organizzatori.
Con riguardo, poi, all’invocata partecipazione di minima importanza, la Corte territoriale sottolinea come l’attenuante non sia concedibile, non potendosi ritenere del tutto marginale ed irrilevante nella produzione dell’evento dannoso il ruolo di scafista, imprescindibile nel consentire l’ingresso illegale in Italia via mare e dunque nel portare a compimento l’attività illecita, anche quando, come nel caso di specie, la navigazione benefici di apparecchiature che consentono di preimpostare alcuni parametri del viaggio, essendo comunque sempre richiesta la presenza umana e l’intervento finalizzato ad adeguare le scelte di rotta e la velocità alle condizioni meteo marine. Rileva, inoltre, che i ricorrenti furono impegnati anche nelle attività connesse al trasbordo e nella gestione dei migranti nel corso della traversata.
In relazione alle invocate circostanze attenuanti generiche, detta Corte ne esclude la concedibilità per l’assenza di ogni elemento positivo di valutazione, per le allarmanti modalità del fatto ovvero per la presenza anche di donne e minori tra i numerosi migranti trasportati, le caratteristiche del viaggio e i contatti con gli organizzatori, che impartivano le direttive.
Infine, osserva la Corte a qua che, senza dubbio, nel caso in esame vi è la pericolosità sociale in grado di giustificare l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, in ragione non solo delle modalità del fatto (in relazione al numero di migranti trasportati e alle condizioni del viaggio), ma anche degli evidenti contatti con gli organizzatori della traversata.
Di contro, le doglianze difensive, che insistono sul fatto che dei trasportati non sarebbe accertata in modo sicuro la nazionalità, che il pericolo per la vita o l’incolumità non sarebbe specificato, che il numero dei trasportati e le condizioni inumane di trasporto non sarebbero dipesi dagli imputati, sul fatto che non sarebbe dimostrato un legame economico dei ricorrenti con i migranti ovvero con gli organizzatori del
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viaggio, sul ruolo di minima importanza dei ricorrenti, sul comportamento degli imputati, sia durante il fatto che successivamente, giustificativo delle circostanze attenuanti generiche, infine sull’inadeguata motivazione circa la pericolosità sociale giustificativa dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, incorrono nella aspecificità, oltre che nella manifesta infondatezza.
Quanto in particolare alle doglianze in punto di dosimetria della pena, va osservato che la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene equo determinare in euro tremila a favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024.