Favoreggiamento Immigrazione: Quando le Intercettazioni Provano il Dolo
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di favoreggiamento immigrazione, confermando la condanna di un imputato e dichiarando inammissibile il suo ricorso. La decisione sottolinea come prove concrete, quali le intercettazioni telefoniche, siano decisive per dimostrare la consapevolezza e la volontà di commettere il reato, rendendo vane le contestazioni basate su presunti vizi di motivazione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna a tre anni di reclusione inflitta dal G.U.P. di un tribunale di primo grado e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di numerosi reati di falso, commessi in un arco temporale di oltre un anno.
Attraverso il suo difensore, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza d’appello. Nello specifico, si contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza e la volontà di partecipare sia all’associazione criminale (reato-mezzo) sia ai singoli falsi (reati-fine).
L’Analisi della Corte sul Favoreggiamento Immigrazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, giudicando il ricorso manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la Corte di Appello aveva costruito una motivazione solida e priva di vizi logici, basandosi su elementi probatori chiari e inequivocabili.
Il fulcro della decisione risiede nella valorizzazione delle intercettazioni telefoniche. Da una specifica conversazione era emerso, senza alcun ragionevole dubbio, che l’imputato era pienamente consapevole che le dichiarazioni di ospitalità fornite agli stranieri fossero ‘fasulle’. Questa prova diretta ha demolito la tesi difensiva circa la mancanza di dolo per i reati di falso.
Per quanto riguarda il reato associativo, la Corte ha evidenziato come ulteriore materiale probatorio, sia captativo che documentale, avesse comprovato il ruolo attivo dell’imputato all’interno del sodalizio criminale. Egli agiva come ‘procacciatore’ di dichiarazioni di ospitalità o di assunzione fittizie, un ruolo chiave per il funzionamento dell’organizzazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché la motivazione della sentenza impugnata era coerente, logica e completa. I giudici di merito avevano correttamente interpretato le prove, in particolare le intercettazioni, come dimostrazione diretta della ‘consapevolezza’ dell’imputato. Non si trattava di interpretare indizi, ma di prendere atto di una prova schiacciante che svelava la piena coscienza della natura illecita delle proprie azioni. La difesa non ha saputo indicare un errore logico nel percorso argomentativo della Corte d’Appello, ma si è limitata a proporre una lettura alternativa delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Quando la prova dell’elemento soggettivo, come in questo caso di favoreggiamento immigrazione, è fondata su elementi oggettivi e inconfutabili come le registrazioni di conversazioni esplicite, il tentativo di contestare la decisione di merito per vizio di motivazione è destinato a fallire. La declaratoria di inammissibilità, accompagnata dalla condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, funge anche da monito contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori.
Per quale motivo il ricorso alla Corte di Cassazione è stato respinto?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza di appello era logica, coerente e non presentava alcun vizio.
Quali prove sono state decisive per confermare la condanna?
Le prove decisive sono state le intercettazioni telefoniche e i riscontri documentali. In particolare, una conversazione registrata dimostrava in modo inequivocabile che l’imputato era a conoscenza della falsità delle dichiarazioni di ospitalità, mentre altre prove confermavano il suo ruolo di procacciatore di documenti falsi per l’associazione.
Cosa comporta per l’imputato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la condanna a tre anni di reclusione. Inoltre, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10130 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAGLIARI il 02/08/1963
avverso la sentenza del 06/03/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
PREMESSO
che, con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la decisione del 10 luglio 2021, con la quale il G.U.P. del Tribunale di Cagliari aveva condannato NOME COGNOME alla pena di 3 anni di reclusione in relazione al reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e a numerosi reati-fine in materia di falso, commessi dall’aprile 2017 al novembre 2018;
LETTO
il ricorso per cassazione, con il quale l’interessato, per il tramite del difensore, ha denunciato vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo sia per il reato-mezzo che per i reati-fine;
OSSERVATO
che la Corte di merito, con riguardo ai profili contestati, ha articolato una motivazione scevra da vizi logici, valorizzando una serie di intercettazioni dalle quali è emersa, al di là di ogni ragionevole dubbio, la consapevolezza in capo all’imputato di tutti i reati ascrittigli, come evincibile, per i falsi, dalla conversaz n. 2127 del 5 aprile 2018, intercorsa con NOME COGNOME circa il fatto che le dichiarazioni di ospitalità degli stranieri erano “fasulle” (pag. 16) e, per il rea associativo, da ulteriore materiale captativo e riscontri documentali, comprovanti il ruolo, attribuito al CANU in seno al sodalizio, di procacciatore di dichiarazioni di ospitalità o di assunzione (pag. 17);
RITENUTO
pertanto, che il ricorso è manifestamente infondato, e, di conseguenza, va dichiarato inammissibile;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente