Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27221 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27221 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ALESSANDRO CENTONZE
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Con la sentenza in preambolo la Corte di appello di Trieste, per quanto qui d’interesse, ha confermato, l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione di ventitrØ cittadini di nazionalità pakistana e bengalese, aggravato dal numero, superiore a cinque, delle persone trasportate e dal numero delle persone che hanno commesso il fatto, mentre ha escluso quella del fine di profitto, rideterminando la pena in cinque anni, dieci mesi di reclusione ed euro 360.000,00 di multa.
Secondo il conforme accertamento dei giudici di merito l’imputato e il complice COGNOME ciascuno a bordo del proprio veicolo, erano stati fermati a Pontebba, mentre provenivano dal confine di Stato italo-austriaco di Pramollo, subito dopo che era stata lì segnalata la presenza di numerosi stranieri che percorrevano a piedi detta strada e che, difatti, erano avvistati e controllati, immediatamente dopo il fermo dei due mezzi, a circa un chilometro di distanza, e risultati privi dei documenti e di titolo per l’ingresso in Italia.
L’affermazione di responsabilità del ricorrente Ł stata fondata sulla deposizione dei testi appartenenti alla Polizia di frontiera che avevano eseguito il controllo e svolto le successive indagini, che hanno riferito: i) sulla presenza di diversi contatti telefonici tra Dinari e Jouahri nel giorno del controllo; ii) che, nella memoria di entrambi, vi era un video ritraente la discesa da ciascun veicolo, avvenuta per ciascun nei pressi della ex caserma della Guardia di finanza di Passo Pramollo, del gruppo di migranti, in occasione del quale costoro erano invitati a declinare le loro generalità; iii) che, nel video memorizzato sul cellulare di NOME, era visibile la targa della sua autovettura, mentre in quello presente nella memoria del telefono di NOME era ben visibile quest’ultimo, riflesso nella portiera della sua auto.
In tale contesto fattuale, la condotta del ricorrente Ł stata ritenuta pianamente integrante il reato di cui all’art. 12, commi 3 lett. a) e d) e 3bis, d.lgs. del 25 luglio 1998 n.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1604/2025
CC – 08/05/2025
268.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME e deduce tre motivi.
2.1.Con il primo motivo lamenta l’erroneità dell’ordinanza resa il 15 febbraio 2024 dal Giudice di primo grado, con cui Ł stato negato il nuovo ascolto del teste sovrintendente COGNOME che aveva già deposto dinanzi ad un collegio diversamente composto.
Secondo il ricorrente, la tesi del Giudice di appello – che ha confermato la decisione di quello di primo grado alla stregua del disposto di cui all’art. 495 comma 4ter cod. proc. pen., introdotto dalla riforma Cartabia – sarebbe errata poichØ la legge di riforma non Ł intervenuta sull’art. 525 cod. proc. pen. che enuncia il principio di immutabilità del giudice. SicchØ, giusta la tesi del ricorrente, la nuova disposizione attribuirebbe alla parte che ha interesse il diritto a ottenere la rinnovazione istruttoria in caso di mutamento del giudice, salvo che la prova sia stata video registrata. Nel caso in esame, tuttavia, ritiene il ricorrente che la mera circostanza che la deposizione del sovrintendente COGNOME sia stata videoregistrata non sarebbe sufficiente a fondare il provvedimento di rigetto, perchØ difetterebbe la prova che il Tribunale, nella nuova composizione, abbia effettivamente visto le riprese audiovisive cui ha fatto cenno il teste nella deposizione.
Si ritiene insufficiente anche l’ulteriore ragione posta dalla Corte territoriale a fondamento della decisione di rigetto, ossia la genericità della richiesta: le ragioni della richiesta dell’imputato erano state, infatti, adeguatamente illustrate all’udienza del 15 febbraio 2024, sebbene le stesse non siano state riportate a verbale.
Infine, sarebbe errata l’affermazione del Giudice di appello secondo cui l’imputato, non avendo sollevato eccezioni nell’udienza di discussione, avrebbe dimostrato di avere prestato acquiescenza all’ordinanza resa dal tribunale il 15 febbraio 2024; ciò perchØ le ordinanze devono impugnarsi unitamente alla sentenza, sicchØ la mancata eccezione non può essere intesa come acquiescenza.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, in punto di ritenuta ascrivibilità del reato al ricorrente.
La Corte di appello di Trieste avrebbe ritenuto l’imputato responsabile sulla base di un unico elemento, rappresentato dal video rinvenuto nel suo telefono cellulare che immortalava gli stranieri irregolari, intenti a scendere dal veicolo e a declinare le loro generalità.
Sarebbe, però, stato eluso il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria riguardo alle dichiarazioni rese dai soggetti trasportati che dovevano essere ascoltati come testimoni. Le generalità declinate nel video dai trasportati clandestini, costituendo affermazioni di natura dichiarativa, avrebbero dovuto essere verbalizzate dalla Polizia giudiziaria e riferite in udienza dagli stessi trasportati, non già dagli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria.
2.3. Con il terzo motivo Ł denunciata la violazione dell’art. 12 d.lgs. n. 286 del 1998, in punto di ritenuta sussistenza delle aggravanti del numero delle persone trasportate e di quello dei soggetti agenti.
Quanto alla prima aggravante, si osserva che il clandestino ascoltato quale testimone non ha riferito di aver viaggiato a bordo del veicolo con altre quattro persone, nØ di aver fatto ingresso insieme agli altri stranieri sorpresi dalla Polizia della frontiera mentre erano intenti a scendere a valle da passo Pramollo. In ogni caso, il video contenuto nella memoria del telefono, oltre a non essere mai stato visto, non consentirebbe di comprendere quante
persone il ricorrente avesse trasportato.
Quanto alla seconda aggravante, si denuncia l’assenza di prova della presenza di un terzo veicolo, non possedendo alcuna attitudine dimostrativa in tal senso la corrispondenza telefonica tra l’utenza del ricorrente e altra utenza tedesca, limitata all’invio di una foto che nulla ha a che vedere con i fatti oggetto di contestazione.
Conclude il ricorrente che l’assenza di almeno una delle due ipotesi previste dall’art. 12, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998, impedirebbe di applicare l’aggravamento di cui all’art. 12, comma 3bis, del decreto legislativo citato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata il 18 aprile 2025, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso denuncia motivi non consentiti e, comunque, manifestamente infondati e dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Quanto al primo motivo, di natura processuale, osserva il Collegio come esso costituisca pedissequa riproduzione di quello di appello (si veda p. 5 della sentenza impugnata) adeguatamente vagliato e superato dal Giudice di secondo grado (p. 7).
1.1. Risulta dagli atti, il cui esame Ł consentito al collegio attesa la natura processuale del vizio dedotto (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093 – 01), che all’udienza del 15 febbraio 2024, dopo che il Tribunale di Udine aveva dato contezza del fatto che la composizione del collegio era mutata e aveva disposto la rinnovazione dell’istruttoria già svolta mediante lettura delle deposizioni dei testi già ascoltati, il difensore del ricorrente aveva chiesto il nuovo ascolto del teste di polizia giudiziaria, sovrintendente COGNOME richiesta che il collegio respingeva facendo applicazione dell’articolo 495, comma 4ter, cod. proc. pen., in quanto la deposizione del teste era stata video-fono registrata.
La disposizione in parola, introdotta dall’art. 30, comma 1, lett. f) del d.Lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), così testualmente recita: «Se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l’esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso, la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze».
1.2. Ciò premesso, la Corte di appello, nel ribadire la correttezza della decisione del Tribunale e il richiamo in essa contenuto alla norma di nuovo conio, ha correttamente posto in risalto come – ai fini del diniego della richiesta rinnovazione – non fosse necessario provare che il Giudice avesse visto la registrazione della deposizione (condizione del tutto assente nel testo dell’articolo 495 cod. proc. pen.), bensì che fosse necessario e sufficiente che la deposizione in parola fosse stata registrata e che tale registrazione fosse a sua disposizione.
Altrettando correttamente, non ha mancato di evidenziare che – secondo il tenore letterale della disposizione richiamata – la rinnovazione dell’esame può essere disposta, in ogni caso quando il Giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze; esigenze che la difesa non aveva indicato nØ nell’appello, nØ in sede di richiesta di rinnovazione.
Sotto questo profilo Ł appena il caso di rammentare che il verbale di udienza fa fede fino a querela di falso, sicchØ Ł del tutto priva di rilievo l’affermazione, contenuta nel ricorso, secondo cui le specifiche ragioni a sostegno del nuovo ascolto del teste erano state indicate
oralmente.
Il secondo motivo Ł inammissibile, siccome interamente versato in fatto e, comunque, manifestamente infondato.
La Corte di appello ha ribadito la responsabilità dell’imputato sulla base del video trovato all’interno del suo telefono cellulare, non a caso avente contenuto analogo a quello del complice che conduceva la seconda autovettura.
In particolare, i Giudici di merito hanno valorizzato la circostanza, incontestata, che entrambi i video ritraevano i clandestini che, dopo la discesa dal mezzo che li trasportava, dichiaravano il proprio nome e il posto dove si trovavano e, con motivazione non manifestamente illogica, l’hanno posta in relazione con la usuale modalità con cui i passeur forniscono la prova di aver concluso il trasporto loro commissionato.
La digressione contenuta nel ricorso sul tema del divieto degli ufficiali agenti di polizia giudiziaria di deporre sulle informazioni assunte direttamente dagli stranieri – alla stregua della motivazione sulla quale Ł fondata l’affermazione di responsabilità – non ha, dunque, alcuna ragion d’essere.
Manifestamente infondato Ł, infine, il motivo con il quale il ricorrente denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di ribadita sussistenza delle aggravanti.
Quanto a quella del numero dei trasportati, la sentenza impugnata motiva correttamente valorizzando il fatto che complessivamente i clandestini erano in numero superiore a venti e che il ricorrente era stato trovato unitamente a COGNOME conducente l’altra, nell’ambito di un’operazione unitaria, com’Ł reso evidente dalle immagini ritrovate nelle memorie dei telefoni di entrambi.
Del pari non manifestamente illogica la motivazione con la quale il Giudice di appello ha ritenuto l’esistenza di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti sul fatto che ci fosse un terzo autista, che fa leva – oltre che agli elementi tratti dall’analisi dei contatti telefonici del ricorrente – soprattutto sulla considerazione che i ventitrŁ clandestini non avrebbero mai potuto essere trasportati sui soli due mezzi fermati dalla polizia di frontiera (p. 9 della sentenza impugnata).
Osserva inoltre il Collegio che nel novero dei concorrenti devono ritenersi non solo il terzo autista, pur se rimasto ignoto, ma anche tutti gli altri complici, del pari ignoti, che hanno organizzato l’operazione, trattandosi di un fatto-reato che implica il coinvolgimento di organizzazioni criminali.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 08/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME