Favoreggiamento Immigrazione Clandestina: la Cassazione conferma la validità delle testimonianze dei migranti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5230 del 2024, ha affrontato un caso di favoreggiamento immigrazione clandestina, ribadendo principi fondamentali sull’ammissibilità dei ricorsi e sulla valutazione delle prove testimoniali. La decisione sottolinea come le dichiarazioni rese dai migranti soccorsi siano pienamente utilizzabili in giudizio e come un ricorso basato su censure generiche e ripetitive sia destinato all’inammissibilità. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere l’orientamento della giurisprudenza in una materia così delicata.
I fatti del processo
Il caso ha origine da una condanna per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro. L’imputato, accusato di aver condotto un’imbarcazione per trasportare illegalmente migranti sul territorio nazionale, aveva presentato ricorso in Cassazione. 
Il fulcro del suo motivo di ricorso era la presunta inattendibilità delle dichiarazioni dei migranti. Secondo la difesa, le testimonianze, essendo sostanzialmente identiche tra loro, non potevano costituire un valido elemento di riscontro reciproco. L’imputato lamentava, quindi, una mancata e adeguata valutazione da parte della Corte di Appello sulle censure già sollevate nel secondo grado di giudizio.
La decisione della Corte di Cassazione sul favoreggiamento immigrazione clandestina
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sotto diversi profili. In primo luogo, ha qualificato il motivo di ricorso come meramente reiterativo di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte di Appello. I giudici di secondo grado, infatti, avevano già valutato le dichiarazioni dei migranti, considerandole un “racconto lineare e preciso” dell’accaduto e sufficienti a identificare unanimemente il ricorrente come colui che conduceva l’imbarcazione, alternandosi con un correo. La motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata non manifestamente illogica.
La validità delle testimonianze dei migranti
Un punto centrale della decisione riguarda la piena utilizzabilità delle testimonianze rese dai migranti alla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari. La Cassazione ha richiamato una sua precedente e consolidata giurisprudenza (sentenza n. 53691/2016), secondo cui tali dichiarazioni sono pienamente valide.
La Corte ha chiarito che i migranti soccorsi in acque internazionali e trasportati sul territorio nazionale non possono essere considerati indagati per il reato di ingresso e soggiorno illegale (art. 10-bis del D.Lgs. 286/1998). Questo perché non si può ipotizzare che il pericolo di vita, che ha reso necessario il salvataggio, sia stato da loro stessi “artatamente creato”. Di conseguenza, le loro dichiarazioni hanno piena valenza testimoniale e non necessitano di riscontri esterni secondo le regole previste per le dichiarazioni dei coimputati.
Le motivazioni
La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure proposte si scontravano con principi giurisprudenziali consolidati e si limitavano a riproporre questioni già adeguatamente risolte nel merito. La Corte ha evidenziato che l’appello in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legittimità, come la manifesta illogicità della motivazione, che in questo caso non sussisteva. La coerenza e la precisione delle dichiarazioni dei migranti erano state correttamente valutate dalla Corte di Appello come prova fondante della responsabilità dell’imputato.
Le conclusioni
La declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, a causa della colpa connessa alla presentazione di un ricorso palesemente infondato, l’imputato è stato condannato a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza l’orientamento secondo cui le testimonianze dei migranti sono una fonte di prova cruciale nei processi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e che i ricorsi pretestuosi o meramente ripetitivi vengono sanzionati con fermezza.
 
Le testimonianze dei migranti soccorsi possono essere usate come prova nel processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che le dichiarazioni testimoniali rese alla polizia giudiziaria da migranti soccorsi in acque internazionali sono pienamente utilizzabili come prova, in quanto essi non sono considerati concorrenti nel reato di ingresso illegale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile principalmente per due motivi: era reiterativo di censure già respinte dalla Corte d’Appello con una motivazione non manifestamente illogica e proponeva tesi in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità sulla validità delle testimonianze dei migranti.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, data la colpa nell’aver presentato un’impugnazione priva di fondamento, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5230 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5230  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME ricorre avverso la sentenza in preambolo, con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sua condanna per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, limitandosi a rideterminare la pena inflitta, e affida le sue censure a un unico, articolato motivo con il quale lamenta la mancata adeguata risposta alle censure poste con l’atto di appello e, segnatamente, la mancata valutazione dell’attendibilità dei migranti che hanno accusato l’imputato con dichiarazioni identiche tali, dunque da non costituire elemento di riscontro reciproco;
ritenuto che il ricorso è inammissibile sotto più profili, in primo luogo perché reiterativo di analoghe doglianze superate dal Giudice di appello (p. 2 della sentenza impugnata) che, con motivazione non manifestamente illogica e, richiamando la sentenza di primo grado nella quale le dichiarazioni dei migranti sono state riprodotte per esteso, ha reputato che un racconto lineare e preciso dell’accaduto e, per ciò che qui interessa, della responsabilità del ricorrente unanimemente indicato come colui che conduceva l’imbarcazione, alternandosi con il correo;
ricordato, sotto altro profilo, che il ricorso prospetta enunciati ermeneutici in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale «Devono ritenersi dichiarazioni testimoniali e sono pienamente utilizzabili i contributi dichiarativi resi alla polizia giudiziaria nel corso delle indag preliminari da migranti soccorsi in acque internazionali e trasportati su territorio nazionale, non potendo configurarsi nei loro confronti il reato di cui all’art. 10-bis del D.Lgs. n. 286 del 1998, né potendo ipotizzarsi che il pericolo di vita, cui è seguita l’azione di salvataggio, sia stato dagli stessi previsti e artatamente creato» (Sez. 1, n. 53691 del 16/11/2016, Alli, Rv. 268662);
ritenuto, dunque, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazion (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023