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Favoreggiamento immigrazione e testimonianze migranti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per favoreggiamento immigrazione clandestina. La Corte ha confermato la validità delle testimonianze dei migranti, ritenendole prova sufficiente e respingendo le censure dell’imputato come ripetitive e contrarie alla giurisprudenza consolidata.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento Immigrazione Clandestina: la Cassazione conferma la validità delle testimonianze dei migranti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5230 del 2024, ha affrontato un caso di favoreggiamento immigrazione clandestina, ribadendo principi fondamentali sull’ammissibilità dei ricorsi e sulla valutazione delle prove testimoniali. La decisione sottolinea come le dichiarazioni rese dai migranti soccorsi siano pienamente utilizzabili in giudizio e come un ricorso basato su censure generiche e ripetitive sia destinato all’inammissibilità. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere l’orientamento della giurisprudenza in una materia così delicata.

I fatti del processo

Il caso ha origine da una condanna per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro. L’imputato, accusato di aver condotto un’imbarcazione per trasportare illegalmente migranti sul territorio nazionale, aveva presentato ricorso in Cassazione.

Il fulcro del suo motivo di ricorso era la presunta inattendibilità delle dichiarazioni dei migranti. Secondo la difesa, le testimonianze, essendo sostanzialmente identiche tra loro, non potevano costituire un valido elemento di riscontro reciproco. L’imputato lamentava, quindi, una mancata e adeguata valutazione da parte della Corte di Appello sulle censure già sollevate nel secondo grado di giudizio.

La decisione della Corte di Cassazione sul favoreggiamento immigrazione clandestina

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sotto diversi profili. In primo luogo, ha qualificato il motivo di ricorso come meramente reiterativo di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte di Appello. I giudici di secondo grado, infatti, avevano già valutato le dichiarazioni dei migranti, considerandole un “racconto lineare e preciso” dell’accaduto e sufficienti a identificare unanimemente il ricorrente come colui che conduceva l’imbarcazione, alternandosi con un correo. La motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata non manifestamente illogica.

La validità delle testimonianze dei migranti

Un punto centrale della decisione riguarda la piena utilizzabilità delle testimonianze rese dai migranti alla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari. La Cassazione ha richiamato una sua precedente e consolidata giurisprudenza (sentenza n. 53691/2016), secondo cui tali dichiarazioni sono pienamente valide.

La Corte ha chiarito che i migranti soccorsi in acque internazionali e trasportati sul territorio nazionale non possono essere considerati indagati per il reato di ingresso e soggiorno illegale (art. 10-bis del D.Lgs. 286/1998). Questo perché non si può ipotizzare che il pericolo di vita, che ha reso necessario il salvataggio, sia stato da loro stessi “artatamente creato”. Di conseguenza, le loro dichiarazioni hanno piena valenza testimoniale e non necessitano di riscontri esterni secondo le regole previste per le dichiarazioni dei coimputati.

Le motivazioni

La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure proposte si scontravano con principi giurisprudenziali consolidati e si limitavano a riproporre questioni già adeguatamente risolte nel merito. La Corte ha evidenziato che l’appello in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legittimità, come la manifesta illogicità della motivazione, che in questo caso non sussisteva. La coerenza e la precisione delle dichiarazioni dei migranti erano state correttamente valutate dalla Corte di Appello come prova fondante della responsabilità dell’imputato.

Le conclusioni

La declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, a causa della colpa connessa alla presentazione di un ricorso palesemente infondato, l’imputato è stato condannato a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza l’orientamento secondo cui le testimonianze dei migranti sono una fonte di prova cruciale nei processi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e che i ricorsi pretestuosi o meramente ripetitivi vengono sanzionati con fermezza.

Le testimonianze dei migranti soccorsi possono essere usate come prova nel processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che le dichiarazioni testimoniali rese alla polizia giudiziaria da migranti soccorsi in acque internazionali sono pienamente utilizzabili come prova, in quanto essi non sono considerati concorrenti nel reato di ingresso illegale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile principalmente per due motivi: era reiterativo di censure già respinte dalla Corte d’Appello con una motivazione non manifestamente illogica e proponeva tesi in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità sulla validità delle testimonianze dei migranti.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, data la colpa nell’aver presentato un’impugnazione priva di fondamento, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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