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Favoreggiamento immigrazione e prova sopravvenuta

Un soggetto è stato condannato per favoreggiamento immigrazione per aver aiutato connazionali a entrare illegalmente in Italia. Nel suo ricorso alla Corte di Cassazione, ha contestato la valutazione delle prove e la mancata ammissione di nuove dichiarazioni di un coimputato. La Corte ha respinto il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che le dichiarazioni di un coimputato devono essere acquisite nel processo rispettando il principio del contraddittorio e non possono essere introdotte come semplice documentazione, salvo casi eccezionali. La valutazione delle prove da parte dei giudici di merito è stata ritenuta logica e ben motivata.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento immigrazione: la Cassazione sulle prove del coimputato

Il reato di favoreggiamento immigrazione clandestina è una fattispecie complessa, spesso legata a reti criminali organizzate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30263 del 2024, offre importanti chiarimenti su due aspetti cruciali: la valutazione delle prove basate su intercettazioni e le regole per l’acquisizione delle dichiarazioni rese da un coimputato. Analizziamo insieme questo caso per comprendere i principi affermati dai giudici.

I fatti del caso: un’organizzazione per l’ingresso illegale

Il caso riguarda un cittadino pakistano condannato in primo grado e in appello per aver partecipato a un’associazione finalizzata a favorire l’ingresso illegale in Italia di suoi connazionali. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’organizzazione operava su più livelli: alcuni complici in Pakistan selezionavano le persone disposte a pagare per entrare in Italia, altri procuravano false dichiarazioni di disponibilità all’assunzione per ottenere i visti d’ingresso.

Il ruolo dell’imputato, secondo la ricostruzione, era quello di anello finale della catena in Italia: accoglieva gli stranieri all’aeroporto della Malpensa, procurava loro un alloggio e coordinava l’attività illecita. La condanna si basava principalmente su intercettazioni telefoniche e ambientali, corroborate da riscontri documentali.

Le ragioni del ricorso: prova sopravvenuta e travisamento dei fatti

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione attraverso il suo difensore, sollevando tre principali motivi di doglianza:

1. Mancata acquisizione di una prova sopravvenuta: La difesa lamentava che la Corte d’Appello non avesse ammesso le dichiarazioni rese da un coimputato, processato separatamente, in Pakistan dopo la sentenza di primo grado. Tali dichiarazioni, a dire del ricorrente, avrebbero potuto chiarire il significato di alcune conversazioni intercettate.
2. Travisamento delle prove: Il ricorrente sosteneva che i giudici avessero interpretato erroneamente le intercettazioni. Affermava di non aver partecipato ad alcuna attività criminale, ma di aver semplicemente offerto, per cortesia, passaggi e aiuto a connazionali. La sua conoscenza delle procedure di immigrazione era, a suo dire, legata a questioni personali e familiari.
3. Trattamento sanzionatorio eccessivo: Infine, si contestava la severità della pena e il diniego delle attenuanti generiche, ritenendo la motivazione dei giudici frutto di un pregiudizio.

Il verdetto della Cassazione sul favoreggiamento immigrazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. Le argomentazioni dei giudici sono state chiare e nette su tutti i punti sollevati.

L’inammissibilità delle dichiarazioni del correo

Sul primo punto, la Cassazione ha stabilito che la richiesta di acquisire le dichiarazioni del coimputato era inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro ordinamento processuale: le dichiarazioni di un imputato in un procedimento connesso devono essere acquisite nel rispetto del contraddittorio, secondo le forme previste dall’art. 210 del codice di procedura penale. Non è possibile, se non in casi eccezionali e specificamente previsti dalla legge (come l’impossibilità di ripetizione dell’atto), acquisire semplicemente i verbali di dichiarazioni rese fuori dal dibattimento. Il ricorso, peraltro, era generico perché non specificava nemmeno il contenuto di tali dichiarazioni.

La conferma della responsabilità penale

Per quanto riguarda la valutazione delle prove, la Corte ha ricordato che il giudizio di Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma controllare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano fondato la loro decisione su un solido compendio probatorio (intercettazioni e documenti) e avevano fornito una spiegazione puntuale e convincente per confutare le tesi difensive, comprese le giustificazioni dell’imputato sui suoi gesti di “cortesia”. L’operato dell’imputato appariva strettamente correlato a quello degli altri membri del gruppo e parte di una precisa strategia criminosa.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che la responsabilità penale fosse stata adeguatamente dimostrata. La certezza della colpevolezza derivava dal fatto che l’imputato, esperto di pratiche di immigrazione, fosse pienamente consapevole di agire per far entrare in Italia connazionali con visti ottenuti sulla base di presupposti fittizi. Le sue azioni non erano isolate, ma si inserivano in un piano criminale comune, come illustrato in dettaglio nella sentenza impugnata. Le obiezioni difensive, volte a fornire una lettura alternativa e benevola del suo coinvolgimento, erano già state esaminate e respinte con argomentazioni convincenti dalla Corte d’Appello. Anche la decisione sulle attenuanti generiche è stata confermata, poiché basata su elementi oggettivi e soggettivi negativi, come la reiterazione delle condotte, la loro gravità e la capacità a delinquere dimostrata dall’imputato.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce due importanti principi. In primo luogo, nel campo del favoreggiamento immigrazione, la prova della consapevolezza e del contributo causale dell’imputato può essere desunta da un quadro probatorio complesso, incluse le intercettazioni, se valutato in modo logico e coerente dai giudici di merito. In secondo luogo, sotto il profilo procedurale, viene riaffermata la centralità del contraddittorio nell’acquisizione della prova dichiarativa, limitando l’ingresso di verbali formati fuori dal processo a ipotesi eccezionali. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione non possa essere utilizzato per sollecitare una nuova e diversa lettura dei fatti, ma solo per denunciare vizi di legittimità.

È possibile utilizzare in un processo le dichiarazioni rese da un coimputato fuori dal dibattimento?
No, di regola non è possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che il contributo dichiarativo di un coimputato deve essere acquisito nel rispetto del contraddittorio, secondo le forme previste dall’art. 210 del codice di procedura penale. L’acquisizione di semplici verbali è consentita solo in casi eccezionali e tassativi, che non ricorrevano nella fattispecie.

Un gesto di cortesia, come offrire un passaggio in auto a un connazionale, può configurare il reato di favoreggiamento immigrazione?
Dipende dal contesto. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che le azioni dell’imputato (accogliere persone all’aeroporto, trovare alloggio) non fossero semplici gesti di cortesia, ma parte integrante di una strategia criminosa organizzata, come dimostrato dalle intercettazioni e da altre prove documentali. La consapevolezza dell’illegalità dell’ingresso è fondamentale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come le intercettazioni, per valutare la colpevolezza di un imputato?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso specifico, ha ritenuto che la Corte d’appello avesse fornito una motivazione adeguata e coerente basata sul compendio probatorio, rendendo inammissibile la richiesta di una nuova valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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