Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30263 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30263 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Pakistan il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; udito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha ribadito la penale responsabilità di NOME, accertata all’esito del dibattimento in ordine al reato continuato di cui all’art. 12, commi 3 ss., d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (T.U. imm.), per avere l’imputato, in concorso con terzi e a fine di profitto, compiuto atti diretti a favorire l’ingresso illegale nel territorio nazionale cittadini pakistani non meglio identificati.
Costoro, secondo quanto giudizialmente accertato, venivano selezionati in patria, in cambio del pagamento di somme di denaro, dal correo NOME COGNOMECOGNOME Il correo NOME COGNOME loro altrettanti dichiarazioni di disponibilità all’assunzione, utili al rilascio del nulla osta all’ingresso in Italia, da part datori di lavoro compiacenti o fittizi, con i quali non si instaurava in realtà alcu rapporto di lavoro. L’imputato COGNOME accoglieva gli stranieri in arrivo all’aeroporto della Malpensa, COGNOME loro alloggio e coordinava in AVV_NOTAIO l’attività illecita. I fatti si svolgevano nei mesi di febbraio e marzo del 2009.
La Corte di appello ha altresì confermato la pena principale irrogata dal primo giudice, pari a quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre alla multa.
Fonti di prova fondamentali del processo sono le intercettazioni, telefoniche e ambientali, tra i correi, tramite le quali era stato possibil ricostruire lo scenario criminoso di cui in imputazione, avvalorato da riscontri di natura documentale.
Ricorre l’imputato per cassazione, con il ministero del difensore di fiducia.
Nell’unico motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Se ne riassume di seguito il contenuto, nei limiti previsti dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3.1. La Corte di appello, in primo luogo, avrebbe censurabilmente omesso di acquisire, quale prova sopravvenuta al giudizio di primo grado, le dichiarazioni rese -nell’ottobre 2023, in Pakistan- dal correo NOME COGNOME, qui separatamente processato.
Si sarebbe trattato di prova sopravvenuta, da valutare ai sensi degli artt. 495 e 603, comma 2, cod. proc. pen., anche a prescindere dalla formulazione di uno specifico motivo di appello.
La rilevanza della prova sarebbe stata nella sua idoneità a chiarire il significato di una delle conversazioni intercettate.
3.2. Il giudizio di penale responsabilità si fonderebbe su una travisata valutazione del materiale istruttorio e su una superficiale valorizzazione del contenuto delle intercettazioni. Da tali fraintendimenti sarebbe disceso l’erroneo convincimento che l’imputato avesse preso parte all’attività criminosa, cui viceversa egli non aveva apportato alcun contributo causalmente efficiente e comunque soggettivamente consapevole.
Non sarebbe vero che l’imputato avesse negato di essersi recato alla Malpensa. Egli ha semplicemente sostenuto di avere offerto, a titolo di cortesia, passaggi a familiari e connazionali.
Il fatto che l’imputato si fosse interessato a reperire alloggi per costoro andava valutato con lo stesso metro.
La dimestichezza con le procedure amministrative di immigrazione, che la Corte di appello aveva colto nelle parole dell’imputato oggetto di intercettazione, derivava dal fatto che egli aveva studiato le procedure stesse in precedenza, a beneficio proprio e dei familiari. Non poteva essere considerata una prova di colpevolezza.
Nessun passaggio delle conversazioni intercettate (il ricorso ne mette alcune sotto attenzione) dimostrerebbe l’illiceità sostanziale degli ingressi, o comunque che l’imputato ne fosse conscio, e che esistesse una strategia organizzata. Del loro intero contenuto l’imputato avrebbe offerto nel processo una convincente spiegazione.
3.3. In punto di trattamento sanzionaitorio e diniego delle attenuanti generiche, la motivazione sarebbe parimenti inappagante, perché frutto di preconcetta valutazione in pregiudizio.
L’imputato aveva tutto il diritto di negare quanto allo stesso ingiustamente attribuito, nell’ambito del diritto di difesa, a fronte di prove insufficienti e mancato approfondimento di punti decisivi.
La pena inflitta apparirebbe comunque eccessiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La censura di ordine processuale è inammissibile, per genericità di formulazione e, in ogni caso, per manifesta infondatezza.
Il ricorrente non accenna minimamente al contenuto delle dichiarazioni del correo, né chiarisce in che sede e secondo quali modalità esse sarebbero state rilasciate.
In disparte ciò, il contributo dichiarativo di persona imputata in un procedimento connesso, a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nei confronti della quale si procede o si è proceduto separatamente, deve
entrare nel processo nelle forme di rito e quindi -nel dibattimento, svoltosi nella specie- a norma dell’art. 210 dello stesso codice e nel rispetto del contraddittorio.
L’acquisizione di verbali di dichiarazioni, rilasciate fuori del contraddittorio, consentita nei soli casi previsti dagli artt. 512 e 512-bis cod. proc. pen. (sopravvenuta e imprevedibile impossibilità di ripetizione, mancata comparizione nonostante citazione e impossibilità di esame dibattimentale) e sulla sussistenza dei relativi presupposti il ricorso è totalmente silente.
La penale responsabilità dell’imputato, in ordine al reato a lui ascritto, è stata ritenuta dalla Corte territoriale sulla base di un compendio probatorio adeguato, alimentato dal tenore di intercettazioni il cui contenuto non compete a questa Corte di rivalutare (da ultimo, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01) e da specifici riscontri di ordine documentale in ordine alla messinscena delle posticce assunzioni lavorative, di cui si dà ampiamente conto in entrambe le sentenze di merito.
E’ su tale base dimostrativa, ineccepibilmente apprezzata, che è stata raggiunta la ragionevole certezza che NOME si sia consapevolmente adoperato per inserire in Italia suoi connazionali, i quali vi avevano fatto ingresso sulla base di visti che l’imputato, esperto in tema di pratiche di immigrazione, sapeva essere stati ottenuti sulla base di un’artificiosa rappresentazione dei rispettivi presupposti.
Il suo operato, come esaustivamente illustrato nella sentenza impugnata, appare strettamente correlato a quello dei collocutori e attuativo di una strategia criminosa comune.
Le obiezioni del ricorrente – volte a smentire quest’ultima, a fornire un’alternativa e benevola chiave di lettura del suo coinvolgimento e, in definitiva, ad accreditare la sua buona fede – sono state partitamente esaminate dalla sentenza stessa, che ne ha offerto una puntuale e convincente confutazione.
Esse sono reiterativamente sottoposte a questa Corte, nonostante i noti limiti del sindacato che processualmente essa è chiamata ad esercitare, e appaiono conclusivamente inidonee ad infirmare la tenuta argomentativa della motivazione giudiziale.
Le attenuanti generiche sono state negate, in rapporto alla reiterazione delle condotte, alla loro gravità e alla capacità a delinquere dimostrata dall’imputato, e quindi sulla base di specifici indici ostativi, oggettivi e soggettiv in questa sede insindacabili (ex multis, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017,
Pettinelli, Rv. 271269-01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014′ Lule, Rv. 259899-01).
La pena inflitta si discosta appena dal minimo edittale e più che adeguato, anche in ragione di ciò (Sez. 1, n. 16691 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 24316801; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, COGNOME, Rv. 237402-01; Sez. 2, n. 43596 del 07/10/2003, COGNOME, Rv. 227685-01), si profila lo sforzo argomentativo comunque profuso dal giudice di merito per giustificarla, con cui il ricorrente omette un diretto ed efficace confronto.
Il ricorso deve essere conseguentemente respinto.
Il ricorrente deve essere per l’effetto condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21/05/2024