Favoreggiamento immigrazione clandestina: la responsabilità dello scafista e la prova logica del profitto
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29466/2025, si è pronunciata su un caso di favoreggiamento immigrazione clandestina, offrendo importanti chiarimenti sulla valutazione della prova e sulla configurabilità del fine di profitto in capo allo scafista. La decisione conferma la condanna emessa dalla Corte d’Appello, rigettando il ricorso dell’imputato e delineando principi di grande rilevanza pratica.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’imputato era stato identificato come lo scafista di un’imbarcazione utilizzata per il trasporto di migranti. La sua responsabilità era stata accertata nei primi due gradi di giudizio sulla base di una serie di elementi probatori, tra cui le dichiarazioni di alcuni dei passeggeri trasportati e una ripresa video. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando la valutazione delle prove, la sussistenza del fine di profitto e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti.
I Motivi del Ricorso e il Favoreggiamento Immigrazione Clandestina
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre motivi principali. In primo luogo, ha contestato l’attendibilità e la sufficienza delle prove, sostenendo che solo un numero esiguo di migranti aveva collaborato all’identificazione. In secondo luogo, ha negato la sussistenza della finalità di profitto, un elemento chiave del reato, evidenziando che nessun testimone aveva dichiarato di aver versato denaro direttamente allo scafista. Infine, ha lamentato il diniego delle circostanze attenuanti, ritenuto ingiustificato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondati tutti i motivi proposti. La sentenza ha confermato in toto la decisione della Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Le Motivazioni della Sentenza
L’analisi delle motivazioni offre spunti di riflessione cruciali sulla gestione processuale dei reati legati al traffico di esseri umani.
### La Valutazione delle Prove
La Corte ha respinto le critiche sulla valutazione probatoria, definendole infondate. I giudici hanno sottolineato come le dichiarazioni dei testimoni fossero convergenti e ulteriormente rafforzate da una ripresa video, elemento con cui la difesa non si era adeguatamente confrontata. Secondo la Cassazione, il fatto che solo quattro persone abbiano collaborato non sminuisce il quadro probatorio, anzi, è un numero ‘significativo’ se si considera il ‘clima omertoso’ e il potere intimidatorio delle organizzazioni criminali che gestiscono tali traffici.
### La Prova del Fine di Profitto nel Favoreggiamento Immigrazione Clandestina
Il punto più interessante della motivazione riguarda la prova del fine di profitto. La Corte ha stabilito che, anche se nessun migrante ha testimoniato di aver pagato direttamente lo scafista, la finalità di lucro può essere dimostrata attraverso una ‘robusta prova logica’. Il ragionamento è il seguente: l’impiego di una persona in un ruolo così delicato e rischioso all’interno di un’impresa criminale organizzata a fini di lucro implica necessariamente un accordo di partecipazione agli utili. La ‘comunanza di interessi’ con gli organizzatori è deducibile dalla natura stessa dell’incarico. Le modalità organizzative e la delicatezza del ruolo affidato allo scafista sono elementi sufficienti a sostenere, secondo un criterio di logica comune, che la sua prestazione non fosse a titolo gratuito, ma basata su una partecipazione, anche se non definita, ai profitti dell’operazione.
### Il Diniego delle Attenuanti
Infine, la Corte ha ritenuto logica e priva di vizi la decisione di non concedere le circostanze attenuanti. È stata posta in evidenza l’essenzialità del ruolo svolto dall’imputato (unico scafista) e la particolare gravità del fatto, elementi che non potevano essere ridimensionati da generiche proposte di attenuazione non supportate da elementi concreti sul fatto o sulla personalità dell’imputato.
Conclusioni
La sentenza in esame consolida un principio fondamentale in materia di favoreggiamento immigrazione clandestina: la prova del fine di profitto dello scafista non richiede necessariamente la dimostrazione di una transazione economica diretta. Può essere legittimamente desunta, tramite prova logica, dal suo inserimento in un’organizzazione criminale lucrativa e dal ruolo cruciale che egli svolge. Questa interpretazione fornisce agli inquirenti e ai giudici uno strumento importante per contrastare efficacemente le reti di trafficanti di esseri umani, superando le difficoltà probatorie spesso causate dal contesto di omertà e paura in cui operano.
La testimonianza di pochi migranti è sufficiente per condannare uno scafista?
Sì, secondo la Corte la testimonianza anche di un numero limitato di persone può essere considerata significativa e sufficiente, specialmente se corroborata da altre prove come riprese video. Il numero esiguo di collaboratori viene contestualizzato nel ‘clima omertoso’ imposto dalle organizzazioni criminali.
Per provare il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è necessario dimostrare che lo scafista ha ricevuto dei soldi?
No, non è strettamente necessario. La Corte ha stabilito che il fine di profitto può essere dimostrato attraverso una ‘prova logica’. Se l’individuo ricopre un ruolo essenziale e rischioso in un’impresa criminale organizzata per profitto, si presume che ci sia un accordo per la partecipazione agli utili, anche senza la prova di un pagamento diretto.
Perché possono essere negate le circostanze attenuanti in un caso come questo?
Le attenuanti possono essere negate quando la gravità del fatto e l’essenzialità del ruolo svolto dall’imputato (ad esempio, essere l’unico scafista) sono considerate prevalenti. Se la difesa non fornisce elementi concreti sul fatto o sulla personalità dell’imputato che possano effettivamente ridimensionare tale gravità, il diniego è ritenuto legittimo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29466 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29466 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME CASA
Sent. n. sez. 401/2025
UP – 30/05/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 05/12/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria
sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Il primo motivo Ł inammissibile per manifesta infondatezza, oltre che versato in fatto e dunque non consentito.
Nessuna violazione dei principi generali in tema di valutazione della prova Ł imputabile ai giudici del merito, posto che a carico del Savci si sono poste in modo univoco tutte le
evidenze processuali.
Non solo vi Ł stata ampia convergenza dichiarativa – da parte di soggetti trasportati sulla cui attendibilità non sono emerse circostanze sfavorevoli – ma il contenuto dichiarativo Ł stato ulteriormente asseverato da una ripresa video (aspetto con cui il ricorrente non si confronta). A nulla rileva che il numero dei dichiaranti disposti a collaborare alla identificazione dello scafista sia stato di soli quattro individui, numero peraltro da ritenersi significativo, proprio in ragione del clima omertoso derivante dal potere criminali delle organizzazioni dedite al traffico di esseri umani. La scelta del rito ha reso, peraltro, utilizzabili pienamente gli atti di indagine, il che rende del tutto infondate le doglianze difensive, pur formulate sotto il profilo della persuasività.
Al contempo la tesi difensiva oltre a scontrarsi con le evidenze prima ricordate Ł stata esaminata – anche in riferimento alla produzione documentale – e disattesa con motivazione in fatto logica e coerente, dunque insindacabile.
I residui motivi sono infondati.
3.1 Quanto alla finalità di profitto, va rilevato che la motivazione espressa dalla Corte di secondo grado resiste alle critiche. Se da un lato nessun migrante ha riferito di aver versato il corrispettivo del viaggio nelle mani del Savci (dunque il possesso dei seicento euro in capo all’imputato anche per il Collegio non risulta un elemento decisivo) Ł altrettanto vero che a carico del Savci vi Ł una robusta prova logica circa la ‘comunanza di interessi’ con gli organizzatori. Se il Savci Ł stato incaricato del delicato compito di scafista, come risulta dal complesso delle evidenze probatorie, risponde ad un criterio di logica comune ritenere che il suo impiego – in una impresa organizzata a fini di lucro e fortemente rischiosa per le sue modalità realizzative – derivi da un accordo di partecipazione agli utili, sia pure in quota non definita. Sono le modalità organizzative e la delicatezza del ruolo affidato al ricorrente a sostenere la ricostruzione operata in sede di merito.
Ciò rende infondate le doglianze difensive che, non a caso, ripropongono la tesi della estraneità del Savci alla impresa delittuosa, tesi che Ł stata già respinta in riferimento al primo motivo.
3.2 Quanto al diniego delle circostanze attenuanti la motivazione espressa in sede di merito risulta del tutto logica e immune da vizi.
Si Ł già posta in evidenza la essenzialità del ruolo svolto (unico scafista) dal Savci e le proposte di attenuazione non hanno evidenziato alcun elemento sul fatto o sulla personalità tale da ridimensionare la particolare gravità del fatto, come si Ł ritenuto in sede di merito.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 30/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME CASA