Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45297 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45297 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pisticci il 20/03/1981
avverso l’ordinanza emessa il 30/07/2024 dal Tribunale del riesame di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 30 luglio 2024 il Tribunale del riesame di Salerno confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa gennaio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno nei confronti, tra gli altri, di NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 1 e 1 bis della rubrica provvisoria.
Secondo il Tribunale del riesame di Salerno, NOME COGNOME e i complici facevano parte di un’organizzazione criminale, attiva sia in Italia sia all’estero, finalizzata a realizzare una pluralità di reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, commessi attraverso un’articolata rete soggettiva, coordinata da NOME COGNOME che si occupava di contattare i migranti – generalmente provenienti dall’area maghrebina – e di procurare loro, dietro la corresponsione di cospicue somme di denaro, la documentazione necessaria a consentirgli l’ingresso illegale nel nostro Paese.
L’ingresso dei migranti, in particolare, veniva realizzato mediante la presentazione, presso lo sportello unico per l’immigrazione territorialnnente competente, di istanze supportate da una documentazione falsa, finalizzata a prefigurare l’assunzione stagionale di lavoratori extracomunitari nel settore agricolo e nel settore turistico, grazie alla quale veniva rilasciato il permesso di soggiorno a cittadini stranieri.
I cittadini stranieri, infine, dopo avere Mai) ottenuto il permesso di soggiorno, rilasciato dalle prefetture territorialmente competenti, provvedevano a corrispondere agli emissari dell’organizzazione le somme pattuite, che oscillavano da 5.500,00 euro a 7.500,00 euro.
I proventi di queste attività illecite, a loro volta, venivano reimpiegati dai vertici dell’organizzazione transnazionale, dando origine a una pluralità di reati tra cui quelli di riciclaggio, autoriciclaggio e false fatturazioni -, strettament collegati alla sfera di operatività della consorteria, della quale, però, non ci si occupa con riferimento alla posizione dell’odierno ricorrente.
La ricostruzione degli accadimenti criminosi posta a fondamento del provvedimento cautelare genetico si riteneva corroborata dalle intercettazioni attivate nel corso delle indagini preliminari, che monitoravano le condotte di alcuni dei componenti del sodalizio transnazionale in esame, riscontando l’ipotesi accusatoria iniziale. Si traeva, in questo modo, conferma del coinvolgimento consortile di NOME COGNOME e di diversi altri consociati, per effetto del loro collegamento, personale e funzionale, con NOME COGNOME che era il soggetto che coordinava le operazioni finalizzate a consentire l’ingresso in Italia dei cittadini extracomunitari.
Di tali attività si dava atto nelle informative di reato redatte nelle date del 18 aprile 2024, del 15 maggio 2024, del 16 maggio 2024 e del 22 maggio 2024, attraverso le quali venivano chiariti i rapporti esistenti tra i sodali dell consorteria di cui al capo 1, che venivano coordinati da NOME COGNOME; quest’ultimo indagato fungeva da elemento di raccordo tra gli intermediari contattati dai migranti per trasferirsi illegalmente nel nostro Paese, gli imprenditori italiani che si prestavano ad assumere fittiziamente i lavoratori stranieri e i professionisti, anch’essi italiani, coinvolti nella predisposizione della documentazione falsa presentata presso gli sportelli Unici per l’immigrazione territorialmente competenti.
Sulla scorta di queste emergenze indiziarie, si riteneva che NOME COGNOME era uno degli imprenditori che si prestavano ad assumere fittiziamente i lavoratori extracomunitari che aspiravano a ottenere un titolo per l’ingresso, illegale, nel nostro Paese, attuato con le descritte modalità, dai quali acquisiva nominativi e passaporti, che consegnava a Decimo Viola, che inoltrava presso gli sportelli unici per l’immigrazione le domande per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno da parte delle prefetture competenti. Il ruolo consortile di COGNOME, in particolare, si riteneva dimostrato alla luce delle conversazioni n. 10354 del 21 novembre 2023, n. 15088 del 31 gennaio 2024 e n. 15234 dell’i febbraio 2024, che venivano registrate, la prima, tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, la seconda e la terza, tra lo stesso COGNOME e l’indagato.
In questa cornice indiziaria, si ritenevano sussistenti le esigenze cautelari indispensabili al mantenimento del regime restrittivo patito da NOME COGNOME per i reati di cui ai capi 1 e 1 bis, rilevanti ai sensi dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in conseguenza dell’elevato disvalore del reato associativo contestato al ricorrente, che assumeva un rilievo sintomatico ancora più significativo alla luce delle connotazioni transnazionali del sodalizio di riferimento e del numero dei soggetti che vi aderivano, rispetto ai quali assumeva un rilievo recessivo la condizione di incensuratezza dell’indagato.
Sulla base di questa ricostruzione degli eventi criminosi il Tribunale del riesame di Salerno confermava il provvedimento cautelare genetico adottato nei confronti di NOME COGNOME
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ricorreva per cassazione, articolando tre censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Salerno dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio indiziario acquisito nei confronti di NOME COGNOME incentrato su
tre sole intercettazione telefoniche, peraltro di tenore ambiguo, idoneo a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, non potendosi ritenere dimostrata sulla base di tali captazioni la natura fittizia delle assunzioni lavorative di cittadini strani contestate al capo 1 bis e l’ingresso dei migranti nel territorio italiano.
Con il secondo e il terzo motivo di ricorso, di cui si impone una trattazione congiunta, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Salerno dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio probatorio acquisito nei confronti di NOME COGNOME incentrato su tre sole captazioni, di rilievo indiziario contraddittorio, idoneo a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno per il reato associativo di cui al capo 1, che non poteva essere espresso né sotto il profilo dell’elemento materiale né sotto il profilo dell’elemento soggettivo della condotta illecita.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
2. In via preliminare, deve evidenziarsi che, per una migliore comprensione delle censure difensive prospettate con l’atto di impugnazione in esame, appare opportuno muovere dalle doglianze proposte con il secondo e il terzo motivo, che riguardano il giudizio di gravità indiziaria formulato per il delitto associativo di cui al capo 1, rispetto al quale il primo motivo di ricorso, concernente il reato r) satellite di cui al capo 1 bisassume un rilievo valutativo subordinato.
Tanto premesso, devono ritenersi infondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, di cui si impone una trattazione congiunta, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazidne dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Salerno dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio probatorio acquisito nei confronti di NOME COGNOME incentrato su tre sole captazioni di tenore contraddittorio, idoneo a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno per il reato di cui al capo 1, che non poteva essere espresso né sotto il profilo dell’elemento materiale né sotto il profilo dell’elemento soggettivo della condotta illecita.
n
Osserva, in proposito, il Collegio che il Tribunale del riesame di Salerno, nel confermare il provvedimento cautelare genetico adottato nei confronti di NOME COGNOME 11 gennaio 2024, dava adeguato conto delle ragioni che imponevano di ritenere il ricorrente coinvolto nell’organizzazione criminale transnazionale finalizzata a realizzare una pluralità di reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che ruotava attorno alla figura egemonica di NOME COGNOME.
Si consideri che dalle intercettazioni telefoniche richiamate nelle pagine 23, 24, 42 e 43 dell’ordinanza impugnata si evinceva che il ricorrente era personalmente coinvolto nella gestione delle attività illecite svolte da NOME ed era consapevole dell’illiceità delle assunzioni fittizie dei lavoratori extracomunitari, di cui discuteva con il suo interlocutore senza riserve, facendo espressamente riferimento al rilascio dei nulla osta indispensabili per perfezionare la procedura di ingresso, illegale, dei migranti in Italia.
A questo proposito, seguendo l’ordine espositivo dell’ordinanza impugnata, il ruolo consortile di NOME COGNOME si riteneva dimostrato alla luce della conversazione n. 10354 del 21 novembre 2023, registrata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME citata nelle pagine 24 e 42 dell’ordinanza impugnata; della conversazione n. 15088 del 31 gennaio 2024, registrata tra l’indagato e NOME COGNOME, citata nelle pagine 23, 24, 42 e 43; della conversazione n. 15234 dell’i febbraio 2024, citata nelle pagine 23, 42 e 43, anch’essa registrata tra il ricorrente e NOME.
In questa cornice, si ritiene utile richiamare i passaggi argomentativi esplicitati nelle 23, 24, 42 e 43 del provvedimento impugnato, nei quali veniva descritto il tenore delle citate conversazioni, nelle quali i colloquianti discutevano delle modalità con cui i lavoratori extracomunitari venivano assunti fittiziamente dalle imprese compiacenti, attraverso il rilascio di nulla osta, trasmessi all’indirizzo di posta elettronica certificati dei titolari delle aziende che, come COGNOME, avevano dichiarato falsamente che gli immigrati avrebbero prestato servizio alle loro dipendenze.
Da tali, convergenti, elementi indiziari emergeva che COGNOME era pienamente consapevole della necessità di ottenere il rilascio dei nulla osta per perfezionare l’ingresso illegale degli stranieri, per il quale venivano corrisposte cospicue somme di denaro, alle quali il ricorrente faceva riferimento nella conversazione dell’i febbraio 2024, utilizzando l’espressione “così appena incominciamo a prendere una cosa te la mando”.
I rapporti di cointeressenza tra COGNOME e COGNOME, quindi, assumono un rilievo indiziario decisivo per affermare il coinvolgimento consortile del ricorrente, dimostrando la sua conoscenza delle modalità illecite con cui era possibile
trasferire in Italia un cittadino extracomunitario, impiegandolo fittiziamente presso la sua azienda agricola.
Appaiono, pertanto, pienamente condivisibili le conclusioni alle quali giungeva il Tribunale del riesame di Salerno, che, a pagina 43 dell’ordinanza impugnata, osservava che «la consapevolezza del COGNOME comprende, oltre al ruolo di NOME e l’intervento necessario di altri correi, anche il profitto illec conseguito, come risulta chiaramente dalla conversazione riportata al progressivo 15234».
Gli elementi indiziari richiamati, dunque, consentivano la conferma del giudizio di gravità indiziaria formulato nei confronti del ricorrente, in linea con i principio di diritto affermato da Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, Rv. 284057 – 02, correttamente richiamato dal Tribunale del riesame di Salerno, secondo cui: «La condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere è a forma libera e può realizzarsi in forme e contenuti diversi, sicché il partecipe può anche non avere la conoscenza dei capi o dei promotori, essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, si inserisca di fatto nel gruppo per realizzarne gli scopi».
Né potrebbe essere diversamente, atteso che, nelle associazioni a delinquere, l’esplicita manifestazione di una volontà consortile non è, di per se stessa, necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza del sodale essere provata attraverso comportamenti significativi, che si concretizzino in una partecipazione stabile e attiva.
Quello che, infatti, rileva è l’effettiva operatività di una consorteria connotata da stabilità, posta in essere da tre o più persone, consapevoli di parteciparvi, allo scopo di realizzare un programma criminoso protratto nel tempo e ripartirsi gli utili derivanti dal perseguimento degli obiettivi consortili. Ne consegue che la «manifestazione di una volontà associativa non è necessaria per la costituzione del sodalizio, la consapevolezza dell’associato non può che essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione» (Sez. 5, n. 10076 del 24/09/1998, COGNOME, Rv. 213978 01).
Deve, infine, evidenziarsi che gli elementi indiziari richiamati non venivano valutati isolatamente ma in correlazione al residuo compendio indiziario, dal quale, tra l’altro, si evinceva che NOME COGNOME aveva presentato centotrentuno domande per il rilascio dei nulla osta necessario a consentire l’ingresso in Italia di lavoratori extracomunitari. Di tali domande, in particolare, trentaquattro venivano presentate nella Provincia di Cosenza; sessantatré venivano presentate nella Provincia di Matera; trentaquattro venivano presentate nella Provincia di Potenza.
2.1. Nella cornice descritta nel paragrafo precedente, deve rilevarsi che, nella valutazione del contenuto delle intercettazioni, telefoniche o ambientali, gli indizi raccolti in tale ambito possono costituire fonte probatoria diretta e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti, fermo restando che l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle captazioni che si sono richiamate con riferimento alla posizione di NOME COGNOME costituisce una questione meramente fattuale, rimessa alla valutazione del giudice cautelare, che si sottrae al sindacato di legittimità, se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza, alla verifica dei quali il Collegio si deve attenere scrupolosamente (tra le altre, Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2002, COGNOME, Rv. 283370 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 – 01; Sez. 4, n. 31346 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 256287 – 01; Sez. 6, n. 15396 dell’11/12/2007, dep. 2008, Sitzia, Rv. 239636 – 01).
Ne discende che non è possibile operare una reinterpretazione complessiva del contenuto di tali conversazioni in sede di legittimità, sulla scorta di quanto, pur pregevolmente, prospettato dalla difesa di NOME COGNOME nell’atto di impugnazione in esame, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa in questa sede, conformemente al seguente principio di diritto: «In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite» (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 – 01; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, COGNOME Rv. 239724-01; Sez. 1, n. 3643 del 26/05/1997, COGNOME, Rv. 208254 – 01).
In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo cui, a seguito della riformulazione normativa dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non è consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella che è stata compiuta nei giudizi di merito. Se così non fosse, si domanderebbe a questa Corte il compimento di un’operazione estranea al giudizio di legittimità, come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice cautelare ai fini
della decisione (tra le altre, Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, Melfi, Rv. 254439 – 01; Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, COGNOME, Rv. 244623 – 01; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 238215 – 01; Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167 – 01; Sez. 4, n. 117 del 28/10/2005, COGNOME, dep. 2006, Rv. 232626 – 01).
Questa posizione ermeneutica, da ultimo, è stata ribadita dalle Sezioni Unite, che hanno affermato il principio di diritto, certamente applicabile a NOME COGNOME tenuto conto della centralità che le intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari rivestono nei suoi confronti, secondo cui: «In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
2.2. Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente.
Dall’infondatezza delle doglianze esaminate nei paragrafi 2 e 2.1 discende l’infondatezza della residua censura difensiva, prospettata con il primo motivo, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Salerno dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano di ritenere il compendio indiziario acquisito nei confronti di NOME COGNOME incentrato su tre sole captazioni, di rilievo indiziario contraddittorio, idoneo a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno per il reato associativo di cui al capo 1, che non poteva essere espresso né sotto il profilo dell’elemento materiale né sotto il profilo dell’elemento soggettivo della condotta illecita.
Non può, in proposito, non ribadirsi che dal tenore delle tre intercettazioni richiamate nelle 23, 24, 42 e 43 del provvedimento impugnato si comprende che NOME COGNOME era personalmente coinvolto nella gestione delle attività illecite svolte da NOME COGNOME ed era consapevole della natura fittizia delle assunzioni dei lavoratori extracomunitari presso la sua azienda, di cui, nelle conversazioni n. 15088 del 31 gennaio 202 e n. 15234 dell’i febbraio 2024, discute con NOME COGNOME senza alcuna riserve.
Ne discende che le conversazioni passate in rassegna nei paragrafi 2 e 2.1 consentono di comprendere quale fosse il ruolo svolto dal ricorrente nelle attività consortili coordinate da NOME COGNOME; attività collegate all’assunzione fittizia dei
lavoratori extracomunitari nell’azienda dell’indagato e al rilascio dei nulla osta, conseguente alla presentazione delle apposite domande presso lo sportello unico per l’immigrazione competente.
Né assume rilievo, nella direzione prospettata dalla difesa del ricorrente, l’assenza di prove della natura fittizia delle assunzioni lavorative di cittadini stranieri contestate al capo 1 bis e del loro effettivo ingresso nel territorio italiano.
Tali deduzioni, invero, non tengono conto del fatto che, per la configurazione del reato contestato a COGNOME al capo 1 bis, non è necessario che si realizzi l’evento dell’ingresso dello straniero sul di un altro Stato, attesa la natura di reato di pericolo di tale fattispecie, costantemente affermata da questa Corte, secondo cui: «In tema di disciplina dell’immigrazione, il delitto di cui all’art. 12 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per la sua natura di reato di pericolo, si perfeziona per il solo fatto che l’agente pone in essere, con la sua condotta, una condizione, anche non necessaria, teleologicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato, ed indipendentemente dal verificarsi dell’evento» (Sez. 1, n. 28819 del 22/05/2014, COGNOME, Rv. 259915 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 28819 del 22/05/2014, COGNOME, Rv. 259915 – 01; Sez. 1, n. 40264 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259922 – 01; Sez. 1, n. 27106 del 16/05/2011, COGNOME, Rv. 250803 – 01).
In questa, univoca, cornice ermeneutica, appaiono condivisibili le conclusioni espresse a pagina 44 dell’ordinanza impugnata, nella quale, nel ribadire l’irrilevanza dell’assenza di prove dell’effettiva assunzione dei lavoratori extracomunitari e del loro ingresso nel territorio italiano, si evidenziava che «con riferimento al reato di cui al capo 1 bis , risulta con chiarezza che COGNOME ha consentito al viola, tramite le imprese a lui intestate, di inoltrare domande di nulla osta, con correlate promesse di assunzione, per cittadini extracomunitari quali lavoratori nelle proprie aziende, nella consapevolezza della fittizietà di queste ultime».
Queste ragioni impongono di ritenere infondata la censura difensiva in esame.
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di rigettare il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Consegue, infine, a tali statuizioni processuali, la trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario dove il ricorrente si trova ristretto, a norma dell’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 5 novembre 2024.