Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 328 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 328 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
NOME nato a TORTONA il 04/05/1979 COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il 20/04/1965
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’avvocato NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo in composizione collegiale del 22/06/2023, che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole dei reati a lei ascritti in rubrica, limitatamente al favoreggiamento della immigrazione di un solo cittadino albanese, in riferimento al capi 2) e 4) della rubrica e NOME COGNOME colpevole dei reati a lui ascritti ai capi 2), limitatamente a un solo cittadino albanese e 10) e per l’effetto – ritenuta sussistente, quanto al capo 2) della
NOME COGNOME NOME COGNOME
rubrica, la circostanza aggravante, descritta in fatto, della pluralità di soggetti agenti, oltre che escluse le restanti circostanze contestate, ritenuta la recidiva reiterata per quanto riguarda Ursomarso e fatta applicazione della disciplina del reato continuato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed euro 18.000,00 di multa e NOME COGNOME alla pena di anni cinque e mesi due di reclusione ed euro 16.000,00 di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali; il Tribunale, inoltre, aveva dichiarato gli imputati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale, durante il tempo di espiazione della pena.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo sei motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in relazione al capo 2) della rubrica.
Secondo la ricostruzione operata dagli inquirenti, COGNOME avrebbe accompagnato soggetti stranieri, muniti di documenti falsi, durante i voli da questi effettuati verso il Regno Unito, coadiuvandoli durante le procedure di imbarco e riportando in Italia i documenti utilizzati. Trattasi però, di mere congetture, derivanti dalla visione delle carte di imbarco e delle prenotazioni, rinvenute sul telefono posto sotto sequestro a carico di NOME COGNOME. Non Ł stato accertato, infatti, se il cittadino albanese – una volta accompagnato in Lussemburgo da Ursomarso – abbia o meno proseguito il viaggio verso il Regno Unito; nemmeno Ł stata appurata la falsa identità sotto la quale il soggetto avrebbe viaggiato, alla volta del Regno Unito. Il teste COGNOME, sul punto, si Ł limitato ad affermare come l’individuazione del ricorrente derivi dalla lettura della prenotazione effettuata in biglietteria. Non Ł stato posto in essere alcun controllo, però, in ordine alla effettiva presenza di Ursomarso, nella lista dei passeggeri imbarcatisi.
Alcun accertamento Ł stato compiuto, inoltre, quanto all’identità dei soggetti italiani titolari dei documenti di identità che – in ipotesi d’accusa – sarebbero stati utilizzati per consentire il viaggio del cittadino albanese, dal Lussemburgo al Regno Unito. Le denunce di smarrimento proposte da COGNOME e da NOME, infatti, risalgono a diverso tempo dopo il viaggio, mentre non Ł mai pervenuta la denuncia di COGNOME. Proprio in base a queste considerazioni, infatti, l’imputato Ł stato mandato assolto, sia dalla contestazione inerente agli altri cittadini albanesi, sia dall’imputazione sub 9) della rubrica. Non risponde al vero, poi, che Ursomarso sia stato coinvolto in piø viaggi, posti in essere entro un breve lasso di tempo, visto che la sentenza contempla due soli episodi, rispettivamente risalenti ad agosto 2018 e a febbraio 2019.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in relazione al capo 10) della rubrica.
Viene contestata una attività di accompagnamento del cittadino albanese NOME COGNOME, concretizzatasi nell’approntare una doppia tratta di viaggio: la prima relativa al trasferimento da Orio al Serio a Budapest e la seconda dalla capitale ungherese alla Gran Bretagna. Si trae la prova dall’esser stato Ursomarso controllato, in data 13/02/2019, a bordo del veicolo condotto da NOME COGNOME nel parcheggio dell’aeroporto di Orio al Serio, in compagnia anche di NOME COGNOME. Ma la stessa sentenza evidenzia come il ricorrente fosse in possesso, in via esclusiva, di una carta di imbarco verso Budapest e non fino al Regno Unito; nulla dimostra, quindi, che COGNOME abbia proseguito il viaggio in compagnia del cittadino albanese, così come non vi Ł prova del fatto che fosse consapevole del possesso – da parte di quest’ultimo – di documenti falsi.
2.3. Con il terzo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, in merito alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 12 comma 3 lett. d) d.lgs. n. 286 del 1998. Non vi Ł alcun elemento atto a dimostrare che vi fosse una effettiva conoscenza e consapevolezza – in capo all’imputato – di agire in concerto con piø persone, in particolare non risulta alcun contatto con la COGNOME Manca la prova, pertanto, in ordine alla integrazione della relativa aggravante, che Ł stata ritenuta sussistente, sebbene mai oggetto di contestazione. All’esclusione dell’aggravante deve far seguito, necessariamente, una mitigazione della pena inflitta.
2.4. Con il quarto motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, in merito al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
COGNOME ha ricoperto un ruolo del tutto marginale, per non aver avuto mai contatti con i soggetti albanesi coinvolti, oltre che per essersi limitato – a tutto voler concedere – a fungere da accompagnatore; nØ il ricorrente risulta aver mai percepito alcuna forma di retribuzione. Il mancato riconoscimento dell’attenuante, quindi, collide in modo stridente con quanto rilevato dalla stessa Corte, in ordine al ruolo ed alla partecipazione ai fatti dello stesso.
2.5. Con il quinto motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per vizio di motivazione in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in misura prevalente rispetto alle contestate aggravanti. Non Ł stata adeguatamente considerata, infatti, la effettiva entità dei fatti per i quali si Ł proceduto.
2.6. Con il sesto motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., relativamente al vizio di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio. La carenza motivazionale consiste nel non aver enucleato i criteri legali che hanno determinato l’applicazione della pena irrogata in concreto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti, parimenti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per violazione degli artt. 192 e 546 cod. proc. pen., in relazione all’art. 12 comma 3 d.lgs. n. 286 del 1998, lamentandosi altresì vizio motivazionale e travisamento della prova.
¨ stato travisato il significato della deposizione del teste COGNOME sentito all’udienza del 16/02/2023, il quale ha chiarito di non aver mai accertato chi fosse l’autore delle prenotazioni dei titoli di viaggio, affermando espressamente come il coinvolgimento della COGNOME – nell’attività di favoreggiamento della immigrazione clandestina – fosse una mera ipotesi investigativa, sfornita di qualsiasi riscontro; lo stesso teste ha aggiunto che, nell’unica occasione in cui Ł stata fermata e sottoposta a controllo, in prossimità dello scalo aeroportuale, la COGNOME non fosse in contatto con alcuno dei soggetti coinvolti. La COGNOME, del resto, non Ł mai stata trovata in possesso di documenti di identità italiani denunciati smarriti, come confermato dallo stesso Ispettore COGNOME. L’unico elemento a carico della ricorrente, allora, Ł rappresentato dal rinvenimento di quattro titoli di viaggio a suo nome, sul telefono sequestrato all’altro imputato COGNOME nonchØ dai controlli effettuati presso le varie agenzie, abilitate al rilascio dei titoli di viaggio. Mai la COGNOME Ł stata vista, all’interno o nelle vicinanze dello scalo aeroportuale, in compagnia di soggetti albanesi o di coimputati, non essendo stato possibile acquisire le registrazioni delle telecamere di videosorveglianza.
Il fatto che ella accompagnasse dei cittadini albanesi nei voli verso la Gran Bretagna, quindi, rappresentava una mera ipotesi investigativa, sfornita di qualsivoglia riscontro empirico. Nulla
dimostra, del resto, che ella abbia mai ricondotto in territorio nazionale i documenti falsi, una volta che gli stessi erano stati adoperati per il compimento delle trasferte dei soggetti stranieri. In definitiva, la testimonianza di Forcella Ł stata interamente travisata, dai Giudici di merito.
3.2. Con il secondo motivo, si denunciano i vizi di violazione di legge e di carenza motivazionale, ex art. 606 comma 1 lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 12 comma 3 d.lgs. n. 286 del 1998.
La mera esistenza di titoli di viaggio intestati all’imputata, in realtà, non Ł elemento dal quale si possa inferire l’imminenza di un pericolo di lesione, rispetto al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice. Il teste COGNOME, infatti, ha affermato di non esser stato in grado di individuare il soggetto che materialmente aveva acquistato i titoli di viaggio, per cui difetta la prova di una condotta causalmente efficiente e riconducibile alla COGNOME. Non Ł stato posto sotto sequestro il telefono dell’imputata, onde eventualmente accertare la disponibilità – da parte della stessa – dei medesimi titoli di viaggio posseduti da Xhani, per cui non sussiste prova alcuna, circa la sua consapevolezza in merito all’esistenza di tali titoli abilitativi.
Lo stesso teste, poi, ha dichiarato di non aver accertato la sussistenza di rapporti intersoggettivi, fra l’imputata e i soggetti presunti accompagnati, non essendo stata ella mai trovata in compagnia di alcuno di questi ultimi. In ogni caso, sarebbe stato necessario procedere all’accertamento di atti prodromici, rispetto all’utilizzo di tali documenti, quali ad esempio l’esibizione agli organi preposti al controllo dei passeggeri, ovvero il possesso di bagagli.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi – che contengono anche censure inammissibili – sono nel complesso infondati.
Richiamando brevemente la ricostruzione storica e oggettiva ricavabile dal tenore delle sentenze di merito, può precisarsi come la vicenda attenga a soggetti che si occupavano di accompagnare all’estero (in Lussemburgo o a Budapest e poi a Londra, quale destinazione finale) alcuni cittadini albanesi; questi viaggiavano recando con sØ documenti di identità italiani falsificati, ovvero denunziati come smarriti. Compito degli imputati, inoltre, era quello di tornare in Italia riportando i documenti stessi, che erano destinati a essere nuovamente impiegati per compimento della medesima operazione.
La ragione della divisione del viaggio verso Londra in due tratte distinte, inoltre, era da ricercare nell’intento dei correi di evitare eventuali controlli ad opera di personale italiano, nelle tratte in cui il viaggio veniva svolto da soggetti muniti di falsi documenti italiani.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME COGNOME ed il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME si collocano sul medesimo piano di interrelazione logica e descrittiva e, quindi, ben si prestano a una agevole trattazione unitaria.
3.1. Quanto all’episodio ascritto – a Ursomarso e a COGNOME – sub 2) della rubrica, la ricostruzione del fatto sussunta in sentenza Ł puntuale, completa e priva di profili distonici.
La Corte territoriale, infatti, ha ricordato trattarsi di una trasferta effettuata il 29 agosto 2018, che concerne entrambi gli imputati, i quali erano diretti in Lussemburgo in compagnia di tre cittadini albanesi; il viaggio era stato preparato attraverso una prenotazione unitaria e due dei soggetti accompagnati erano in possesso di carte di identità italiane, delle quali era stato denunciato lo smarrimento e che erano intestate a tali NOME e NOME COGNOME. L’ultimo soggetto albanese protagonista della trasferta era in possesso di un documento di identità intestato
a tal NOME COGNOME I medesimi documenti, peraltro, verranno utilizzati anche per il successivo viaggio, effettuato il successivo 5 settembre, ad opera di altri cittadini albanesi accompagnati dalla COGNOME. Tutti i documenti e tutte le copie delle carte di imbarco si trovavano, infine, sul cellulare di Ursomarso.
3.2. Per ciò che attiene al capo 10) dell’imputazione, la difesa lamenta non essersi proceduto ad un compiuto accertamento, circa il fatto che un determinato cittadino albanese – una volta accompagnato in Lussemburgo dal ricorrente – abbia o meno proseguito il viaggio alla volta del Regno Unito. Il teste COGNOME – sottolinea la difesa – ha affermato come l’individuazione del ricorrente derivasse esclusivamente dalla lettura della prenotazione effettuata in biglietteria. In ipotesi difensiva, nulla Ł però dato sapere, circa la effettiva presenza di Ursomarso, nella lista dei passeggeri poi effettivamente imbarcatisi. Si lamenta non esser stati effettuati accertamenti, inoltre, sull’identità dei soggetti italiani, titolari dei documenti di identità utilizzati per il viaggio dal Lussemburgo al Regno Unito.
Stando invece alla ineccepibile ricostruzione fenomenica compiuta dai giudici del merito, il 13 febbraio 2019, Ursomarso venne trovato all’interno della Fiat Grande Punto di NOME COGNOME, già precedentemente attenzionata dalla polizia giudiziaria, in compagnia di altri soggetti, di cui uno minorenne. Quest’ultimo esibì non solo il suo documento albanese, con relativa carta di imbarco verso Budapest, ma anche un’altra carta di imbarco, relativa a un successivo volo da svolgersi sulla tratta da Budapest a Londra, corredata da una carta di identità contraffatta, in quanto recante la sua stessa effige fotografica. Aggiunge la Corte territoriale che la prenotazione del volo di Ursomarso era stata effettuata presso la medesima agenzia di viaggi che aveva prenotato i viaggi dei cittadini albanesi che con lui viaggiavano. Ursomarso, aveva anche la prenotazione per l’effettuazione di un volo da Budapest a Londra.
3.3. Va evidenziato, allora, come tutte le censure difensive si sviluppino sul piano del fatto e siano tese a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento, piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, rv. 235507).
3.4. D’altronde, nessun vizio logico argomentativo Ł ravvisabile nella motivazione sviluppata, che Ł invece congruente, esaustiva e priva del pur minimo spunto di contraddittorietà. E infatti, inferire dai dati sopra riassunti che Ursomarso e COGNOME svolgessero funzioni di accompagnatori dei vari cittadini albanesi – sulle varie tratte europee sopra citate – rappresenta l’esito di un ferreo processo logico, che non viene minimamente disarticolato dall’impugnazione, se non con affermazioni di puro tenore contestativo. Trattasi, infatti, di deduzioni che si limitano semplicemente ad avversare le conclusioni sussunte nella sentenza impugnata, senza riuscire a evidenziare vizi riconducibili alla rosa di quelli sottoponibili al vaglio di questa Corte.
Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME aggredisce la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 12 comma 3 lett. d) d.lgs. n. 286 del 1998;
sostiene la difesa, sostanzialmente, non essersi acquisita prova certa in ordine alla consapevolezza – in capo all’imputato – di agire in concerto con piø persone, non risultando, in particolare, alcun contatto con la COGNOME).
La doglianza si risolve in una deduzione tautologica e avversativa, tale da non essere in grado di vulnerare efficacemente la struttura argomentativa della sentenza avversata. In particolare, la difesa non si confronta con un dato oggettivo – adeguatamente sottolineato dalla Corte territoriale che appare di inequivoca significazione e che Ł costituito dal ritrovamento delle carte di imbarco di Ursomarso e COGNOME, all’interno dei dati contenuti nel telefono cellulare del coimputato NOME COGNOME. Trattasi, quindi, di soggetti che viaggiavano in compagnia, dopo aver effettuato una prenotazione cumulativa e unitamente a cittadini albanesi che si servivano di documenti italiani contraffatti. Definitivamente evocativo delle reali ragioni del viaggio, del resto, Ł anche l’ulteriore dato efficacemente evidenziato dai Giudici di merito – e non disgregato dalle affermazioni meramente confutative della difesa – rappresentato dalla mancata emersione di interessi personali (di tipo lavorativo o personale, o attinenti a svago, affetti o altro) che potesse motivare i viaggi degli imputati verso Londra.
La doglianza risulta, pertanto, aspecifica e solo contestativa e, pertanto, Ł destinata ad andare incontro allo stigma della inammissibilità, in sede di legittimità.
Il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME COGNOME Ł parimenti infondato. La doglianza attiene al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
Giova solo ricordare come la giurisprudenza di legittimità, sul punto, sia risalente e univoca, nel ritenere che – in tema di concorso di persone nel reato – la regola enunciata dall’art. 114, secondo comma, cod. pen., laddove viene esclusa l’applicabilità della circostanza attenuante della minima partecipazione, in ipotesi di aggravamento del reato ex art. 112 cod. pen. (allorquando vi sia un numero di soggetti attivi concorrenti pari almeno a cinque), inerisca anche a quelle fattispecie nelle quali il numero delle persone concorrenti sia considerato, da diversa norma, alla stregua di una aggravante speciale di un determinato reato. Trattasi di principio di diritto di portata generale e di valenza sistematica, ripetutamente enunciato tanto in tema di immigrazione, quanto in materia di estorsione, di reati inerenti al traffico di sostanze stupefacenti e di rapina. Tale regola ermeneutica si fonda sull’esistenza della clausola di riserva salvo che la legge disponga altrimenti , contenuta nell’art. 112 cod. pen., la quale – oltre a indicare la prevalenza delle norme speciali sulla regola generale – consente di escludere l’applicabilità dell’attenuante in presenza di siffatte norme speciali .
Il quinto motivo del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME aggredisce il tema del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, da riconoscersi – secondo l’auspicio difensivo – in misura prevalente rispetto alle contestate aggravanti.
6.1. La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62bis cod. pen., però,
costituisce oggetto di un giudizio di fatto, potendo essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione; ne deriva che la stessa motivazione – a patto che sia congrua e non contraddittoria – non può essere sindacata in sede di legittimità, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, rv. 248244; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/ 2008, COGNOME, rv 242419).
6.2. Nella concreta fattispecie, il Tribunale di Bergamo ha negato le invocate circostanze attenuanti generiche, sul presupposto della mancata emersione di qualsivoglia elemento favorevolmente valutabile, nonchØ sottolineando il non commendevole comportamento processuale serbato da tutti gli imputati, restati assenti e quindi sostanzialmente disinteressatisi del processo; tali considerazioni – trattandosi di una doppia conforme affermazione di colpevolezza – vanno a saldarsi con quelle della Corte territoriale, che ha aggiunto la valorizzazione dei pregiudizi penali da cui sono gravati entrambi gli imputati. Trattasi di una struttura motivazionale complessivamente del tutto esaustiva, lineare e priva del pur minimo profilo di contraddittorietà, che viene avversata dalla difesa con una doglianza che Ł di mera critica e che risulta priva di spunti atti a disarticolarne la saldezza.
La censura, pertanto, non può che essere ritenuta inammissibile.
Con il sesto motivo del ricorso formulato nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME, ci si duole dell’asserita sussistenza di un vizio di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio. La lamentata carenza motivazionale si anniderebbe – attenendosi alla prospettazione difensiva – nel non aver enucleato i criteri legali che hanno determinato l’applicazione della pena irrogata in concreto. Non vi Ł chi non rilevi, dunque, come la censura si dipani in maniera descrittiva e marcatamente aspecifica, restando praticamente priva di un apprezzabile substrato contenutistico e, pertanto, arrestandosi allo stadio della mera asserzione autoreferenziale.
In realtà, entrambe le sentenze di merito – con motivazione congruente, logica e non contraddittoria – hanno esposto gli elementi in forza dei quali sono stati esercitati i poteri di quantificazione della pena, motivando circa l’entità della pena ed il diniego di generiche.
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME infine, deduce vizio motivazionale e travisamento della prova, quanto alla deposizione del teste COGNOME
8.1. ¨ utile ricordare, però, come non possano formare oggetto di deduzione, in sede di legittimità, la valutazione circa temi quali i contrasti tra piø fonti dichiarative, nonchØ l’opzione fra difformi versioni e interpretazioni degli accadimenti fenomenici sottoposti a giudizio e, infine, l’indagine in merito al grado di credibilità dei testimoni, fatta eccezione per il controllo in ordine alla congruità e alla logicità della motivazione. E infatti, il giudizio relativo alla attendibilità delle fonti di prova Ł devoluto insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi dimostrativi, a preferenza rispetto ad altri, ovvero alla fondatezza e attendibilità degli assunti difensivi – quando non sia fatta con affermazioni apodittiche, congetturali o illogiche – si sottrae al controllo di legittimità della Suprema Corte.
¨ inammissibile, del resto, il motivo di ricorso che si risolva nella sostanziale sottoposizione all’attenzione del giudice di legittimità di determinati atti processuali, auspicando il controllo circa l’adeguatezza dell’apprezzamento probatorio ad essi relativo, compiuto dal giudice di merito, in vista dell’ottenimento di una diversa valutazione (si vedano Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, rv. 284556; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, rv. 262575; Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, MiccichŁ, rv. 262948 e Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, COGNOME, rv. 272406, secondo la quale: ‹‹In tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio di
travisamento della prova dichiarativa Ł necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima››).
8.2. Nella concreta fattispecie, la difesa si limita a censurare il convincimento che la Corte territoriale ha ritenuto di potersi formare, in virtø delle dichiarazioni rese dal teste di p.g. COGNOME nell’atto di impugnazione, però, non vengono evidenziate forme di distonia logica o aporie concettuali, riconducibili entro l’alveo dei vizi deducibili ex art. 606 cod. proc. pen. La dichiarazione di tale teste, peraltro, risulta analizzata dalla Corte territoriale nel dettaglio, nonchØ comparata all’insieme degli elementi di valutazione e conoscenza uniti all’incarto processuale. La Corte distrettuale, infatti, ha tratto spunto dalle dichiarazioni rese da COGNOME per:
inquadrare le ragioni poste a fondamento dello spezzettamento della trasferta in due segmenti (nella prima tratta, con partenza da Orio al Serio, i documenti venivano controllati da personale italiano, che piø facilmente avrebbe potuto accorgersi della natura contraffatta degli stessi; in seguito, le verifiche erano demandate a personale straniero, naturalmente meno attrezzato per accorgersi di tali falsità);
ricostruire come i documenti, smarriti o falsificati, adoperati nel corso dei viaggi del 29 agosto e del 5 settembre (da soggetti di volta in volta diversi) fossero sempre gli stessi;
stabilire l’esistenza di una prenotazione di viaggio unitaria, in favore dei partecipanti alla trasferta.
In definitiva, delle dichiarazioni del suddetto teste, la Corte territoriale ha compiuto una ampia disamina e – acquisito il dato oggettivo e dimostrativo, come ricavabile dal contenuto stesso della testimonianza – ne ha poi effettuato una attenta analisi, adottando anche una valutazione logica e coerente. Del resto, la deduzione in sede di legittimità del vizio di motivazione, per travisamento della prova, non può limitarsi – pena la declaratoria di inammissibilità – ad addurre la non corretta o inadeguata interpretazione di determinati atti processuali, quando non abbiano il connotato della decisività; tale deduzione, al contrario, deve anche farsi carico di indicare, in maniera specifica, le ragioni in base alle quali la avversata lettura di un dato elemento probatorio inficia e compromette, in modo irreversibile, la tenuta razionale e la saldezza dell’intero impianto motivazionale (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., rv. 281085). Ma a tale incombente, nella concreta vicenda, l’impugnazione si Ł sottratta.
8.3. Quanto all’ulteriore rilievo difensivo, incentrato sul mancato avvistamento e controllo della COGNOME presso lo scalo aeroportuale, in coincidenza con la partenza dei voli incriminati, le due sentenze di merito hanno compiutamente affrontato il tema, offrendo adeguata risposta ad ogni osservazione difensiva. Nella sentenza del Tribunale di Bergamo, infatti, si trova il riferimento all’episodio che vide coinvolto il coimputato COGNOME a nome del quale risultavano effettuate prenotazioni per voli diretti a Londra; la stessa COGNOME – secondo quanto riferito dal teste di p.g. COGNOME – era in procinto di effettuare una trasferta verso la Gran Bretagna, unitamente proprio a COGNOME (con prenotazioni di volo tra loro distinte, però effettuate ambedue in Albania, nonchØ ad opera dello stesso soggetto). Tale fatto, nonostante l’assoluzione dell’COGNOME, offre indubbio riscontro alla tesi accusatoria, circa il pieno coinvolgimento della COGNOME. Lo stesso atto d’impugnazione, del resto, non manca di fare ampio riferimento a tali accadimenti, come ricostruiti dal COGNOME in sede dibattimentale.
La Corte territoriale, parimenti, sottolinea i riferimenti operati da COGNOME, circa il ruolo ricoperto dalla COGNOME. Ricordano i Giudici di secondo grado, infatti, come i documenti adoperati dai soggetti accompagnati dagli imputati, nel viaggio effettuato il 29 agosto, fossero i medesimi
adoperati il 5 settembre, da altri cittadini albanesi accompagnati dalla COGNOME. NØ risulta scalfito, infine, l’ulteriore dato fattuale, che la Corte distrettuale giustamente reputa fortemente evocativo, rappresentato dal ritrovamento delle carte di imbarco della COGNOME e dell’Ursomarso, in fotografia, nei messaggi contenuti nel cellulare sequestrato a NOME COGNOME.
Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere rigettati; segue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 29/10/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME