Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19766 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19766 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo e ,maltinr.: ( àì’h;ba. / , àsk tze j ~ ,
PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTA.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 15 ottobre 2020 il Tribunale di Palermo ha affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME e COGNOME NOME in riferimento alla contestazione di favoreggiamento della immigrazione clandestina di cui all’art. 12 d.lgs. n.286 del 1998 compiutamente descritta nella epigrafe della suddetta decisione (condotta consistita nelle richieste di emissione di nulla-osta connotate da falsità ideologica e falsità materiale, quanto alle deleghe in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME). Ritenute sussistenti le circostanze aggravanti del numero dei soggetti favoriti (superiore a cinque) e dell’uso di documenti contraffatti o alterati , equivalenti alle circostanze attenuanti generiche, la pena è stata determinata in anni due di reclusione ed euro 150.000,00 di multa ciascuno.
1.1 In fatto, la decisione di primo grado evidenzia che :
è stata accertata la falsità dei due atti di delega solo apparentemente provenienti da COGNOME NOME (fratello di COGNOME NOME e titolare della ditta individuale utilizzata per le richieste di assunzione) e relativi a COGNOME NOME e COGNOME NOME, posto che il COGNOME NOME ne ha disconosciuto le firme;
è stato accertato che il COGNOME NOME ebbe a inoltrare in un primo momento ben trenta richieste di nulla-osta per assunzione di soggetti provenienti dal Bangladesh, poi ridotte a dieci (effettivamente emessi), senza che ve ne fosse reale necessità per l’azienda agricola del fratello, date le sue modeste dimensioni;
è stato accertato che COGNOME NOME oltre a farsi rilasciare una delega (fittizia) per il disbrigo di tali pratiche ne seguiva l’andamento, collaborando di fatto con il NOME NOME.
La Corte di Appello di Palermo con sentenza emessa in data 13 aprile 2023 ha integralmente confermato la prima decisione.
2.1 In sintesi, quanto alle doglianze formulate in secondo grado, la decisione rileva che :
i documenti acquisiti e la deposizione resa dai teste COGNOME (funzionari dell’ Ufficio Immigrazione della Prefettura) non lasciano spazio a dubbi circa la responsabilità di entrambi gli imputati, come ricostruita nella decisione di primo grado;
b) non rileva che soltanto tre dei soggetti titolari del visto fecero ingresso in Italia data la natura di reato di pericolo della fattispecie di cui all’art. 12 d.lgs. n.286 d 1998, con conferma della qualificazione giuridica del fatto ;
viene confermato il giudizio di bilanciamento tra le circostanze di opposto segno;
quanto, in particolare, alla posizione del COGNOME si conferma la rilevanza della condotta concorsuale e si esclude la possibilità di applicare la ulteriore circostanza attenuante di cui all’art.114 cod.pen. .
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOME e COGNOME NOME.
3.1 Il ricorso proposto da NOME NOME si affida a due motivi.
Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione, in punto di responsabilità. La Corte di secondo grado avrebbe in modo ‘sbrigativo’ liquidato le censure difensive in punto di ricorrenza dell’elemento psicologico del reato. Non poteva richiamarsi in modo acritico la decisione di primo grado e dall’istruttoria sono emersi attriti e contrasti tra il COGNOME NOME e il frate NOME, tali da incrinare l’attendibilità del secondo.
Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto. Si era prospettato che i soggetti destinatari del visto fossero già in Italia al momento della domanda, sicchè la norma incriminatrice doveva essere individuata nell’art.12 comma 5 . Sul punto la motivazione fornita dalla Corte di Appello è incongrua. In ogni caso si contesta la ricorrenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 12 comma 3 del d.lgs. n.286 del 1998.
3.2 Il ricorso proposto da COGNOME NOME è affidato a quattro motivi.
Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge in punto di responsabilità. Si sostiene che le decisioni di merito non hanno individuato la condotta concorsuale che sarebbe stata posta in essere dal COGNOME. Costui era titolare di una delega limitata alla cura di una pratica che rientra tra quelle ‘rinunziate’.
Al secondo motivo si deduce vizio di motivazione.
Le decisioni di merito avrebbero, in sostanza, travisato il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME. Costui in realtà ha confermato che nessun atto
formale è stato posto in essere dal COGNOME e che costui ha solo chiesto informazioni sull’andamento delle pratiche, come chiunque avrebbe potuto fare.
Al terzo motivo si deduce erronea applicazione di legge.
Una delle circostanze aggravanti ritenute sussistenti – aver fatto uso di documenti contraffatti o alterati – è stata dichiarata incostituzionale e andava, pertanto, esclusa. Da ciò poteva derivare un diverso esito del giudizio di comparazione tra le circostanze. Si ritiene inoltre non congrua la motivazione circa il diniego della ulteriore circostanza attenuante di cui all’art.114 cod.pen. .
Al quarto motivo si deduce estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Si afferma che in ragione della riconosciuta equivalenza delle circostanze andava ritenuta la pena edittale massima quella dell’art.12 comma 1 del d.lgs. n.286 del 1998.
A seguito del deposito della requisitoria del Procuratore Generale – con cui è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi – sono state depositate ulteriori note difensive, nell’interesse di COGNOME NOME, tese a ribadire i contenuti e la validità delle doglianze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono fondati limitatamente alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell’utilizzo di documenti contraffatti. Detta circostanza è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte Cost. n.63 del 2022 (con cui si dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, lettera d, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 limitatamente alle parole «o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti») e pertanto, su tale punto, la decisione impugnata va annullata senza rinvio.
1.1 E’ evidente che l’elisione della circostanza aggravante di cui sopra ha l’effetto di riaprire la valutazione – necessariamente di merito – circa il bilanciamento delle circostanze, posto che residua, a carico degli imputati, la sola aggravante del
numero delle persone favorite. Su tale punto, pertanto, la decisione va annullata con rinvio.
Nel resto, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per la manifesta infondatezza – o la genericità – dei motivi addotti.
2.1 Quanto alle doglianze in punto di responsabilità i motivi – di entrambi i ricorrenti – risultano generici e privi di reale confronto con gli argomenti espressi nelle due decisioni di merito.
Logicamente argomentata è, inoltre, la esclusione della particolare circostanza attenuante di cui all’art.114 cod.pen., in ragione del fatto che la costante presenza del COGNOME, come ricostruita in sede di merito, ha comportato maggiore sicurezza e facilitato l’esecuzione del reato, il che non consente di ritenere il contributo di minima importanza.
2.2 Manifestamente infondati sono, infine, i motivi relativi alla qualificazione dek. fatto e alla estinzione del reato per prescrizione.
Quanto alla prospettata qualificazione del fatto nella previsione del comma 5 dell’art. 12 (favorire la permanenza di soggetti già clandestini), è del tutto logico ritenere necessario – come è stato argomentato in sede di merito – un robusto substrato probatorio circa la presenza dei soggetti favoriti sul territorio italiano, dove gli imputati hanno meramente ipotizzato siffatta condizione. Del resto le
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modalità di rilascio del visto sono tutte correlate a rendere ‘legale’ la parte soggetto straniero dal paese di origine, il che ulteriormente avvalora la sostenuta in sede di merito.
Quanto alla prescrizione, non può sostenersi che l’intervenuto giudizio di comparazione ‘degradi’ la entità massima della pena edittale a quella del comm 1 dell’art.12, atteso che le circostanze aggravanti di cui al comma 3 sono ad eff speciale e vanno dunque sempre computate ai sensi dell’art. 157 comma 2 e 3 dell’art.157 cod.pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante dell’ us di documenti contraffatti o alterati, aggravante che elimina, e, per l’effetto, a la stessa sentenza limitatamente alla comparazione tra le residue circostanze e determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio su I:ali punti ad al sezione della Corte di Appello di Palermo.
Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso il 14 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente