Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18375 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18375 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 09/11/1991
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il PG conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore L’avvocato NOME COGNOME conclude chiedendo raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Caltanissetta annullava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta limitatamente alla contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., sostituendo la misura cautelare della custodia in carcere con quella dell’obbligo di presentazione alla P.g. nei confronti di NOME COGNOME gravemente indiziato di favoreggiamento personale (capo 12), poiché, nella qualità di meccanico di fiducia della famiglia COGNOME e consapevole della parentela tra quest’ultima e NOME COGNOME, dopo che furono commessi i delitti di porto delle armi di cui ai capi 7), 8) e 9) (da guerra, comuni da sparo e clandestine) da parte di quest’ultimo e non avendo concorso nei medesimi, lo aiutava ad eludere le investigazioni dell’autorità giudiziaria, segnatamente, al fine di verificare la presenza di microspie e/o di dispositivi installati dalla poli giudiziaria, ispezionava l’autovettura Citroen C4 appartenente a COGNOME e usata anche da NOME e NOME COGNOME per compiere i reati sopra indicati.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME
2.1. Con il primo motivo di impugnazione viene dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., per il delitto di cui all 378 cod. pen.
Ritiene la difesa che l’ordinanza impugnata vada censurata con riferimento alla sussistenza di un grave quadro indiziario nei confronti del ricorrente per il delitto d favoreggiamento, in quanto poggerebbe su un’erronea interpretazione e applicazione del disposto di cui all’art. 273 cod. proc. pen.
In particolare, il difensore rileva che la decisione del Tribunale del riesame si rifà a mere congetture che non possono qualificarsi alla stregua di elementi indiziari di gravità tale da poter ragionevolmente ritenere responsabile, allo stato degli atti, il ricorrente.
Osserva, altresì, che il mero richiamo alle medesime motivazioni assunte dal G.i.p., per mezzo del meccanismo della motivazione per relationem, rappresenta un espediente argomentativo non soddisfacente.
Lamenta che il Tribunale del riesame, al fine di ritenere la condotta di favoreggiamento, fa riferimento ad un indirizzo giurisprudenziale che nulla ha a che vedere con la fattispecie concreta che ci occupa (relativo alla distinzione tra la condotta di partecipazione ad un sodalizio mafioso e il delitto di favoreggiamento) e non a quello – pertinente – relativo alla necessità, per aversi favoreggiamento, dell
concreta rimozione di un apparato tecnico idoneo all’intercettazione, in grado, quindi, di influire in modo determinante nello sviluppo delle indagini.
Si duole che, a fronte del rilievo difensivo secondo cui con l’intervento del 29 gennaio 2024 non si sarebbe rimossa la microspia che avrebbe continuato a registrare le conversazioni, il Tribunale del riesame giunga a formulare un’ulteriore ipotesi – secondo la quale COGNOME si sarebbe limitato a localizzare la microspia senza rimuoverla – rispetto alla presunta condotta di favoreggiamento che avrebbe tenuto l’indagato, andando persino oltre quella ipotizzata dalla Pubblica accusa e accolta dal G.i.p., secondo cui, invero, vi sarebbe stata una concreta opera di bonifica, facendo emergere un evidente contrasto.
Ritiene la difesa che il Tribunale a quo abbia travisato il contenuto della conversazione avvenuta il 29 gennaio 2024 tra Di COGNOME e NOME COGNOME (nella quale il primo riferiva al secondo: NOME mi ha detto che nella macchina non c’è nulla), deducendone che il prevenuto abbia ispezionato all’esterno la citata autovettura, rassicurando COGNOME circa l’assenza di microspie, ma al contempo avvertendolo dell’eventuale presenza delle medesime all’interno del veicolo. Mentre da detta conversazione si evincerebbe che in quella data nessuna opera di bonifica era stata posta in essere dall’indagato, non sentendosi alcun rumore tipico vicino la fonte di acquisizione audio di chi cerca e individua una microspia posizionata in un’autovettura, segno che COGNOME non sarebbe nemmeno entrato nel veicolo in uso a Di Noto; anzi, emergerebbe in maniera chiara l’oggetto del tutto lecito del predetto dialogo, ovvero la necessità di ordinare, tramite l’indagato, un pezzo di ricambio dell’autovettura.
La difesa censura l’ordinanza impugnata anche per l’assenza di motivazione rispetto agli ulteriori profili posti in rilievo nei motivi di riesame, relati circostanza che dal materiale investigativo acquisito si evinceva non solo che l’indagato non aveva rimosso alcun dispositivo finalizzato all’intercettazione tra presenti, ma non si era neanche introdotto all’interno dell’abitacolo anzidetto per verificare la presenza o meno di detto dispositivo, come, invece, sostenuto dal Tribunale del riesame.
Rileva la difesa la contraddittorietà delle affermazioni di detto Tribunale, laddove, da un lato, osserva che nulla escluderebbe che COGNOME si fosse recato in officina per dei lavori di riparazione dell’auto e, dall’altro, aggiunge che da nessuna conversazione sarebbe emersa tale circostanza, trascurando che, invece, ciò risulta non solo dalla conversazione tra COGNOME e NOME COGNOME, travisata dallo stesso Tribunale, ma anche dalla conversazione del 6 febbraio 2024 tra COGNOME e un potenziale acquirente dell’autovettura.
dd GLYPH 3
Ulteriore elemento, che inficia la tenuta logica dell’ordinanza, secondo il difensore, concerne la prova documentale fornita circa l’ordine dei pezzi di ricambio effettuato da COGNOME per conto di Di Noto, a fronte della quale il Tribunale non ha fornito alcuna motivazione.
2.2. Con il secondo motivo di impugnazione viene dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 24, 111, 117 Cost., artt. 5 paragrafo 4, 13 Cedu, 125, 274 e 275 cod. proc. pen.
Lamenta la difesa che l’ordinanza, da un lato, non ha speso alcuna argomentazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e, dall’altro, non ha spiegato i motivi per i quali gli elementi di segno positivo non siano idonei a superare tali esigenze. Dando atto, quanto a questo secondo profilo, da un lato dell’incensuratezza dell’indagato e dell’assenza anche solo di carichi pendenti e, dall’altro, apoditticamente, della spregiudicatezza e della professionalità a delinquere di Marotta.
Il ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Va, invero, premesso, in riferimento ai limiti del sindacato di legittimità i materia di misure cautelari personali, che questa Corte è priva di potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità, quindi, è limita all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo determinavano e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti e delle esigenze cautelari rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto.
Orbene, l’ordinanza in esame motiva in modo non manifestamente illogico e scevro da vizi giuridici in relazione / s a ai gravi indizi di colpevolezza del delitto di favoreggiamento personale / che alle esigenze cautelari.
Detta ordinanza, ripercorrendo alcuni passaggi dell’ordinanza genetica, muove (a p. 14) dalla considerazione che NOME COGNOME è il meccanico di fiducia della famiglia COGNOME con la quale ha un rapporto confidenziale, tanto da rivolgersi a NOME COGNOME con l’appellativo “Zio COGNOME“.
I Giudici del riesame, nell’esaminare il contenuto delle conversazioni ambientali tra NOME COGNOME e i COGNOME in data 29 gennaio 2024, che analiticamente ripercorrono, osservano che il compendio indiziario si fonda su un’affermazione chiarissima di COGNOME, il quale, la mattina successiva alla scoperta della sparizione dell’arsenale, si recava da Marotta e poi, dopo poche ore, riferiva in maniera chiara e senza possibilità di interpretazione contraria, che COGNOME aveva controllato l’auto e non aveva trovato nulla. Rilevano che la conversazione avveniva in un contesto temporale nell’ambito del quale i soggetti che erano stati coinvolti nel trasporto delle armi da un nascondiglio all’altro, con l’auto di Di Noto, erano in estrema fibrillazione; infatti, il giorno precedente Di Noto si era recato a casa dei COGNOME , manifestando chiaramente dei sospetti sulla polizia (come emergente dalle conversazioni di quel giorno). Evidenziano detti Giudici che la mattina del 29 gennaio 2024 Di Noto tornava sull’argomento con il genero NOME COGNOME e che, comunque, non si può escludere che il suddetto, recandosi presso l’officina di Marotta, avesse anche ordinato dei pezzi di ricambio. A tale ultimo riguardo sottolineano che: – la circostanza che COGNOME si fosse già recato dieci giorni prima rispetto al 29 gennaio per delle riparazioni non emerge da nessuna conversazione; – la conversazione tra COGNOME e l’ignoto probabile acquirente del 6 febbraio 2024 dimostra, al limite, che in quella data Di COGNOME era in trattative per vendere l’auto come è avvenuto il successivo 12 febbraio e che aveva prospettato la necessità di una riparazione di cui si sarebbe fatto carico; – i documento in cui si attesta la consegna a COGNOME di un ricambio non costituisce elemento indiziario valido per escludere la tesi accusatoria; – tra l’altro appare contraddittoria la circostanza riferita da COGNOME, secondo il quale COGNOME non aveva più avuto necessità della riparazione per avere venduto l’auto, e la fattura del 29 gennaio 2024 prodotta dalla difesa. Aggiungono che certamente COGNOME si recava da Marotta verso le ore 9.30 e che l’attività di controllo era posta in essere all’estern della vettura, come si evince dalle parole di COGNOME. Rilevano che, sotto tale profilo, l’intercettazione richiamata dalla difesa, da cui emerge che il controllo non era stato effettuato dentro l’autovettura, dove effettivamente si trovava la microspia, non inficia il ragionamento del primo Giudice, ma lo riscontra, dicendo COGNOME chiaramente che la microspia non era stata trovata “da sutta” e, se c’era, l’avevano dentro la macchina (“si c’è l’avimu intra”). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’ordinanza di riesame osserva che infondata appare la deduzione in ordine all’inidoneità dell’agere del prevenuto perché la microspia ha continuato a funzionare sino al 15 febbraio 2024 e che, comunque, vanno ritenuti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento personale, conformemente al primo Giudice che individuava nella condotta di ricerca di mezzi di intercettazione in relazione a
vettura di un soggetto che si teme essere indagato una forma palese di aiuto a eludere le investigazioni – risultando COGNOME avere effettuato un’attività di controll della parte esterna della vettura ed essendo il delitto per cui si procede un reato di pericolo.
Conclude col ritenere, nel caso in esame, diversamente da quanto dedotto dalla difesa, offerto un contributo, da parte dell’indagato, alla neutralizzazione delle attivi di investigazione. Osserva che, pur dovendosi ritenere ignoto il contenuto della conversazione avvenuta il 29 gennaio 2024 tra Di Noto e COGNOME, è verosimile che all’indagato sia stato richiesto solo di localizzare la microspia e/o se possibile rimuoverla; e che, comunque, resta il dato rilevante che COGNOME, dopo avere effettuato il controllo, aveva riferito a COGNOME che con certezza non vi era nessun dispositivo di intercettazione all’esterno della vettura, contemporaneamente allertando lui e i suoi complici sulla possibile presenza di un dispositivo di tale ti all’interno.
In punto di esigenze cautelari, i Giudici del riesame ritengono condivisibili le considerazioni del G.i.p. in ordine al pericolo di reiterazione. Sottolineano, quindi, che, se è vero che COGNOME è incensurato, non ha carichi pendenti e quello in contestazione è l’unico episodio accertato nel corso delle indagini, tuttavia non si può non evidenziarne l’intrinseca gravità che denota comunque spregiudicatezza e professionalità del suddetto. E concludono per la adeguatezza e proporzione della tutela di dette esigenze cautelari con la misura dell’obbligo di presentazione alla P.g.
Tale essendo il completo e logico iter motivazionale dell’ordinanza impugnata è evidente l’infondatezza di tutti i rilievi difensivi sopra riportati, che dimostrano di confrontarsi con lo stesso. Laddove insistono sulla sussistenza di mere congetture piuttosto che di un compendio gravemente indiziario ovvero su una motivazione per relationem inadeguata; o, ancora, sulla necessità, per potersi configurare il favoreggiamento personale, della concreta rimozione della microspia; o ancora su un insussistente travisamento delle conversazioni intercettate e della documentazione prodotta dalla difesa (primo motivo). Laddove, inoltre, denunciano un’inesistente inadeguatezza e contraddittorietà della valutazione relativa alle esigenze cautelari (secondo motivo).
Tali rilievi dimostrano, altresì, di trascurare la giurisprudenza di questa Corte, in parte menzionata in modo pertinente dall’ordinanza impugnata, secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di favoreggiamento personale, non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia (Sez. 6, n. 24535 del 10/04/2015, COGNOME, Rv. 264125ì
fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva attribuito rilevanza alla condotta dell’indagato consistita,
attraverso una minuziosa e ripetuta ispezione di uno studio legale, nel dare certezza ai favoriti della esistenza all’interno del detto studio di una microspia idonea all
registrazione delle conversazioni e nell’individuare il punto esatto in cui la stessa era stata celata). O, ancora, secondo cui è configurabile il delitto di favoreggiamento
personale in corso di consumazione del delitto associativo di cui all’art. 416-bis cod.
pen. nel caso in cui la condotta dell’agente sia sorretta dall’intenzione di aiutare i partecipe ad eludere le investigazioni dell’autorità e non dalla volontà di prendere
parte, con “animus socii”, all’azione criminosa (Sez. 1, n. 48560 del 04/07/2023,
COGNOME, Rv. 285461: fattispecie in cui si è ritenuto sussistente il delitto favoreggiamento personale a fronte di una condotta consistita nel recupero e nella
consegna di una microspia in favore di partecipe a una consorteria mafiosa).
2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.