Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17918 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17918 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a Bari iI40/05/1985
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore di COGNOME NOME, Avvocato NOME
NOME COGNOME che insiste nell’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del difensore, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro che ha confermato la misura cautelare in carcere emessa il 31 ottobre 2024 dal Giudice delle indagini preliminari distrettuale, in ordine al delitto di concorso di persone nel favoreggiamento della latitanza di NOME COGNOME destinatario di ordinanza custodiale in qualità di promotore e organizzatore dell’omonima famiglia mafiosa, operante in Cassano allo Ionio, aiutandolo ad allontanarsi dalla Calabria ed
ospitandolo presso la villa di proprietà della famiglia COGNOME, ove l’Abruzzese veniva tratto in arresto il 6 novembre 2023, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Veniva contestato alla COGNOME, moglie di COGNOME NOME, di aver, unitamente ad altri membri della famiglia, ospitato il latitante – che veniva prelevato per mezzo di una auto-ambulanza di proprietà dell’associazione “RAGIONE_SOCIALE“, da Spezzano Scalo per poi essere trasportato a Bari presso la villa dei COGNOME – cui veniva fornito cibo e generi di prima necessità, agevolandone lo spostamento anche con il trasporto dei bagagli.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza all’esito della ricostruzione della vicenda attraverso l’acquisizione della documentazione dell’associazione “RAGIONE_SOCIALE” e dell’autoambulanza interessata al trasporto, l’analisi del contenuto delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche ed ambientali, delle chiamate effettuate alla centrale di controllo del servizio del “118”, delle celle e delle immagini acquisite dalle telecamere a circuito chiuso.
Sulla base di tali elementi, in uno agli esiti della perquisizione operata nella villa ove era stato ospitato il latitante, il Tribunale di Catanzaro è pervenuto alla conclusione che NOME COGNOME avesse concorso, unitamente agli altri membri della famiglia, nel favorire la latitanza di NOME COGNOME, agevolandone i movimenti in quel di Bari, assistendolo nelle necessità quotidiane anche attraverso l’acquisto di beni personali funzionali alla latitanza, e che la indagata fosse consapevole della caratura criminale di NOME COGNOME, capo della cosca con influenza sul territorio di Cassano allo Ionio, così da agevolare la citata compagine criminale, ritenendo sussistenti le esigenze cautelari tutelabili attraverso la misura di massimo rigore.
2. La ricorrente deduce tre distinti motivi.
2.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. in ordine alla consapevolezza di favorire la latitanza di NOME COGNOME e, di conseguenza, di agevolare il clan ex art. 416-bis.1 cod. pen.
La conclusione cui è pervenute il Tribunale – si assume – è frutto di mere congetture. La decisione evidenzia, infatti, il ruolo assunto nella vicenda da NOME e NOME COGNOME, ma non esplicita quale sarebbe stato, in concreto, il ruolo della ricorrente di cui veniva notata, sulla base dell’estrapolazione delle immagini dell’impianto di video sorveglianza, la neutra presenza nella villa. Non è circostanza idonea a dimostrare il concorso nel reato di favoreggiamento e la consapevolezza dello spessore criminale del latitante il solo rinvenimento di
indumenti di costui acquistati unitamente a NOMECOGNOME compagna di NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo4j . deducono, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 110, 378 e 416-bis .1 cod. pen.
Si censura la ritenuta gravità indiziaria in ordine ai fatti provvisoriamente contestati, avendo la ricorrente affermato, nel corso dell’interrogatorio, di conoscere . NOME COGNOME in quanto amico del suocero NOME COGNOME io.
La mancata risposta agli interrogativi posti in sede di riesame e l’assenza di altri elementi valorizzabili oltre all’accompagnamento di NOME COGNOME per effettuare alcuni acquisti, senza peraltro comprendere in che termini si fosse realizzato tale fatto, tranquillamente ammesso, non consente di attribuire condotte penalmente rilevanti; analogamente è a dirsi, ad esempio, in merito alle fasi precedenti al trasporto del latitante, contesto a cui la COGNOME risult estranea.
2.3. Con il terzo motivo Adeducono vizi di motivazione e violazione di legge in ordine agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
A fronte di un quadro indiziario deficitario la Corte territoriale non considera l’incensuratezza e la marginalità della vicenda che sarebbe, in definitiva, consistita nel mero accompagnamento della compagna del latitante presso un centro commerciale.
A fronte della totale incensuratezza della ricorrente, si deduce l’assenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e l’inadeguatezza della disposta misura cautelare, diversa dalla custodia in carcere anche attraverso la concessione degli arresti domiciliari con mezzi elettronici di controllo in violazione dell’art. 275, comma 3-bis /cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile sotto plurimi profili.
Generici e declinati in fatto risultano i primi due motivi di ricorso con cui si rivolgono censure avverso la ritenuta gravità indiziaria in ordine al delitto di favoreggiamento aggravato dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa che vedeva a capo NOME COGNOME.
2.1. Deve farsi rinvio al consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta
solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460).
2.2. Con motivazione completa e fondata sugli elementi indiziari a disposizione, il Tribunale del riesame ha ricostruito la vicenda e i ruoli dei componenti della famiglia COGNOME, a partire dal giorno dell’arrivo del latitante presso la villa di famiglia sino a quello dell’arresto, sulla base delle videoriprese delle telecamere ivi installate, coordinate con le risultanze emerse dalle intercettazioni e dall’analisi dei tabulati telefonici.
La presenza e la condotta della ricorrente presso la villa risulta chiaramente ripresa; significativa è stata ritenuta l’attività posta in essere dalla donna in quanto monitorata il giorno dopo l’arrivo del latitante, attimi in cui vengono documentati l’aiuto offerto a tutti i familiari per l’operazione di trasferimento dei bagagli dell’Abruzzese da un’autovettura all’altra, e cioè la stessa a bordo della quale la sera del 5 novembre 2023 la ricorrente, insieme a NOME COGNOME, scortava l’uscita dell’Abruzzese a bordo di altra autovettura occupata da NOME COGNOME e preceduta da altro veicolo, con modalità “a staffetta”; coerente risulta la valorizzazione di tale metodica prudenziale, di norma utilizzata per proteggere gli occupanti del veicolo in posizione centrale, tutt’altro che neutra, che rimane priva di confutazione da parte della difesa.
Significativa risulta, inoltre, la parte dell’ordinanza che evidenzia come la ricorrente e la compagna del latitante si rechino in un centro commerciale per acquistare effetti personali per Abbruzzese, aspetti riduttivamente valutati dalla difesa che, unitamente alle altre condotte sopra evidenziate, assumono invece valenza sintomatica di una profonda conoscenza della persona del latitante, dando conto della consistenza dei rapporti esistenti tra i nuclei familiari.
Non risulta affatto illogica o incoerente, pertanto, la valutazione operata dal Tribunale del riesame che, in base agli elementi unitariamente esaminati e valutati, ha ritenuto significativt il metodo utilizzato per gli spostamenti del latitante e 1251e accortezze utilizzate, espressive della finalità di eludere controlli e proteggere l’Abbruzzese, la cui caratura criminale e ruolo apic erano noti alla ricorrente, sia in ragione del rapporto familiare con i corre degli stretti e risalenti rapporti tra la famiglia degli COGNOME e quel COGNOME, ricostruiti nell’ordinanza cautelare rinvenuta nella villa al dell’arresto del latitante.
2.3. A fronte di una motivazione non certo illogica che, invero, si caratterizza per aver adeguatamente apprezzato gli elementi indiziari nella sua organica consistenza, la difesa tenta di confutarne la valenza attraverso un’opera di non consentita parcellizzazione e differente ponderazione assegnata ad ognuno di essi, sottoponendo i dati probatori al diretto vaglio di questa Corte al fine di sollecitarne una difforme valutazione che il Tribunale del riesame ha invece dimostrato di aver adeguatamente effettuato.
Manifestamente infondata risulta la censura in ordine alle ritenute sussistenti esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura prescelta.
3.1. Posto che l’aggravante agevolatrice dell’attività mafiosa prevista dall’art. 416-bís.1 cod. pen. ha natura soggettiva ed è caratterizzata da dolo intenzionale e che nel reato concorsuale si applica al concorrente non animato da tale scopo che risulti consapevole dell’altrui finalità (così Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep, 2020, COGNOME, Rv. 278734), proprio il rilievo attribuito all’intento di agevolare il clan, preservando il ruolo dirigenziale del latitante, giustifica il giudizio espresso dal Tribunale sul pericolo di recidiva e sull’irrilevanza dello stato di incensuratezza di NOME COGNOME nonché sulla ritenuta inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, avuto anche riguardo all’estrema gravità dei fatti, con giudizio di merito che non evidenzia vizi di illogicità manifesta.
3.2. Il Tribunale ha, infatti, desunto dalla gravità dei fatti, dalle modalit esecutive della trasferta del latitante e dai metodi utilizzati per proteggerne la latitanza nonché dalla finalità perseguita, tipicamente mafiosi, un grave e concreto pericolo di reiterazione, risultando minima la distanza temporale dai fatti e indispensabile la necessità di recidere i rapporti e le cointeressenze tra le due famiglie con la misura più rigorosa, la cui adeguatezza e proporzionalità / presunta per legge, non risulta superata da elementi di segno contrario, avuto riguardo all’operatività dell’associazione facente capo al latitante e ai risalenti rapporti tra le due famiglie mafiose.
Generica e manifestamente infondata risulta la dedotta omessa motivazione in ordine alle ragioni per cui non è stato possibile applicare la misura cautelare domiciliare con particolari modalità di controllo, avendo la Corte territoriale escluso in radice la possibilità di concedere la più tenue misura.
All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna deMcorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che si reputa di determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna Aricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 09/04/2025