Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22283 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22283 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 42892/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a ERICE il 09/11/1972 avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del TRIBUNALE di Palermo vista la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo – costituito ai sensi dell’art. 310 cod.proc.pen. – con ordinanza emessa in data 16 ottobre 2024 ha respinto l’appello avverso l’ordinanza del GIP con la quale Ł stata ribadita, nei confronti di NOME COGNOME, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione alla associazione mafiosa denominata cosa nostra.
La condotta contestata al Gentile in sede cautelare consiste nell’aver ceduto la propria identità al latitante NOME COGNOME per consentirgli di acquistare veicoli, sottoscrivere polizze, effettuare operazioni bancarie ed eludere i controlli delle forze dell’ordine, garantendogli così la latitanza e la direzione del sodalizio mafioso.
La difesa ha dedotto il venir meno del fumus commissi delicti per effetto del novum costituito dalle dichiarazioni rese dall’appellante in sede di interrogatorio davanti al P.M., posto che, in sede di interrogatorio di garanzia, si era avvalso della facoltà di non rispondere.
In particolare NOME ha ipotizzato una giustificazione per l’uso della propria patente per la rottamazione di un motociclo usato dal latitante, adducendo un rapporto di lavoro saltuario dal 2012 al 2017 alle dipendenze di NOME COGNOME, il quale avrebbe sfruttato l’accesso ai suoi documenti per commettere un furto d’identità. A sostegno di tale tesi, Ł stata prodotta una perizia grafologica che attribuisce la firma delle pratiche di rottamazione proprio al COGNOME.
Quanto alla prova a carico costituita dalla presenza, tra le spese deducibili nella dichiarazione dei redditi del Gentile, delle porzioni dei premi assicurativi RCA concernenti il motoveicolo usato dal NOME COGNOME l’odierno ricorrente ha sottolineato come tale circostanza sia dovuta ad una comunicazione automatica che le imprese assicurative sono tenute per legge a trasmettere all’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, sulla scorta di ciò, la difesa ha chiesto la riqualificazione del fatto ascritto al predetto nel delitto di favoreggiamento, anche eventualmente aggravato ex art. 416 bis.1 cod.pen., avendo costui al piø aiutato in maniera episodica un associato ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche.
In riferimento a tali elementi il GIP ha dichiarato inammissibile l’istanza, trattandosi di dati non idonei ad infrangere il giudicato cautelare formatosi su tali temi con l’ordinanza originaria.
Il Tribunale – nel vagliare i motivi di doglianza proposti – ha preliminarmente precisato che eventuali vizi motivazionali dell’ordinanza impugnata non ne determinano l’annullamento, bensì l’obbligo di integrarne la motivazione.
Ha quindi valutato le dichiarazioni dell’indagato, rilevando la scarsa credibilità della giustificazione sulla consegna della patente, considerate: l’assenza di documentazione del rapporto di lavoro; l’incoerenza temporale rispetto alla rottamazione del veicolo (2016 anzichØ 2017); l’implausibilità di un furto d’identità commesso all’interno di una rete di protezione strutturata per garantire la latitanza trentennale di NOME COGNOME il quale ha potuto avvalersi di una cerchia ristretta di fiancheggiatori e prestanome, attenti ad evitare qualsiasi errore che potesse compromettere il sistema di copertura e destare sospetti nelle forze dell’ordine.
Parimenti, il Tribunale ha rigettato le doglianze difensive circa l’inserimento delle polizze assicurative nelle dichiarazioni dei redditi, ritenendo contrario all’id quod plerumque accidit che un contribuente, specie se un professionista come il Gentile, non abbia notato per anni tali voci di
spesa.
Quanto alla consulenza grafologica, si Ł ritenuta la questione inammissibile in riferimento al giudicato cautelare, ritenendo che la difesa abbia tentato di ricavare sul punto un novum per proprietà transitiva dalla presunta esistenza di un rapporto di lavoro tra il Gentile e il COGNOME, la cui sussistenza non Ł stata tuttavia dimostrata e che, anche ove fosse stata provata, non sarebbe idonea a sovvertire il quadro indiziario già precedentemente valutato.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – Gentile NOME
3.1 Il ricorso si articola in due motivi, con i quali si lamenta, rispettivamente, la mancanza e contraddittorietà della motivazione e la mancanza ed illogicità della stessa.
Quanto al primo motivo di ricorso, la difesa eccepisce l’intrinseca contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato, evidenziando come il Tribunale del Riesame abbia erroneamente collocato l’inizio dell’attività lavorativa svolta dal Gentile presso NOME COGNOME classe ’69 al 1° gennaio 2017, là dove lo stesso provvedimento, in premessa, aveva dato atto che l’attività si era svolta dal 2012 al 2017. Tale errore risulta, in tesi difensiva, decisivo, in quanto la sottrazione dei documenti di identità del COGNOME, utilizzati dal latitante NOME COGNOME per la rottamazione del motociclo, si sarebbe verificata proprio durante la raccolta delle olive nel 2016, in epoca anteriore al fatto contestato.
La difesa ha altresì censurato l’affermazione del Tribunale circa l’assenza di riscontri documentali sul rapporto di lavoro, rilevando come l’attività del Gentile presso i terreni di NOME COGNOME sia risultata accertata documentalmente almeno a partire dal 2017, in qualità di dipendente della moglie dello stesso, durante la campagna olearia di quell’anno. Il Gentile aveva inoltre precisato, in sede di interrogatorio, di non essere stato regolarizzato prima del 2017, circostanza confermata in seguito dalle risultanze investigative.
Tali elementi dimostrerebbero l’erroneità della valutazione sull’inattendibilità delle dichiarazioni rese dall’imputato, fondata su presupposti di fatto inesatti e su una motivazione contraddittoria.
3.2 Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, invece, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere irrilevante la documentazione allegata all’istanza di revoca della misura cautelare, dalla quale risulta che l’imputato non ha mai portato in detrazione alcuna somma relativa ai premi assicurativi dei veicoli a lui intestati, all’epoca in uso al latitante NOME COGNOME
Il Giudice del gravame avrebbe infatti presunto, salvo prova contraria, che un professionista come l’architetto COGNOME non avrebbe potuto non accorgersi di eventuali detrazioni relative a veicoli a sØ intestati. Ad opinione della difesa, tuttavia, tale ragionamento sarebbe erroneo per due ordini di ragioni.
In primo luogo, si sostiene che non vi sarebbe alcuna regola generale per cui un professionista, in particolare un architetto privo di specifiche competenze fiscali, debba necessariamente conoscere il meccanismo delle detrazioni fiscali, eventualmente comunicate in maniera automatica dalla compagnia assicurativa all’Agenzia delle entrate.
Si ritiene carente la motivazione, là dove non spiega come l’odierno imputato avrebbe dovuto, o anche solo potuto, rendersi conto di tale comunicazione automatica: il Tribunale si sarebbe limitato a presumerne non solo la conoscibilità, ma persino la conoscenza, da parte dell’odierno ricorrente.
In secondo luogo, si osserva che la motivazione del Tribunale del Riesame contrasterebbe con la documentazione prodotta dalla difesa (richiamata nel ricorso), dalla quale emergerebbe l’assenza di qualsiasi detrazione, automatica o su richiesta, per i veicoli intestati all’imputato. Considerato, inoltre, che nel periodo interessato (dal 2007 al 2016), molti dei moderni strumenti telematici con i quali si può verificare agilmente l’esistenza di detrazioni fiscali non esistevano, secondo la difesa Ł irrealistico ipotizzare che l’imputato avrebbe potuto accorgersi, con la normale diligenza, dell’intestazione fraudolenta dei veicoli in questione, avvenuta – secondo quanto già accertato in sede cautelare – tramite la falsificazione della sua firma e l’utilizzo dei suoi documenti di riconoscimento.
Ulteriore profilo di doglianza riguarda il mancato esame, da parte dei giudici del gravame, della nuova consulenza tecnica prodotta dalla difesa, che attesterebbe come alcune firme apposte sui contratti assicurativi sarebbero riconducibili a un altro soggetto, NOME COGNOME classe ’69.
¨ vero che già in precedenza era stato accertato, dal medesimo Tribunale, che le firme in questione erano riferibili a soggetti diversi dall’odierno ricorrente, ma il Giudice del Riesame non avrebbe adeguatamente considerato che dalla nuova CTP Ł emersa la riconducibilità di alcune firme specificatamente al COGNOME, in tal modo aprendosi la strada per una possibile ricostruzione alternativa del fatto. Conseguentemente, il Tribunale avrebbe frainteso quale fossero i nuovi elementi a sostegno dell’istanza di revoca .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti, tesi peraltro a stimolare una rivalutazione di elementi di fatto congruamente apprezzati in sede di merito.
Ed invero va rilevato che il Tribunale del riesame non si Ł sottratto al compito di valutare la potenziale incidenza dei nova sul quadro cautelare già in precedenza maturato, ma ne ha affermato, con motivazione non implausibile, la inidoneità a scalfire le valutazioni già operate.
Si tratta, dunque, di un percorso argomentativo non censurabile in sede di legittimità, posto che le critiche difensive introducono aspetti di mera rivalutazione.
In particolare, quanto al primo motivo di ricorso resta pienamente valida – sul piano logico l’argomentazione del Tribunale tesa ad affermare la irragionevolezza di un utilizzo – nella rete
trentennale di protezione della latitanza di NOME COGNOME – di un documento di identità riferibile ad un soggetto ignaro di tale circostanza.
Inoltre resta il fatto che il rapporto di lavoro del Gentile con il COGNOME risulta provato, sul piano documentale, solo nel 2017 (e dunque in epoca successiva all’avvenuto utilizzo del documento).
E’ stata, dunque, congruamente asseverata in sede di merito la tesi della sostanziale irrilevanza (allo stato) delle dichiarazioni rese dell’indagato in chiave di contrasto alle precedenti valutazioni in punto di gravità indiziaria.
Anche in riferimento al secondo motivo va rilevato che i contenuti mirano ad una – non consentita – rivalutazione delle ragioni per cui il Tribunale ha ritenuto non decisivo, in chiave di superamento del giudicato cautelare (che copre anche la qualificazione giuridica del fatto) il ragionamento difensivo.
L’intera tesi difensiva mira, infatti, a sostenere la tesi del furto di identità che, con argomenti non manifestamente illogici, Ł stata ritenuta non verosimile, alla luce di un globale inquadramento delle condotte emerse in sede investigativa e riferite alla latitanza del COGNOME.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 12/03/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME