Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23982 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23982 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Caserta il 08/05/1975
avverso l’ordinanza del 17/02/2025 del Tribunale del riesame di Napoli letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza emessa il 23 gennaio 2025 dal GIP del medesimo Tribunale, che aveva applicato a NOME COGNOME la misura degli arresti dorniciliari per il reato di favoreggiame aggravato ex art. 416-bis. 1 cod. pen.
In particolare, all’indagato si contesta di aver aiutato COGNOME Miche COGNOME NOME e COGNOME NOME ad eludere le investigazioni relazione all’aggressione in danno dell’ex consigliere del comune di Caivano NOME COGNOME, affermando, contrariamente al vero: a) nel corso delle dichiarazioni, rese il 24 settembre 2021 come persona informata sui fatti, di n conoscere gli autori dell’aggressione avvenuta in sua presenza e di conoscer
NOME
NOME NOME e NOME solo come organizzatori della paranza in Caivano; b) ribadendo tali dichiarazioni anche in sede di individuazione fotografica il febbraio 2022 dinanzi ai CC di Casoria; c) informando il 18 marzo 2022 NOME NOME, a lui noto come esponente di rilievo del clan caivanese, capeggiato d NOME NOME, dell’esistenza di un’indagine a suo carico, della convocazion ricevuta e di aver dichiarato di conoscerlo solo quale frequentatore del circ della Madonna dell’Arco; d) ribadendo tali dichiarazioni dinanzi al P.m. il aprile 2022, con l’aggravante di agevolare il gruppo camorristico con a cap NOMECOGNOME di cui il COGNOME era partecipe.
La gravità indiziaria è stata desunta dalle dichiarazioni della persona offe dalle videoriprese e dalle conversazioni intercettate, convergenti nel dimostr che l’indagato aveva ripetutamente mentito, negando di conoscere e di riconoscere gli aggressori del COGNOME, colpito in sua presenza, e il COGNOME persino avvisato dell’indagine in corso e della sua convocazione ed anch rassicurato dal contenuto delle dichiarazioni rese, destinate a favo l’associazione cui apparteneva il COGNOME.
Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso i difensori del COGNOME che ne chiedono l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo eccepiscono l’inefficacia della misura per mancata trasmissione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni entro il te perentorio di cui all’art. 309, comma 5 e 10, cod. proc. pen.. Censurano motivazione resa sul punto, essendo ininfluente la circostanza che l’informati trasmessa nei termini contenesse 5 allegati con specifica indicazione degli a contenuti, risultati però visibili solo diversi giorni dopo; sostengono che g non erano indicati nell’indice generale né erano stati trasmessi, come dimostr dalla verifica effettuata in udienza dal collegio e dalla sospensione dispos fine di richiederne la produzione in udienza. Ne discende l’inosservanza d termine perentorio previsto dalla norma indicata e sanzionata dalla inefficac della misura; peraltro, la difesa non ha potuto effettuare il controllo s decreti, in quanto dopo la produzione da parte del P.m., il Tribunale ha chie alla difesa di concludere.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la inutilizzabilità delle dichiarazi raccolte dalla polizia giudiziaria e dal P.m. senza i dovuti avvisi e s assistenza difensiva, atteso che dall’acquisizione dei filmati della teleca posta sul luogo dell’aggressione subita dal consigliere comunale NOME COGNOME il 21 settembre 2021, emergeva la presenza del COGNOME, del COGNOME e del COGNOME sicché quando fu sentito il 24 settembre erano in co accertamenti a suo carico al pari degli autori materiali dell’aggressione; febbraio 2022 fu sentito la seconda volta con contestuale attivazione
intercettazioni anche nella sua autovettura, sicché era sostanzialmente indagat le conversazioni intercettate nel marzo e nell’aprile successivo rendono eviden il suo stato di indagato con conseguente inutilizzabilità delle sommar informazioni assunte il 29 aprile 2022.
2.3. Con l’ultimo motivo si contesta l’erronea applicazione dell’art. 378 c pen. e dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Quanto al favoreggiamento manca la gravità indiziaria, atteso che il COGNOME si trovava casualmente insieme al COGNOME quando questi fu aggredito dal COGNOME e dal COGNOME, tant’è che intervenne in difesa vittima e non conosceva i due aggressori. La circostanza che, invece, conosceva il COGNOME non rileva, riguardando l’accusa il favoreggiamento nei confronti d COGNOME e del COGNOME. Erroneamente il Tribunale non considera che d colloqui intercettati in ambientale risulta che il COGNOME negò di conoscere autori materiali dell’aggressione per timore di ritorsioni, quindi, per tutel stesso più che per favorire gli aggressori, come emerge chiaramente dall conversazioni del 22 aprile e 2 maggio 2022. Tali elementi sono incompatibili con l’aggravante ritenuta, specie in ragione della posizione del ricorrent testimone oculare, casualmente presente al fatto, reticente per paura, condiv dalla vittima e dalla moglie del COGNOME; egli ignorava che il COGNOME indagato per tale vicenda, non avendo partecipato all’aggressione; temeva d essere vittima di un attentato e non aveva rapporti con il COGNOME né con sodalizio che avrebbe beneficiato della sua reticenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati nonché reiterativi di censure già esaminate e disattese dal Tribun con argomentazioni corrette ed esaustive, cui il ricorso contrappone nuovamente gli stessi rilievi ritenuti infondati.
Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
Il Tribunale ha dato atto della tempestiva trasmissione degli atti indagine, comprensivi dei decreti di autorizzazione delle intercettazioni alleg all’informativa dei CC di Casoria del 12 marzo 2024, esclusivamente in via telematica ovvero tramite TIAP, come attestato dalla cancelleria; verificat tuttavia, che i decreti non risultavano leggibili, era stata sospesa l’udienza di consentirne al P.m. la produzione documentale, prontamente avvenuta, all’esito della quale l’udienza era proseguita.
Alla luce della ricostruzione che precede deve ritenersi correttament respinta l’eccezione di perdita di efficacia della misura per mancata trasmissi
degli atti entro il termine perentorio di cui all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. per plurime ragioni.
2.1. In primo luogo, perché la trasmissione difettosa o incompleta collegata alla non leggibilità degli atti caricati al TIAP non determina l’inefficacia dell misura ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen., correlata solo alla mancata trasmissione (Sez. 2, n. 37780 del 05/10/2021, P. Rv. 282201; Sez. 5, n. 39013 del 27/06/2018, Fazzalari, Rv. 273879).
2.2. In secondo luogo, perché i decreti autorizzativi delle operazioni di intercettazione non sono atti a contenuto probatorio, bensì meri atti di impulso processuale, essendo la prova costituita dalle registrazioni e dai supporti digitali che registrano le conversazioni, che il P.m. è tenuto a mettere a disposizione delle parti sin dal momento dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare.
Va ricordato che sin da epoca risalente, in tema di trasmissione degli atti al Tribunale del riesame, questa Corte ha operato una netta distinzione tra atti di natura processuale e atti a contenuto probatorio, correlando solo all’omessa trasmissione di questi ultimi la perdita di efficacia della misura. E’ stato, infatt affermato che l’omessa o tardiva trasmissione al tribunale del riesame di un atto di natura meramente processuale, come la richiesta di misura cautelare, non determina la perdita di efficacia del provvedimento coercitivo a norma dell’art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., in quanto si riferisce ad un atto funzionale all’attivazione del procedimento cautelare, che nulla aggiunge al quadro indiziario risultante dagli elementi presentati a sostegno di essa. (Sez. U, n. 19853 del 27/03/2002, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 221393, che in motivazione opera una distinzione tra atti di natura processuale che, quando siano poste specifiche questioni di validità del provvedimento impugnato, possono essere prodotti o acquisiti indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio indicato dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., e atti a contenuto sostanziale con valore probatorio, che hanno diretto rilievo ai fini del merito della questione cautelare, ricollegando la sanzione prevista dal comma 10 del citato articolo alla omessa trasmissione dei soli atti appartenenti alla seconda categoria che siano stati effettivamente utilizzati dal giudice a fondamento del provvedimento coercitivo). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Per tale ragione la mancata allegazione, da parte del Pubblico ministero, dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta d applicazione della misura cautelare e la successiva omessa trasmissione degli stessi al Tribunale del riesame, a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina né l’inefficacia della misura ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen., né l’inutilizzabilità delle captazioni, che consegue, invece, all’adozione dei decreti fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 267 e 268 cod. proc. pen., obbligando, tuttavia, i
tribunale ad acquisire tali provvedimenti a garanzia del diritto di difesa della parte che ne abbia fatto richiesta ai fini del controllo circa la loro sussistenza e legittima adozione (Sez. 4, n.26297 del 15/05/2024, C., Rv. 286817), come avvenuto nel caso di specie.
Da ultimo si osserva che, una volta prodotti i decreti autorizzativi, non risulta che la difesa del ricorrente abbia sollevato obiezioni o chiesto termine per esaminarli, sicché l’eccezione è destituita di ogni fondamento.
Ad analoga soluzione si perviene per la seconda eccezione, atteso che il ricorrente fu legittimamente sentito il 24 settembre 2021 come persona informata sui fatti, in quanto indicato dalla vittima dell’aggressione come testimone e ripreso dalla telecamera posta sul luogo dell’aggressione, che ne confermava la presenza sul posto al momento dell’arrivo dei due aggressori, identificati nel Volpicelli e nel Cipolletti. Ancora il successivo 22 febbraio 2022, convocato insieme al COGNOME e alla moglie, nuovamente ribadiva le dichiarazioni rese in precedenza, riconosceva in foto NOME NOME e NOME quali organizzatori di paranza, ma precisava che non erano stati autori dell’aggressione al Della Rocca.
La tesi difensiva / secondo la quale la circostanza che in occasione dell’audizione erano state disposte intercettazioni ambientali nella sala di attesa della caserma nonché a bordo dell’autovettura del Gaglione dimostrerebbe che era indagato con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni rese, è del tutto infondata, atteso che il presupposto per autorizzare le operazioni di intercettazione è la sussistenza di gravi indizi di reato e non di colpevolezza a carico del soggetto intercettato, richiedendosi solo l’avvenuta commissione di un reato, che consenta il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova ex art.266 cod. proc. pen., e l’esistenza di una relazione tra il fatto e la persona intercettata, come nel caso di specie. Infatti, sino a quel momento alcun indizio di reità era emerso a carico del ricorrente, sicché le dichiarazioni rese sono perfettamente utilizzabili, in quanto al momento della deposizione rivestiva, ancora e soltanto, lo “status” di persona informata sui fatti.
Legittimamente sottoposto ad intercettazione per verificare se fosse a conoscenza della causa dell’aggressione, indicata dalla moglie del COGNOME in un tentativo di estorsione cui il marito si era opposto (pag. 10 ordinanza), solo dalle successive conversazioni intercettate, riportate nell’ordinanza, emerse, invece, sia la sua consapevolezza della causa dell’aggressione sia la conoscenza degli aggressori e del COGNOME. Emergeva, infatti, che il COGNOME conosceva perfettamente gli autori materiali dell’aggressione al COGNOME e ne conosceva anche il motivo; conosceva perfettamente il COGNOME, il suo ruolo all’interno dell’associazione criminale e la recente estromissione per contrasti con il vertice
(pag.11 e 12); emergeva, altresì, che dopo la convocazione aveva informato il Leodato anche del contenuto delle dichiarazioni rese nel corso del riconoscimento fotografico (pag. 13) e che, al pari del COGNOME, era determinato a n rivelare agli inquirenti di aver riconosciuto gli autori dell’aggressione.
Come affermato da questa Corte (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 264481), le dichiarazioni “indizianti” di cui all’art. 63, primo, cod. proc. pen. sono quelle rese da un soggetto sentito come testimon o persona informata sui fatti che riveli circostanze da cui emerga una s responsabilità penale per fatti pregressi, non invece quelle attraverso le qu medesimo soggetto realizzi il fatto tipico di una determinata figura di reato qu il favoreggiamento personale, la calunnia o la falsa testimonianza, in quanto predetta norma di garanzia è ispirata al principio “nemo tenetur se detegere che salvaguarda la persona che abbia commesso un reato, e non quella che debba ancora commetterlo (In motivazione, si chiarisce che, se il dichiarante no è chiamato a rispondere di fatti diversi da quelli che integrano il tessuto dell dichiarazioni, egli rimane compatibile con l’ufficio di testimone, ponendosi so un problema di attendibilità della deposizione, che dovrà essere valutata second gli ordinari criteri).
Alla luce di tali principi e della sequenza descritta risulta palese l’ass infondatezza dell’eccezione difensiva.
Del tutto infondata è anche la contestazione della gravità indiziar ) pacificamente risultante dileolloqui intercettati, ulteriormente confermati dichiarazioni auto ed etero accusatorie del COGNOME, il quale ha riferito ricorrente conosceva bene ed era addirittura amico del COGNOME; lo aveva informato della convocazione dei C.C. e delle dichiarazioni riduttive rese quand gli era stata sottoposta la foto del COGNOME. Il collaboratore ha anche aggi che il ricorrente conosceva sia lui che il COGNOME e sapeva perfettamente erano stati loro ad aggredire il COGNOME (pag. 13): circostanza, questa, trova riscontro nella ammissione dello stesso ricorrente di averli riconosciuti aver difeso il COGNOME.
Proprio l’affermazione del COGNOME di aver riconosciuto gli aggressori e d aver reagito senza paura (“io ho picchiato loro perché li conosco a loro, l picchiati perché tu sai bene che non ti possono fare nulla”, pag. 14) smentisce tesi difensiva della condizione di paura e di timore di ritorsioni avvertit ricorrente nonché della mancanza di dolo per essere la condotta ispirata dal sola finalità di autotutela piuttosto che di favoreggiamento dell’associazi camorristica.
E’, invece, emerso con certezza che il ricorrente avesse inteso favorire COGNOME di cui conosceva lo spessore e il livello criminale nonché l’inserimen
nella associazione capeggiata dall’NOMECOGNOME dalla quale il COGNOME continuava a essere stipendiato nonostante il momento di incomprensione con il vertice, e l
circostanza che avesse tutelato anche gli autori materiali dell’aggressio anch’essi associati al sodalizio ancora operante ed attivo in Caivano, è st
coerentemente e logicamente letta come attività favoreggiatrice, risoltasi vantaggio dell’associazione.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen.
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente
determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del
ammende.
Così deciso, 21 maggio 2025