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Favor querelae: non basta la riserva di parte civile

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del principio del ‘favor querelae’. Una vittima di furto aggravato, pur riservandosi di costituirsi parte civile, aveva esplicitamente dichiarato di non sporgere querela, credendo erroneamente che il reato fosse procedibile d’ufficio. La Corte ha stabilito che tale riserva, unita alla mancata querela, non manifesta una volontà punitiva inequivocabile, confermando così la decisione di non luogo a procedere per mancanza della condizione di procedibilità.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favor querelae: quando la volontà di punire non è chiara

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 5 Penale, n. 32530/2025, offre un importante chiarimento sui limiti del principio del favor querelae. Questo principio, fondamentale nel diritto processuale penale, stabilisce che in caso di incertezza, le dichiarazioni della vittima debbano essere interpretate a favore della sussistenza della volontà di punire. Tuttavia, come dimostra il caso in esame, tale principio non può superare una chiara manifestazione di volontà contraria, neanche se dettata da un’errata convinzione giuridica.

I Fatti del Caso: Furto di Energia e Querela Mancante

Il caso trae origine da un procedimento per furto aggravato di energia elettrica. Due imputati erano stati condannati in primo grado per essersi allacciati abusivamente alla rete elettrica condominiale. A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), tale reato è divenuto procedibile a querela di parte. La Corte d’Appello, prendendo atto della modifica normativa e dell’assenza di una formale querela, aveva dichiarato il non doversi procedere.

Il Procuratore Generale ha impugnato tale decisione, sostenendo che le dichiarazioni rese da una delle persone offese (una condomina) alla polizia giudiziaria dovessero essere considerate un atto equipollente alla querela. La condomina aveva infatti dichiarato: “io personalmente non sporgo querela poiché documentatami è un reato procedibile d’ufficio. Mi riservo di costituirmi parte civile per il danno economico patito”.

L’interpretazione del favor querelae da parte del P.G.

Secondo la Procura, l’insieme delle due proposizioni (la consapevolezza, seppur errata, della procedibilità d’ufficio e la riserva di costituirsi parte civile) doveva essere letto, in ossequio al principio del favor querelae, come una manifestazione implicita ma chiara della volontà di punire i colpevoli. La tesi accusatoria si fondava sull’idea che, se la vittima avesse saputo della necessità della querela, l’avrebbe sporta, e la sua intenzione di chiedere un risarcimento ne sarebbe stata la prova.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno sottolineato che, sebbene il principio del favor querelae imponga un’interpretazione estensiva degli atti per tutelare il diritto della vittima, esso non può arrivare a stravolgere il contenuto di una dichiarazione esplicita. La condomina aveva affermato chiaramente di non voler sporgere querela. La motivazione di tale scelta (l’errata convinzione sulla procedibilità d’ufficio) spiega il suo comportamento, ma non ne inverte il significato.

Inoltre, la Corte ha ribadito un orientamento consolidato: la mera riserva di costituirsi parte civile non è sufficiente a integrare la volontà di punire. La costituzione di parte civile mira a ottenere un risarcimento del danno, un interesse patrimoniale distinto dalla pretesa punitiva dello Stato. Una semplice riserva manifesta solo l’intenzione di riflettere su una futura azione civile, che potrebbe anche non concretizzarsi o risolversi in un non voler perseguire la condotta lesiva. Per aversi un atto equipollente alla querela, la volontà di perseguire penalmente gli autori del reato deve emergere in modo inequivoco dall’atto, anche se non con formule sacramentali.

Le conclusioni

La sentenza in commento traccia una linea netta: il principio del favor querelae non può essere invocato per colmare un vuoto lasciato da una dichiarazione esplicita di non voler sporgere querela. L’intenzione di chiedere un risarcimento civile, espressa tramite una riserva, è ontologicamente diversa dalla volontà di attivare la pretesa punitiva penale. Di conseguenza, in assenza di una manifestazione chiara e inequivocabile della volontà di punire, la condizione di procedibilità non può dirsi integrata e l’azione penale non può proseguire.

Una semplice riserva di costituirsi parte civile può essere considerata come una querela?
No. Secondo la sentenza, una semplice “riserva” di costituzione di parte civile non equivale a una manifestazione di volontà di punire. La riserva indica solo la necessità di una riflessione futura sull’opportunità di chiedere un risarcimento, che è un interesse diverso dalla pretesa punitiva penale.

Come si applica il principio del favor querelae quando la vittima dichiara esplicitamente di non voler sporgere querela?
Il principio del favor querelae non può superare una dichiarazione esplicita e contraria della persona offesa. Se la vittima afferma di non voler sporgere querela, tale principio non può essere utilizzato per interpretare altre sue dichiarazioni (come la riserva di parte civile) in modo da creare una volontà punitiva che non è stata espressa in modo inequivocabile.

L’errata convinzione che un reato sia procedibile d’ufficio trasforma una dichiarazione in una querela valida?
No. L’errata convinzione spiega il motivo per cui la persona offesa ha deciso di non sporgere querela, ma non modifica il contenuto della sua dichiarazione. La volontà di non querelare rimane tale, anche se basata su un presupposto giuridico sbagliato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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