Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32530 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32530 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI FIRENZE nel procedimento a carico di: COGNOME NOME NOME a PIOMBINO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a CECINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/03/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
UMItlp il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO» ha concluso chiedendo 4 e( GLYPH -,;(tAx.ri 2 Q .. GLYPH VV n 22,90, j? Aitk ate n ez3).. 7″tA t , -)
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FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza con cui il tribunale di Livorno, in data 9.9.2022, aveva condanNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, ciascuno alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 110, 56, 624, 625, co., 1, n. 2) e n. 7), cod. pen., in rubrica loro ascritto, dichiarava non doversi procedere nei confronti dei suddetti imputati per mancanza di querela, trattandosi di reato divenuto perseguibile a querela, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 624, co. 3, c.p., come sostituito dall’art. 2, co. 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 5
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello di Firenze, lamentando “travisamento del fatto, omessa motivazione e conseguente violazione di legge per errata interpretazione e applicazione degli artt. 123, c.p., 336 e 337, c.p.p.”
Incontestato che il reato per cui si procede (furto aggravato di energia elettrica mediante abusivo allacciamento alla rete di un condominio) è divenuto, in forza della c.d. riforma Cartabia, perseguibile a querela, rileva il ricorrente che la corte territoriale sarebbe incorsa in errore nel non valutare le dichiarazioni di COGNOME NOME.
Quest’ultima, infatti, deve essere considerata persona offesa del reato per cui si procede, posto in essere, come si evince dal capo d’imputazione, in danno dei condomini del condominio alla cui rete di erogazione dell’energia elettrica gli imputati si erano abusivamente allacciati per alimentare il proprio alloggio, in quanto condomina.
Orbene la COGNOME, nel verbale di sommarie informazioni rese alla polizia giudiziaria il 25.1.2018, acquisito agli atti del procedimento e allegato al ricorso in conformità al principio della c.d. autosufficienza, sollecitata sul punto, aveva testualmente dichiarato: …io personalmente non sporgo querela poiché documentatami è un reato procedibile d’ufficio. Mi riservo di costituirmi parte civile per il danno economico patito”.
Di conseguenza, ad avviso del pubblico ministero ricorrente, “è dall’insieme delle due proposizioni (conoscenza della procedibilità d’ufficio e riserva di costituirsi parte civile) che si ritiene di poter concludere per la sussistenza di una manifestazione di volontà punitiva da parte della RAGIONE_SOCIALE e quindi la sussistenza di un atto in tutto e per tutto equipollente a una querela e ciò in stretto ossequio dei principi espressi dalla Suprema Corte in materia di favor querelae”.
3. Il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO COGNOME, ha concluso come da requisitoria scritta del 20.5.2025.
Con conclusioni scritte del 30.5.2025, l’AVV_NOTAIO, nella qualità di difensore di fiducia della RAGIONE_SOCIALE, chiede che il ricorso venga rigettato.
Con conclusioni scritte del 30.5.2025, l’AVV_NOTAIO, nella qualità di difensore di fiducia del RAGIONE_SOCIALE, chiede che il ricorso venga rigettato.
4. Il ricorso va rigettato, essendo sorretto da motivi infondati.
In disparte l’evidente “sgrammaticatura” processuale operata dal ricorrente con il riferimento al travisamento del fatto, vizio non deducibile in sede di legittimità (cfr., ex plurimis,Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217), la questione di diritto posta all’attenzione di questa Corte è quella del valore da attribuire, ai fini dell’integrazione della condizione di procedibilità della querela, oggi indispensabile per la perseguibilità del delitto per cui si procede, alle dichiarazioni riportate nel verbale di sommarie informazioni rese alla polizia giudiziaria dalla condomina NOME in data 25.1.2018, come in precedenza indicate.
Il Collegio non ignora il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, alla luce del quale, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querela& (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n.
2665 del 12/10/2021, Rv. 282648; Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, Rv. 284844; Sez. 1, n. 26575 del 14/05/2024, Rv. 286741).
Tuttavia, anche all’interno dell’orientamento ispirato al principio del “favor querelae”, si è opportunamente osservato in considerazione delle rilevanti conseguenze derivanti dall’esercizio della facoltà di querelare, che la volontà di chiedere la punizione del colpevole, se non deve estrinsecarsi in formule rituali o sacramentali e se può essere desunta dal complessivo comportamento della persona offesa, anche successivo al fatto, deve in ogni caso risultare in modo inequivoco nel suo contenuto sostanziale (cfr. Sez. 2, n. 30700 del 12/04/2013, Rv. 255885; Sez. 4, n. 7532 del 05/12/2018, Rv. 275128).
Va, poi, considerata la particolare natura dell’atto in cui, nel caso che ci occupa, sarebbe stata consacrata, secondo la tesi del ricorrente, la volontà di chiedere la punizione dei colpevoli da parte della RAGIONE_SOCIALE, che non ha presentato alcun autonomo atto di querela, ma si è limitata a rendere alla polizia giudiziaria le dichiarazioni in precedenza indicate.
Si tratta di un profilo non sufficientemente meditato dal ricorrente.
Come affermato da tempo dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, nel caso di atto formato dalla polizia giudiziaria, deve emergere chiaramente dal suo contenuto, ancorché senza GLYPH la GLYPH necessità GLYPH di GLYPH utilizzare GLYPH formule GLYPH sacramentali, indipendentemente, dunque, dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che l’ha ricevuta, a condizione che l’intenzione di perseguire l’autore dei fatti denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione o da altri fatti dimostrativi di detto intento, non potendo, pertanto, ritenersi sufficiente l’intestazione dell’atto come “querela” da parte degli agenti verbalizzanti. (cfr. Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Rv. 266722; in cui la S.C. ha precisato che, viceversa, nel caso di atto proveniente direttamente dalla parte, assume rilievo decisivo l’espressa qualificazione della denuncia come “querela”, nonché Sez. 3, n. 24365 del 14/03/2023, Rv. 284670; Sez. 2, n. 39673 del 08/09/2023, Rv. 285311).
Secondo altro orientamento, ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, come “verbale di denuncia querela”, qualora l’atto rechi la dichiarazione, sottoscritta dalla persona offesa “previa lettura e conferma”, di sporgere “la presente denuncia – querela” (cfr. Sez. 5, n. 42994 del 14/09/2016, Rv. 268201).
In questa prospettiva si colloca un più recente arresto, in cui si è evidenziato come, ai fini dell’esercizio del diritto di querela, sia sufficiente la espressa qualificazione formale dell’atto con il quale esso viene esercitato, costituendo il termine “querela” sintesi della manifestazione della volontà che lo Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto (Fattispecie in tema di lesioni personali colpose da sinistro stradale, in cui la querelante aveva espressamente dichiarato, con l’atto raccolto nel verbale redatto dalla polizia giudiziaria, di voler “sporgere formale denuncia-querela” nei confronti della persona alla guida dell’auto investitrice: cfr. Sez. 4, n. 10789 del 30/01/2020, Rv. 278654).
Orbene, alla luce di tali principi non appare revocabile in dubbio che le dichiarazioni rese dalla COGNOME alla polizia giudiziaria non costituiscano una valida manifestazione della volontà di punizione dei colpevoli.
Esse, infatti, sono contenute in un atto di polizia giudiziaria recante l’intestazione “verbale di sommarie informazioni (art. 351 c.p.p.) e non appaiono tali da far emergere con la necessaria chiarezza l’intenzione della persona offesa di perseguire gli autori dei fatti denunciati.
Ciò appare evidente ove si tenga conto che la COGNOME, a richiesta dei verbalizzanti sulla sua intenzione di proporre o meno querela, affermava testualmente “io personalmente non sporgo querela”, aggiungendo di riservarsi, tuttavia, la decisione di costituirsi parte civile.
Certo, è legittima l’interpretazione proposta dal pubblico ministero ricorrente secondo cui la scelta di non proporre querela è da ascrivere alla circostanza, sottolineata dalla persona offesa, della inutilità di
procedere in questo senso, essendo la stessa convinta che si trattava di reato perseguibile d’ufficio.
Ma questo, da un punto di vista logico, non equivale a ritenere che la COGNOME fosse sorretta da una chiara volontà di querelare, perché non è possibile sapere quale sarebbe stata la sua scelta se avesse avuto contezza del fatto che il reato ascritto ai due imputati era divenuto perseguibile a querela di parte.
Di questa incertezza si rende conto lo stesso pubblico ministero ricorrente, che, non caso, per sostenere la sua tesi, ha costruito un ragionamento incentrato su due proposizioni: la conoscenza della procedibilità d’ufficio, di cui si è detto, e la riserva di costituirsi parte civile, di cui si dirà.
Ritiene il Collegio, a tale ultimo proposito, di aderire all’orientamento recentemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 17957 del 19/01/2024, Rv. 286451), secondo cui, in tema di reati procedibili a querela, il principio del “favor querelae”, che presuppone una manifestazione di volontà di punizione, ancorché non esplicita o non univoca, non può essere invocato per colmare il vuoto che segue a una semplice “riserva” di costituzione di parte civile, in quanto con la “riserva” la parte titolare della facoltà di querela si limita solo a manifestare la necessità di una riflessione circa l’esito di una futura decisione, che può risolversi anche nel senso di non voler perseguire la condotta lesiva subita.
Come è stato correttamente osservato in motivazione, va considerata “l’insanabile diversità ontologica tra la volontà esplicita di costituirsi parte civile, ancorché manifestata in sede di denuncia, rispetto alla mera riserva di costituzione di parte civile, non seguita da alcuna formalizzazione di tale costituzione.
Come di recente evidenziato da Sez. 5, n. 18862 del 230/01/2023, COGNOME NOME, n.m., il favor querelae, come criterio orientativo, presuppone situazioni d’incertezza interpretativa e, nella sostanza, esclude la rilevanza dell’uso di formule sacramentali, ma richiede pur sempre dati oggettivi ai quali correlare un’attuale e specifica volontà di
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punizione (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 24/01/2022, PMT c. Baia Antonio, Rv. 282648)”
Siffatto epilogo decisorio, peraltro, trova ulteriore conforma nell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel caso di reati divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, è solo dalla costituzione di parte civile che può desumersi la volontà di querelare, giungendosi, di conseguenza ad affermare che la revoca della costituzione, facendo venir meno l’unica manifestazione di volontà punitiva proveniente dalla persona offesa, integra la remissione della querela (cfr. Sez. 7, n. 47185 del 27/11/2024, Rv. 287280; Sez. 1, n. 26575 del 14/05/2024, Rv. 286741; Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, Rv. 284844).
Pertanto, venuta meno una delle proposizioni su cui si fondava la tesi del ricorrente, la rimanente, per le ragioni già esposte, appare del tutto insufficiente a fondare l’assunto accusatorio, con conseguente rigetto del ricorso del pubblico ministero.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.G.
Così deciso in Roma il 18.6.2025.