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Fatture per operazioni inesistenti: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. La sentenza ribadisce che per la configurazione del reato è sufficiente il dolo specifico di consentire a terzi l’evasione, senza che questa si realizzi effettivamente. Viene inoltre chiarito che le limitazioni alla testimonianza indiretta non si applicano alle informazioni provenienti da organi di polizia esteri qualificati.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture per operazioni inesistenti: la Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30944 del 2024, è tornata a pronunciarsi sul reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, fornendo importanti chiarimenti sia sul piano sostanziale che processuale. La pronuncia conferma la condanna di un imprenditore, ritenendo il suo ricorso manifestamente infondato e cogliendo l’occasione per ribadire principi consolidati in materia di dolo specifico e di utilizzabilità delle testimonianze basate su informazioni provenienti dall’estero.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un imprenditore condannato in primo grado e in appello per il delitto previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era quella di aver emesso una fattura per una fornitura di merce in realtà mai avvenuta. L’operazione si inseriva in un complesso schema fraudolento che coinvolgeva diverse società, alcune delle quali risultate essere mere ‘cartiere’, create al solo scopo di movimentare documenti contabili e facilitare l’evasione fiscale.
La Corte di Appello di Brescia aveva confermato la sentenza di primo grado, basando la decisione su numerosi elementi oggettivi e convergenti che attestavano la fittizietà dell’operazione commerciale.

I Motivi del Ricorso: Focus sulle fatture per operazioni inesistenti

L’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a diversi motivi. Tra i principali:

1. Inutilizzabilità della testimonianza: La difesa sosteneva l’inutilizzabilità della deposizione di un ufficiale di polizia giudiziaria, in quanto basata su informazioni ricevute da autorità fiscali polacche e non su accertamenti diretti.
2. Mancata assunzione di prova decisiva: Si lamentava il rigetto della richiesta di acquisire documenti direttamente dall’autorità polacca, ritenuti decisivi per dimostrare l’effettiva operatività di una delle società coinvolte.
3. Vizio di motivazione: Il ricorrente contestava la logicità della sentenza impugnata, offrendo una lettura alternativa degli elementi di prova, come i documenti di trasporto, a sostegno della regolarità dell’operazione.
4. Erronea applicazione della legge penale: Si asseriva la mancanza del dolo specifico, ovvero dell’intenzione di consentire a terzi l’evasione, e si evidenziava una presunta contraddizione: se la società destinataria della fattura era inoperativa, non avrebbe potuto avere ricavi e, quindi, non avrebbe avuto IVA da compensare.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato in ogni suo punto. I giudici hanno smontato una per una le argomentazioni difensive, confermando la solidità del ragionamento seguito nei gradi di merito.

L’eccezione sulla testimonianza indiretta

Sul punto della testimonianza dell’ufficiale di polizia, la Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: i limiti previsti dall’art. 195, comma 4, del codice di procedura penale per la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria non si applicano nel caso di informazioni ricevute da organi investigativi esteri, a patto che questi siano organismi qualificati e ben individuati. La cooperazione internazionale tra forze di polizia gode di regole specifiche che ne consentono l’utilizzabilità processuale.

La sufficienza del dolo specifico per le fatture per operazioni inesistenti

La Corte ha respinto anche la censura relativa al dolo specifico. Per integrare il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, è necessario e sufficiente che l’emittente agisca con lo scopo di consentire a terzi di evadere le imposte. Non è invece richiesto che l’evasione si verifichi concretamente. Il reato si perfeziona con la sola emissione della fattura, se sorretta da tale finalità. La presunta contraddizione sollevata dalla difesa è stata ritenuta irrilevante, poiché l’esistenza del reato prescinde dall’effettivo utilizzo della fattura da parte del destinatario.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sulla distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Molte delle censure sollevate dal ricorrente, infatti, miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, un’attività preclusa alla Suprema Corte. I giudici di legittimità hanno il compito di verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione solida, ancorata a dati oggettivi: l’inoperatività delle società coinvolte, la mancanza di una plausibile ragione commerciale per l’operazione, la sequenza anomala delle date (la merce sarebbe stata spedita prima ancora di essere formalmente acquistata) e l’identità della merce in diverse transazioni. Questi elementi, nel loro complesso, disegnavano un quadro probatorio coerente con l’ipotesi accusatoria, rendendo la ricostruzione difensiva implausibile e il ricorso manifestamente infondato.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma due principi fondamentali. Primo, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è un reato di pericolo, che si consuma con l’emissione del documento falso, sorretto dal fine di permettere l’evasione altrui, indipendentemente dal risultato. Secondo, le garanzie procedurali, come quelle sulla testimonianza indiretta, devono essere interpretate alla luce del contesto, riconoscendo la validità delle informazioni acquisite tramite la cooperazione con organi di polizia esteri qualificati. La decisione rafforza così gli strumenti di contrasto alle frodi fiscali complesse e transnazionali.

Per configurare il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è necessario che il destinatario evada effettivamente le imposte?
No, la sentenza chiarisce che non è necessario. È sufficiente che chi emette la fattura agisca con il dolo specifico, cioè con il fine di consentire a terzi di evadere le imposte, a prescindere dal fatto che questi realizzino poi effettivamente il proposito illecito.

La testimonianza di un ufficiale di polizia giudiziaria basata su informazioni ricevute da forze di polizia straniere è sempre inutilizzabile?
No. Secondo la Corte, il divieto e le limitazioni previste dall’art. 195, comma 4, c.p.p. non si applicano quando gli ufficiali di polizia giudiziaria riferiscono su indagini condotte all’estero, a condizione che l’informazione provenga da organismi di polizia qualificati e ben individuati.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene giudicato ‘manifestamente infondato’?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte non entra nel merito delle questioni sollevate. Come conseguenza, la condanna diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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