Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30944 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Chiari (Bs) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/5/2023 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, oltre alla declaratoria di prescrizione
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30/5/2023, la Corte di appello di Brescia confermava la pronuncia emessa il 19/9/2022 dal locale Tribunale, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato colpevole del delitto di cui all’art. 8, d. Igs. 10 marzo 2000, n 74, e condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, deducendo i seguenti motivi:
inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità. La Corte di appello avrebbe rigettato l’eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio, per genericità del capo di imputazione, sebbene palesemente fondata. La lettura dello stesso capo, infatti, evidenzierebbe l’assenza di elementi essenziali per la difesa (come il materiale interessato o le indicazioni circa l’ammontare dell’operazione), specie quanto al profilo di fittizietà contestato, diversamente qualificato nella sentenza;
inosservanza di norme processuali. La Corte di appello avrebbe rigettato l’eccezione di inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del teste COGNOME, ufficiale di pol giudiziaria, sull’erroneo presupposto che il divieto di cui all’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. non varrebbe in caso di esiti di indagine condotte all’estero da forze di polizia straniere. Il militare, tuttavia, avrebbe riferito circa l’inoperatività avente causa “RAGIONE_SOCIALE“, utilizzando al riguardo accertamenti compiuti non da lui ma, verosimilmente, dal Fisco polacco, il cui esito non sarebbe mai stato riversato in atti. Il COGNOME, peraltro, non si sarebbe mai recato all’estero per compiere indagini direttamente o per acquisire documentazione o verbali, limitandosi a recepire quanto inviato da sconosciute fonti polacche, con informazioni generiche e prive di riscontri; lo stesso teste, ancora, avrebbe riferito solo su quanto saputo da un supposto collega straniero, mai identificato, senza neppure spiegare come avrebbe ottenuto le informazioni. Queste dichiarazioni, riguardanti un profilo decisivo, sarebbero dunque inutilizzabili, per genericità della fonte primaria ed assenza di documentazione;
mancata assunzione di prova decisiva. Il Tribunale e la Corte di appello avrebbero respinto l’istanza di integrazione istruttoria mediante l’acquisizione di documentazione proveniente dall’autorità polacca o l’escussione del funzionario estero (o di quello dell’RAGIONE_SOCIALE che avrebbe ricevuto informazioni dall’altro), sebbene necessaria: sarebbe stato così accertato, infatti, che la “RAGIONE_SOCIALE” era operativa anche nel 2013, e sarebbero state acquisite informazioni utili per una corretta ricostruzione del fatto;
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Con l’ampia quarta censura, si contrasta la sentenza quanto all’affermazione di responsabilità, sul presupposto che la fittizietà dell’operazione riportata in fattur sarebbe stata affermata con argomenti viziati, riguardanti la provenienza della merce (la contestata identità rispetto a quella oggetto di precedenti passaggi), l’operatività della RAGIONE_SOCIALE (accertata in data antecedente il 2014) e della RAGIONE_SOCIALE, i rapporti con il vettore, la regolarità della fornitura, i tempi di pagamento, il prez praticato (che non sarebbe inferiore a quello di mercato), la retrocessione del denaro (mai provata ed oggetto, in sentenza, di mere congetture). L’analisi dei documenti di trasporto confermerebbe la regolarità dell’operazione, anche
ribadendo l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del teste COGNOME. A ciò, peralt dovrebbe aggiungersi l’assenza di una qualunque contestazione associativa, eventualmente riferibile anche al COGNOME, così come di intercettazioni;
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con contraddittorietà della motivazione, quanto all’art. 8, d. Igs. n. 74 del 200 contestato. La Corte di appello avrebbe confermato la condanna senza accertare, per un verso, il dolo specifico di evasione per terzi richiesto dalla norma e, per altro verso, che la destinataria della fattura l’avesse poi inserita in dichiarazion ed avesse evaso VIVA. La sentenza, peraltro, sarebbe anche contraddittoria, in quanto la tesi dell’inoperatività della “RAGIONE_SOCIALE” avrebbe dovuto condurre a ritenere che la stessa non avesse ricavi, così da non poter esporre in dichiarazione i costi relativi alle fatture utilizzate per compensarle;
è contestata, infine, la mancata concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, pur a fronte di un corretto comportamento processuale e della incensuratezza dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Con riguardo alla prima censura, in punto di determinatezza del capo di imputazione, il Collegio ne rileva la palese inammissibilità: il motivo, infatti, limita a reiterare l’eccezione già proposta in primo grado, con i medesimi argomenti, senza confrontarsi in alcun modo con la motivazione stesa dalla Corte di appello, le cui considerazioni, dunque, non sono espressamente contestate.
4.1. Queste, peraltro, risultano congrue e prive di ogni vizio, laddove sottolineano che il capo in oggetto riporta tutti i dati della fattura (data, numer destinatario, imponibile, importo totale), così da consentire l’articolazione di una adeguata difesa, come in effetti accaduto.
4.2. La Corte di merito, poi, ha anche evidenziato che le carenze lamentate dall’appellante – e ribadite in questa sede – non attenevano alla descrizione del fatto-reato e, pertanto, non potevano aver recato alcun danno alla difesa dell’imputato; ciò, in particolare, quanto alle indicazioni del “material commerciato e oggetto dell’operazione contestata” (evidentemente non rilevante), o alla ricostruzione dell'”ammontare economico dell’operazione contestata” (desumibile dal totale della fattura), così come alla natura (soggettiva o oggettiva) dell’inesistenza riscontrata (irrilevante ai fini della responsabilità).
Anche il secondo motivo di ricorso è del tutto infondato.
5.1. Rispondendo alla medesima eccezione di inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del maresciallo COGNOME, la Corte di appello ha evidenziato – con argomento in fatto
e privo di vizi – che il militare aveva riferito soltanto su indagini eseguite da direttamente con riguardo alle varie società coinvolte, come elencate alla pag. 8 della sentenza; questa circostanza è contestata nel ricorso, sul presupposto che il COGNOME avrebbe dichiarato di “aver ritenuto provata l’inoperatività della Società destinataria della fattura (…) sulla scorta di guanto a lui riferito dai funzionari meglio precisati) dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Brescia, i quali a loro volta avevano ricevuto le informazioni riguardanti la RAGIONE_SOCIALE nel corso del 2015 da non meglio precisati organi di accertamento polacchi”. Ebbene, tale affermazione risulta del tutto generica, oltre che priva della necessaria allegazione del verbale di udienza.
5.2. In ogni caso, peraltro, con riguardo ad informazioni ricevute dal collaterale organo investigativo estero, la Corte di appello ha richiamato la costante e condivisa giurisprudenza secondo cui il divieto e le limitazioni all’utilizzazione della testimonianza indiretta previsti dal comma 4 dell’art. 195 cod. proc. pen. non si applicano nei confronti degli ufficiali o agenti della poliz giudiziaria sentiti a proposito degli esiti di indagini condotte in un Paese straniero da forze locali o internazionali di polizia, sempre che l’informazione sia riferita a organismi di polizia qualificati e ben individuati, come nel caso di specie (per tutte Sez. 6, n. 4844 del 14/11/2018, COGNOME, Rv. 275046).
Nei medesimi termini, è poi inammissibile anche il terzo motivo di ricorso, che lamenta la mancata acquisizione di prova decisiva, ossia della documentazione proveniente dall’autorità polacca, dell’escussione del funzionario di riferimento estero o di quello dell’RAGIONE_SOCIALE che avrebbe ottenuto informazioni dall’altro; la censura, infatti, si limita ancora a ribadire quanto contestato n gravame, senza esaminare in alcun modo gli argomenti spesi al riguardo dalla Corte di appello.
6.1. La sentenza, peraltro, si è particolarmente diffusa sul punto (pagg. 910), con solida motivazione, evidenziando che l’integrazione probatoria richiesta non era necessaria né decisiva, risultando agli atti già numerosi, oggettivi e convergenti elementi per attestare la palese fittizietà dell’operazione, con plurimi passaggi della stessa merce (RAGIONE_SOCIALE), nel medesimo quantitativo, tra soggetti per lo più non operativi (mere “cartiere”, che la sentenza analizza partitamente), per lo più riferibili ai medesimi soggetti (NOME e NOME COGNOME) ed in assenza di qualunque giustificazione (ad esempio, commerciale) diversa da una complessa e strutturata frode in materia di IVA.
6.2. Il ricorso – si ribadisce – non si confronta affatto con questi argomenti oltre a svilupparsi su affermazioni apodittiche (quella secondo cui í documenti o le testimonianze richiesti “avrebbero potuto chiarire l’effettiva operatività dell RAGIONE_SOCIALE“) o del tutto generiche (quella secondo cui l’integrazione avrebbe “potuto
fornire al Tribunale informazioni utili per una corretta ricostruzione del fatt oggetto d’imputazione”).
Il quarto motivo di impugnazione, particolarmente ampio, in tema di responsabilità, risulta inammissibile; dietro la parvenza di un triplice vizio d motivazione, infatti, la censura tende ad ottenere in questa sede una nuova e differente valutazione del medesimo materiale istruttorio valutato dai Giudici del merito, del quale è offerta una versione alternativa e più favorevole, ritenuta più verosimile. Questa sollecitazione, tuttavia, non è consentita, in quanto la Corte di legittimità è chiamata a verificare la tenuta logica della seni:enza e l’assenza di aporie argomentative, ed in caso di accertamento positivo è tenuta a confermare la pronuncia stessa, anche qualora fosse proposta una lettura degli atti ugualmente od anche maggiormente persuasiva.
7.1. La motivazione resa dalla Corte di appello, peraltro, risulta particolarmente solida, ancorata a rigorosi ed oggettivi esiti istruttori e priva d illogicità manifeste; come tale, dunque, non censurabile (ed in disparte ogni considerazione sulla utilizzabilità della deposizione del maresciallo COGNOME, ripresa anche in questo motivo ma già sopra esaminata). In particolare, è stata ampiamente accertata, tra l’altro: a) l’inoperatività RAGIONE_SOCIALE società che avevano movimentato la merce prima della RAGIONE_SOCIALE del ricorrente (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), peraltro tutte riferibili a COGNOME NOME e figlio, così come l’avente cau finale, la RAGIONE_SOCIALE; b) la breve distanza RAGIONE_SOCIALE varie operazioni, in sé priva d giustificazioni; c) la data della spedizione della merce da parte della RAGIONE_SOCIALE, apparentemente avvenuta 1’11/9/2013, ossia prima ancora che la fornitrice RAGIONE_SOCIALE l’acquistasse dalla RAGIONE_SOCIALE (che aveva emesso fattura di vendita il 13/9/2013). Già il Tribunale, peraltro, aveva evidenziato che, anche a voler ipotizzare che la merce infine ceduta dal COGNOME fosse stata acquistata da RAGIONE_SOCIALE in precedenti occasioni, risultava comunque che RAGIONE_SOCIALE e Teplate – capo e fine RAGIONE_SOCIALE transazioni – non erano affatto operative; d) l’assoluta mancanza di una ragione commerciale all’ulteriore passaggio tramite la COGNOME, se non nell’ottica della contestazione, anche in considerazione dei pregressi rapporti diretti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per oltre 10 milioni di euro; e) l’identità della merce di cui alle varie cessioni, indicata ne fatture sempre con lo stesso oggetto e lo stesso peso; f) la data del pagamento della fattura in contestazione (30/12/2014), successiva di oltre un anno alla sua emissione, con copia del relativo bonifico rinvenuta nel corso della perquisizione di RAGIONE_SOCIALE. La Corte di appello, ancora, ha preso in esame i documenti in atti, compresi quelli di trasporto, ne ha sottolineato gli elementi di sospetto, e di tutt ha fornito una lettura adeguata che, come tale, non può essere contestata in questa sede. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
7.2. In tale contesto, la sentenza ha poi affrontato tutte le doglianze contenute nel gravame, superandole partitamente ancora con una motivazione che non merita censura, perché non manifestamente illogica. In particolare (e richiamando argomenti ripresi anche nel ricorso), è stato ritenuto irrilevante che nessun sodalizio criminoso fosse stato accertato, trattandosi di un dato evidentemente neutro, così come l’assenza di intercettazioni a carico del ricorrente; ancora, quanto alla retrocessione del denaro, la Corte di appello ha sottolineato che, pur in assenza di prova, questa poteva essere avvenuta in contanti o con differenti operazioni, stante il livello di sofisticazione RAGIONE_SOCIALE fr poste in essere da NOME COGNOME, che rendeva quantomeno improbabile che la restituzione della somma versata avvenisse con mezzi di pagamento tracciabili. Non una mera congettura, dunque, ma un argomento privo di evidenti vizi logici.
7.3. La sentenza, pertanto, non merita censura quanto all’affermazione di responsabilità.
Anche il quinto motivo è inammissibile.
8.1. Rispondendo all’analoga censura del gravame, infatti, la Corte di appello ha sottolineato che l’evasione di imposta da parte dell’utilizzatrice della fattura per operazioni inesistenti (la RAGIONE_SOCIALE) non è elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 8, d. Igs. n. 74 del 2000, per la cui c:onfigurazione è necessario soltanto che l’emittente si proponga il fine di consentire a terzi l’evasione, non anche che questi realizzino effettivamente il proposito illecito. Nel caso di specie – ha evidenziato la sentenza – il ricorrente aveva venduto merce mai acquistata, precostituendosi un costo deducibile ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e, soprattutto, detraibile a fini IVA, peraltro assicurando analoghi effetti anche alle danti causa RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, oltre a creare un costo fittizio a RAGIONE_SOCIALE, da questa potenzialmente utilizzabile. E’ risultato ampiamente provato, dunque, il dolo specifico richiesto dall’art. 8 in esame.
8.1. Sotto altro profilo, poi, non può essere riscontrata la contraddizione censurata nel ricorso, secondo cui la RAGIONE_SOCIALE, se effettivamente non operativa, non avrebbe dovuto neppure avere ricavi, né, quindi, IVA da compensare con fatture per operazioni inesistenti: questa affermazione, infatti, presuppone un accertamento di merito (l’effettiva assenza di ricavi) che il Collegio non può compiere, e che, peraltro, il ricorso non specifica essere stato sollecitato al Giudice della cognizione.
L’impugnazione, infine, risulta inammissibile anche sull’ultima censura, che contesta il mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche. Premesso il carattere del motivo, ancora legato a considerazioni di merito, si osserva che la Corte di appello si è adeguatamente misurata sul punto, evidenziando, per un verso, l’irrilevanza dell’incensuratezza, e, per altro verso,
l’assenza di elementi positivi sui quali fondare un differente giudizio; quanto, poi, al comportamento processuale, la sentenza ha sottolineato che il COGNOME si era limitato a sottoporsi all’esame, nel corso del quale – legittimamente – aveva solo rivendicato la regolarità del rapporto commerciale sotteso alla fattura contestata.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2024
Il Cdís : 1 1 gliere estensore