Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14633 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14633 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA DI COGNOME NOME nato a SAN FELE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso di NOME COGNOME e per l’annullamento senza rinvio nei confronti di NOME COGNOME;
udito il difensore di NOME COGNOME, AW. NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
I
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RITENUTO IN FATTO
1.1 sigg.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con separati atti, per l’annullamento della sentenza del 29 novembre 2022 della Corte di appello di COGNOME che, per quanto di interesse, in parziale riforma della sentenza del 5 apri 2018 del Tribunale di Catania, pronunciata all’esito di giudizio ordinario e da lo impugnata: a) ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui al capo F della rubrica, limitatamente al condotte relative al periodo di imposta 2011, perché estinto per prescrizione ha rideterminato la pena nei suoi confronti nella misura di un anno e sei mesi d reclusione; b) ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui al capo H della rubrica, limitatamente alle condotte relative al periodo di imposta 2011, perché estinto per prescrizione ha rideterminato la pena nei suoi confronti nella misura di un anno e sei mesi d reclusione; c) ha confermato nel resto la condanna di entrambi gli imputati per i medesimi reati in relazione all’anno di imposta 2012.
2.NOME COGNOME articola due motivi.
2.1.Con il primo deduce la contraddittorietà e la illogicità della motivazione della sentenza impugnata che, afferma, nel ribadire che non era stata effettuata alcuna attività di volantinaggio, spedizione e affrancatura da parte delle ditte c avevano emesso le fatture, ha recepito acriticamente la sentenza di primo grado senza tener conto delle osservazioni difensive che avevano stigmatizzato la natura apodittica di tale conclusione rassegnata in assenza di accertamenti di polizia giudiziaria.
Invertendo l’onere della prova, prosegue, la Corte di appello ha assegnato all’imputato il compito di dimostrare che le prestazioni fatturate alla propr società erano state effettivamente erogate, oltretutto ignorando, senza fornir alcuna spiegazione sul punto, che la società «RAGIONE_SOCIALE» aveva emesso bonifici e assegni a favore delle imprese emittenti le fatture per l’importo di eu 152.256,60. La Corte di appello non solo è semplicemente silente sul punto ma ha desunto l’inesistenza delle prestazioni dalla mancata conservazione degli scontrini relativi al costo della carta e delle buste e dalla difficoltà di ric quanti volantini pubblicitari fossero stati distribuiti.
Lamenta, inoltre, che la condanna si fonda sul fatto che le imprese emittenti le fatture non avevano versato i tributi.
Altro aspetto di contraddittorietà e illogicità della motivazione sta nel fa che la Corte di appello ha ammesso come documento il decreto ingiuntivo emesso su richiesta dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti della «RAGIONE_SOCIALE
v
RAGIONE_SOCIALE» per ottenere il pagamento di quanto dovuto. Ebbene, afferma il ricorrente, l’RAGIONE_SOCIALE del COGNOME risulta tra quelle che, in tesi accusatoria, avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti.
Sicché, per un verso i pagamenti documentati da assegni, bonifici o altri titoli, dimostrano che la «RAGIONE_SOCIALE» pagava per il servizio ricevuto dalle imprese alle quali si era rivolta, per altro verso almeno una delle imprese indicate al capo I come emittenti le fatture per prestazioni inesistenti aveva fatto ricorso al tribunale per ottenerne il pagamento. Tutto ciò, conclude, è inconciliabile con il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000.
2.2.Con il secondo motivo deduce la mancanza di motivazione relativamente al trattamento sanzionatorio.
3.NOME COGNOME propone un unico, articolato motivo con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nonché la violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Lamenta, per primo profilo, la mancanza di precisione ed univocità degli indizi indicati dalla Corte di appello a sostegno della propria decisione (come, tra gli altri, l’inadempimento di «RAGIONE_SOCIALE» nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE»), per un secondo profilo, l’insussistenza di alcuni di essi (il preteso ruolo del ricorrente di amministratore di fatto della «RAGIONE_SOCIALE», ruolo escluso dal Tribunale). A tale malgoverno degli indizi accusatori si accompagna la completa e immotivata svalutazione degli elementi di segno opposto richiamati nell’atto di appello.
In particolare, a sostegno del mancato rispetto dei criteri di valutazione di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., deduce quanto segue:
(i) le fatture traggono origine da un rapporto contrattuale preesistente documentato ma del tutto ignorato dalla Corte di appello;
(ii) l’attività di “marketing e ricerche di mercato” indicata nelle fatture emesse da «RAGIONE_SOCIALE» ben avrebbe potuto essere svolta da una sola persona, così da non risultare incompatibile con la struttura minimale della società emittente, non richiedendo essa una organizzazione aziendale significativa né dell’ausilio di ulteriori dipendenti (come pure era stato dedotto in appello);
(iii) ne consegue che l’assenza di dipendenti di «RAGIONE_SOCIALE» è indizio privo dei requisiti della gravità e precisione;
(iv) quanto al mancato recupero del credito maturato da «RAGIONE_SOCIALE» nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE» e alla assenza di iniziative al riguardo, è
stata trascurata la circostanza che la società debitrice era amministrata NOME COGNOME, moglie del ricorrente;
(v) l’esistenza del debito non è indice univoco della inesistenza dell prestazioni fatturate da «RAGIONE_SOCIALE» ben potendo dipendere, secondo condivise massime di esperienza, da una contingente carenza di liquidità;
(vi) tale carenza di liquidità avrebbe potuto essere (ed era) dimostrata dal decreto ingiuntivo emesso nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE» su richiesta dell RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, ma tale documento non è stato acquisito dal Tribunale né dalla Corte di appello, nonostante lo specifico gravame sul punto;
(vii) ne consegue che anche il mancato pagamento delle fatture non ha alcuna valenza indiziaria;
(viii) peraltro, le fatture emesse nell’anno 2012 sono state saldate per un importo pari quasi all’80 per cento e i Giudici di merito non hanno nemmeno ipotizzato una retrocessione del denaro;
(ix) il Tribunale aveva escluso che il ricorrente fosse l’amministratore di fatt della «RAGIONE_SOCIALE», legalmente rappresentata dalla moglie, e per quest lo aveva assolto dai reati di cui ai capi H ed I;
(x) la Corte di appello non poteva pertanto affermare la penale responsabilità del ricorrente perché “dominus di entrambe le società”.
Le considerazioni che precedono, continua il ricorrente, militano a favore della ragionevolezza del dubbio avuto riguardo alla ambiguità degli elementi indiziari indicati dalla Corte di appello che ha omesso di fornire una spiegazion alternativa del compendio indiziario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito indicate.
2.NOME COGNOME risponde del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2 rubricato al capo H, perché, quale amministratore di diritto della società «RAGIONE_SOCIALE», nelle dichiarazioni annuali della società relative agli an imposta 2010 e 2011, aveva indicato elementi passivi fittizi avvalendosi delle fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti dalle imprese individuali COGNOME NOME e COGNOME NOME e dalla società «RAGIONE_SOCIALE».
2.1.Dello stesso reato rispondeva il COGNOME NOME quale amministratore di fatto.
2.2.NOME COGNOME risponde altresì del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n del 2000, rubricato al capo F, perché, quale legale rappresentante della socie «RAGIONE_SOCIALE», al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui re
e sul valore aggiunto, negli anni 2011 e 2012 aveva emesso nei confronti della società «RAGIONE_SOCIALE» fatture per operazioni inesistenti.
2.3.11 Tribunale aveva condannato il COGNOME per il reato di cui al capo H ed il COGNOME per il reato di cui al capo F, ma aveva assolto quest’ultimo dal reato di cui al capo H per non aver commesso il fatto.
2.4.Nell’illustrare le fonti del proprio convincimento, il Tribunale aveva fatto riferimento al processo verbale di constatazione del 15 maggio 2014 della Guardia di Finanza e alle testimonianze degli ufficiali di polizia giudiziaria dai quali, con riferimento ai fatti di cui al capo F, era emerso che: a) la società «RAGIONE_SOCIALE» aveva annotato in contabilità nove fatture complessivamente emesse dalla «RAGIONE_SOCIALE» nel 2011 (sette) e nel 2012 (due); b) la «RAGIONE_SOCIALE» era legalmente rappresentata da NOME COGNOME, aveva sede principale in Catania e sede secondaria in INDIRIZZO, ove condivideva la sede con la «RAGIONE_SOCIALE»; c) il 28 settembre 2011 «RAGIONE_SOCIALE» e «RAGIONE_SOCIALE» avevano stipulato un contratto di fornitura in virtù del quale la seconda si era impegnata allo svolgimento, in favore della prima, di attività di marketing e di ricerche di mercato; d) le fatture emesse dal 30 settembre 2011 al 26 novembre 2011 erano dell’importo complessivo di euro 93.770,00 (di cui 60.000,00 solo quella del 30 settembre 2011); e) nel 2011 «RAGIONE_SOCIALE» aveva effettuato pagamenti per soli euro 20.000,00 a mezzo assegni bancari; f) in relazione alle fatture emesse nel 2012, dell’importo complessivo di euro 110.500,00, «RAGIONE_SOCIALE» aveva invece effettuato pagamenti per complessivi euro 79.400,00, a mezzo assegni bancari, circolari e bonifici, con un residuo saldo debitorio di euro 99.870,00; g) «RAGIONE_SOCIALE» non aveva redatto il bilancio 2012 e nemmeno le scritture di chiusura dei conti, la sede operativa coincideva con quella di «RAGIONE_SOCIALE», negli anni 2011 e 2012 aveva emesso fatture solo nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE» (fatta eccezione per la vendita di un cespite), il volume di affari indicato nei modelli 2012 e 2013 corrispondeva all’imponibile totale delle fatture emesse nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE», né nel 2011, né nel 2012 erano state annotate spese per compensi agli amministratori o per il personale (eccezion fatta per spese per prestazioni occasionali pari ad euro 875,00, sostenute nel 2011); h) «RAGIONE_SOCIALE» aveva gli stessi soci (NOME COGNOME e NOME COGNOME) e lo stesso amministratore unico (NOME COGNOME, moglie di NOME COGNOME) di «RAGIONE_SOCIALE», COGNOME NOME era stato amministratore di «RAGIONE_SOCIALE» dal 21 settembre 2011 all’il dicembre 2012 e contemporaneamente dipendente di «RAGIONE_SOCIALE»; i) «RAGIONE_SOCIALE» non aveva le potenzialità organizzativo-strumentali per erogare a «RAGIONE_SOCIALE» i servizi fatturati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.5.Con riferimento al capo 1-1, era emerso che: a) «RAGIONE_SOCIALE» aveva annotato in contabilità 47 fatture emesse negli anni 2010-2012 dall’RAGIONE_SOCIALE (si tratta delle fatture indicate al capo A) per servizi di “imbustamento, affrancatura, spedizione” e anche “volantinaggio”; b) per le fatture emesse nel 2010 (pari ad euro 138.219,02) «RAGIONE_SOCIALE» aveva corrisposto, a mezzo assegni bancari o circolari, la somma di euro 10.200,00; c) per le fatture emesse nel 2011 (pari ad euro 141.577,80, cui si aggiungeva il saldo debitorio iniziale di euro 128.019,02) «RAGIONE_SOCIALE» aveva effettuato pagamenti pari ad euro 152.256,50 con saldo debitorio residuo pari ad euro 117.341,02; d) per le fatture emesse nel 2012 (pari ad euro 8.401,27) «RAGIONE_SOCIALE» aveva effettuato pagamenti pari ad euro 20.801,27; e) il COGNOME non aveva intrapreso alcuna azione di recupero nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE», non aveva esibito ai verificatori alcuna documentazione contabile, non aveva presentato le prescritte dichiarazioni fiscali, né aveva mai pagato alcuna imposta, i pagamenti erano stati effettuati da «RAGIONE_SOCIALE» con modalità tali (assegni bancari trasferibili) da consentirne la restituzione al traente; f) dal dicembre 2010 al dicembre 2011 «RAGIONE_SOCIALE» aveva noleggiato una macchina imbustatrice, bene strumentale – annotava il primo Giudice – destinato allo svolgimento dei medesimi servizi fatturati dall’RAGIONE_SOCIALE COGNOME; g) l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era iscritta alla RAGIONE_SOCIALE dal 3 settembre 2010 ed aveva ad oggetto, come attività principale, la attività di installazione e manutenzione di impianti telefonici, laddove come attività secondaria aveva quella di conduzione di campagne pubblicitarie; h) «RAGIONE_SOCIALE» aveva annotato in contabilità 6 fatture emesse negli anni 2011-2012 (una nel 2011, cinque nel 2012) dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (si tratta delle fatture indicate al capo C per servizi di “affrancatura” e, in taluni casi, di “volantinaggio”); i) la fattura n 84 del 19 dicembre 2011, dell’importo di euro 600,00, non era stata pagata; 1) le fatture emesse nel 2012, dell’importo complessivo di euro 3.700,00, erano state tutte pagate; m) l’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE non aveva documentazione contabile, non aveva presentato le dichiarazioni fiscali e non aveva versato i tributi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.6.11 Tribunale aveva altresì evidenziato che i crediti maturati dalle imprese che avevano emesso le fatture non erano mai stati azionati, che le imprese del COGNOME NOME e del COGNOME NOME condividevano la stessa sede, che le fatture per i servizi di volantinaggio emesse da «RAGIONE_SOCIALE» erano generiche e cumulative senza l’indicazione di elementi idonei a comprendere quale fosse il prezzo stabilito per ogni singolo volantino.
3.Nel disattendere i rilievi difensivi, la Corte di appello ha osservato:
3.1.quanto a COGNOME NOMENOME che, a fronte della conducenza degli elementi indiziari indicati dal Tribunale (compreso il fatto che l’imputato era st delegato dalla moglie a rappresentare «RAGIONE_SOCIALE» nel corso dell verifica fiscale), questi non aveva in alcun modo dimostrato di avere svolto attività indicate nelle fatture, non avendo specificato in cosa fossero consistit producendo alcuna prova documentale o testimoniale, tanto più che «RAGIONE_SOCIALE» non aveva dipendenti;
3.2.quanto a NOME COGNOME, che, a fronte della convergenza degli elementi di prova indicati dal Tribunale, nessuna delle imprese che aveva emesso fatture nei confronti di «RAGIONE_SOCIALE» aveva provato di aver effettuato prestazioni oggetto delle fatture emesse nei confronti di quest’ultima.
4.Prima di esaminare i singoli ricorsi, ricorda il Collegio che la logica no oggetto di codificazione, né il suo esercizio può essere oggetto di censu quando il ragionamento, che essa sorregge, non devii macroscopicamente dai canoni della coerenza intrinseca e di quella estrinseca con i dati di fatto utili per la decisione. Nella fase di merito un risultato può dirsi acquisito al di ogni ragionevole dubbio quando le prove oggetto di valutazione siano tali da poter costruire il percorso che conduce dal fatto contestato a quello accerta senza che possano intravedersi, lungo di esso, possibili deviazioni verso approd diversi ed altrettanto ragionevolmente accettabili (Sez. 1, n. 41110 d 24/10/2011, Javaid, Rv. 251507).
4.1.Ne consegue che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu ocu dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilie macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
4.2.La natura manifesta della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce, insomma, un limite al sindacato di legittimità ch impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesim fatto, ancorché altrettanto ragionevoli.
4.3.0ccorre pertanto chiedersi se il ragionamento seguito dai Giudici di merito che, partendo dai fatti noti sopra indicati, sono giunti alla conclusi della oggettiva inesistenza delle prestazioni fatturate alla società «RAGIONE_SOCIALE», segni una frattura logica evidente tra le premesse e le relative conclus
e se vi fosse spazio a ipotesi alternative, a prescindere dal contributo d imputati nella ricostruzione del fatto stesso.
4.4.Secondo l’insegnamento di questa Corte, l’indizio è un fatto certo da quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza consolidate e affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario. È possibile che da un fatto accertat sia logicamente desumibile una sola conseguenza, ma di norma il fatto indiziante è significativo di una pluralità di fatti non noti ed in tal caso può perveni superamento della relativa ambiguità indicativa dei singoli indizi applicando l regola metodologica fissata nell’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen.. Peraltro l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluen verso un’univocità indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto provare, costituisce un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde saggiarne la valenza qualitativa RAGIONE_SOCIALE. Acquisita la valenza indicativa – sia pure di portata possibilistica e non univoc di ciascun indizio deve allora passarsi al momento metodologico successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicat di ciascun elemento probatorio può risolversi, perché nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, di tal che l’insi può assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce u strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando s conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il princip del cosiddetto libero convincimento del giudice (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230).
4.5.In tale processo ricostruttivo il giudice deve confrontarsi con la ( avvalersi della) regola di giudizio secondo cui la penale responsabili dell’imputato può essere affermata solo quando non sussista un ragionevole dubbio del contrario, non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tut congetturale, seppure plausibile (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647 – 04; Sez. 6, n. 10093 del 05/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275290 – 01; Sez. 4, n. 48541 del 19/06/2018, COGNOME, Rv. 274358 – 01; Sez. 4, n. 22257 de 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259204 – 01; Sez. 4, n. 30862 del 17/06/2011, COGNOME, Rv. 250903 – 01).
4.6.Sicché, escluso che il giudice di merito possa limitarsi ad un valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi o procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, e ribadito che deve preliminarmente valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve tratt di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca val dimostrativa (di norma solo possibilistica), egli deve successivamente procedere
ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambigui di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitar risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di là d ragionevole dubbio” e, cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussiste anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ord naturale delle cose e della normale razionalità umana (così, da ultimo, Sez. 1, 20461 del 12/04/2016, COGNOME, Rv. 266941).
4.7.Nel procedimento logico che, valorizzando la univoca convergenza probatoria dei singoli indizi (fatti noti), conduce verso l’informazione accusato da verificare (il fatto ignoto) non può trovare spazio (né essere valutata legittima scelta dell’imputato di tacere; l’assenza di ragionevoli ipo alternative deve trovare giustificazioni esclusivamente nel fatto processualmente accertato, non nel silenzio dell’imputato. Ciò non significa, tuttavia, che la te logica del processo ricostruttivo del fatto (ignoto) oggetto di ricerca possa ess messa in discussione da meri atti di fede, magari riposti nell’insondabi intuizionismo del giudice; il dubbio circa la fondatezza di una possibile lettu alternativa del medesimo quadro indiziario deve essere “ragionevole” e dunque verificabile.
4.8.Con riferimento al delitto di cui all’art. 8, d.lgs. n. 74 del 2000, no dubbio che l’onere di dimostrare tutti i fatti costituitivi del delitto (e anche l’inesistenza oggettiva o soggettiva della prestazione) incomba su pubblico ministero. In tema di fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti, non si può negare un ruolo pressoché decisivo della prova indiziar non potendosi concepire la prova diretta di un fatto che non è mai accaduto. Peraltro, essendo il pubblico ministero onerato della prova della inesistenz dell’operazione, l’imputato è onerato della prova contraria e, dunque, del effettiva esistenza della prestazione erogata.
5.11 ricorso di NOME COGNOME.
5.1.11 primo motivo è generico e manifestamente infondato.
5.2.A fronte dell’ampio compendio indiziario illustrato dal primo Giudice e, quindi dalla Corte di appello, a sostegno della ritenuta inesistenza de prestazioni fatturate alla «RAGIONE_SOCIALE», il ricorrente non deduc travisamento delle prove, né la manifesta illogicità delle relative conclusioni sono pervenuti i Giudici di merito, essendosi limitato a stigmatizzare la mancat valutazione del dato riveniente dal pagamento della somma di euro 152.256,50 senza però spiegare come questo dato si coniughi con tutte le altre evidenze accusatorie in modo tale da essere decisivo ai fini della prova della esiste delle prestazioni. Non solo: non avendo nemmeno contestato la logica del
ragionamento accusatorio (sotto il profilo della univoca convergenza degli elementi indiziari verso la ritenuta inesistenza delle prestazioni), è del infondata, alla luce delle considerazioni che precedono, la doglianza relativa malgoverno dell’onere della prova.
5.3.11 secondo motivo è manifestamente infondato avendo la Corte di appello applicato il minimo della pena e spiegato le ragioni ostative al concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
9.11 ricorso di NOME COGNOME.
9.1.A non diversi rilievi si espone il ricorso del COGNOME.
9.2.11 ricorrente, infatti, seleziona solo alcuni degli elementi indicati in di merito, fornendo degli altri spiegazioni alternative che si fondano su astratto possibilismo.
9.3.0ra, se è vero, per esempio che il ruolo del ricorrente di amministrator di fatto di «RAGIONE_SOCIALE» è stato escluso dal Tribunale, è altrettanto che questi era il marito della legale rappresentante della società, che egli dipendente di «RAGIONE_SOCIALE», che le due società condividevano la medesima sede, che «RAGIONE_SOCIALE» non aveva strutture e personale (e relativi costi) che potessero far fronte all’erogazione delle prestazioni.
9.4.La spiegazione alternativa fornita dal ricorrente (si trattava prestazioni che potevano essere erogate anche da una sola persona; essendo la legale rappresentante di «RAGIONE_SOCIALE» sua moglie non aveva voluto danneggiarla azionando il credito residuo) si basa su mere ipotesi esse illogiche che si pongono in evidente contrasto con le regole che presiedono a rapporti tra società di capitali.
9.5.Sfugge al ricorrente la necessità di una valutazione convergente e unitaria degli elementi indiziari dei quali nemmeno viene dedotto il travisamento.
9.6.Di fronte a tali considerazioni, l’esibizione del contratto, la deduzione pagamento di buona parte delle fatture emesse e la allegazione delle altru iniziative giudiziarie, non regge di fronte alla valenza accusatoria degli indi alla mancata prova della effettuazione delle prestazioni fatturate per impor tutt’altro che irrisori, prova affidata a meri possibilismi che astraggono per dalla descrizione delle attività effettivamente svolte, attività che rest tutt’oggi ignote.
10.Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi (che osta alla rilevazio della prescrizione maturata successivamente alla data della sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 18 l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento dell spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.