Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25457 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25457 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Napoli il 12/03/1958, avverso la sentenza del 25/11/2024, della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 ottobre 2022 il Tribunale di Napoli condannava NOME COGNOME alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000, avendo costui, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, avvalendosi delle fatture per operazioni inesistenti indicate nel capo di incolpazione, indicato nelle dichiarazioni annuali presentate per l’anno di imposta 2013 elementi passivi fittizi, e del reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, per non aver versato entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta mod. 770/2016 le ritenute d’imposta operate sulle retribuzioni e sui compensi per lavoro dipendente, assimilato ed autonomo per l’anno d’imposta 2015, applicando le pene accessorie di legge e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con sentenza del 25/11/2024, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere in relazione al reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, perché estinto per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena in un anno e quattro mesi di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, deducendo erronea applicazione della legge penale e delle norme giuridiche in materia di reati tributari ex art. 606, co. 1, lett. b), cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata ex art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen.
Lamenta il ricorrente che non è stata dichiarata la prescrizione anche del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, il cui termine massimo è pari a dieci anni.
Lamenta, in sintesi, la difesa che la sentenza impugnata ha erroneamente affermato, con riferimento alle date di commissione del predetto reato, che la data del 24/02/2014 fosse errata, dovendosi ritenerla come 29/12/2014, corrispondente al termine di scadenza della presentazione della dichiarazione fiscale, 30/09/2014, prorogato di novanta giorni.
Deduce, al riguardo, che al ricorrente era stato contestato l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nell’anno di imposta 2013 finalizzato ad una duplice evasione di imposta: sui redditi (IRES), per un totale di 120.000,00 euro; sul valore aggiunto (IVA), per un totale di 25.000,00 euro. Con la conseguenza che le date del commesso reato erano state correttamente contestate nel 30/09/2014 per l’IRES (data di invio della dichiarazione e, nel contempo, scadenza del termine
di legge per la presentazione) e nel 24/02/2014 per VIVA (data di invio della dichiarazione con scadenza del termine di legge nel 28/02/2014), senza che possano operare proroghe di 90 giorni sui termini di presentazione, calcolabili solo per ipotesi di reato diverse da quelle contestate, in cui la condotta è omissiva (art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000).
Aggiunge la difesa che l’Ufficio accertatore aveva ritenuto di riclassificare le operazioni da oggettivamente a soggettivamente inesistenti, avendo il funzionario dichiarato in udienza che la merce si era effettivamente spostata e che, quindi, l’operazione era stata ritenuta effettiva, ma non con la società che aveva emesso la fattura attiva. La qualificazione di operazioni soggettivamente inesistenti era stata ritenuta dal giudice di primo grado ed anche dalla Corte territoriale che non aveva mosso alcun rilievo sul punto, per cui la difesa sostiene che il contestato reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 abbia avuto ad oggetto l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, che la data di commissione del reato del 24/02/2014, contestata nel capo di imputazione, sia corretta, coincidendo con essa la data di invio della dichiarazione IVA e che, pertanto, il reato sia da ritenere estinto per intervenuta prescrizione, perché, sommando al termine massimo di dieci anni 182 giorni del totale delle sospensioni intervenute nel corso del procedimento, il termine è spirato alla data del 25/08/2024, in data anteriore alla definizione del giudizio di appello.
E’ pervenuta nota dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale ci si riporta ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ parzialmente fondato il motivo di ricorso relativo alla intervenuta prescrizione del reato, dovendosi ricordare il principio di diritto secondo il quale «è ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818).
Diversamente da quanto sostenuto in ricorso, i giudici di merito hanno affermato che, nelle dichiarazioni fiscali relative all’anno di imposta 2013, l’imputato si era avvalso di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti. La Corte territoriale alle pagine da 14 a 17 della sentenza impugnata ha, innanzitutto, richiamato la sentenza di primo grado, affermando che il Tribunale aveva reputato provata l’inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate
al fine di consentire all’utilizzatore di abbattere il proprio reddito mediante la deduzione di costi fittizi in quanto mancava assolutamente la cessione dei beni descritti nelle fatture, riducendosi l’operazione ad un rapporto meramente cartolare; ed a conferma di ciò era stato anche richiamato l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate emesso nei confronti della società fornitrice dell’impresa legalmente rappresentata dal ricorrente, per l’anno 2013, relativo anche ad altri rapporti commerciali fittizi, nonché l’informativa dell’Agenzia delle Entrate del 28/12/2018, nella quale, pur dando atto della esibizione degli assegni con i quali sarebbero state saldate le forniture di merce di cui alle fatture in imputazione indicate, conclude per una valutazione di fittizietà oggettiva, e non soggettiva. La Corte di merito ha concluso, pertanto, ritenendo dimostrata la fittizietà oggettiva delle operazioni sottese alle fatture utilizzate nelle dichiarazioni fiscali, poichè la semplice esibizione di assegni di importo corrispondente a quanto indicato nelle fatture, in assenza di altri elementi dimostrativi della effettività dei rapporti con l società fornitrice, come bolle di consegna, documenti di trasporto e simili, non era sufficiente a dimostrare che l’imputato avesse realmente acquistato la merce indicata nelle fatture, seppur da soggetto diverso da quello che aveva emesso i documenti contabili.
La motivazione della sentenza ricorsa è sorretta, sul punto, da considerazioni non illogiche e aderenti agli elementi acquisiti in atti, non adeguatamente confutate nel motivo di ricorso, che, indugiando sulle sole dichiarazioni testimoniali rese dal funzionario dell’Agenzia delle Entrate, non ne intacca il percorso argomentativo sorretto da tenuta logica e coerenza strutturale.
2. Ora, al ricorrente è contestato l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti relative all’anno di imposta 2013, sia nella dichiarazione presentata ai fini IVA in data 24/02/2014, sia nella dichiarazione presentata ai fini IRES il 30/09/2014, pertanto con due diverse date di commissione dei reati che, per pacifico orientamento giurisprudenziale, integrando reati di pericolo e di mera condotta, si perfezionano nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari, prescindendo dal verificarsi dell’evento di danno, per cui, ai fini dell’individuazione della data di consumazione dell’illecito, non rileva l’effettività dell’evasione, né, tanto meno, dispiega alcuna influenza l’accertamento della frode (Sez. 3, n. 16459 del 16/12/2016, dep. 2017, Delehaye, Rv. 269652; Sez. 3, n. 25808 del 16/03/2016, COGNOME, Rv. 267659).
Tenuto conto che, nel corso del giudizio, sono intervenuti due periodi di sospensione del corso della prescrizione per rinvio delle udienze dovuto ad adesione del difensore all’astensione dalle udienze per complessivi 248 giorni, l’uno di giorni 110 per effetto del rinvio dal 07/02/2024 al 27/05/2024, l’altro di giorni 138 per effetto del rinvio dal 10/07/2024 al 25/11/2024, il termine di
prescrizione massimo di dieci anni è decorso, per la dichiarazione IVA, il
29/10/2024, in epoca anteriore al 25/11/2024, data della pronuncia della sentenza della Corte di appello di Napoli, mentre, per la dichiarazione IRES, non è ancora
ad oggi decorso e maturerà il 05/06/2025.
Ne consegue che, alla data della pronunzia della sentenza impugnata, resa il 25/11/2024, era già decorso il termine massimo di prescrizione del reato di cui
all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 relativo alla sola dichiarazione IVA, con la conseguente fondatezza dei rilievi sollevati sul punto dal ricorrente.
Tanto comporta la necessità di annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, relativo alla sol
dichiarazione IVA, estinto per prescrizione.
3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nella
dichiarazione IVA perché il reato è estinto per prescrizione, con rinvio ad altra
Sezione della Corte di appello di Napoli per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio quanto alla residua imputazione relativa all’utilizzo di fatture per
operazioni inesistenti nella dichiarazione IRES, imputazione quest’ultima per la quale l’accertamento di responsabilità è invece irrevocabile. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato di cui al capo A) è estinto per prescrizione relativamente alla dichiarazione IVA e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli per il trattamento sanzionatorio. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 21/05/2025.