Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 859 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 859 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MILANO il 28/01/1986
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza del 3 marzo 2023 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della condanna inflitta dal Tribunale di Monza il 3 maggio 2022, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in un anno di reclusione per il reato ex art. 2 d.lgs. n 74 del 2000, per avere utilizzato, nella dichiarazione Iva per l’anno di imposta 2013, elementi passivi fittizi, avvalendo delle fatture per operazioni inesistenti indicate nell’imputazione (in Brugherio il 23 settembre 2014).
Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ex 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., per l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 133, 190 e 495, comma 4, in relazione all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen. 24 e 111 Cost., e si deduce il vizio della motivazione, perché carente ed apparente.
I vizi concernerebbero l’ordinanza emessa all’udienza del 3 maggio 2022 dal Tribunale con cui sarebbe stata revocata, in assenza di contraddittorio e senza motivazione, perché fondata sulla superfluità, la prova per testimoni della difesa, già ammessa all’udienza del 6 ottobre 2021, senza l’applicazione dell’art. 133 cod. proc. pen.
I testimoni sarebbero stati regolarmenl:e citati ma alcuni non erano stati reperiti mentre il teste COGNOME non si sarebbe presentato.
La risposta al motivo di appello, riportata nel ricorso, :sarebbe apparente, contraddittoria ed illogica; i 4 testi escussi sarebbero la metà di quelli ammessi (9) ed avrebbero dovuto essere escussi su circostanze di fatto – le fatture emesse da costoro ed utilizzate – su cui l’istruttoria non sarebbe stata svolta.
L’esame era dirimente per il diritto cIi difesa perché le ditte emittent sarebbero state operative, mentre il dottor COGNOME avrebbe dovuto riferire sul passaggio di consegne nella gestione della contabilità.
La motivazione della Corte territoriale, in cui si sostiene che non si sarebbe verificata alcuna nullità, sarebbe errata e travisata, non iessendo sufficiente l’affermazione relativa alla istruzione sufficiente del processo.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ex 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., per l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 190, 495, comma 4, cod. proc. per., in relazione agli artt. 178, lett. 179 e 604, comma 4, cod. proc. pen., 24 e 111 Cost. per la revoca immotivata dell’esame dell’imputato, ed il vizio della motivazione della sentenza impugnata, perché apparente e carente, che avrebbe rigettato il motivo di appello ritenendo
che la revoca fosse giustificata dall’assenza non giustificata dell’imputato all’udienza.
In realtà, come eccepito all’udienza del 3 maggio 2022 e nell’appello, l’imputato sarebbe stato assente per stato febbrile ed in attesa di sottoporsi al tampone per covid, anche se allo stato la circostanza non risultava documentabile.
La violazione del diritto di difendersi provando si sarebbe sostanziata nell’aver impedito all’imputato di chiarire la propria posizione; non sarebbe stata accolta la richiesta di rinnovazione dell’istruzione ex art. 603 cod. proc. pen. mediante l’esame dell’imputato.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ex 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., per l’inosservanza e l’erronea applicazione degl artt. 190, 191, 24 e 111 Cost. per l’acquisizione illegittima, fuori da contraddittorio, di prove documentali, quindi inutilizzabili, nonché dell’art. 499 comma 5, cod. proc. pen. per l’autorizzazione alla consultazione di atti, concessa al testimone COGNOME non a propria firma, e si deduce che la motivazione sia contraddittoria, illogica e carente.
L’art. 499, comma 5, cod. proc. pen. consentirebbe l’uso di documentazione ad aiuto della memoria, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, solo per atto redatti personalmente dal teste, come eccepito durante l’esame del teste e con i motivi di appello. La notizia di reato dell’Agenzia delle Entrate consultata non sarebbe stata redatta dal teste ma da altri soggetti.
La Corte territoriale non avrebbe risposto al motivo di appello relativo alla illegittima acquisizione, in assenza di contraddittorio, della documentazione specificamente indicata a pag. 10 del ricorso – trasmessa via mail dal teste COGNOME acquisizione avvenuta di ufficio da parte del Tribunale all’udienza del 6 ottobre 2021 e posta a fondamento della responsabilità dell’imputato; si rileva che era stata eccepita in udienza l’illegittimità dell’acquisizione e la violazione degli artt. 190 e 191 cod. proc. pen.
2.4. Con il quarto motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., per l’inosservanza dell’art. 2 d.lgs. n 74 del 2000 per errata applicazione ed individuazione degli elementi costitutivi del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo; per l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 192, 533 e 546 cod. proc. pen. per l’orpesa motivazione s 14 4 in relazione alle prove a discarico e per la mancata applicazionekrincipio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Si deduce il vizio della motivazione della sentenza impugnata, riportata nel ricorso, che sarebbe del tutto carente e contraddittoria sulla colpevolezza dell’imputato; il vizio sarebbe manifesto e risultante dagli atti del procedimento,
in relazione al rigetto dei punti 2.2., 2.3., 4.2 dell’appello ed alle pagine 3-5 de sentenza.
In particolare, la Corte di appello non avrebbe tenuto conto dell’esame della teste COGNOME funzionaria dell’Agenzia delle Entrate, escussa all’esame del 6 ottobre 2021; l’esame del difensore è riportato nelle pagine 13-15 del ricorso.
La condanna sarebbe intervenuta senza valutare tali dichiarazioni favorevoli, in base alla mera circostanza che lo schema di modello delle fatture era lo stesso ma senza rilevare che ciò trovava la sua giustificazione nell’avere le aziende emittenti tutte lo stesso consulente fiscale.
Il vizio concernerebbe anche la parte della motivazione in cui la Corte territoriale ha indicato che le fatture sarebbero state emesse da aziende che operavano in un settore diverso da quello della ditta dell’imputato, in contrasto con la predetta prova testimoniale e la documentazione prodotta dalla difesa: la compatibilità tra fatture ed oggetto sociale risulterebbe dalla visura camerale della RAGIONE_SOCIALE e dal contenuto delle fatture in relazione alle attività svo dalle ditte coinvolte.
Non sarebbe stata valutata la testimonianza del dottor COGNOME (pag. 17 del ricorso) sulla fattura della RAGIONE_SOCIALE
Inoltre, l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate sarebbe intervenuto dopo 6 anni, alla scadenza del termine per la conservazione della documentazione e dopo la cessazione dell’attività, avvenuta nel 2016′
Non sarebbe stata valutata neanche la prova testimoniale costituita dalle dichiarazioni dei familiari del ricorrente, NOME COGNOME e NOME COGNOME escussi all’udienza del 3 maggio 2022, sintetizzate a pag. 17-18 j sulla documentazione in possesso del dottor COGNOME e da quest’ultimo non restituita.
La definizione del rapporto con l’Agenzia delle Entrate mediante l’adesione all’accertamento non può avere, come ritenuto dalla Corte di appello, valenza confessoria.
Mancherebbe, poi, la motivazione in risposta al terzo motivo di appello con cui si chiese l’assoluzione dell’imputato per la mancanza dell’elemento soggettivo, fondata sulla prova per testi della difesa, di fal:to non valutata dal Tribunale e dall Corte di appello, sul totale affidamento del ricorrente al commercialista COGNOME per la gestione fiscale dell’azienda. Mancherebbe la prova che il ricorrente fosse consapevole delle condotte, avendo affidato al commercialista la gestione fiscale dell’azienda; le condotte sarebbero state commesse direttamente dal dottor COGNOME
La richiesta, ammessa dal Tribunale ex art. 507 cod. proc. pen., di acquisire il certificato penale del commercialista non sarebbe stata evasa.
2.5. Con il quinto motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per la motivazione mancante in relazione al trattamento sanzionatorio, con violazione delll’art. 133 cod. pen.
La Corte di appello non avrebbe determinato la pena base su cui ha poi ridotto la pena per la concessione delle circostanze attenuanti generiche; mancherebbe la motivazione in risposta alla richiesta di revoca o riduzione delle pene accessorie inflitte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo, il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili, ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui deducono la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. ed il vizio della motivazione con riferimento ad una questione di diritto, relative alle eccezioni di nullità.
1.1. Secondo Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME Rv. 280027 – 01, non è consentito il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU, poiché la loro inosservanza non è prevista tra i casi di ricorso dall’art. 606 cod. proc. pen. e può soltant costituire fondamento di una questione di legittimità costituzionale.
1.2. Con la sentenza COGNOME, le Sezioni Unite hanno affermato anche il principio per cui «In tema di ricorso per cassazione, i vizi di motivazione indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. ipen. non sono mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto, non solo quando la soluzione adottata dal giudice sia giuridicamente corretta, ma anche nel caso contrario, essendo, in tale ipotesi, necessario dedurre come motivo di ricorso l’intervenuta violazione di legge».
Il primo ed il secondo motivo, con cui si eccepisce la nullità della sentenza per la violazione di legge che sarebbe consistita nella illegittima revoca della prova per testimoni e dell’esame dell’imputato, è inammissibile, poiché la parte è incorsa nella decadenza ex art. 182, commi 2 e 3, cod. proc. pen.
2.1. Dal verbale di udienza risulta che la parte era presente nel momento in cui il Tribunale ha pronunciato l’ordinanza cli revoca delle prove richieste dalla difesa, in relazione ai testi residui ed all’esame dell’imputato.
Va ribadito che la revoca dell’ordinanza ammissiva dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità produc nullità di ordine generale a regime intermedio, integrando una violazione del di della parte di «difendersi provando», stabilito dall’art. 495, comma 2, cod. pen., corrispondente al principio della «parità delle armi» sancito dall’
comma 3, lett. d), della CEDU, al quale si richiama l’art. 111, comma 2, della Costituzione in tema di contraddittorio tra le parti (fattispecie in cui la revoca de testi della difesa e della parte civile era stata implicitamente disposta con l dichiarazione di chiusura dell’istruttoria dibattimentale; Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020; Rv. 279166 – 01).
Ne consegue però (cfr. Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, D M., Rv. 271732 01) che la nullità di ordine generale deve essere immediatamente eccepita dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. peli.
Tale termine è previsto dal comma 3 dell’art. 182 cod. proc. pen. a pena di decadenza, sicché la nullità non può poi più essere dedotta se non eccepita tempestivamente dalla parte presente, perché incorre nella indicata decadenza.
2.2. Dal verbale di udienza del 3 maggio 2022 dopo l’ordinanza di revoca della prova della difesa non risulta essere stata dedotta alcuna eccezione di nullità con conseguente decadenza.
2.3. Va in ogni caso rilevato che anche dal ricorso risulta che 4 testi della difesa non erano reperibili e che l’assenza dell’imputato non era stata documentata, né risulta chiesto un rinvio per procedere all’assunzione delle prove.
Il terzo motivo, con cui si deduce il vizio di violazione di legge in relazion all’aver consentito al teste COGNOME di visionare un atto da lei non redatto manifestamente infondato laddove eccepisce la nullità dell’atto, cioè l’esame in cui tale visione è stata operata, perché le nullità sono tassative e l’art. 499, comma 5, cod. proc. pen. non prevede in caso di violazione alcuna nullità.
3.1. Quanto all’eccezione di inutilizzabilità, il motivo è manifestamente infondato perché contrario al costante orientamento della giurisprudenza, cfr. Sez. 5, n. 22115 del 22/03/2022, COGNOME, Rv. 283438 – 02, per cui il testimone può essere autorizzato a consultare in aiuto alla memoria documenti anche da lui non formalmente redatti, purché abbia partecipato alle operazioni, agli scambi o ai rapporti cui gli stessi si riferiscono, come avvenuto nel caso in esame, secondo quanto riportato nel verbale di udienza allegato dal ricorrente.
3.2. Per altro, la questione è del tutto irrilevante posto che dal verbale prodotto dal ricorrente risulta che la consultazione è avvenuta esclusivamente per verificare il nome delle società emittenti le fatture, cioè un dato documentale che risulta dall’imputazione.
3.3. Manifestamente infondato è il ricorso anche laddove deduce che la Corte di appello non avrebbe risposto al motivo di appello con cui si contestava la decisione di acquisire determinati documenti che il teste COGNOME non aveva in quel momento a sua disposizione trasmessi successivamente a mezzo mail.
Il motivo di appello concerneva la violazione della «procedura ordinaria di formazione della prova, orale, nel contraddittorio della parte, con conseguente pregiudizio della posizione» dell’imputato; l’irritualità della procedura avrebbe comportato una lesione dei diritti di difesa dell’imputato.
Il motivo di appello è inammissibile perché la violazione del diritto al contraddittorio è prospettabile non nella trasmissione della documentazione ma se poi su tali prove non ne fossepd stata consentita la valutazione.
Ai sensi dell’art. 591, comma 4, cod. proc:. pen., l’inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2 dal giudice dell’impugnazione, può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento.
L’eccezione difensiva, come emerge anche dal verbale di udienza, riguarda le modalità di acquisizione, non la lesione del contraddittorio.
Per altro, dall’elenco della documentazione acquisita, riportato nel ricorso, risulta che le prove documentali riguardavano la procedura di accertamento con adesione, in sostanza documenti provenienti anche dall’imputato e certamente a lui noti. È del tutto insussistente la violazione del diritto di difesa.
Il quarto motivo è inammissibile, ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui si deduce, ex 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen. in quanto l’inosservanza di tali norme non è prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza.
4.1. Va, altresì, ricordato il principio espresso da Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli i:Irtt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglia connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità.
4.2. È, altresì, inammissibile il quarto motivo nella parte in cui in cui si deduce, a norma dell’art. 606, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell’art 533 cod. proc. pen. con riferimento al principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, perché la regola di giudizio compendiata nella formula «al di là di ogni ragionevole dubbio» rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108).
4.2. È infondato il quarto motivo, laddove si deduce il vizio della motivazione per la mancata risposta al motivo di appello sulla responsabilità dell’imputato.
4.2.1. Ed invero, deve rilevarsi che la dichiarazione di penale responsabilità si fonda, in base alla lettura complessiva delle due sentenze, al di là dei riferimenti agli elementi di sospetto relativi all’attività del consulente fiscale NOME COGNOME già coinvolto in procedimenti penali per reati tributari, soprattutto sull’assenza d ogni giustificazione documentale relativa alle prestazioni indicate nelle fatture, posto che non ne risultava il pagamento o altri documenti concernenti l’esecuzione delle prestazioni.
Il ricorrente ha fondato la linea difensiva sull’omessa risposta al motivo di appello con cui si segnalava che la teste dell’Agenzia delle Entrate, avrebbe ritenuto l’inesistenza delle prestazioni in base a supposizioni e affermato l’operatività delle ditte emittenti ed ha dedotto sul punto sia il travisamento dell prova per omissione che la mancata risposta al motivo di appello sul punto.
Però, le questioni dedotte, su cui non vi sarebbe stata la valutazione o la risposta, non sono decisive, da un lato perché relative solo ad una parte delle dichiarazioni della teste, dall’altra perché non superano il dato della totale assenza di documentazione che dimostri l’esistenza degli accordi per l’esecuzione delle prestazioni e dei relativi pagamenti.
Quanto al primo profilo, deve rilevarsi che la teste, il cui verbale è allegato a ricorso, ha riferito di accertamenti relativi ai beni in uso alla ditta dell’imputato alla non coincidenza tra tali beni e quelli riportati nella fattura e ad accertament presso le ditte emittenti le fatture che adoperavano il meccanismo del reverse change mentre le fatture emesse riportavano l’Iva; alla registrazione da parte dell’imputato delle fatture solo ai fini dell’Iva e non quale costo.
In sostanza, il travisamento della prova è stato dedotto con l’appello mediante una monca individuazione della prova dichiarativa ed un suo esame parcellizzato, prendendo, cioè, in esame solo una parte delle dichiarazioni che non sono, però, in grado di inficiare e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, che si fonda, in sostanza, sulla mera esistenza del documento fattura senza che siano stati individuati elementi di fatto concreti dell’esecuzione delle prestazioni e dei pagamenti.
4.2.2. Né tale logica è superata dalla mera compatibilità tra le attività svolte dalle ditte emittenti e quella di macelleria, perché resta il dato della presenza puramente cartolare del documento.
4.3. Va, altresì, rilevato che il termine per la conservazione delle scritture contabili e dei documenti giustificativi, quelli sulla cui manc:anza si fondano le sentenze di merito, è di 10 anni, ai sensi dell’art. 2220 cod. civ. e non di 5.
Né è vero che non sarebbe stato possibile fornire la prova documentale delle prestazioni eseguite, posto che la prova dei pagamenti avrebbero dovuto essere fornita documentalnnente, se esistente.
4.4. Non rileva l’omessa valutazione dei testi della difesa, perché la dichiarazione ai fini Iva è stata presentata dall’imputato, in adempimento di un dovere che la legge attribuisce esclusivamente al soggetto obbligato, il quale è consapevole delle attività concretamente svolte dalla sua ditta mentre è delegabile al professionista esclusivamente la predisposizione e l’inoltro telematico dell’atto.
4.5. Infine, il motivo sul valore probatorio dell’accertamento con adesione è fondato ma ciò non elide la ratio della decisione e la sussistenza del reato.
4.5.1. In materia finanziaria la proposta di accertamento per adesione, ai sensi dell’art. 3 del D.L. 30 settembre 1994 n. 564, convertito in legge 30 novembre 1994 n. 656, costituisce una particolare forma di accertamento fiscale finalizzato a consentire la rapida e concordata soluzione di ogni controversia cittadino-contribuente e P.A. finanziaria (Sez. 3, n. 1257 del 17/04/1998, COGNOME, Rv. 211096 – 01).
L’adesione, in sé, all’accertamento, non ha un valore probatorio di confessione, perché può essere anche determinata dalla necessità di concludere la controversia con il fisco e beneficiare della riduzione delle imposte.
4.5.2. La giurisprudenza civilistica ha dato rilievo, invece, alle dichiarazioni rese nella procedura di accertamento con adesione. Si è affermato, in tema di contenzioso tributario, che la dichiarazione contenuta nella domanda di accertamento con adesione del contribuente ha natura di confessione stragiudiziale, che, come tale, è liberamente valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 2735, comma 1, c.c. (Sez. 5, Ordinanza n. 30689 del 21/12/2017, Rv. 646993).
Tali dichiarazioni, nel processo penale, costituiscono elementi di prova liberamente valutabili dal giudice ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen.
Il quinto motivo è infondato.
5.1. Poiché la Corte di appello ha applicato le circostanze attenuanti generiche ed ha inflitto la pena di un anno, deve ritenersi che abbia applicato il minimo della pena previsto per il reato ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 che, nel testo vigente all’epoca di commissione del fatto, era di un anno e sei mesi di reclusione; su tale pena ha poi ridotto, di un terzo, quindi nella massima estensione, la pena base, giungendo alla pena finale di un anno di reclusione.
5.2. Essendo stato applicato il minimo della pena, in primo grado, anche con riferimento alle pene accessorie (cfr. pag. 3 della sentenza del Tribunale) e la massima riduzione per le circostanze attenuanti generiche, il ricorrente non ha nessun interesse a dedurre il vizio della motivazione.
^41:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso il 29/11/2023.