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Fatture inesistenti: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per l’utilizzo di fatture inesistenti. Il ricorso è stato respinto perché basato su una richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha inoltre escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la significativa entità dell’evasione d’imposta, pari a quasi 10.000 euro.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture Inesistenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’utilizzo di fatture inesistenti per abbattere il carico fiscale è un reato grave che mina le fondamenta del sistema tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7589/2024) offre spunti cruciali su questo tema, chiarendo i limiti del ricorso in sede di legittimità e i criteri per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso: L’Evasione Fiscale Contestata

Il caso riguarda un imprenditore, di professione elettricista, condannato nei gradi di merito per aver inserito nella sua dichiarazione fiscale relativa al 2014 una serie di fatture per operazioni inesistenti. L’importo complessivo di tali fatture ammontava a 19.620,00 euro, generando un’evasione d’imposta sui redditi pari a 9.867,00 euro. Le indagini avevano accertato che le fatture contestate non trovavano riscontro nella contabilità delle ditte emittenti, non erano pertinenti all’attività svolta dall’imputato e risultavano pagate con metodi non tracciabili.

I Motivi del Ricorso e le Difese sulle Fatture Inesistenti

L’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Vizio di motivazione sulla sussistenza del fatto: L’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero errato nella valutazione delle prove, contestando la reale inesistenza delle operazioni fatturate.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione: Veniva richiesta l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sostenendo che l’offesa fosse, tutto sommato, di lieve entità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende. La decisione si fonda su argomentazioni nette che ribadiscono principi consolidati della procedura penale.

Le Motivazioni: La Differenza tra Fatto e Diritto

La Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso, evidenziando la loro natura prettamente fattuale. Riguardo al primo motivo, i giudici hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non costituivano una critica a un errore di diritto, ma semplici doglianze in punto di fatto. In altre parole, si chiedeva alla Cassazione una nuova valutazione delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Suprema Corte non può sostituire il proprio giudizio a quello dei gradi inferiori se la motivazione di questi ultimi è logica e giuridicamente corretta, come è stato ritenuto in questo caso.

Anche il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, è stato giudicato infondato. La Cassazione ha confermato la valutazione della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente escluso tale causa di non punibilità. La ragione è chiara: un’evasione fiscale di quasi 10.000 euro non può essere considerata un’offesa di “particolare tenuità”. L’entità del danno economico causato allo Stato è un elemento centrale nella valutazione e, in questo caso, era tale da escludere a priori l’applicazione dell’istituto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce due concetti fondamentali. In primo luogo, il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. È uno strumento destinato a correggere errori di diritto (violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione), non a rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici precedenti. Chi intende ricorrere in Cassazione deve quindi concentrarsi su specifiche critiche giuridiche e non sulla riproposizione delle proprie tesi fattuali.

In secondo luogo, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un salvacondotto per reati con un significativo impatto economico. Nel contesto dei reati tributari, l’importo dell’imposta evasa è un indicatore primario della gravità della condotta. Un’evasione di migliaia di euro, come nel caso di specie, difficilmente potrà essere considerata tenue, precludendo così l’accesso a questo beneficio.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano errori di diritto, ma erano semplici contestazioni sulla valutazione delle prove e sulla ricostruzione dei fatti, attività che non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione.

L’utilizzo di fatture inesistenti può essere considerato un fatto di ‘particolare tenuità’ non punibile?
No, in questo caso la Corte ha stabilito che un’evasione d’imposta di 9.867,00 euro non può essere considerata di ‘particolare tenuità’. L’entità del danno economico per l’Erario è un elemento decisivo che ha impedito l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Quali elementi hanno convinto i giudici che le fatture fossero false?
I giudici hanno basato la loro decisione su una serie di elementi convergenti: le fatture non trovavano riscontro nella contabilità delle società emittenti, non erano pertinenti con l’attività di elettricista svolta dall’imputato, erano state pagate con metodi non tracciabili e non vi era traccia di corrispondenti annotazioni presso le ditte fornitrici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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