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Fatture inesistenti: Cassazione su indeducibilità costi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per frode fiscale. Il caso riguardava l’utilizzo di fatture inesistenti per aumentare fittiziamente i costi aziendali e ottenere finanziamenti pubblici. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: i costi derivanti da fatture soggettivamente inesistenti, cioè relative a operazioni reali ma con intermediari fittizi e prezzi gonfiati (sovrafatturazione), non sono mai deducibili ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture Inesistenti: la Cassazione Conferma l’Indeducibilità Totale dei Costi

L’utilizzo di fatture inesistenti rappresenta una delle più gravi forme di frode fiscale, con pesanti conseguenze penali e tributarie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia: i costi documentati da tali fatture, anche quando l’operazione di base è reale ma i soggetti o i prezzi sono fittizi, non sono mai deducibili. Analizziamo questa importante decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche per imprese e professionisti.

I Fatti del Caso

Un imprenditore, legale rappresentante di una società specializzata nel noleggio di attrezzature edili, è stato condannato in primo e secondo grado per il reato di dichiarazione fraudolenta. Secondo l’accusa, per gli anni d’imposta 2012 e 2013, aveva utilizzato 22 fatture emesse da una società intermediaria per documentare costi fittizi, evadendo così le imposte sui redditi e l’IVA.

Il meccanismo fraudolento era basato sulla sovrafatturazione: l’imprenditore acquistava ponteggi da due fornitori reali, ma faceva emettere le fatture da una società terza che agiva come ‘cartiera’. Questa società applicava un prezzo notevolmente superiore a quello effettivo, permettendo all’imprenditore di registrare in contabilità costi gonfiati. Questo schema non solo ha ridotto l’imponibile fiscale, ma ha anche permesso all’azienda di ottenere un finanziamento a fondo perduto, basato su una spesa falsamente documentata.

I Motivi del Ricorso e le questioni sulle fatture inesistenti

L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Vizio procedurale: La difesa sosteneva la nullità della sentenza d’appello perché l’udienza si era tenuta nonostante l’adesione del difensore a un’astensione nazionale degli avvocati.
2. Omessa pronuncia: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse considerato un motivo specifico relativo alla mancata prova dell’effettivo inserimento delle fatture nelle dichiarazioni dei redditi.
3. Errata valutazione delle prove: Il ricorrente contestava la conclusione dei giudici sull’inesistenza delle operazioni, sostenendo che la società intermediaria fosse operativa e che le transazioni fossero reali.
4. Deducibilità dei costi: In subordine, la difesa argomentava che, anche se le operazioni fossero state ‘soggettivamente’ inesistenti (cioè con un intermediario fittizio), i costi sottostanti erano reali e inerenti all’attività d’impresa, e quindi avrebbero dovuto essere ammessi in deduzione, almeno come ammortamento.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo ogni motivo sollevato dalla difesa con argomentazioni precise.

Inesistenza della Nullità Procedurale

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che l’astensione del difensore non ha alcun effetto quando il processo, come nel caso di specie, si svolge con la modalità della trattazione scritta. In questo rito, non è prevista la presenza fisica delle parti e il contraddittorio è garantito dal deposito di memorie e conclusioni scritte. Pertanto, non vi era alcun obbligo per la Corte d’Appello di rinviare l’udienza.

La Disciplina delle Fatture Inesistenti e la Sovrafatturazione

La Corte ha smontato la tesi difensiva sull’operatività della società intermediaria. I giudici hanno sottolineato che il reato non riguardava l’inesistenza ‘oggettiva’ dell’operazione (i ponteggi erano stati effettivamente acquistati), ma la sua inesistenza qualitativa, data dalla sovrafatturazione. La legge (d.lgs. 74/2000) definisce come fatture inesistenti non solo quelle per operazioni mai avvenute, ma anche quelle che indicano corrispettivi superiori a quelli reali. I giudici di merito avevano ampiamente dimostrato che il valore reale dei beni era pari a circa la metà di quanto fatturato, provando così la natura fraudolenta dell’operazione.

L’Indeducibilità Assoluta dei Costi

Questo è il cuore della sentenza. La Cassazione ha ribadito il suo consolidato orientamento: in tema di utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, i costi relativi non sono mai deducibili. La finalità di evasione che caratterizza tali operazioni rende irrilevante la circostanza che un costo, seppur inferiore, sia stato effettivamente sostenuto. Ammettere la deducibilità, anche parziale, di tali costi vanificherebbe la ratio della norma penale-tributaria.

Lo stesso principio è stato esteso alla richiesta di ammortamento. Il reato di dichiarazione fraudolenta si perfeziona con ogni dichiarazione annuale in cui vengono indicate quote di ammortamento relative a beni acquistati tramite fatture false, poiché anche queste quote costituiscono elementi passivi fittizi.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un baluardo fondamentale nella lotta all’evasione fiscale. La Corte di Cassazione invia un messaggio inequivocabile: qualsiasi tentativo di frodare il fisco attraverso l’uso di fatture inesistenti, sia in senso oggettivo che soggettivo (come la sovrafatturazione), comporta non solo conseguenze penali, ma anche l’impossibilità totale di dedurre i costi associati. Per le imprese, ciò significa che la trasparenza e la correttezza documentale non sono solo un obbligo legale, ma l’unica via per una corretta gestione fiscale, poiché i costi ‘neri’ o falsamente documentati, anche se effettivamente sostenuti, non troveranno mai legittimità di fronte alla legge.

I costi documentati da fatture soggettivamente inesistenti, cioè con un fornitore fittizio ma un’operazione reale, sono deducibili dal reddito d’impresa?
No. La Corte di Cassazione ha confermato il suo orientamento consolidato secondo cui i costi relativi a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non sono mai deducibili, poiché la loro indicazione in dichiarazione configura una finalità di evasione fiscale.

L’adesione di un avvocato a uno sciopero nazionale obbliga il giudice a rinviare un’udienza d’appello che si svolge con rito cartolare (trattazione scritta)?
No. Secondo la sentenza, in un procedimento a trattazione scritta, dove non è richiesta la presenza fisica del difensore, l’adesione all’astensione è irrilevante. Il diritto di difesa è garantito dalla possibilità di depositare conclusioni scritte, rendendo non necessario il rinvio.

È possibile dedurre le quote di ammortamento di un bene strumentale acquistato tramite fatture sovrafatturate?
No. La Corte ha stabilito che anche l’indicazione in dichiarazione delle quote di ammortamento relative a un bene acquistato con fatture inesistenti (in questo caso, gonfiate nel prezzo) integra il reato di dichiarazione fraudolenta. Di conseguenza, anche tali quote sono elementi passivi fittizi e non deducibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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