Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8228 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8228 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 07/04/2023 la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del 16/03/2022 del Tribunale di Milano, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 2 di reclusione in relazione al reato di cui all’articolo 2 d. Igs. 74/2000 riferito alle annualità 2 2104.
Avverso tale sentenza l’imputata ha presentato ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge in riferimento agli articoli 192 e 533 c.p.p., ritenendo che la condanna pf sia fondata su mere presunzioni;
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge in riferimento all’articolo 133 cod. pen. in riferimento alla dosimetria della pena.
3. Il ricorso è inammissibile.
Entrambi i motivi – che possono essere trattati congiuntamente – costituiscono pedissequa reiterazione di doglianze formulate in appello e motivatamente respinte dai giudici di secondo grado; essi, pertanto, difettano di specificità, omettendo di confrontarsi con il contenuto d provvedimento impugnato.
Inoltre, essi sono sviluppati in modo totalmente fattuale, e le censure tendono a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio non consentita in cassazione, soprattutto a fronte di una «doppia conforme» di responsabilità.
La sentenza impugnata, quanto al giudizio di responsabilità, nel richiamare la sentenza di primo grado, spiega che esso si fonda:
sui dati dello “spesometro integrato” compilato dallo stesso contribuente;
sugli esiti degli accertamenti eseguiti sulla società emittente, il RAGIONE_SOCIALE, società che aveva avuto nel tempo solo 3 dipendenti e non aveva mai attivato alcuna utenza presso la sede sociale, e ciononostante risultava aver emesso fatture per importi significativi ne confronti di diversi soggetti, tra cui l’odierna ricorrente;
sulla eccentricità dei servizi acquistati in relazione all’oggetto sociale delle due società;
sulla deposizione dell’operante di polizia giudiziaria;
sulla deposizione del commercialista della società, che ha reperito e consegnato il registro IVA del 2014 (quello del 2013 non è stato reperito), che risulta corrispondente ai dati dello speso metro;
sulla condotta della stessa imputata, che, interpellata in due distinte occasioni, ha omesso di consegnare la documentazione fiscale e contabile richiesta, la cui conservazione costituisce preciso obbligo dell’imprenditore commerciale.
Quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza, nel premettere che l’imputata ha già usufruito dei doppi benefici e delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, ritiene che la pena irrogata dal primo giudice sia congrua alla luce degli import
rilevanti delle fatture inesistenti utilizzate («proporzionata anche solo alla gravità oggettiva n secondaria dell’evasione»).
Con tale motivazione il ricorso non si confronta in modo realmente critico affatto, limitandosi ad una pedissequa reiterazione, peraltro meramente fattuale e rivalutativa, dei motivi di appello, risultando di tal guisa inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.