Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 47622 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 47622 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Gela il 26/04/1959, COGNOME NOMECOGNOME nata a Pietraperzia il 12/06/1965, COGNOME NOME, nato ad Acate il ib8/02/1959, avverso la sentenza del 06/11/2023 della Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostit Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibil dei ricorsi; udito l’avv. NOME COGNOME del foro di Gela, in difesa di NOME COGNOME NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi, chiedend l’annullamento senza rinvio per essere spirato il termine prescrizion successivamente alla sentenza di secondo grado; udito l’avv. NOME COGNOME del foro di Gela, difensore di fiducia di Salv NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 giugno 2023, il Tribunale di Gela condannava NOME COGNOME alla pena di un anno e sette mesi di reclusione e NOME COGNOME alla pena di un anno e nove mesi di reclusione, poiché, qual legali rappresentanti rispettivamente delle ditte RAGIONE_SOCIALE NOME, avevano indicato nelle dichiarazioni fiscali, relative anni di imposta 2011, 2012 e 2013 lo COGNOME, 2013 e 2014 la COGNOME, elementi passivi fittizi utilizzando fatture per operazioni in tutto o in parte inesiste la medesima sentenza il Tribunale di Gela condannava NOME COGNOME alla pena di due anni di reclusione per avere, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE al fine di consentire a varie società, tra cui quelle rappresen da Smecca e Caffo, l’evasione delle imposte sui redditi e sull’IVA, emesso fattu per operazioni in . tutto o in parte inesistenti limitatamente agli anni di impost 2012, 2013 e 2014; il Tribunale, infine, applicava le pene accessorie di legg ordinava la confisca diretta delle somme di denaro sino a concorrenza de profitto dei reati commessi negli anni 2012, 2013 e 2014 e, in subordine, confisca per equivalente di beni mobili registrati ed immobili per un valo corrispondente al profitto medesimo.
Con sentenza del 6 novembre 2023, la Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazio lamentando violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 6 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., nonché omessa valutazione di prove documenti decisivi in relazione a quattro punti della sentenza, articolan quattro motivi.
2.1 Innanzitutto, in relazione al punto dell’elemento oggettivo del fatto, non aver assolto l’imputato per insussistenza del fatto o, in subordine, perch fatto manca od è insufficiente la prova che il fatto sussista ai sensi dell’a cod. proc. pen.
In sintesi, la difesa deduce di aver prodotto fotografie ritraenti i compl da gioco riportanti il marchio “RAGIONE_SOCIALE“, indossati dalla squadra di pallavo femminile RAGIONE_SOCIALE nonché la cartellonistica apposta presso le strutture sportive raffiguranti il predetto logo, tanto al fine di dimostrare l sussistenza delle operazioni di sponsorizzazione effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE negli anni dal 2010 al 2013.
Osserva che la mancanza di data certa in capo alle fotografie non inficia valore probatorio di tali documenti che attestano l’esistenza dell’operazione sponsorizzazione del marchio “RAGIONE_SOCIALE“, non essendo state appositamente create ab origine dai loro autori in via preordinata perché potessero essere idonee a documentare le situazioni in esse rappresentate in una prospettiva utilizzo processuale nel contesto di una sede giudiziaria. Osserva ancora la dif che dalla mancata esibizione di dette fotografie durante lo svolgimento del indagini preliminari non possono inferirsi elementi di prova a cari dell’imputato, dal momento che il dibattimento è il luogo di formazione del prova, nonché sede di piena e legittima articolazione della difesa tecn dell’imputato ed esercizio dell’irrinunciabile diritto all’allegazione documentale difesa contesta, poi, l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui fotografie sarebbero in idonee a giustificare fatturati ammontan complessivamente a due milioni di euro, atteso che il capo di imputazione ne confronti del ricorrente riguarda l’utilizzo di fatture per 14.876,00 euro nel 10.000,00 euro nel 2012, 2.049,18 nel 2013, sicchè l’efficacia probatoria de fotografie prodotte dalla difesa è da intendersi correlata agli importi indic imputazione. Contesta, ancora, la difesa il parametro di giudizio dei giudic merito che hanno espresso un giudizio sulla inadeguatezza della modalità rappresentativa dell’operazione grafica in relazione alle ulteriori affermaz contenute in sentenza circa il fatto che, delle foto prodotte, solo una atte che sui completini era presente il marchio RAGIONE_SOCIALE nonchè circa l raffigurazione di un unico cartellone pubblicitario riportante vari marchi e s taluni tra quelli incriminati.
Deduce la difesa che le cinque fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE erano tutte correttamente numerate in ordin cronologico ed erano state saldate tutte a mezzo di bonifici, mentre le indicaz contenute in fattura (vs. dare a titolo di contributo per la promoz pubblicitaria del vs. marchio aziendale e dei prodotti da esso contraddistinti) difettavano di alcun presupposto normativo, assolvendo alla funzione identificativa del rapporto sottostante tra le parti.
Deduce infine la difesa che la totale assenza di costi sosten dall’associazione RAGIONE_SOCIALE per effettuare le operazioni di sponsorizzazio fatturate non aveva valore indiziante nei confronti del ricorrente, dal momen che le modalità di acquisto del materiale per le sponsorizzazioni costitu attività che ricade pienamente nelle facoltà e nel controllo della RAGIONE_SOCIALE
2.2 In secondo luogo, in relazione al punto della prescrizione del reato di all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 contestato con data di consumazione dal 22/03/20 al 22/10/2013, il ricorrente lamenta la mancata ie sentenza di non dover
procedere per intervenuta prescrizione del reato. Sostiene il ricorrente, in proposito, che il termine prescrizionale è ampiamente decorso o è comunque decorso per gli anni e le condotte più remote.
2.3 In terzo luogo, in relazione al punto della circostanza attenuante di cui all’art. 2-bis d.lgs. n. 74/2000 il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell’applicazione della predetta circostanza attenuante in favore dell’imputato, essendo l’ammontare degli elementi passivi fittizi indicati nella dichiarazione dei redditi del ricorrente inferiore ad euro centomila.
2.4 In quarto luogo, in relazione al punto delle circostanze attenuanti generiche, il ricorrente lamenta la mancata concessione delle stesse, valutata la condizione di sostanziale incensuratezza del ricorrente e le altre ragioni richiamate a sostegno delle invocate attenuanti.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, ha proposto anch’ella ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi.
3.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e difetto di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 192, comma 2, e 187 cod. proc. pen., 2 d.lgs. n. 74/2000.
Osserva la difesa che la sentenza impugnata, nella parte in cui afferma che le somme di denaro erano state effettivamente rimesse dagli sponsor con assegni e bonifici, dunque con passaggi di denaro tracciati, e che a questo trasferimento seguiva l’utilizzo delle somme rimesse con ricariche su carte prepagate o su carte di credito a favore dei dirigenti della stessa società sportiva, risulta contraddittoria internamente, poiché individua le persone destinatarie delle rimesse, ossia i dirigenti della società sportiva, ed assolutamente irragionevole, in quanto ipotizza una loro immediata restituzione con “i moduli di sportello” e di “prelevamento in denaro contante di pari importo”. E questo nonostante i divieti di legge che all’epoca fissavano l’uso del contante e dei titoli al portatore, per contrastare il fenomeno dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, al valore di mille euro, con la conseguenza che l’assunto in questione risulta contrario alla logica ed alle massime di esperienza.
Osserva ancora la difesa che la Corte territoriale aveva travisato gli importi dei fatturati della ditta rappresentata dalla ricorrente per gli anni di imposta 2011, 2012 e 2013, pari rispettivamente a 511 mila euro, 485 mila euro e 470 mila euro, riportandoli in sentenza come 100 mila euro nel 2012 e circa 151 mila euro nel 2013, fatturati che consentivano all’impresa di detrarre per intero la spesa pubblicitaria, in quanto costo d’impresa. Né l’impegno poteva ritenersi
sproporzionato rispetto ad altre realtà sportive, atteso che non tutte le squadre partecipanti alla medesima categoria hanno lo stesso budget di spesa, variando a seconda delle possibilità economiche e delle ambizioni di classifica di ciascuna di esse.
Osserva, infine, la difesa di aver offerto argomentata dimostrazione della esistenza dei contratti di sponsorizzazione, con i relativi bonifici bancari e la documentazione fotografica della avvenuta sponsorizzazione, mentre la Corte di merito aveva condiviso le risultanze meramente induttive degli accertatori, travisando anche la testimonianza del teste di P.NOME COGNOME il quale aveva riferito di non aver svolto attività nei confronti della ricorrente, avend semplicemente verificato che i soldi uscissero dalla Eraclea in contanti, risultanza in grado di disarticolare il ragionamento contenuto nella sentenza impugnata.
3.2 Con il secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 62 bis cod. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen.
Deduce la ricorrente la irragionevolezza della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, in ragione del buon comportamento nel corso del primo giudizio (si era sottoposta ad esame ed aveva partecipato alle udienze di primo grado) e tenuto conto della personalità non connotata da propensione al crimine stante la pregressa incensuratezza, mentre risultava apodittica ed insoddisfacente la motivazione dei giudici di appello totalmente adesiva a quella di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi.
4.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e difetto di motivazione, sia per l’assenza che per illogicità e contraddittorietà, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. d.lgs. n. 74/2000, 1 e 2 I. n. 398/1991, 37 I. n. 342/2000 e 90 I. n. 289/2002.
In sintesi, il ricorrente deduce che la RAGIONE_SOCIALE operava in regime fiscale agevolato ex art. 1 I. n. 398/1991 e, quindi, era esonerata dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili ex art. 2 I. n. 398/1991, essendo solo tenuta ad annotare nella distinta d’incasso o nella dichiarazione d’incasso qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attività commerciali. Conseguentemente, sono stati ritenuti applicabili aspetti normativi (la necessità di rinvenire, a front di ogni operazione di sponsorizzazione e di fatture emesse per tale causale, un corrispondente costo per cartellonistica, spazi televisivi, banner, striscioni pubblicitari) non attinenti alla fattispecie in esame, dal momento che
l’associazione sponsorizzata non si occupa della realizzazione o fissazione cartelli o insegne, né della acquisizione e della vendita di aree pubbl destinate alla pubblicità o di spazi televisivi o giornalistici e, dunque, relativi a tali attività nulla hanno a che vedere con i contratti di sponsorizz sportiva. Sostiene, quindi, il ricorrente che i documenti di spesa non potev essere reperiti per la semplice ragione che non potevano esistere, perché d tutto esulanti dall’attività di un’associazione sportiva e, quindi, dai suoi c o introiti di sponsorizzazione; mentre l’unico elemento fattuale a supporto contratti di sponsorizzazione poteva essere costituito dallo svolgimen dell’attività sportiva e dalla partecipazione alle competizioni uff sponsorizzate. Del resto, la disciplina per la sponsorizzazione delle att sportive delle associazioni dilettantesche prevede un regime anche fiscale favore perché intende incentivare il sostegno all’attività sportiva, con un’ali fiscale forfettaria molto bassa.
4.2 don il secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge penal sostanziale ex art. 606, lettera b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 8 74/2000, e violazione di legge processuale ex art. 606, lettere c) ed e), proc. pen. in relazione agli artí. 192, comma 2, 187, 533 cod. proc. p inesistenza e/o difetto di motivazione, travisamento della prova anche p omissione.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale aveva omesso di considerare positivo riscontro della documentazione inerente i costi, ingenti effettivamente sostenuti dalla RAGIONE_SOCIALE, per le erogazioni agli at contrattualizzati, il loro vitto ed alloggio, le trasferte, il vestiario sport non avendo i militari della Guardia di Finanza cercato, né richiesto documentazione di che trattasi.
Osserva ancora il ricorrente che il dato storico costituito dai prelie contanti effettuati nei giorni seguenti alla ricezione dei bonifici da parte ditte sponsorizzatrici, con conseguenti ricariche su carte prepagate o di cre tutte intestate ed in uso ai dirigenti della Heraclea, risulta logica inconciliabile con la tesi della parziale restituzione ai presunti utilizzato fatture per operazioni inesistenti che costituirebbe l’aspetto essenzi determinante della condotta illecita di cui all’art. 8 (e 2 per la posizion utilizzatori) d.lgs. n. 74/2000.
COGNOME la difesa del ricorrente deduce che la sentenza impugnata, nella pa in cui afferma che le somme di denaro erano state effettivamente rimesse dagl sponsor con assegni e bonifici, dunque con passaggi di denaro tracciati, e che questo trasferimento seguiva l’utilizzo delle somme rimesse con ricariche s carte prepagate o su carte di credito a favore dei dirigenti della stessa s
sportiva, risulta contraddittoria internamente, poiché individua le pers destinatarie delle rimesse, ossia i dirigenti della società sporti assolutamente irragionevole, in quanto ipotizza una loro immediata restituzion con “i moduli di sportello” e di “prelevamento in denaro contante di pa importo”. E questo nonostante i divieti di legge che all’epoca fissavano l’uso contante e dei titoli al portatore, per contrastare il fenomeno dell’utiliz sistema finanziario a scopo di riciclaggio, al valore di mille euro, c conseguenza che l’assunto in questione risulta contrario alla logica ed massime di esperienza.
Né l’impegno poteva ritenersi sproporzionato rispetto ad altre real sportive, atteso che non tutte le squadre partecipanti alla medesima catego hanno lo stesso budget di spesa, variando a seconda delle possibilità economich e delle ambizioni di classifica di ciascuna di esse.
Osserva, infine, la difesa di aver offerto argomentata dimostrazione del esistenza dei contratti di sponsorizzazione, con i relativi bonifici bancar documentazione fotografica della avvenuta sponsorizzazione, mentre la Corte di merito aveva condiviso le risultanze meramente induttive degli accertatori, contrasto con i principi delle norme penali tributarie che escludono la possibi di far ricorso alle presunzioni tributarie semplici che, comportando l’inversi dell’onere della prova, sovvertono alla radice il principio della presunz d’innocenza dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre premettere che, nel caso in esame, ci si trova al cospetto de conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioè ad una c.d. “doppia conforme”. Tale costruzione postula che il vizio motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità sia soltanto quello a presidio del devolutum, discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurat quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 09/01/2018, Rv. 272018).
Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motiva secondo la nuova espressione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. caso di adeguata e logica valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresì ribadirsi che nei casi di doppia conforme,
motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615), che in tali termini deve essere assunto anche nel denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza (Sez. 1, n. 33 22/04/2024, Fall).
Tanto premesso, i motivi del ricorso presentato da NOME COGNOME, d esaminarsi congiuntamente perché connessi, sono manifestamente infondati, tendendo ad ottenere rivalutazioni in fatto non consentite.
I giudici di merito hanno diffusamente argomentato circa la valenza degli elementi indizianti, ricostruendo i fatti penalmente rilevanti in modo logi coerente. In particolare, hanno osservato che la RAGIONE_SOCIALE, negli anni riferimento, è stata indebitamente gestita in regime fiscale agevolato in asse dei presupposti di legge, non essendo stato rispettato il parametro della so del fatturato, ampiamente superiore al limite dei 250.000,00 euro l’anno c dava diritto al regime agevolato. E’ stata, inoltre, messa in evidenza la g lacunosità della documentazione contabile dell’Heraclea Volley, l’elusion dell’obbligo di tracciabilità delle movimentazioni economiche e la mancata presentazione delle dichiarazioni obbligatorie per gli anni 2010-2013, c conseguente evasione totale negli anni d’imposta considerati. Sotto il versa delle società utilizzatrici, i giudici di merito hanno messo in eviden sproporzione tra i redditi d’impresa conseguiti e gli importi corrisposti l’attività di sponsorizzazione ad Heraclea Volley, importi questi ultimi in al casi anche nettamente superiori ai redditi d’impresa. Ancora, i giudici di mer hanno osservato come, a fronte di ben due milioni di euro incassati per attivit sponsorizzazione negli anni 2010-2014, non erano state sostenute spese per l controprestazioni pattuite, posto che non solo non erano state rinvenute fatt passive per acquisto di merci (completini, scarpette, borsoni, cartellonist ecc.), ma neanche l’analisi degli accertamenti bancari e delle movimentazion finanziarie rivelava spese finalizzate in tal senso. Le fatture emesse d Heraclea non erano state annotate in contabilità, alcune di esse non erano st rinvenute presso l’Heraclea Volley, altre avevano numerazione differente nei du esemplari rinvenuti presso emittente e società utilizzatrice, altre ancora, se riportanti stessa data e stesso numero, recavano importi notevolment differenti. L’RAGIONE_SOCIALE, nonostante la intervenuta chiusura della partita al 30/06/2013, aveva continuato a emettere fatture anche dopo tale data. ricorrente aveva prodotto al funzionario accertatore, in sede di verifica conta Corte di Cassazione – copia non ufficiale
delle fatture “nuove di zecca”, tali da apparire come predisposte appositament per la verifica in atto. Quanto alle modalità di pagamento, alcune di e risultavano pagate in contanti, nonostante il regime fiscale agevol dell’associazione non consentisse tale modalità. Inoltre, in ordine alle fa pagate con metodi tracciabili, ai bonifici e agli assegni seguivano preliev denaro contante o ricariche di carte prepagate per importi coincidenti o di po inferiori alle somme incassate. In ordine alle concrete attività di sponsorizzaz effettuate, i giudici di merito osservano che né il ricorrente, né i rapprese delle ditte utilizzatrici le fatture hanno riferito, in termini puntuali e spe cosa fossero consistite le prestazioni eseguite, riferendo genericamente cartelloni pubblicitari, logo sui completini e citazione del marchio da parte d speaker durante le partite, mentre i riscontri documentali forniti (spa fotografie prive di data certa) erano ritenute inidonee a dimostrare l’esis delle operazioni fatturate. Infine, i giudici di merito hanno messo in evidenz rilevante sproporzione con gli importi incassati a titolo di sponsorizzazione altre società dilettantistiche del medesimo girone dell’Heraclea Volley, impo indicati nel dettaglio alla pagina 25 della sentenza di primo grado.
Il ricorrente non si confronta con i consistenti elementi indiziari indicat giudici di merito per dimostrare la non corrispondenza al vero delle prestazio fatturate, insistendo nel rispetto della disciplina del regime fiscale agev utilizzato, senza tuttavia prendere in considerazione l’argomento dei giudici merito dell’assenza dei requisiti legali per poter usufruire di dette agevola fiscali, in ragione del superamento della soglia di fatturato annuale; il rico deduce, ancora, la mancanza di prova del meccanismo restitutorio degli importi riscossi a titolo di sponsorizzazione, senza spiegare le motivazioni dei prel contanti o delle ricariche di carte prepagate che immediatamente seguivano all’accredito delle somme provenienti da assegni o bonifici degli sponsor.
In definitiva, i motivi di ricorso sono costituiti da doglianze in punto di che ripropongono profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi co corretti argomenti giuridici dai giudici di merito, con i quali il ricorso confronta in modo critico e completo, in quanto il Tribunale di Gela e la Corte Appello di Caltanissetta hanno adeguatamente argomentato sugli elementi univocamente dimostrativi della fittizietà delle operazioni sottostanti le fa emesse dalla RAGIONE_SOCIALE ed utilizzate nelle dichiarazioni fiscali delle soc che avevano corrisposto somme a titolo di sponsorizzazione.
Il primo motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME manifestamente infondato.
Richiamati i plurimi e convergenti elementi indiziari indicati al paragrafo 2, la Corte di merito argomenta inoltre come, nonostante la ditta individuale della ricorrente avesse un interesse esclusivamente locale alla promozione della propria attività, gestendo una rivendita di tabacchi sita in Gela, aveva corrisposto a titolo di sponsorizzazioni nel 2012 la somma di 170.000,00 euro oltre iva e, nel 2013, la somma di 100.000,00 euro oltre iva, a fronte di un reddito d’impresa (definito erroneamente fatturato dalla Corte di appello) di 100.000,00 euro circa nel 2012 e di 151.000,00 euro circa nel 2013, come già rilevato dal giudice di primo grado a pagina 18 della sentenza, importi all’evidenza prossimi o addirittura superiori allo stesso reddito d’impresa; non solo, ma la ricorrente aveva peraltro ammesso di aver stipulato anche altri contratti di sponsorizzazione con la squadra locale di basket.
La ricorrente insiste sulla mancata dimostrazione del meccanismo restitutorio descritto nella sentenza impugnata e sulla avvenuta dimostrazione della esistenza dei contratti di sponsorizzazione, con i relativi bonifici bancari e la documentazione fotografica dell’attività di sponsorizzazione. Come ampiamente riportato al precedente paragrafo, il motivo di ricorso è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati dai giudici di merito, senza un adeguato confronto critico e tendente inammissibilmente a sollecitare una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove.
4.1 E’ parimenti manifestamente infondata la prima doglianza del ricorso presentato da NOME COGNOME.
Il ricorrente sostiene di aver dimostrato, con le fotografie prodotte, l’operazione di sponsorizzazione del marchio e di aver utilizzato fatture, tutte correttamente numerate in ordine cronologico, per importi corrisposti a mezzo di bonifici che giustificano l’attività di sponsorizzazione, mentre il fatturato complessivo di RAGIONE_SOCIALE non poteva costituire argomento di prova nei confronti del ricorrente, che aveva utilizzato fatture per importi contenuti.
Richiamati anche qui i plurimi e convergenti elementi indiziari indicati al paragrafo 2, i giudici di merito, con motivazione non illogica, hanno osservato come la documentazione fotografica fornita (raffigurante un unico cartellone pubblicitario riportante un’infinità di marchi e qualche completino) non fosse idonea a dimostrare l’esistenza delle operazioni fatturate, in ragione della totale assenza di riferimenti temporali e di ogni specificazione circa l’entità, il numero e la frequenza degli asseriti acquisti per finalità pubblicitarie, mentre la doglianza è articolata con argomenti in punto di fatto tendenti a sollecitare una differente comparazione dei significati probatori da attribuire agli elementi probatori acquisiti in atti.
4.2 E’ manifestamente infondata la seconda doglianza del ricorso dello COGNOME.
La Corte di merito ha spiegato, in proposito, che il termine massimo di prescrizione del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è decennale e che vi erano stati differimenti del processo, con sospensioni del termine di prescrizione per complessivi 347 giorni, cosicchè, rispetto alle condotte di reato contestate all’imputato nelle date del 31/12/2012, 31/12/2013 e 31/12/2014, per nessuna di tali condotte era maturato il termine di prescrizione alla data del 06/11/2023 in cui la Corte di appello ha pronunciato la sentenza di secondo grado. Per la condotta più antica, commessa il 31/12/2012, considerati 347 giorni di sospensione, il termine di prescrizione sarebbe maturato il 13/12/2023, quindi successivamente alla pronuncia della sentenza della Corte territoriale.
4.3 E’ manifestamente infondata la terza doglianza del ricorso presentato da NOME COGNOME.
La fattispecie attenuata di cui all’art. 2, comma 2-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, entrata in vigore il 24/12/2019, quindi in epoca successiva alla commissione delle condotte contestate in imputazione, prevede un trattamento sanzionatorio (da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione) identico a quello previsto dalla norma di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 vigente al momento della commissione dei fatti. Ne consegue che il trattamento sanzionatorio previsto dalla circostanza attenuante di cui si invoca il riconoscimento, nel confronto con la normativa precedente, non rappresenta il regime di maggior favore per il ricorrente, posto che, come anticipato, la fattispecie attenuata di cui all’art. 2, comma 2-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 prevede un ambito edittale indipendente dalla fattispecie base non attenuata e identico alla fattispecie di reato vigente all’epoca dei fatti (da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione), mentre la fattispecie di reato base non attenuata di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 è oggi punita con pena più severa (da quattro a otto anni di reclusione) rispetto a quella vigente all’epoca dei fatti (conseguirebbe, dunque, per il ricorrente un regime prescrizionale evidentemente più sfavorevole rispetto al precedente, nell’ipotesi in cui i fatti dovessero essere qualificati ai sensi dell’attuale art. 2, comma 2-bis, d.lgs. n. 74/2000).
Sono infine manifestamente infondati la quarta doglianza del ricorso presentato da NOME COGNOME e il secondo motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME censure entrambe con le quali i ricorrenti si dolgono del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di appello non ha ritenuto gli imputati meritevoli del riconosciment delle circostanze attenuanti generiche, stante l’assenza di elementi positiv carattere oggettivo o soggettivo, favorevolmente apprezzabili in loro favore idonei a mitigarne il trattamento sanzionatorio.
La Corte di legittimità è ferma nel ritenere (v. ex multis Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME) che il riconoscimento delle circostanze attenua generiche non costituisca un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza elementi negativi, ma richieda elementi di segno positivo (Sez. 4, n. 32872 d 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489; Sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., al giudice di merito non è richiesto di esprimere u valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficient l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi concessione delle attenbanti (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv 279549; Sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; Sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizi essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente l valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (Sez. 5, n. 439 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; ancora Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv 242419, la cui massima è stata così redatta: «la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato»). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale motivazione, congrua e logica, non è in contrasto con gli insegnamenti di legittimità affermati in proposito, non potendo ritenersi elementi positivi, ricorrenti, né la condizione di incensuratezza, stante la previsione di cui a 62-bis, comma 3, cod. pen., né il corretto comportamento processuale genericamente dedotto.
In presenza di un apparato argomentativo non irrazionale, non vi è dunque spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive, che sollecitano differe apprezzamenti di merito che non possono trovare ingresso in sede di legittimità.
In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianz formulate, i ricorsi proposti devono essere dichiarati inammissibili, conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pe sostenere le spese del procedimento.
L’inammissibilità dei ricorsi preclude la possibilità di rilevare la prescri dei reati maturata in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di secon grado.
Tenuto conto, inoltre, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi si stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando l facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare olt massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso inammissibilità dei . ricorsi, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29/10/2024