Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29545 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29545 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani, nei confronti di NOME COGNOME NOMECOGNOME nato a Ruvo di Puglia il 04/03/1959, avverso l’ordinanza del 25/11/2024 del Tribunale di Trani; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; udito l’avv. NOME COGNOME del foro di Bari, anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME del foro di Trani, difensori di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 novembre 2024, il Tribunale di Trani ha accolto la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani del 16 ottobre 2024 con il quale Ł stato disposto il sequestro preventivo fino alla concorrenza della somma di euro 147.537,00 rinvenibile nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE e, se non possibile o fino alla concorrenza della somma, del sequestro per equivalente su somme di denaro, sul patrimonio immobiliare o di partecipazioni sociali nella disponibilità di NOME COGNOME COGNOME in relazione ai reati di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, per aver NOME NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, indicato nelle dichiarazioni relative agli anni di imposta 2016 e 2017 elementi passivi fittizi. Il Tribunale di Trani ha disposto, per l’effetto, il dissequestro delle somme sottoposte a vincolo reale.
L’accoglimento parziale riguardava le somme imputate a titolo di evasione IRES per erronea individuazione della base di calcolo della predetta imposta, con conseguente riduzione della confisca fino all’ammontare di euro 18.072,78 in relazione al reato di cui al capo 27, di euro 35.901,80 in relazione al reato di cui al capo 32, di euro 102.155,02 in relazione al reato di cui al capo 33, di euro 902,00 in relazione al reato di cui al capo 48.
Avverso l’indicata ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani propone ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge ed erronea applicazione, nonchØ
mancanza della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000.
Lamenta il Procuratore ricorrente che la motivazione della ordinanza impugnata Ł illogica e contraddittoria nella parte in cui sostiene che l’indagato non avesse avuto consapevolezza di chi avesse erogato la prestazione, avendo ricevuto la merce da un autotrasportatore, nonchØ nella parte in cui sostiene che un imprenditore paghi oltre 700.000,00 euro ad un soggetto di cui non conosce le generalità per società che gli rimangono ignote, avendo l’indagato COGNOME dichiarato di aver trattato gli acquisti di merce con un certo ‘NOME‘ di cui nulla sapeva e di aver pagato, di fatto alla cieca, ad una società di cui non aveva dati di fatture emesse da due anni.
Aggiunge il ricorrente che le società emittenti le fatture non disponevano di un luogo di esercizio e di una sede legale; il loro rappresentante legale era risultato irreperibile; il depositario delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE si era interfacciato con il legale rappresentante sino al novembre 2015, mentre la RAGIONE_SOCIALE non disponeva di un depositario delle scritture contabili; la RAGIONE_SOCIALE aveva presentato una sola dichiarazione IVA relativamente all’anno 2015, per poi risultare nelle altre annualità evasore totale, mentre dallo spesometro emergeva di aver acquistato merce solo nel 2015, mentre nel 2017 non risultava nessun acquisto e nessuna vendita di merce; la RAGIONE_SOCIALE aveva presentato dichiarazione IVA solo con riferimento all’anno di imposta 2016, con alcuni dati mancanti relativamente alle operazioni passive, e non risultava aver affittato nessun locale aziendale per l’esercizio dell’attività commerciale. Aggiunge ancora il Procuratore ricorrente che sui documenti di trasporto della merce non era mai stata indicata la causale del trasporto, la data e l’ora del ritiro e la data e l’ora di consegna della merce; solo su alcuni documenti di trasporto era stato indicato il vettore; in due casi mancavano i documenti di trasporto; le fatture non richiamavano i documenti di trasporto emessi.
Conclude, pertanto, il ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE erano da considerare società cartiere, per cui la merce indicata nelle fatture di cui al capo di incolpazione provvisorio era stata acquistata da soggetto diverso rispetto a quello che aveva poi emesso le fatture di vendita.
3. E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME, difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale si lamenta l’inammissibilità del ricorso, con il quale non si censura alcuna violazione di legge, ma si contesta la contraddittorietà e la illogicità della motivazione addotta dal Tribunale di Trani per non aver valutato alcune circostanze di fatto. Si chiede, in ogni caso, il rigetto del ricorso, avendo l’ordinanza impugnata ineccepibilmente motivato sotto il profilo della insussistenza del fumus commissi delicti, poichØ l’indagato assistito si era avvalso di un intermediario commerciale, che aveva individuato le aziende produttrici, mentre i pagamenti da parte della società facente capo all’indagato COGNOME erano avvenuti solo dopo la consegna della merce da parte di autotrasportatore autorizzato, solo dopo aver verificato la conformità della merce all’ordine ed acquisito le visure camerali delle società fornitrici. Di qui la totale insussistenza, in capo all’Ulloa, del dolo della frode, da intendersi quale consapevolezza che colui che utilizza il documento in una dichiarazione Ł soggetto diverso da chi ha realmente reso la prestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
In via preliminare deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi
inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'” iter ” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, NOME, Rv. 254893).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Sempre in premessa Ł necessario rammentare che alla Corte di cassazione Ł preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione, mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, COGNOME, Rv. 250362; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Resta, dunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Nel caso in esame il pubblico ministero ricorrente, pur deducendo violazioni di legge penale, in particolare la violazione degli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, censura, in realtà, l’accertamento dei fatti compiuto dal Tribunale e il percorso logico seguito per addivenire alle conclusioni non condivise dal pubblico ministero ricorrente, così proponendo una censura non consentita nel giudizio di legittimità, giacchØ si duole di vizi della motivazione, cioŁ del percorso logico seguito dal Tribunale, che non Ł mancante, nØ apparente.
Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che la società utilizzatrice delle fatture, legalmente rappresentata dall’indagato, avesse dimostrato, oltre ad aver acquistato la merce tramite intermediario e ad averla ricevuta mediante autotrasportatore (società RAGIONE_SOCIALE), di aver accertato l’effettiva esistenza delle società fornitrici, attraverso la previa acquisizione delle visure camerali, sopportando i costi dell’acquisto della merce, corrispondendone anche l’IVA, risultante in contabilità, senza che le irregolarità formali dei documenti di trasporto potessero radicare, nella società utilizzatrice delle fatture, la consapevolezza della non coincidenza con le ditte emittenti le fatture del fornitore effettivo della merce acquistata.
Si tratta di motivazione non apparente, fondata su una ricostruzione dei rapporti tra i soggetti coinvolti non manifestamente illogica, che il ricorrente censura sul piano della correttezza della ricostruzione di detti rapporti economici, in particolare circa la consapevolezza, in capo all’indagato quale legale rappresentante della società utilizzatrice le fatture, di aver ricevuto le prestazioni da soggetto diverso dal formale emittente le fatture, criticando quella compiuta dal Tribunale e ribadendo la fondatezza di quella posta a fondamento della ipotesi d’accusa (secondo cui le società emittenti le fatture erano da ritenersi ‘cartiere’, non disponendo di un luogo di esercizio e di una sede legale, essendo risultato irreperibile il loro rappresentante legale, essendo sprovviste di un depositario delle scritture contabili, quantomeno a partire dal novembre 2015 per la RAGIONE_SOCIALE nŁ avendo regolarmente presentato le dichiarazioni IVA negli anni di interesse), cosicchØ la
doglianza risulta inammissibile, appuntandosi nei confronti della struttura argomentativa del provvedimento impugnato (che non può dirsi apparente, essendo state indicate le ragioni che hanno indotto il Tribunale ad affermare l’intervenuta dimostrazione dell’insussistenza di elementi da cui ragionevolmente desumere la condotta fraudolenta posta in essere dalle società emittenti le fatture, poi utilizzate in dichiarazione dalla società legalmente rappresentata dall’indagato), allo scopo di ribadire la correttezza della prospettata ricostruzione della vicenda sul piano degliaccadimenti storici, non censurabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità.
In conclusione, il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile, essendo affidato a censure non consentite nel giudizio di legittimità.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così Ł deciso, 22/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME