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Fatture false: quando scatta il sequestro preventivo?

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di sequestro preventivo per fatture false a carico di una società. La decisione si basa sulla presenza del ‘fumus commisi delicti’, desunto dall’uso sistematico di società ‘cartiere’, e del ‘periculum in mora’, legato al rischio di dispersione del profitto illecito. Il ricorso dell’imprenditore è stato rigettato, stabilendo che la diligenza ordinaria impone un controllo sull’effettiva operatività dei partner commerciali per evitare di incorrere in frodi fiscali.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo per fatture false: la Cassazione fa il punto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6579/2024) ha ribadito i principi fondamentali che legittimano il sequestro preventivo per fatture false, un tema di grande attualità per le imprese. La decisione offre spunti cruciali sulla valutazione del fumus commisi delicti e del periculum in mora, sottolineando la responsabilità dell’imprenditore nel verificare i propri partner commerciali. Questo caso chiarisce come l’utilizzo sistematico di fornitori fittizi possa essere interpretato come un chiaro indizio di dolo, rendendo difficile sostenere la tesi della buona fede.

I Fatti di Causa: La Frode Fiscale Contestata

Il caso ha origine da un’indagine su una società accusata di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti per un importo considerevole. Secondo l’accusa, la società, per abbattere il proprio carico fiscale e evadere l’IVA, si era avvalsa di diverse ‘società cartiere’. Queste entità, prive di una reale struttura operativa, emettevano fatture per forniture di beni che, in realtà, non eseguivano direttamente o che servivano a mascherare un diverso schema commerciale.

Le indagini dell’Agenzia delle Entrate avevano evidenziato come queste società fornitrici fossero del tutto inesistenti dal punto di vista operativo. Di conseguenza, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un sequestro preventivo, diretto o per equivalente, per un valore pari all’IVA evasa, provvedimento poi confermato dal Tribunale del Riesame.

I Motivi del Ricorso: La Difesa dell’Imprenditore

L’imprenditore, legale rappresentante della società, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:

1. Assenza dell’elemento soggettivo (dolo): La difesa sosteneva che le forniture erano state effettivamente ricevute e pagate a prezzo di mercato, e che l’IVA era stata regolarmente versata ai fornitori. Non vi era prova di un accordo fraudolento.
2. Errata valutazione delle prove: Il Tribunale non avrebbe considerato i documenti prodotti (visure camerali, bilanci) che attestavano l’apparente regolarità operativa delle società fornitrici.
3. Mancanza del periculum in mora: La società disponeva di un solido patrimonio, più che sufficiente a garantire il credito erariale, e l’Agenzia delle Entrate aveva già avviato le procedure di recupero del debito.
4. Motivazione apparente: L’ordinanza impugnata era, secondo la difesa, carente di una motivazione concreta sia sul fumus del reato sia sul pericolo che giustificava il sequestro.

Analisi della Cassazione sul sequestro preventivo per fatture false

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, ritenendo la decisione del Tribunale del Riesame immune da vizi. Gli Ermellini hanno chiarito che, in sede di legittimità, il controllo è limitato alla violazione di legge e non può estendersi al merito della valutazione probatoria, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente.

Per quanto riguarda il fumus commisi delicti, la Corte ha sottolineato che l’uso di una ‘pluralità’ di società cartiere è un elemento che conforta l’ipotesi accusatoria. Non si tratta di un episodio isolato, ma di una ‘condotta sistematica’. Secondo i giudici, è difficile credere che una società di determinate dimensioni possa intrattenere rapporti commerciali con più aziende senza svolgere un minimo di accertamento sulla loro effettiva esistenza e affidabilità. La normale diligenza imprenditoriale richiede un controllo che vada oltre la semplice acquisizione di una visura camerale.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su una logica stringente. L’argomento difensivo secondo cui il prezzo era congruo e l’IVA pagata non è stato ritenuto sufficiente a escludere il dolo. La frode, infatti, non risiede nel mancato pagamento del bene, ma nell’indebita detrazione dell’IVA attraverso l’interposizione di soggetti fittizi che, rimanendo insolventi verso l’Erario, interrompono la catena del tributo. La consapevolezza della natura fittizia dei fornitori è stata desunta proprio dalla sistematicità e pluralità dei rapporti intrattenuti con società prive di qualsiasi apparato organizzativo.

Anche sul fronte del periculum in mora, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale. Il pericolo non è escluso dalla solidità patrimoniale dell’indagato. Elementi come la ‘volatilità del denaro’, l’attitudine della società a sottrarsi agli obblighi fiscali e l’elevato ammontare del profitto del reato sono stati considerati sufficienti a giustificare la misura cautelare. Lo scopo del sequestro è infatti quello di evitare la dispersione delle somme in vista di una futura confisca, e il patrimonio aziendale, per quanto capiente, non offre di per sé una garanzia assoluta contro tale rischio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

La sentenza rappresenta un importante monito per gli imprenditori. La scelta dei partner commerciali non può limitarsi a una valutazione superficiale della loro apparenza formale. È necessario un dovere di diligenza e controllo per verificare la reale operatività dei fornitori, specialmente in settori a rischio di frodi carosello. La pronuncia conferma che, in materia di sequestro preventivo per fatture false, la magistratura tende a interpretare l’uso sistematico di società ‘cartiera’ non come una sfortunata coincidenza, ma come un chiaro indice della partecipazione consapevole alla frode. Le imprese devono quindi dotarsi di procedure di controllo interne adeguate per mappare e mitigare questi rischi, poiché la buona fede deve essere provata con elementi concreti che superino la semplice apparenza documentale.

Quando è legittimo il sequestro preventivo per fatture false?
Il sequestro preventivo è legittimo quando sussistono gravi indizi di colpevolezza (fumus commisi delicti) e un concreto pericolo che la libera disponibilità dei beni possa aggravare le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri (periculum in mora). Nel caso di fatture false, l’uso sistematico di società ‘cartiere’ è considerato un forte indizio.

Cosa deve dimostrare l’accusa per giustificare il sequestro in caso di frode fiscale?
L’accusa deve presentare elementi che suggeriscano una partecipazione consapevole dell’imprenditore alla frode. Secondo la sentenza, la pluralità di rapporti con società fittizie, prive di reale struttura operativa, costituisce un elemento sufficiente a far presumere la conoscenza dello schema fraudolento, superando la mera diligenza formale come la sola acquisizione di visure camerali.

Avere un patrimonio solido protegge un’azienda dal sequestro preventivo?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la solidità patrimoniale non esclude di per sé il ‘periculum in mora’. Il rischio che giustifica il sequestro è legato alla specifica attitudine a sottrarsi ai pagamenti fiscali, alla volatilità del denaro (che può essere facilmente disperso) e all’elevato profitto derivante dal reato, elementi che rendono necessaria la misura cautelare per garantire una futura confisca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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