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Fatture false: quando l’utilizzatore è complice

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza di assoluzione per un imprenditore accusato di aver utilizzato fatture false. La Corte ha chiarito che la norma che esclude il concorso di persone tra emittente e utilizzatore (art. 9, D.Lgs. 74/2000) non si applica se l’utilizzatore partecipa attivamente all’intero schema fraudolento, andando oltre il semplice utilizzo dei documenti in dichiarazione. In tal caso, risponde anche a titolo di concorso nel reato di emissione.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture false: non basta usare, chi partecipa al piano è complice

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26092/2025, ha offerto un importante chiarimento sui confini della responsabilità penale in materia di fatture false. La decisione stabilisce che chi non si limita a utilizzare i documenti illeciti, ma partecipa attivamente alla loro creazione, non può beneficiare della speciale causa di non punibilità prevista per il concorso di persone in questo tipo di reati. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

Il caso: utilizzo di fatture false e assoluzione in Appello

Un imprenditore era stato accusato di aver utilizzato, nelle dichiarazioni fiscali di due società a lui riconducibili, delle fatture false emesse da un’altra impresa. Inizialmente condannato in primo grado, era stato poi assolto dalla Corte di Appello. I giudici di secondo grado avevano ritenuto applicabile l’articolo 9 del D.Lgs. n. 74/2000. Questa norma speciale deroga alla regola generale sul concorso di persone (art. 110 c.p.) e stabilisce che chi si avvale di fatture false non è punibile a titolo di concorso nel reato di emissione (commesso da altri), e viceversa.

Secondo la Corte d’Appello, l’imprenditore aveva semplicemente utilizzato le fatture, e quindi la sua condotta rientrava pienamente nella deroga, escludendone la punibilità. Di conseguenza, aveva trasmesso gli atti alla Procura per valutare se procedere contro di lui per il diverso reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.

Il ricorso e la questione del concorso per le fatture false

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ha impugnato la sentenza di assoluzione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. Il punto centrale del ricorso era proprio l’errata applicazione dell’art. 9. Secondo la Procura, questa norma non può essere invocata quando l’utilizzatore delle fatture false compie atti che vanno oltre il mero utilizzo passivo, integrando una vera e propria partecipazione attiva all’ideazione e all’esecuzione del piano fraudolento.

La Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato e fornendo una lettura rigorosa della norma in questione.

La ratio della deroga al concorso di persone

La Suprema Corte ha prima di tutto ricordato la ratio dell’art. 9. La norma mira a evitare una violazione del principio del ne bis in idem (divieto di essere puniti due volte per lo stesso fatto). Dato che l’emissione di una fattura falsa è il presupposto naturale del suo utilizzo, e l’utilizzo è la sua conseguenza logica, punire lo stesso soggetto per entrambi i reati (come autore di uno e concorrente dell’altro) sarebbe come punirlo due volte per la stessa condotta illecita. La norma, quindi, intende separare nettamente le due responsabilità: chi emette risponde del reato di emissione (art. 8), chi utilizza risponde del reato di dichiarazione fraudolenta (art. 2).

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha stabilito che questa separazione netta delle responsabilità viene meno quando la condotta del soggetto non è così chiaramente definita. La deroga dell’art. 9 si applica solo a chi si limita, rispettivamente, a emettere o a utilizzare le fatture. Se, invece, l’utilizzatore fornisce un contributo concreto e consapevole alla fase di emissione, la sua condotta esce dall’ambito della deroga e rientra nella disciplina generale del concorso di persone (art. 110 c.p.).

Nel caso specifico, la sentenza di primo grado aveva accertato che l’imputato non si era affatto limitato a registrare in contabilità le fatture ricevute. Al contrario, egli:

* Aveva preso parte fin dall’inizio agli accordi fraudolenti.
* Aveva fornito ai complici il suo aiuto per individuare le società destinatarie delle fatture.
* Aveva indicato gli importi “giusti” da fatturare.
* Aveva provveduto personalmente al ritiro del denaro che, dopo il pagamento formale delle fatture, gli veniva restituito “in nero”.

Questi comportamenti, secondo la Cassazione, rappresentano un contributo causale significativo alla commissione del reato di emissione, rendendo l’imputato un concorrente a tutti gli effetti. La sua non è stata una mera connivenza, ma una partecipazione attiva e cruciale per la riuscita dell’intero schema illecito.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la deroga prevista per i reati di emissione e utilizzo di fatture false ha un ambito di applicazione limitato. Non costituisce uno “scudo” per chiunque sia coinvolto in operazioni fraudolente. L’utilizzatore che si accorda con l’emittente, che pianifica con lui le modalità dell’operazione, che indica importi e destinatari o che partecipa alla gestione dei flussi di denaro “di ritorno”, non è un mero utilizzatore, ma un co-autore del reato di emissione. Di conseguenza, non potrà invocare l’esclusione della punibilità prevista dall’art. 9 e sarà chiamato a rispondere secondo le regole ordinarie del concorso di persone. Questa decisione funge da monito per tutti gli operatori economici, sottolineando che qualsiasi forma di partecipazione attiva a un sistema fraudolento comporta una piena responsabilità penale.

Chi utilizza fatture false è sempre e solo punibile per il reato di utilizzo?
No. Secondo la sentenza, se l’utilizzatore non si limita a usare le fatture ma partecipa attivamente alla loro creazione (es. accordandosi con l’emittente, indicando gli importi, gestendo i flussi di denaro), risponde anche a titolo di concorso nel reato di emissione, in base alle regole generali dell’art. 110 c.p.

Perché esiste una norma (art. 9 D.Lgs. 74/2000) che esclude la punibilità per concorso tra chi emette e chi utilizza fatture false?
La norma serve a evitare che una persona sia punita due volte per lo stesso fatto sostanziale (violazione del principio di ne bis in idem). Poiché l’emissione e l’utilizzo sono due facce della stessa medaglia, la legge separa le responsabilità: chi emette risponde solo dell’emissione e chi utilizza solo dell’utilizzo, ma solo se le loro condotte restano confinate a tali ruoli.

Cosa significa che la Cassazione ha annullato la sentenza con rinvio?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la decisione della Corte di Appello perché basata su un’errata interpretazione della legge. Il caso non è chiuso, ma viene rimandato a una diversa sezione della stessa Corte di Appello, la quale dovrà emettere una nuova sentenza tenendo conto dei principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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