Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28188 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28188 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 09/04/1970 in GHANA COGNOME NOME nato il 27/04/1964 a CATANIA COGNOME NOME nato il 02/03/1986 in BANGLADESH
avverso la sentenza del 22/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
uditi, per NOME COGNOME gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l ‘ accoglimento del ricorso, nonché, per NOME COGNOME e NOME COGNOME l ‘ avv. NOME COGNOME comparso in sostituzione degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l ‘ accoglimento dei ricorsi;
lette le conclusioni scritte presentate dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali, nell ‘ interesse di NOME COGNOME hanno chiesto l ‘ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 22 ottobre 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Giudice dell ‘ udienza preliminare del Tribunale di Palermo in data 10 marzo 2022 con la quale, all ‘ esito di giudizio abbreviato, era stata disposta la condanna di: NOME COGNOME con le circostanze attenuanti generiche, alla pena, condizionalmente sospesa, di 1 anno e 4 mesi di reclusione per il delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, per avere, in concorso con COGNOME, presidente del c.d.a. della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e con COGNOME, quale direttore di produzione (come lo stesso RAGIONE_SOCIALE) che avallava le operazioni fatturate, utilizzato, nelle dichiarazioni fiscali, alcune fatture per operazioni parzialmente inesistenti emesse dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE e, precisamente, nella dichiarazione IVA -Mod. IVA 2018 prot n. NUMERO_DOCUMENTO relativa all ‘ anno 2017, con un ‘ evasione pari a 231.425,29 euro, nella dichiarazione IRES -Mod. ‘ SC 2018 ‘ , protocollo n. 18103114494811947-000001 relativa all ‘ anno 2017, con un ‘ evasione pari a 108.559,50 euro, nonché nella dichiarazione IVA – Mod. IVA 2019 prot n. 16443141197 -0000001 relativa all ‘ anno 2018, con un ‘ evasione pari a 71.358,22 euro (capo 8); di NOME COGNOME a 2 anni e 8 mesi di reclusione in quanto colpevole, esclusa l ‘ aggravante di cui all ‘ art. 476, secondo comma, cod. pen., dei reati, unificati dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 110, 81, secondo comma e 483 cod. pen. in relazione all ‘ art. 76, d.P.R. n. 445 del 2000, per avere, in concorso con NOME COGNOME quali autori materiali e COGNOME quale mediatore per conto dei soggetti interessati, prodotto almeno 97 false attestazioni di assunzione ex art. 47, d.P.R. n. 445 del 2000, nelle quali certificavano falsamente l ‘ assunzione di soggetti extracomunitari da parte dei rappresentanti legali della RAGIONE_SOCIALE , della RAGIONE_SOCIALE , della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e predisponevano documentazione a corredo altrettanto falsa (buste paga, CUD, modelli UNILAV) affinché tali documenti venissero presentati dai soggetti interessati alla Questura di Palermo – Ufficio Immigrazione, attestando dunque in modo inveritiero a pubblici ufficiali l ‘ esistenza di rapporti lavorativi, costituenti requisito per l ‘ ottenimento del rinnovo e del rilascio di atti pubblici consistenti in permessi di soggiorno (capo 17), degli artt. 110, 81, secondo comma, 56, 48 e 479 cod. pen., perché, in concorso con NOME e COGNOME, producendo della documentazione presso l ‘ Ufficio Immigrazione della Questura di Palermo, compivano atti idonei e univocamente diretti a trarre in inganno pubblici ufficiati circa la sussistenza del requisito della assunzione lavorativa, nonché ad indurli a formare atti pubblici ideologicamente falsi consistenti nel rilascio e rinnovo di permessi di soggiorno attestanti la sussistenza dei presupposti previsti dalla normativa vigente, evento non
verificatosi a causa dei controlli dei pubblici ufficiati dell ‘ Ufficio Immigrazione, che appuravano mediante sopralluoghi e controlli documentali la inesistenza dei rapporti lavorativi e, dunque, rigettavano le relative istanze (capo 18), degli artt. 110, 81, secondo comma, 48 e 479 cod. pen., per avere, in concorso con NOME e COGNOME, prodotto la documentazione di cui al capo precedente, successivamente presentata presso l ‘ Ufficio Immigrazione della Questura di Palermo, traendo in inganno pubblici ufficiali circa l ‘ esistenza del requisito della assunzione lavorativa, inducendoli in tal modo a formare atti pubblici ideologicamente falsi consistenti nel rilascio e rinnovo di permessi di soggiorno attestanti la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla normativa vigente (capo 19), degli artt. 110, 81, secondo comma cod. pen. e 12, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, perché, in concorso con NOME, con le condotte di cui ai capi precedenti, sfruttandone la condizione di illegalità, al fine di trame ingiusto profitto consistente nel pagamento di compensi da parte dei soggetti extracomunitari, favorivano la permanenza nel territorio dello Stato di almeno 97 cittadini extracomunitari (capo 20); nonché di NOME di 1 anno e 8 mesi di reclusione in quanto ritenuto colpevole, con le attenuanti generiche ed esclusa l ‘ aggravante di cui all ‘ art. 476, secondo comma, cod. pen., dei reati di cui agli artt. 110, 81, secondo comma e 483 cod. pen. in relazione all ‘ art. 76, d.P.R. n. 445 del 2000, perché, in concorso tra loro, NOME quale autore materiale, NOME in proprio e quale mediatore per conto dei soggetti extracomunitari interessati, producevano false attestazioni di assunzione ex art. 47, d.P.R. n. 445 del 2000, nelle quali certificavano falsamente l ‘ assunzione dell ‘ NOME e di soggetti bangladesi da parte dei rappresentanti legali della RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE , della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e predisponevano documentazione a corredo altrettanto falsa (buste paga, CUD, modelli UNILAV) affinché tali documenti venissero presentati da NOME e dai soggetti extracomunitari alla Questura di Palermo – Ufficio Immigrazione, attestando dunque in modo inveritiero a pubblici ufficiali l ‘ esistenza di rapporti lavorativi, costituenti requisito per l ‘ ottenimento del rinnovo e del rilascio di atti pubblici consistenti in permessi di soggiorno (capo 27), degli artt. 110, 81, secondo comma, 56, 48 e 479 cod. pen., perché, in concorso con Damiata tra loro, producendo la documentazione di cui al capo precedente, successivamente presentata presso l ‘ Ufficio immigrazione della Questura di Palermo, compivano atti idonei ed univocamente diretti a trarre in inganno pubblici ufficiali circa la sussistenza del requisito della assunzione lavorativa, nonché ad indurii a formare un atto pubblico ideologicamente falso consistente nel rilascio del permesso di soggiorno attestante la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla normativa vigente in favore di NOME COGNOME evento non verificatosi a causa dei controlli dei pubblici ufficiali dell ‘ ufficio Immigrazione, che appuravano mediante
sopralluoghi e controlli documentali la inesistenza dei rapporti lavorativi, che portavano alla adozione del rigetto del permesso di soggiorno, a firma del Questore di Palermo (capo 28), degli artt. 110, 81, secondo comma, 48 e 479 cod. pen., perché, in concorso con NOME, producendo la documentazione di cui al capo 26, successivamente presentata presso l ‘ Ufficio immigrazione della Questura di Palermo, traevano in inganno pubblici ufficiali circa la sussistenza del requisito della assunzione lavorativa, inducendoli in tal modo a formare atti pubblici ideologicamente falsi consistenti in rilasci e rinnovi di permessi di soggiorno attestanti la sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla normativa vigente (capo 29), degli artt. 110, 81, secondo comma, cod. pen. e 12, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, perché, in concorso con NOME, con le condotte di cui ai capi precedenti, sfruttandone la condizione di illegalità, al fine di trame ingiusto profitto consistente nel pagamento di compensi da parte dei soggetti extracomunitari, favorivano la permanenza nel territorio dello Stato di Mirajur COGNOME e NOME COGNOME (capo 30).
1.1. Secondo quanto emerso in tale sede, in occasione di una verifica fiscale che la Guardia di Finanza, Nucleo Polizia Economico Finanziaria di Palermo, aveva avviato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE era emerso che quest ‘ ultima aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE. società amministrata da NOME COGNOME e il cui depositario delle scritture contabili era il ragioniere NOME COGNOME), la quale svolgeva lavori di ricostruzione edili, per lo più in favore di condomini palermitani. La C.T.L. aveva emesso fatture per operazioni inesistenti anche nei confronti della ditta di costruzioni RAGIONE_SOCIALE , di cui era titolare NOME COGNOME, delle quali si era occupato, in prima persona, l ‘ amministratore della C.T.L. , NOME COGNOME, unitamente al ragioniere COGNOME. Era, infatti, emerso che, in realtà, la C.T.L. non disponeva dei mezzi e del personale necessari per compiere le prestazioni fatturate, il cui importo era sproporzionato rispetto ai costi da essa sostenuti; e che i lavori della società erano svolti in piccoli condomini e non presso scuole. A sua volta, la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva emesso fatture nei confronti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE di Bologna, di cui RAGIONE_SOCIALE, dal 2018, era stato direttore di produzione, e che faceva parte di un raggruppamento temporaneo di imprese che si era aggiudicato un appalto Consip per la manutenzione e il decoro delle scuole siciliane (convenzione denominata ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ); appalto le cui regole non avrebbero consentito alla cooperativa di avvalersi, se non rispettando forme rimaste inosservate, dell ‘ attività di RAGIONE_SOCIALE . Tali fatture erano state poi utilizzate dalla cooperativa RAGIONE_SOCIALE nelle dichiarazioni fiscali da essa presentate (IVA e IRES per il 2017 e IVA per il 2018), così integrando il delitto di cui all ‘ art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000. Nel corso dell ‘ indagine fiscale era, inoltre, emerso che vi era una sostanziale corrispondenza tra le
prestazioni fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE. a favore di RAGIONE_SOCIALE e tra quelle fatturate dalla seconda società a favore della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , sicché queste ultime costituivano la ri-fatturazione delle prime. E dal momento che le prime fatture erano relative a operazioni inesistenti, dovevano essere tali anche le seconde, tanto più che anche la RAGIONE_SOCIALE , come la RAGIONE_SOCIALE , non disponeva di personale e di beni strumentali. Dunque, i lavori effettuati nelle scuole erano stati realizzati dal personale della cooperativa RAGIONE_SOCIALE e non da quello delle due imprese citate, sicché le fatture della RAGIONE_SOCIALE vistate da RAGIONE_SOCIALE, della cui falsità egli era consapevole (come emerso dal materiale intercettativo) erano relative a operazioni inesistenti e la loro utilizzazione nelle dichiarazioni fiscali integrava il reato contestato.
1.2. Inoltre, la C.T.L. veniva, altresì, utilizzata, grazie all ‘ azione di NOME COGNOME, per fare figurare fittizie assunzioni lavorative di una serie di soggetti extracomunitari. Nel dettaglio, le comunicazioni di lavoro dipendente venivano sfruttate per ottenere (o tentare di ottenere) dall ‘ Ufficio immigrazione della Questura di Palermo una serie di indebiti permessi di soggiorno per motivi lavorativi, al cui scopo alcuni ‘ intermediari ‘ stranieri (quali COGNOME e NOME) si facevano pagare dagli extracomunitari per rilasciare tutta la documentazione utile a rappresentare alla Pubblica amministrazione l ‘ esistenza di un rapporto di lavoro in realtà inesistente.
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per il tramite del Difensore di fiducia, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo due motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 2, d.lgs. n. 74 del 2000, 40, 41, 43, 110 cod. pen., sia per la mancanza di nesso causale, sia per la carenza dell ‘ elemento soggettivo del reato; nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con violazione degli artt. 125, 546, 605 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale omesso di motivare puntualmente in ordine alle deduzioni difensive nonché sotto il profilo del travisamento della prova, per avere omesso di esaminare una prova documentale essenziale e decisiva.
2.1.A) Con una prima sottoarticolazione del primo motivo, la difesa deduce, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. e ), cod. proc. pen., l ‘ inosservanza degli artt. 125, 546, 605 cod. proc. pen. e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per omesso esame di una prova decisiva e travisamento per omissione di una prova documentale decisiva. Con riferimento alla contestazione di emissione di fatture per prestazioni inesistenti da parte della RAGIONE_SOCIALE nei
confronti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , i Giudici di merito non si sarebbero confrontati con le doglianze difensive riguardanti: il meccanismo di controllo, interno alla cooperativa RAGIONE_SOCIALE , sulla effettività e congruità delle prestazioni effettuate e sulle relative fatturazioni, basato sul c.d. doppio controllo derivante dalle «certificazioni di fine lavori» operate in contraddittorio tra i Dirigenti scolastici e i rappresentanti dell ‘ azienda; le testimonianze che escludevano il coinvolgimento di COGNOME nelle operazioni di fatturazione; le intercettazioni telefoniche dalle quali emergeva che i timori degli interlocutori erano volti soltanto alle irregolarità del subappalto dei lavori e non riguardavano l ‘ inesistenza delle prestazioni lavorative; i documenti dai quali emergeva l ‘ irrazionalità della ricostruzione accusatoria e, comunque, l ‘ estraneità dell ‘ imputato. Ma soprattutto, la sentenza avrebbe omesso di motivare sulla prova decisiva ritualmente dedotta dalla difesa nell ‘ allegato 259 del fascicolo. Invero, dopo l ‘ accesso della Guardia di finanza presso RAGIONE_SOCIALE , la sua Direzione aveva bloccato i pagamenti delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE , che aveva chiesto e ottenuto l ‘ emissione di un decreto ingiuntivo, cui RAGIONE_SOCIALE si era opposta, con conseguente instaurazione di un giudizio civile in cui la RAGIONE_SOCIALE aveva documentato le prestazioni effettuate per RAGIONE_SOCIALE e gli istituti scolastici in cui erano stati eseguiti gli interventi manutentivi (Palermo, Monreale, Misilmeri, Trapani, Alcamo, Enna, Nicosia e Troina), giustificando i prezzi applicati e inducendo RAGIONE_SOCIALE a una transazione con la quale riconosceva l ‘ intera sorte capitale. Ciò dimostrerebbe che le scuole per le quali la RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato lavori su incarico de RAGIONE_SOCIALE erano numerose, sicché illogico era il riferimento della sentenza ad appena quattro scuole di Palermo; e che le fatture vennero pagate per l ‘ intero corrispettivo e per prestazioni realmente effettuate. Proprio il pagamento del corrispettivo delle fatture dimostrerebbe l ‘ esistenza delle prestazioni fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE , come riconosciuto implicitamente dal Pubblico ministero nel formulare l ‘ imputazione del capo 9) della rubrica, da cui emergerebbe che gli imputati COGNOME e COGNOME avrebbero sostituito le fatture per operazioni inesistenti di cui al capo 7) con denaro consistente in bonifici di pagamento effettuati dalla cooperativa RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE , in modo da occultare l ‘ inesistenza delle operazioni fatturate e per reimpiegare le fatture mediante le dichiarazioni fiscali. Significativo sarebbe che, in tale caso, l ‘ autoriciclaggio non riguarderebbe il denaro corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE ma i documenti fiscali e che non verrebbe ipotizzato un concorso di Bulgari in tale ipotesi delittuosa, segno che costui era all ‘ oscuro delle finalità illecite perseguite attraverso il pagamento delle fatture. Così come non verrebbero contestate altre ipotesi legate a un uso illecito del denaro bonificato. Quindi, il denaro è stato realmente destinato alla RAGIONE_SOCIALE che lo avrebbe utilizzato per i propri scopi societari; e la cooperativa RAGIONE_SOCIALE avrebbe pagato regolarmente l ‘ IVA risultante dalle prestazioni fatturate. Ciò renderebbe irragionevole ritenere, come
riconosciuto dal Pubblico ministero nella sua requisitoria scritta, che la condotta fosse finalizzata a ottenere un risparmio fiscale irrisorio per una società di tale importanza, tenuto conto del rischio di esporsi a pesanti conseguenze sul piano penale e, in ogni caso, del pagamento integrale dei corrispettivi delle fatture, tale da vanificare il predetto risparmio fiscale. Dunque, l ‘ inesistenza delle prestazioni fatturate avrebbe dovuto essere verificata con accurati accertamenti analitici e non in maniera presuntiva.
2.1.b) Con una seconda sotto-articolazione del primo motivo, sempre riguardante la fatturazione di prestazioni inesistenti da parte della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , il ricorso denuncia l ‘ inosservanza e l ‘ erronea applicazione dell ‘ art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000 quanto alla condotta di reato contestata, nonché il travisamento della prova sotto un duplice profilo.
2.1.b).1. In primo luogo, il pagamento integrale degli importi fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE presupporrebbe che le prestazioni lavorative siano state realmente espletate in favore della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , sicché le fatture utilizzate nelle dichiarazioni fiscali non sarebbero relative a operazioni inesistenti. Nel caso di specie, sarebbe stato provato che i lavori dell ‘ appalto RAGIONE_SOCIALE fossero stati realmente espletati per complessivi 12 mln. di euro, fatturati dalla cooperativa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e che, di questi, lavori per circa 2 mln. di euro siano stati fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE alla cooperativa RAGIONE_SOCIALE , che, ovviamente, aveva a sua volta fatturato alla Consip ; e sarebbe stato, altresì, provato che RAGIONE_SOCIALE pagò integralmente il corrispettivo delle fatture di RAGIONE_SOCIALE . Se le prestazioni fossero state fornite per intero da operai della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , non si comprenderebbe perché la cooperativa avrebbe dovuto pagare una parte dei lavori dell ‘ appalto, dato che la Procura della Repubblica procedente non avrebbe mai ipotizzato alcuna attività illecita correlata alla falsa fatturazione.
2.1.b).2. La sentenza ometterebbe di prendere atto che secondo la requisitoria scritta del Pubblico ministero in sede di conclusioni nel giudizio di primo grado non si sarebbe trattato di un caso di operazioni totalmente inesistenti, quanto di una ipotesi di inesistenza relativa, consistente nella attestazione in fattura della cessione di beni/servizi aventi un prezzo di mercato maggiore di quelli effettivamente forniti. Pertanto, non potrebbe ritenersi che le operazioni che fanno da presupposto alle fatture siano inesistenti, posto che l ‘ art. 1, comma 1, lett. a ), d.lgs. n. 74 del 2000, intenderebbe, per «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti», soltanto le fatture per operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l ‘ imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l ‘ operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, sicché gli acquisti di beni compiuti a prezzi incongrui, ma effettivamente corrisposti, non sarebbero operazioni inesistenti. Dunque, la Corte
avrebbe dovuto provare la inesistenza dei singoli lavori nelle scuole fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE
2.1.b).3. Poiché la fattispecie attribuita a RAGIONE_SOCIALE costituisce un reato omissivo proprio, sarebbe stato necessario verificare se la condotta contestata configurava un contributo concorsuale da parte dell ‘ extraneus . Invero, egli non avrebbe, in alcun modo, partecipato al meccanismo fraudolento che aveva consentito all ‘ amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia, non avendo RAGIONE_SOCIALE istigato o offerto alcun consilium fraudis , come attestato dalla mail inviata da COGNOME al dott. COGNOME in cui il primo, che autorizzava l ‘ emissione e il pagamento delle fatture, precisava che era stato COGNOME a dare l ‘ indicazione di non specificare i lavori nelle fatture. RAGIONE_SOCIALE si sarebbe limitato a ‘ vistare ‘ le fatture autorizzate da COGNOME e controllate dagli uffici di produzione della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , secondo un meccanismo che il ricorrente aveva trovato già operante e che andava avanti dal 2016, senza che l ‘ azienda ai suoi massimi livelli avesse mai obiettato alcunché.
2.1.c). Sulla fatturazione di prestazioni inesistenti da parte della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , si denuncia la violazione del principio dell ‘ al di là di ogni ragionevole dubbio. La sentenza impugnata valorizzerebbe gli accertamenti induttivi operati dalla Guardia di Finanza senza spiegare i motivi per i quali le ipotesi ricostruttive di segno contrario non sarebbero ragionevoli. E ciò benché il Pubblico ministero avesse segnalato i dubbi che affioravano dal compendio probatorio, rappresentati dalla prova documentale di cui si è dedotto il travisamento; dalla non congruità dei prezzi delle prestazioni fatturate; dalla incongruenza logica della finalità della condotta illecita per un miserrimo risparmio fiscale rispetto al rischio della sanzione penale; dalla complessiva irrazionalità dello schema di accusa, contraddetto da decisive prove documentali. Correlativamente, la sentenza impugnata avrebbe dovuto esaminare la ricostruzione alternativa del fatto segnalata dalla difesa, per effetto della oggettiva duplicità del significato del compendio probatorio.
1.d). Con la quarta sottoarticolazione del primo motivo, relativa alla fatturazione di prestazioni inesistenti da parte della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , si denuncia la mancanza del nesso causale tra la condotta di RAGIONE_SOCIALE e l ‘ evento del reato, ricavabile dalla documentazione del pagamento delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nel 2018. La decisione della cooperativa RAGIONE_SOCIALE di bloccare il pagamento delle fatture RAGIONE_SOCIALE del 2018 a seguito delle indagini della Guardia di Finanza sarebbe uno iato tra l ‘ apposizione del visto sulle fatture da parte di Bulgari e la successiva decisione di pagare e utilizzare le fatture per le dichiarazioni fiscali, maturata dalla direzione della cooperativa RAGIONE_SOCIALE nel 2019, dopo il giudizio civile, quando COGNOME aveva lasciato la cooperativa, utilizzandole a fini fiscali ben sapendo che erano oggetto di
un ‘ indagine in corso, con evidente efficienza causale rispetto all ‘ evento. Dunque, le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE sono state utilizzate nelle dichiarazioni con decisione autonoma dei soggetti legittimati a presentare quelle dichiarazioni. Dunque, nessun apporto causalmente efficiente può essere addebitato a RAGIONE_SOCIALE, dato che tra la vidimazione delle fatture da parte del medesimo e l ‘ utilizzo delle stesse nelle dichiarazioni fiscali era sopravvenuto un fatto che aveva comportato l ‘ interruzione della sequenza causale.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 43, 110 cod. pen., 2, d.lgs. n. 74 del 2000, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 125, 546, 605, 533, comma 1, cod. proc. pen. quanto alla consapevolezza in ordine alla fatturazione di prestazioni inesistenti, su cui la sentenza impugnata avrebbe ignorato decisivi elementi dedotti dalla difesa con l ‘ atto di appello. Secondo la Corte, il fatto che RAGIONE_SOCIALE fosse subentrato, come direttore di produzione, a NOME COGNOME, vistando 19 fatture del 2017 emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE lo renderebbe partecipe del sistema fraudolento delle 2 società, come confermato dal contenuto delle intercettazioni, nel corso delle quali RAGIONE_SOCIALE lo aveva contattato (il 9 e il 10 luglio 2018) a proposito dei documenti a supporto delle prestazioni di lavoro di cui alle predette fatture. La difesa aveva evidenziato che le intercettazioni non potevano provare la conoscenza da parte di RAGIONE_SOCIALE di irregolarità connesse alle fatture, poiché erano dialoghi seguenti all ‘ indagine fiscale e avevano ad oggetto le verifiche richieste dalla direzione della cooperativa RAGIONE_SOCIALE in merito alle fatture della RAGIONE_SOCIALE , sicché le interlocuzioni non dimostravano la consapevolezza di RAGIONE_SOCIALE al momento della vidimazione delle fatture. A conferma, con mail del 4 giugno 2018 Corbo chiedeva a Bulgari di indicare le lavorazioni eseguite di cui alle fatture del 2017 e con mail del 10 luglio 2018 chiedeva di fornire una più puntuale specificazione dei lavori espressi nelle fatture della RAGIONE_SOCIALE , cui Bulgari rispondeva con mail del 19 luglio 2018 cui seguiva un riepilogo delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nel 2017 e ‘ vistate ‘ da Bonon. Dunque, tali documenti darebbero atto che Bulgari tra giugno e luglio venne a sapere di possibili irregolarità fiscali riguardanti le fatture della RAGIONE_SOCIALE NOME , ma nulla segnalano circa una sua conoscenza di tali irregolarità tra gennaio e aprile del 2018. Anzi, dalle mail tra COGNOME e COGNOME emergeva l ‘ assenza di consapevolezza da parte di Bulgari, avendo COGNOME precisato che era stato COGNOME a dare indicazioni di non specificare i lavori nelle fatture emesse nel 2017, sicché Bulgari, nel vistare le 19 fatture dal 1° gennaio 2018, avrebbe seguito i criteri e i requisiti applicati fino al 31 dicembre 2017, ritenendone legittimamente la regolarità, non avendo ragioni plausibili per sospettare alcunché sulla scorta delle rassicurazioni provenienti dagli organi deputati al controllo delle fatture e dell ‘ autorizzazione al pagamento delle fatture
da parte di NOME COGNOME. Se anche si ipotizzasse da parte di Bulgari un imprudente o negligente affidamento sull ‘ operato dell ‘ ufficio di produzione, si sarebbe al cospetto di una condotta non penalmente rilevante. Su tale ipotesi ricostruttiva la sentenza non si sarebbe soffermata, senza spiegare le ragioni per cui essa non poteva essere accolta.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 483, 479 cod. pen. e 12, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all ‘ art. 192 cod. proc. pen. in relazione al capo 20) della rubrica. La sentenza sarebbe censurabile per l ‘ assenza del dolo specifico essendo stata accertata, unicamente, l ‘ esistenza di un patto illecito tra gli immigrati irregolari e i datori di lavoro compiacenti, ma non anche l ‘ esistenza, in capo a COGNOME, della volontà di trarre profitto dalla condizione di illegalità dei soggetti extracomunitari. Invero, l ‘ imputato si sarebbe soltanto impegnato a svolgere un ruolo di mediatore tra soggetti che «offrivano un servizio», seppure illecito, e soggetti che, per necessità, intendeva accedere a detto servizio.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 62bis e 133 cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche che avrebbe reso la pena rispettosa del principio di ragionevolezza e della finalità rieducativa.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per il tramite del suo Difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo quattro motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 5, d.lgs. n. 286 del 1998 in relazione al capo 30) dell ‘ imputazione e il vizio di motivazione in ordine all ‘ ingiusto profitto che sarebbe del tutto assente. La Corte avrebbe accertato l ‘ intercessione dell ‘ imputato con NOME al fine di fare assumere falsamente i cittadini bangladesi NOME COGNOME e NOME COGNOME e che
costoro non si recavano al lavoro, ma non considererebbe la mancata dimostrazione che NOME avesse conseguito un ingiusto profitto.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e ), cod. proc. pen., la mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione al capo 27) dell ‘ imputazione. La Corte territoriale avrebbe affermato che l ‘ imputato, in sede di interrogatorio di garanzia, avrebbe ammesso le proprie responsabilità, precisando di non avere mai lavorato – come falsamente dichiarato – per la Sicilia Frigo né per altre società e di essersi rivolto a NOME, titolare dell ‘ accesso al portale RAGIONE_SOCIALE, solo per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per sé e per altri, sicché il reato, avente natura istantanea, sarebbe stato integrato, non ricorrendo nemmeno l ‘ ipotesi del falso innocuo. La motivazione offerta ometterebbe di analizzare le doglianze espresse alla pagina 3 dell ‘ atto di appello in cui si evidenziava come il Tribunale avesse valorizzato discordanti risultanze probatorie acquisite per mezzo di strumenti di intercettazione. Con riferimento al capo 27), l ‘ azione delittuosa sarebbe stata commessa da NOME COGNOME e NOME COGNOME con l ‘ inoltro della documentazione asseritamente falsa in data 18 maggio 2017 e in data 30 settembre 2017, laddove la responsabilità dell ‘ imputato sarebbe emersa dal contenuto di una intercettazione avvenuta solo in data 4 aprile 2018; mentre le ulteriori intercettazioni del 7 aprile 2018, del 27 aprile 2018 e del 30 aprile 2018, menzionate a foglio 47 della sentenza, non ricollegherebbero NOME ai fatti contestati al capo 27).
4.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. e ), cod. proc. pen., la mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione al capo 28), avendo la sentenza impugnata scelto di accorpare in un ‘ unica breve trattazione l ‘ analisi di tre specifici motivi di appello formulati in relazione ai reati contestati ai capi 28), 29) e 30) e non avendo, dunque, la Corte territoriale risposto alle censure della difesa secondo cui dalla sentenza di primo grado non si sarebbe potuto evincere alcun collegamento tra l ‘ attività di mediatore svolta da NOME e la posizione lavorativa di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e secondo cui l ‘ imputato sarebbe soltanto una «vittima del sistema» e avrebbe agito in stato di necessità.
4.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà della motivazione in relazione al capo 29) per avere la Corte territoriale ignorato quanto dedotto con i motivi di appello in ordine alla circostanza non emergesse alcun rapporto illecito tra NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali avrebbero agito in modo personale senza alcun rapporto illecito con l ‘ imputato.
5. In data 27 maggio 2025 è pervenuta in Cancelleria una memoria a firma degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di fiducia di NOME
Bulgari, i quali hanno prospettato due motivi nuovi con i quali è stata dedotta: 1) la mancanza nesso di causalità, atteso che, da un lato, la contestazione riguarderebbe le dichiarazioni IVA e IRES del 2017, sicché ad esse sarebbe estraneo Bulgari, il quale aveva vistato le 19 fatture nel 2018 e che, dall ‘ altro lato, la decisione di utilizzare le fatture nelle dichiarazioni fiscali era stata assunta dagli amministratori della cooperativa, con autonoma valutazione cui Bulgari sarebbe stato estraneo; 2) l ‘ omessa motivazione in relazione alle mail intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in cui essi facevano riferimento alle fatture vidimate da COGNOME, nonché alla mail tra RAGIONE_SOCIALE e COGNOME in cui il primo riferiva che era stato COGNOME a dare indicazione di non indicare in fattura le prestazioni eseguite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere accolto, mentre i ricorsi proposti nell ‘ interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME devono, invece, essere dichiarati inammissibili.
Muovendo dall ‘ analisi del ricorso per cassazione proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME l ‘ impugnazione ha dedotto due motivi di impugnazione, il primo dei quali presenta ben quattro sotto-articolazioni.
2.1. Giova premettere all ‘ analitica disamina dei motivi di ricorso, ai fini di una migliore comprensione di essi, alcuni brevi cenni sulle risultanze giuridico-fattuali dei due gradi di merito per quanto concerne la posizione processuale di Bulgari, accusato di avere concorso, insieme a COGNOME, presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , e a Bonon, che lo aveva preceduto come direttore di produzione della società ed era stato anch’egli deputato alla vidimazione delle operazioni fatturate, utilizzato, nelle dichiarazioni fiscali IVA (per il 2017 e 2018) e IRES (per il 2017), alcune fatture per operazioni parzialmente inesistenti emesse dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE
I passaggi argomentativi fondamentali delle pronunce di merito attengono, in estrema sintesi, a due profili essenziali: il primo riguarda l ‘ affermata fittizietà delle operazioni oggetto di fatturazione, di tal che la successiva indicazione, nelle dichiarazioni fiscali IVA e IRES, integrerebbe la fattispecie prevista dall ‘ art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000; il secondo concerne il concorso prestato da Bulgari alla commissione di tale delitto: concorso che presuppone, secondo le regole generali, che egli abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo a recare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l ‘ agevolazione dell ‘ opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l ‘ esecuzione, abbia «aumentato la possibilità della produzione del reato» (Sez. 5, n. 43569 del
21/06/2019, P., Rv. 276990 – 01) nonché, sul versante dell ‘ elemento soggettivo, la rappresentazione e volizione di tale comportamento e della sua contribuzione, anche solo agevolativa, alla successiva realizzazione del reato.
Rispetto ad entrambi i profili, tuttavia, le motivazioni dei due provvedimenti di merito, destinata a integrarsi reciprocamente secondo lo schema della cd. doppia conforme, si rivelano, a parere di questo Collegio, irrimediabilmente viziate, tanto da rendere necessario un ulteriore pronunciamento in grado di colmare le lacune del ragionamento probatorio che esse esprimono.
2.2. Con riferimento al primo aspetto, la Difesa di Bulgari ha dedotto una pluralità di argomenti diretti a censurare l ‘ omessa motivazione in ordine a talune deduzioni formulate con l ‘ atto di appello nonché sotto il profilo del travisamento di una prova che si assume essere decisiva.
L ‘ inesistenza delle operazioni oggetto delle fatture indicate nelle dichiarazioni fiscali viene sostanzialmente argomentata dalle due pronunce di merito a partire dalla ritenuta inesistenza di una struttura aziendale tale che consentire alla RAGIONE_SOCIALE di assicurare le prestazioni fatturate. E, tuttavia, i Giudici di merito sembrano riconoscere, in maniera obiettivamente contraddittoria, che una parte delle prestazioni siano state eseguite, ipotizzando una inesistenza relativa o parziale delle stesse. Tale assunto, tuttavia, è rimasto solo genericamente enunciato, senza che la sentenza di appello, che ha affrontato specificamente la questione, sia stata in grado di indicare quali prestazioni fossero state effettivamente garantite e, dunque, quale fosse l ‘ entità del relativo fenomeno, ovviamente rilevante anche ai fini della successiva indagine sull ‘ elemento soggettivo del concorrente.
Ma, soprattutto, l ‘ esistenza di una qualche capacità operativa della RAGIONE_SOCIALE e, correlativamente, l ‘ esecuzione quantomeno di una parte delle prestazioni fatturate finisce per riconoscere rilevanza anche all ‘ argomento difensivo, su cui la sentenza impugnata non si è confrontata, che ha evidenziato come la cooperativa RAGIONE_SOCIALE avesse riconosciuto, nell ‘ ambito di una procedura contenziosa avviata dalla RAGIONE_SOCIALE , il proprio debito verso la subappaltatrice. Una circostanza, questa, che la Difesa ha valorizzato per dimostrare l ‘ illogicità di una operazione che, per un verso, fosse stata intesa a conseguire, illecitamente, un credito di imposta e, per altro verso, avesse comportato per la società subappaltante l ‘ esborso di somme ben maggiori. Ora, se l ‘ argomento non sembra in sé decisivo, posto che tale riconoscimento aveva avuto luogo dopo l ‘ inizio delle verifiche da parte della Guardia di finanza e, dunque, poteva inserirsi in una più ampia strategia difensiva della dirigenza della cooperativa, non vi è dubbio che l ‘ argomento avrebbe dovuto essere, comunque, valutato nel contesto di un più ampio ragionamento, nel quale, come detto, veniva meno la premessa secondo cui la RAGIONE_SOCIALE non avesse operato a favore della subappaltante, posto che, al
contrario, la stessa Corte territoriale ha riconosciuto che alcune prestazioni sarebbero state erogate, senza, come detto, in quale misura ciò sia avvenuto.
2.3. Inoltre, ciò che si rivela ampiamente deficitario nel provvedimento impugnato è il ragionamento probatorio svolto con riferimento alla specifica posizione processuale di NOME COGNOME
In proposito, va rilevato che ove si pervenisse a riconoscere, e nella sua esatta dimensione, la portata delle operazioni fittizie prestate dalla RAGIONE_SOCIALE a beneficio della cooperativa RAGIONE_SOCIALE , la condotta di RAGIONE_SOCIALE avrebbe certamente una valenza concorsuale sul piano oggettivo. E ciò in quanto, senza la vidimazione delle 19 fatture nell ‘ arco di tempo in cui egli aveva rivestito la qualità di direttore di produzione dopo essere subentrato a NOME COGNOME, non si sarebbero potuti inserire, nelle dichiarazioni fiscali, i documenti contabili con i quali la cooperativa esponeva di avere subito costi inesistenti. Eliminando mentalmente l ‘ attività compiuta da Bulgari, infatti, le fatture non avrebbero superato il vaglio preliminare da parte della struttura di controllo della cooperativa e non sarebbe stato possibile indicarle nelle successive dichiarazioni ai fini IVA e IRES.
Tuttavia, ciò non significa, necessariamente, che l ‘ imputato fosse consapevole del meccanismo fraudolento e che, dunque, egli sapesse che, in realtà, le operazioni fatturate non erano state rese dalla RAGIONE_SOCIALE . In proposito, la Difesa ha sottolineato, a più riprese, la circostanza che RAGIONE_SOCIALE si fosse limitato ad applicare i criteri decisi, prima di lui, dal precedente direttore di produzione, NOME COGNOME e, soprattutto, che egli avesse confermato le indicazioni che gli provenivano a livello locale, in particolare da NOME COGNOME cui spettava, nella sua qualità di «Responsabile Area Sud» della cooperativa, la verifica dello svolgimento dei lavori.
Tali argomentazioni, per quanto dotate di una indubbia pregnanza, non parrebbero tuttavia decisive, ben potendo ipotizzarsi, secondo la tesi di accusa, che RAGIONE_SOCIALE fosse, comunque, venuto a conoscenza del carattere fittizio delle operazioni in parola. Nondimeno, gli argomenti offerti dalla motivazione delle due sentenze, ad onta dei rilievi difensivi, non possono ritenersi adeguati sul piano logico.
Invero, la sentenza di appello, sul punto, senza nemmeno riportarne il contenuto, ha fatto riferimento alle intercettazioni contrassegnate con la linea n. 11546 che la sentenza di primo grado aveva, invece, riportato e valorizzato per inferire una piena consapevolezza del meccanismo illecito agito dalla cooperativa. E tuttavia, anche leggendo il tenore delle dichiarazioni riportate nella prima sentenza e la motivazione che, a commento, ha offerto il Tribunale, non è dato ricavare concreti elementi per ritenere, sul piano logico, che la consapevolezza che, in quel momento, Bulgari mostrava dell ‘ accaduto, fosse già maturata nel momento in cui egli aveva vidimato le fatture autorizzandone il pagamento. Come
posto in luce, infatti, dalla Difesa dell ‘ imputato, le intercettazioni si inserivano in una fase successiva all ‘ avvio dei controlli incrociati da parte della Guardia di finanza, in cui, evidentemente, nella dirigenza della cooperativa e in tutti coloro che, all ‘ interno di essa, potevano essere raggiunti da un qualche addebito, si era ampiamente diffuso il timore di conseguenze penali per il compimento di irregolarità societarie di cui i loquenti erano consapevoli. In altri termini, le sentenze di merito danno per scontato che la consapevolezza di tali irregolarità fosse esistente al momento dell ‘ apposizione del visto e non fosse un ‘ acquisizione successiva, senza però spiegare da quali elementi ciò potesse trarsi e, in ciò, incorrendo in un grave vizio motivazionale.
In ultimo va precisato che non potrebbe certo ricavarsi dalle indicate intercettazioni, così come dal più ampio compendio captativo riportato nella sentenza di primo grado in relazione ad altri imputati, la dimostrazione, sic et simpliciter , dell ‘ esistenza delle operazioni fittizie, atteso che pur essendo tali conversazioni un elemento di fatto fortemente indiziante, esse vanno correlate, nell ‘ ambito di un congruo e logico ragionamento probatorio, con ulteriori elementi, a delineare un quadro di sufficiente chiarezza per quanto attiene alla dimensione del fenomeno decettivo, come più sopra evidenziato.
Venendo al ricorso per cassazione proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME esso, come detto, si articola in due distinti motivi di impugnazione.
4.1. Con riferimento al primo motivo, la Difesa dell ‘ imputato non contesta, nella sostanza, la configurabilità dell ‘ elemento oggettivo del delitto ascritto a COGNOME e, segnatamente, il ruolo di mediatore dello stesso svolto tra gli immigrati irregolari e i datori di lavoro compiacenti. Al contrario, il ricorso censura la sentenza in relazione al profilo del dolo specifico del reato, non essendo stata accertata l ‘ esistenza, in capo all ‘ imputato, della volontà di trarre profitto dalla suddetta attività di mediazione. Osserva, nondimeno, il Collegio che le censure difensive sono del tutto apodittiche e omettono totalmente di confrontarsi con la sentenza impugnata e, in particolare, con i passaggi della sua motivazione nei quali si afferma che COGNOME, che rappresentava l ‘ intermediario tra i soggetti di origine ghanese e NOME COGNOME aveva agito per conseguire un profitto personale, riscuotendo somme di denaro da parte di cittadini irregolari quale corrispettivo per la illecita condotta. Affermazione, riproduttiva dell ‘ analogo passaggio della pronuncia di primo grado, che il ricorso censura in maniera assertiva, affermando che i fatti non si sarebbero svolti così come riportati. Donde, conclusivamente, l ‘ inammissibilità della relativa doglianza.
4.2. Con il secondo motivo, invece, il ricorso lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Anche in questo caso, il motivo è stato articolato con modalità tali da censurare l ‘ approdo valutativo della Corte
territoriale, la quale ha evidenziato l ‘ ingente numero di falsi e di intercessioni operate da COGNOME e, implicitamente, la gravità del fatto, tanto da ritenere congrua e proporzionata ad essa e alla personalità dell ‘ imputato la pena stabilita dal primo Giudice. In altri termini il ricorso non è riuscito a individuare un effettivo vizio motivazionale, risolvendosi, in definitiva, in un differente apprezzamento rispetto a quello compiuto, con motivazione congrua e logica, in sede di merito: operazione ovviamente preclusa in sede di legittimità.
Quanto, infine, al ricorso proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME esso si compone di 4 motivi.
5.1. Con il primo, il ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla configurabilità, in relazione al capo 30) dell ‘ imputazione, all ‘ ingiusto profitto conseguito dall ‘ imputato in relazione all ‘ operazione volta alla falsa assunzione dei cittadini bangladesi NOME COGNOME e NOME COGNOME in vista del conseguimento del titolo di soggiorno. Più specificamente, la Difesa lamenta la mancata dimostrazione che vi fossero state delle «dazioni di denaro in favore dell ‘ Ahmed», in questo modo prospettando, tuttavia, un motivo generico, dal momento che ai fini dell ‘ integrazione della fattispecie incriminatrice delineata dall ‘ art. 12, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 non è necessario che vi sia il conseguimento del profitto, quanto che l ‘ agente ponga in essere la condotta tipica con l ‘ obiettivo di realizzarlo. Ciò che all ‘ evidenza le sentenze di merito hanno ritenuto dimostrato alla luce del materiale intercettativo da cui emergeva che l ‘ imputato era stato, tra l ‘ altro, il collettore di denaro che, dagli stranieri privi di titolo di soggiorno, veniva consegnato a COGNOME (v. pagg. 46 e 48 della sentenza di primo grado).
5.2. Con il secondo motivo, il ricorso deduce il vizio di motivazione con riferimento al capo 27) dell ‘ imputazione, avendo la Corte territoriale omesso di valutare le censure formulate a pag. 3 dell ‘ atto di appello e, segnatamente, il fatto che NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbero inoltrato la documentazione asseritamente falsa in data 18 maggio 2017 e 30 settembre 2017, mentre la responsabilità dell ‘ imputato sarebbe emersa dal contenuto di una intercettazione avvenuta solo in data 4 aprile 2018 e le ulteriori intercettazioni menzionate al foglio 47 della sentenza, non ricollegherebbero NOME ai fatti di cui al capo 27).
Anche tale doglianza è, però, generica non avendo il ricorso spiegato per quale ragione il coinvolgimento dell ‘ imputato non potesse trarsi da un ‘ intercettazione successiva alla condotta tenuta dai due cittadini bangladesi, di modo che la lamentata omissione da parte della Corte di merito non può ritenersi riferibile a un profilo rilevante, né tantomeno decisivo. Anche il secondo motivo, dunque, deve ritenersi inammissibile.
5.3. Con il terzo motivo, il ricorso ha dedotto il vizio della motivazione in relazione al capo 28), avendo la sentenza impugnata scelto di accorpare in un ‘ unica breve trattazione l ‘ analisi di tre motivi di appello formulati in relazione ai reati contestati ai capi 28), 29) e 30), senza rispondere alle censure della difesa secondo cui dalla sentenza di primo grado non si sarebbe potuto evincere alcun collegamento tra l ‘ attività di mediatore svolta da NOME e la posizione lavorativa di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e secondo cui l ‘ imputato sarebbe soltanto una «vittima del sistema» e avrebbe agito in stato di necessità.
Le censure difensive, tuttavia, ancora una volta non si confrontano con le argomentazioni sviluppate dalla sentenza di appello, pur essendo stati i relativi passaggi argomentativi integralmente riportati nel presente motivo. La Corte territoriale, infatti, ha sottolineato come le intercettazioni e i pedinamenti della Guardia di finanza avessero consentito di accertare che NOME si era adoperato con NOME al fine di ottenere una finta assunzione per i due cittadini bangladesi, NOME COGNOME, NOME Mirajur, e per conseguire, con essa, il rilascio dei permessi di soggiorno o dei rinnovi. Inoltre, i Giudici di merito hanno motivatamente escluso che l ‘ imputato fosse a sua volta una vittima, ossia fosse costretto a porre in essere le condotte illecite ascrittegli, ritenendo, in maniera argomentata, l ‘ insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello stato di necessità ed evidenziando come NOME, da originario fruitore del meccanismo delittuoso ideato da NOME fosse diventato un referente per altri cittadini bangladesi al fine del conseguimento illecito del permesso di soggiorno. Donde, ancora una volta, la assoluta genericità e aspecificità delle deduzioni svolte in ricorso.
5.4. Con il quarto motivo, infine, la Difesa dell ‘ imputato prospetta il vizio di motivazione in relazione al capo 29), sul presupposto che la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione le deduzioni difensive secondo cui non sarebbe emerso alcun rapporto illecito tra NOME e i due cittadini bangladesi. Anche in questo caso, nondimeno, il ricorso è formulato in maniera del tutto generica, reiterando, in diversa forma, la medesima doglianza espressa con i motivi che precedono. Fermo restando che, in ogni caso, la sentenza di primo grado ha riprodotto il contenuto delle conversazioni intercettate tra NOME e NOME in cui essi discorrevano proprio della posizione di NOME COGNOME e NOME COGNOME (v. pagg. 47 e 48 della sentenza del Tribunale di Palermo).
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. I ricorsi proposti nell ‘ interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME devono, invece, essere dichiarati inammissibili, con condanna dei due ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ritenuto che, nella fattispecie, non
sussistano elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», secondo quanto statuito nella sentenza n. 186 in data 13 giugno 2000 della Corte costituzionale, alla declaratoria dell ‘ inammissibilità medesima deve conseguire, a norma dell ‘ art. 616 cod. proc. pen., l ‘ onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che deve essere fissata, equitativamente, in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla la sentenza impugnata limitatamente a NOME COGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 12 giugno 2025