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Fatture false: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imprenditrice condannata per l’uso di fatture false. L’ordinanza chiarisce che la natura del documento prevale sulla qualifica IVA dell’emittente e ribadisce l’obbligatorietà della confisca del profitto del reato, anche senza una richiesta esplicita del Pubblico Ministero. Il ricorso è stato giudicato infondato su tutti i fronti, compresa la quantificazione della pena.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture False e Dichiarazione Fraudolenta: La Cassazione Dichiara l’Inammissibilità del Ricorso

L’utilizzo di fatture false per evadere le imposte è un reato grave con conseguenze significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, dichiarando inammissibile il ricorso di un’imprenditrice e facendo luce su aspetti cruciali come la natura del documento falso e l’obbligatorietà della confisca. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: L’Uso di Fatture per Operazioni Inesistenti

Il caso riguarda la titolare di una ditta individuale, condannata in primo e secondo grado per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. L’accusa, confermata nei gradi di merito, era di aver inserito nelle dichiarazioni annuali dei redditi e IVA degli elementi passivi fittizi, avvalendosi sistematicamente di fatture false per abbattere il carico fiscale. Questo comportamento era stato attuato con un medesimo disegno criminoso, protratto nel tempo.

Le Doglianze dell’Imprenditrice nel Ricorso per Cassazione

L’imprenditrice ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata interpretazione della norma: Sosteneva che una fattura emessa da un soggetto non titolare di partita IVA non potesse essere considerata una vera e propria fattura ai fini del reato contestato (art. 2 D.Lgs. 74/2000). Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere al massimo qualificato come dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.Lgs. 74/2000).
2. Vizi di motivazione sulla pena: Contestava la quantificazione della pena base e gli aumenti applicati per la continuazione del reato.
3. Nullità della confisca: Affermava che la confisca dei beni non fosse legittima perché non era stata oggetto di una specifica richiesta da parte del Pubblico Ministero.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione conferma la linea dura della giurisprudenza in materia di reati fiscali e offre importanti chiarimenti procedurali e sostanziali.

Le Motivazioni: Perché il ricorso sulle fatture false è stato respinto

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso con argomentazioni chiare e nette.
Sul primo motivo, i giudici hanno sottolineato che l’argomentazione era puramente ipotetica. Ciò che conta per la configurazione del reato non è la qualifica fiscale di chi emette il documento, ma il fatto che il documento stesso abbia l’apparenza di una fattura e sia stato effettivamente utilizzato per uno scopo fraudolento, ovvero per documentare costi inesistenti. La forma e l’uso del documento sono quindi decisivi.

Per quanto riguarda la pena, la Corte ha rilevato che la doglianza della ricorrente ignorava completamente la motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano infatti giustificato la severità della sanzione facendo riferimento alla gravità del fatto, caratterizzato da una condotta criminale pervicace e protratta per diversi anni.

Infine, il terzo motivo sulla confisca è stato definito manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che la confisca prevista dall’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 ha carattere obbligatorio. Questo significa che il giudice deve disporla d’ufficio, a prescindere da una richiesta esplicita della pubblica accusa. Si tratta di una misura patrimoniale necessaria per sottrarre al reo i profitti illeciti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, consolida il principio secondo cui, nel reato di uso di fatture false, l’apparenza e la funzione del documento prevalgono sulla qualifica formale di chi lo ha emesso. Un documento che sembra una fattura ed è usato come tale è sufficiente a integrare il reato. In secondo luogo, viene ribadita la natura obbligatoria della confisca del profitto nei reati tributari, che non è subordinata all’iniziativa del Pubblico Ministero. Infine, la pronuncia funge da monito: la presentazione di un ricorso inammissibile comporta non solo il pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una somma alla Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di 3.000 euro.

Una fattura emessa da un soggetto non IVA può essere considerata ‘falsa’ ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta?
Sì. Secondo la Corte, ciò che rileva è che il documento abbia l’apparenza formale di una fattura e che sia stato utilizzato per esporre costi fittizi, indipendentemente dal fatto che chi l’ha emesso sia o meno un soggetto IVA.

La confisca del profitto del reato tributario deve essere richiesta esplicitamente dal Pubblico Ministero?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la confisca prevista dall’art. 12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 è obbligatoria. Pertanto, il giudice deve disporla anche in assenza di una specifica domanda da parte dell’accusa.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di aver agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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