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Fatture false: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per l’emissione di fatture false. I motivi, volti a una nuova valutazione dei fatti e alla concessione di attenuanti, sono stati respinti perché manifestamente infondati e basati su apprezzamenti di merito non consentiti in sede di legittimità. La condanna a 1 anno e 6 mesi è stata quindi confermata, con l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture false: la Cassazione conferma la condanna e chiarisce i limiti del ricorso

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema delle fatture false, dichiarando inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per aver utilizzato una cosiddetta ‘società cartiera’. La decisione ribadisce principi fondamentali sia sul reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti sia sui limiti del giudizio di legittimità, offrendo spunti importanti sulla non sindacabilità delle valutazioni di merito e sui criteri per la concessione delle attenuanti generiche.

I Fatti: L’emissione di fatture false da una società cartiera

Il caso riguarda un imprenditore, amministratore di una S.r.l., condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000. Le indagini, scaturite da una verifica fiscale, avevano accertato che la società era in realtà una ‘società cartiera’, creata al solo fine di emettere fatture per operazioni oggettivamente inesistenti nei confronti di altre aziende. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza, aveva rideterminato la pena in un anno e sei mesi di reclusione, confermando il giudizio di colpevolezza.

L’Appello e i motivi del ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Censura della colpevolezza: La difesa ha tentato di proporre una rivalutazione alternativa delle prove, sostenendo una diversa ricostruzione dei fatti e contestando la natura delle operazioni.
2. Diniego delle attenuanti generiche: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti previste dall’art. 62 bis del codice penale, ritenendola ingiustificata.

Le Motivazioni: la Cassazione sul reato di fatture false

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Le motivazioni della Corte si sono concentrate su due aspetti cruciali.

La valutazione dei fatti non è ammessa in Cassazione

Sul primo motivo, i giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici dei gradi precedenti. Il tentativo della difesa di prefigurare una ‘rivalutazione alternativa delle fonti probatorie’ esula completamente dal perimetro del giudizio di Cassazione. Inoltre, la Corte ha sottolineato che, ai fini del reato di emissione di fatture false, è irrilevante distinguere tra inesistenza oggettiva (l’operazione non è mai avvenuta) e inesistenza soggettiva (l’operazione è avvenuta ma tra soggetti diversi). In entrambi i casi, il reato è configurato.

Il diniego delle attenuanti generiche

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha giudicato ‘non illogica’ la decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti generiche. Tale decisione era basata su elementi concreti: un precedente penale per bancarotta e l’esistenza di ulteriori accertamenti tributari a carico di altre società dell’imputato. Questi elementi, secondo la Corte, denotavano una ‘non episodicità della condotta’ e giustificavano pienamente il diniego. È stato inoltre evidenziato come la pena inflitta dalla Corte d’Appello (1 anno e 6 mesi) fosse già stata mitigata e resa corrispondente al minimo edittale vigente all’epoca dei fatti.

Le Conclusioni: quando un ricorso viene dichiarato inammissibile

La decisione in esame è un chiaro monito sui limiti dell’impugnazione in Cassazione. Un ricorso basato esclusivamente sulla richiesta di una nuova e diversa lettura delle prove, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità. La Corte ha agito in conformità con la sua consolidata giurisprudenza, stabilendo che la motivazione dei giudici di merito, se razionale e coerente, non può essere messa in discussione. La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione ritenuta palesemente priva di fondamento.

Perché il ricorso contro la condanna per fatture false è stato respinto?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una nuova valutazione delle prove e dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione. Quest’ultima può solo verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito della vicenda, che era già stato adeguatamente ricostruito dai giudici precedenti.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti sono state negate in modo logico dai giudici di merito a causa del precedente penale dell’imputato per bancarotta e della presenza di altri accertamenti fiscali a suo carico. Questi elementi indicavano una condotta illecita non occasionale, giustificando così una maggiore severità nella valutazione.

Che differenza c’è tra inesistenza ‘oggettiva’ e ‘soggettiva’ per il reato di fatture false?
Secondo la Corte, ai fini del reato previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000, non c’è alcuna differenza rilevante. Il reato sussiste sia quando l’operazione non è mai avvenuta (inesistenza oggettiva), sia quando è avvenuta tra persone diverse da quelle indicate nel documento (inesistenza soggettiva). In entrambi i casi, si tratta di un’operazione fittizia sanzionata penalmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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