Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29743 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29743 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 13/11/2023 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, nella persona sostituto AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi il r inammissibile, e del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 13/11/2023, la Corte d’appello di Palermo, in parzi riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese in data 11/10/202 dichiarò estinto per prescrizione il reato contestato al capo 2) dell’imputaz rideterminò la pena per il reato continuato configurato dal Tribunale in relaz ai delitti ascritti ai capi 3), 4) e 5) della rubrica, aventi a oggetto l’uti nelle dichiarazioni previste ai fini delle imposte dirette per gli anni 2013, 2015, di fatture passive relative a cure odontoiatriche apparentemente rilasc dai dottori NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOMECOGNOME COGNOME che l’ipotesi accusator assumeva relative a operazioni inesistenti, in anni uno e mesi otto di reclus
Fu, anche, ridotto a € 10.036,00 l’importo della confisca già dispost Tribunale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione, tramite i s difensori, COGNOME che, con il primo motivo, ha denunciato la violazione di leg vizio esiziale di motivazione, in relazione agli artt. 2 d.lgs. 74/2000, 12 530 comma 2, 533 e 546 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.. Il ricorso prospe che la Corte territoriale non aveva “fornito un’adeguata risposta” al moti appello che, valorizzando la deposizione di COGNOME NOMENOME aveva contestato sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice. COGNOMECOGNOME in aveva dichiarato che la documentazione consegnata da COGNOME era stata inviat al “RAGIONE_SOCIALE“, che “l’aveva mandata a L’Aquila” e, una volta “riscontrato tutta la documentazione in originale era corretta”, gli aveva restituito “il m elaborato” che sarebbe stato firmato dall’imputato. Tale ricostruzione, smentita in sentenza, era stata giudicata irrilevante dalla Corte d’appell aveva osservato che COGNOME poteva anche aver ritenuto che “la documentazione fornitagli da COGNOME” fosse “genuina e regolare” ma ciò non “garantiva che fosse” effettivamente, con una motivazione che il ricorrente ha giudic inadeguata “in punto di assenza di dolo di evasione”.
Con il secondo motivo, ha lamentato il vizio di motivazione e la violazion legge in relazione agli artt. 62 bis, 132, 133, 163 e 165 cod. pen. e 125 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. Ha, in primo luogo, denunciato la “mancanz assoluta di motivazione” in relazione al motivo di appello volto a ottene sospensione condizionale della pena e la revoca della confisca e il disseque delle somme. Con riferimento alle attenuanti generiche, ha denunciato che sentenza aveva fornito una motivazione apparente e, comunque, che ricorreva l violazione dell’art. 62 bis cod. pen. avendo la Corte d’appello eluso l’obbli giustificare sotto ogni possibile profilo la mancata concessione” della circosta Ha, anche, denunciato il vizio di motivazione in relazione alla dosimetria, av la Corte territoriale irrogato una pena “affatto prossima al minimo edittale”
fornire motivazione alcuna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo lamenta l’omessa valorizzazione della deposizione di COGNOME, cui il ricorso riporta alcuni passi, e da tale assunto fa discendere la viola legge sostanziale e processuale nonché il vizio di motivazione.
Lo stesso ricorso, però, dà atto che la Corte d’appello aveva considera testimonianza ritenendola irrilevante, non garantendo il convincimento del te che le fatture di cui all’imputazione fossero genuine e regolari.
Sarebbe stato, quindi, onere del ricorrente chiarire, in primo luogo, l’ele fattuale o il dato probatorio risultante dalla predetta deposizione incompa
con la ricostruzione contestata, per poi spiegarne l’incidenza decisiva sulla tenuta logica della motivazione ( Sez. 6, n. 10795 del 16/2/2021, rv. 281085; Sez. 6, 16/4/2024, n. 22810, COGNOME, n.m.). Tale onere, però, non può dirsi assolto avendo il ricorrente omesso di spiegare la ragione per le quali le generiche dichiarazioni rese da COGNOME in ordine ai controlli espletati dal CAF sulla documentazione disarticolavano l’intero ragionamento probatorio della Corte territoriale, privando di valenza significativa il disconoscimento delle fatture effettuato da COGNOME e gli accertamenti di PG riferiti di COGNOME in ordine alle fatture apparentemente emesse da COGNOME, rendendo così illogica la motivazione. Giova precisare che il percorso inferenziale della Corte territoriale muoveva dal disconoscimento delle fatture da parte di COGNOME e dalle indagini di COGNOME, che avevano rivelato che non risultava un’odontoiatra NOME COGNOME iscritta al relativo ordine professionale, per desumere che le fatture incriminate erano relative a operazioni insistenti e che il fine di evasione costituiva l’unica plausibile spiegazione della loro utilizzazione.
Il ricorso viola altresì il canone dell’autosufficienza. Risultando il motiv fondato su una prova dichiarativa, infatti, vi era l’onere per l’impugnante di suffragare i vizi e le violazioni denunciate mettendo a disposizione della Corte la trascrizione integrale della deposizione di COGNOME, essendo non sufficiente la riproduzione in ricorso di alcune delle frasi proferite dal teste ( Sez. IV 26/6/2008, n. 37982, COGNOME, rv. 241023; Sez. F, n. 32362 del 19/08/2010, COGNOME, Rv. 248141; Sez. 3, n. 19957 del 21/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269801; Sez. 4, 17/5/2023, n. 34348, Coppola, n. m.).
Parimenti infondate sono le censure attinenti al trattamento sanzionatorio. Occorre premettere, infatti, che, ai fini del controllo di legittimità sul vi di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizz nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 , n. 37295 del 12/6/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/7/2013, COGNOME, Rv. 257595; da ultimo Sez. 2, 5/4/2024, n. 22226, n.m.).
Deve, poi, ribadirsi il principio, costante ribadito da questa Corte, in forza de quale in tema d’impugnazioni è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ah origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra le molte, Sez. 6, n. 47222 del 6/10/2015, Arcone, Rv. 265878; Sez. 3, 3/10/2019, 46588, Bercigli, Rv.
277281; Sez. 7, ord. n. 22163 del 23.4.2024, COGNOME, n. m.; Sez. 6, n. 22810 16/4/2024, COGNOME, n.m.).
Tali principi consentono di disattendere i motivi d’impugnazione in valutazione.
Il Tribunale aveva negato la sospensione condizionale della pena sostenend che, “nonostante l’intervenuta riabilitazione, permane la valenza ostativ precedenti penali risultanti dal casellario ( art. 164, comma 2, n. 1 cp)”.
L’appello si dolse del diniego, assunse che non vi era alcun ostacolo concessione del beneficio, ma non si confrontò con la motivazione addotta d Tribunale, incentrata sulla sussistenza di precedenti ostativi, indican elementi che rendevano quella spiegazione non condivisibile.
L’omissione argomentativa rinvenibile sul punto nella decisione impugnata è pertanto, correlata a un motivo di appello formulato in termini aspecifi generici. La manifesta infondatezza del motivo di appello, quindi, rende l’ome motivazione sul punto della sentenza impugnata non sanzionabile risultando relativo motivo del ricorso inammissibile per carenza di interesse.
Considerazioni del tutto analoghe possono essere svolte in ordine al confisca. Il Tribunale aveva dato congrua motivazione in ordine alla misu ablatoria applicata indicando le previsioni normative che la imponevano determinando, per ciascun anno, gli illeciti profitti derivati dai reati per intervenuta condanna.
Di seguito si riporta il motivo di appello che attaccava il punto della confisc segnala, infine, che il Giudice non avrebbe dovuto disporre la confisca d somma di € 13.792,99″.
L’apoditticità della censura, priva di qualsivoglia riferimento alle ragio inficiavano la statuizione del Tribunale, travolge anche il motivo sul p proposto con il ricorso in valutazione.
La sentenza di primo grado ha negato le attenuanti generiche rilevando ch l’imputato era pregiudicato e che non ricorreva alcun elemento positivamen favorevole al fine del riconoscimento della circostanza.
Il motivo di appello che attacca il punto della decisione si esaurisce riproduzione di massime giurisprudenziali, nell’enunciazione del principio secon cui sussiste l’obbligo per il “giudice gravato, di giustificare, sotto ogni p profilo, la mancata concessione” delle attenuanti generiche e nel denunciare il Tribunale, “anziché prendere atto dell’effettiva esistenza di elementi di positivo, indicati dalla difesa”, si era “trincerata dietro mere clausole di s sottolineato, però, che nell’appello non erano indicati gli elementi pretermess Tribunale suscettibili di positiva valutazione ai fini della conce dell’attenuante.
E’ noto che la finalità della previsione normativa di cui all’art. 62-bis c.p. di consentire un trattamento di speciale benevolenza a fronte di peculiari e
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codificabili elementi suscettibili di positiva valutazione, ne deriva che mentre il riconoscimento del beneficio necessita di apposita motivazione che dia conto degli elementi da cui discende la mitigazione del trattamento sanzionatorio, la esplicita motivazione del rigetto si rende, invece, necessaria solo in presenza di una specifica e motivata richiesta dell’imputato.
A ciò consegue che, quando la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche manchi o non sia corredata dall’indicazione degli elementi e delle circostanze che la fondano, “l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto, come già affermato da questa Corte, con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015 – dep. 09/03/2016, Piliero, Rv. 266460)” ( Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, D., Rv. 275440).
Tale principio rende la risposta alla doglianza resa dalla Corte d’appello, che aveva giudicato la motivazione del diniego adottata dal Tribunale, incentrata “sull’insussistenza di elementi di segno positivo valutabili in favore dell’imputato”, una “tecnica motiva ampiamente validata dalla giurisprudenza in materia” e corretta la valorizzazione dei precedenti penali, priva di qualsivoglia deficit motivazionale.
Non può, infine, ritenersi illegittimo il trattamento sanzionatorio inflitto p asserita violazione dell’art. 133 cod. pen., tenuto conto che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che, giova ricordarlo, deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il valore che separa il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Rv. 276288 – 01), situazione del tutto rispettata nel caso di specie, avendo il Tribunale irrogato una pena base che coincide con il minimo edittale e applicato aumenti per i reati satelliti alquanto contenuti, ampiamente giustificati dal richiamo alla previsione dell’art. 133 cod. pen..
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 10/6/2024