Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7546 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 7546  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Manerbio il’DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Manerbio il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/03/2022 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia con la quale gli imputati erano stati condannati, alla pena di anni uno di reclusione, in relazione al reato di cui agli artt. 11 cod.pen., 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, perché nelle rispettive qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE NOME e NOME, firmatari RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni Iva (COGNOME NOME) e di quella sui redditi (COGNOME NOME) relativa all’anno di imposta 2014, indicavano elementi passivi fittizi per effetto dell’utilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla RAGIONE_SOCIALE. In Barbariga il 26/02/2015, e 22/09/2015.
Avverso la sentenza hanno presentato ricorsi gli imputati a mezzo del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi comuni enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. Con il primo motivo deducono la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) in relazione all’erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e carenza di motivazione. La corte territoriale si sarebbe limitata a riprodurre la decisione di primo grad confermando la stessa con motivazione stereotipata e apodittica sulla ritenuta inesistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni indicate nelle fatture laddove dalle dichiarazioni rese dall’imputato NOME COGNOME era risultato dimostrato che i bancali oggetto RAGIONE_SOCIALE fatture erano nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE in ragio dell’attività svolta di commercializzazione di metalli all’ingrosso tenuto conto che per il trasporto di questi occorrono appunto i bancali in legno. Inesistente sarebbe, invece, la motivazione sull’elemento soggettivo del reato risultando al più una condotta colposa nella gestione della società.
2.2. Con il secondo motivo deducono la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) in relazione all’erronea applicazione dell’art. 131 bis cod.pen. e all’illogicità della motivazione con la quale è stata escluso l’applicazione dell speciale causa di non punibilità tenuto conto dell’ammontare minimo dell’evasione contestata pari a C 17.000, di evasione Iva, e del comportamento susseguente al reato tenuto conto che i ricorrenti hanno dato corso a conciliazione con l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate, rilevante a seguito della modifica operata dalla legge n. 159 del 2022 all’art. 131 bis cod.pen.
 Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi, che presentano motivi comuni, sono inammissibili perché manifestamente infondati.
Il primo e comune motivo di ricorso è meramente riproduttivo della censura già devoluta ai giudici dell’impugnazione e da quei giudici disattesa con motivazione adeguata e congrua ed anche in parte generico laddove non si confronta con la decisione impugnata.
L’affermazione della responsabilità degli imputati, oggetto di doppio conforme accertamento, poggia su un apparato argomentativo solido e fondato sugli elementi di prova, non qui rivalutabili, che avevano dimostrato l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture emesse, in quanto emesse da una società c.d. “RAGIONE_SOCIALE“, la
FM di NOME COGNOME, e utilizzate nelle dichiarazioni fiscali a fini Iva e dei reddi sulla scorta di una pluralità di elementi (assenza di personale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, assenza di attività di importazioni ed esportazioni negli anni 2013 e 2014, assenza di operazioni di acquisito nell’anno 2014 mentre risultavano vendita per € 119.211, assenza di documentazione attestanti i rapporti commerciali, di regolarità nei pagamenti, alcuni in contanti con prelievi in contanti di poco successivi per retrocessione, altri asseritamente mediante bonifico bancario senza corrispondenza di importo e senza indicazione nella causale con riferimento alle fatture, assenza di documenti di trasporto). I giudici territoriali hanno, dunque, ritenuto dimostrata l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni indicate nelle fatture utilizzate nelle dichiarazioni, in un contesto nel quale i due imputati avevano reso versioni assai diverse e ritenute inconciliabili e nel quale non erano state esibite le scritture contabili (cfr. pag. 9). Quanto al profilo del dolo del reato, ovvero il fin di evadere le imposte, il giudice territoriale l’ha ritenuto dimostrato in ragione di un duplice ordine di ragioni: la circostanza che gli imputati non avevano esibito le scritture contabili relative alle fatture di cui al capo di imputazione e la diversa e inconciliabile versione resa dai due imputati in punto conoscenza e rapporti commerciali con il COGNOME il quale, peraltro, richiesto di presentarsi per esibire le scritture contabili non aveva ottemperato.
Si tratta di una motivazione che in quanto non manifestamente illogica né carente non è sindacabile in questa sede.
Il secondo motivo di ricorso è, parimenti, manifestamente infondato.
La corte territoriale ha escluso la particolare tenuità del fatto in ragione dell’entità dell’imposta evasa pari a € 17.000,00 di Iva, ritenuta modesta ma non di minima offensività.
Come è stato opportunamente affermato nella sentenza COGNOME, pronunciata a Sezioni Unite, nel giudizio sulla tenuità del fatto si richiede «una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta», in quanto «non esiste un’offesa tenue o grave in chiave archetipica. È la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore» (Sez. Un., n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, pag. 8), sicchè ogni caso presenta sue peculiarità che il giudice del merito è tenuto a valutare nel complessivo giudizio di particolare tenuità ai sensi dell’art. 131 bis cod.pen.
Nel pervenire a tale conclusione, le Sezioni Unite COGNOME hanno ritenuto illuminante il riferimento testuale, contenuto nell’articolo 131-bis del codice penale, alle modalità della condotta, segno che la nuova normativa non si interessa tanto della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione RAGIONE_SOCIALE componenti soggettive della
condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.
La valutazione della corte territoriale sulla non minima offensività della condotta in ragione dell’ammontare dell’imposta evasa, seppur ritenuta modesta ma non di minima offensività con riguardo all’Iva in un contesto nel quale non è in contestazione l’evasione Ires per un importo maggiore pari a C 78.221,10, non può dirsi manifestamente illogica atteso che la non particolare tenuità dell’offesa deriva da una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, e, pertanto non è censurabile in questa sede.
Infine, sebbene acquisti rilievo, per effetto della novella dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, osserva, in linea AVV_NOTAIO, il Collegio che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023. Hu, Rv. 284497 – 01). E quanto al caso rileva, il Collegio, che i ricorrenti si sono limitati ad asserire di avere attivato una “procedura conciliativa” senza nulla aggiungere e documentare. Il motivo è, in parte qua, anche generico.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso, il 25/01/2024