Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25816 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/05/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME
Presidente –
Sent. n. sez. 897/2025
COGNOME
UP – 27/05/2025
NOME
Relatore –
R.G.N. 3771/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CONVERSANO il 07/08/1972
avverso la sentenza del 19/03/2024 della Corte d’appello di Bari Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ del ricorso.
Con sentenza in data 19 marzo 2024, la Corte dÕappello di Bari ha confermato la sentenza pronunciata in data 22.03.2023 dal Tribunale di Bari con la quale COGNOME NOME era stato condannato, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, in relazione al reato di cui allÕart. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, perchŽ quale titolare dellÕomonima ditta individuale, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di n. 10 fatture per operazioni inesistenti, indicava nelle dichiarazioni ai fini IVA e IRPEF per lÕanno 2013, elementi passivi fittizi per euro 20.146,80. In Bari il 15/09/2014.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso lÕimputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto lÕannullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dallÕart. 173, comma 1, disp. att., cod.proc.pen.
2.1. Violazione dellÕart. 606, comma 1, lett. c) in relazione agli artt. 179, comma 1 e 601 cod.proc.pen.
La difesa lamenta come nonostante il decreto di citazione per il giudizio di appello disponesse la trattazione della causa in forma orale, ritualmente notificato a mezzo pec in data 28/12/2023, il processo era stato definito con il rito cartolare.
La trattazione avvenuta in forma cartolare, in assenza del difensore, in assenza di qualsivoglia indicazione dei motivi di disapplicazione del rito ordinario, come previsto dal Decreto di Citazione, avrebbe determinato una nullitˆ assoluta ed insanabile ex art. 179, comma 1, cod.proc.pen.
2.2. Violazione dellÕart. 606, comma 1, lett. d), per prescrizione del reato contestato. La mancata partecipazione del difensore alla trattazione della causa, cos’ come lamentato con il primo motivo di ricorso, avrebbe impedito allo stesso di eccepire lÕintervenuta prescrizione decennale del reato contestato.
LÕemissione di fatture per operazioni inesistenti, avendo natura di reato istantaneo, si consumerebbe al momento dellÕemissione delle fatture, non rilevando invece in alcun modo, nŽ il momento di accertamento dello stesso, nŽ qualsiasi altro profilo non strettamente inerente alla materiale formazione delle fatture.
PoichŽ lÕultima fattura è stata emessa nel dicembre del 2013, il termine di prescrizione sarebbe maturato in data 31 dicembre 2023, ossia una data antecedente rispetto al giudizio dÕappello celebrata in data 19.03.2024.
2.3. Violazione dellÕart. 606, comma 1, lett. e) in relazione allÕart. 192 cod.proc.pen. Si deduce lÕillogicitˆ della motivazione in punto affermazione di responsabilitˆ dal momento che il Giudice di merito avrebbe accertato lÕesistenza delle operazioni commerciali tra la ditta COGNOME e la ditta RAGIONE_SOCIALE, cos’ come dimostrato in secondo luogo dalla rivendita, effettuata dal COGNOME, a terzi, del materiale acquistato dalla seconda societˆ, sicchè non sarebbe stata raggiunta la prova dellÕinesistenza di rapporti commerciali tra emittente e utilizzatore delle fatture. Il procedimento aveva preso avvio dallÕAvviso di Accertamento n. TVF010903404/2018, notificato in data 23/10/2018, mediante il quale, in assoluta mancanza di motivazione formale e sostanziale, in rettifica di quanto precedentemente accertato in via definitiva in sede di accertamento con adesione, avrebbe ulteriormente ed illegittimamente rideterminato il reddito dÕimpresa per lÕanno dÕimposta 2013 in euro 38.852,00, eccependo la non deducibilitˆ dei costi e dellÕIVA, in relazione alle fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE Tuttavia, argomenta il ricorrente, lÕirrevocabilitˆ dellÕatto finale del procedimento con adesione acquisterebbe efficacia definitiva e vincolante.
I noltre, contrariamente a quanto dichiarato dallÕAgenzia delle Entrate, si evidenzia come non sarebbe possibile sostenere che il contribuente abbia operato la detrazione delle somme imponibili e dellÕIVA in mancanza di fatture passive regolarmente registrate, a seguito dellÕintercorso disconoscimento e della mancata registrazione delle stesse, da parte del cedente, non avendo tale disconoscimento effetti assimilabili a quelli riconosciuti dal codice di procedura civile nellÕipotesi di disconoscimento della scrittura privata.
Tale disconoscimento non farebbe dunque in questo caso venire meno la fattura, quale documento giustificativo della detrazione operata dal contribuente. NŽ, si ricorda infine, sarebbe stata mai accertata lÕinesistenza del rapporto di fornitura alla base delle singole fatture, che ove mai sussistente, avrebbe senzÕaltro richiesto la necessitˆ di avviare il procedimento, previsto dal codice di rito civile, della querela di falso.
2.4. Con lÕultimo motivo si lamenta la violazione dellÕart. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen. La difesa contesta il mancato accertamento dellÕeffettiva esistenza del sottostante rapporto commerciale.Si evidenzia come il rapporto commerciale intercorso tra lÕimputato e la ditta RAGIONE_SOCIALE, sia avvenuto sempre mediante denaro contante, con emissione di fattura a cadenza mensile. Tale rapporto commerciale, confermato anche dalle operazioni di rivendita poste in essere dallÕimputato a terze persone, aventi ad oggetto le stesse quantitˆ e qualitˆ di materiali, e dalle fatture attive da egli emesse, sarebbe stato altres’ linearmente e correttamente rappresentato dal COGNOME in sede di esame avvenuto in udienza tenutasi in data 04/05/2022. Elementi questi, che risulterebbero dunque idonei a superare la presunzione semplice di inesistenza delle operazioni commerciali. I Giudici di merito avrebbero ritenuto la colpevolezza dellÕimputato sulla base di presunzioni semplici, che non offrirebbero alcuna certezza tecnico-giuridica, e che, in ogni caso, non avrebbero giustificato una condanna connotata da tale gravitˆ.
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ del ricorso.
1.Il primo motivo di ricorso risulta inammissibile.
Assume il ricorrente la nullitˆ della sentenza emessa con procedimento cartolare, lˆ dove il decreto di citazione avrebbe indicato che il procedimento sarebbe stato trattato in presenza allÕudienza del 19/03/2024.
Sotto un primo profilo va rilevato che la disciplina del processo di appello, applicabile ratione temporis (l’art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2022, come modificato dall’art.5- duodecies I.n. 199 del 2022, ha stabilito che per le impugnazioni proposte fino al quindicesimo giorno successivo al 30 giugno 2024 giusta provvedimento di proroga del pregresso termine del 31 dicembre 2023), cioè entro il 15 luglio 2024, continuano ad
applicarsi le disposizioni di cui all’art. 23-bis d.l. n. 137 del 2020) è regolata dalla norma emergenziale dellÕart. 23-bis d.l. n. 137 del 2020 introdotta, in sede di conversione, dalla l. n. 176 del 2020 e che riproduce il testo del previgente art. 23 d.l. n. 149 del 2020, contestualmente abrogato. LÕart. 23 bis, comma 1, d.l. n. 137 del 2020, prevedeva che a decorrere dal 9 novembre 2020 ÇÉfuori dai casi di rinnovazione dellÕistruzione dibattimentale, per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che lÕimputato manifesti la volontˆ di comparireÈ.
Sotto altro profilo, la dicitura contenuto nel decreto di citazione in appello Òonde trovarsi presente alla trattazione dellÕappelloÓ, che giˆ dal punto di vista lessicale non autorizza lÕinterpretazione datane dallÕimputato, deve essere necessariamente letto in combinato disposto con le disposizioni normative che regolano il giudizio di appello, e cioè lÕart. 23 bis citata.
Non solo non risulta che lÕimputato o il suo difensore abbiano chiesto la discussione in presenza secondo il dettato del citato art. 23 bis, ma non risulta neppure, dalla lettura del verbale di udienza, che il medesimo, sul ritenuto presupposto della celebrazione del processo in presenza, si fosse presentato allÕudienza fissata per la celebrazione del giudizio di appello per la -ritenuta – celebrazione in presenza.
Nessuna violazione del diritto di difesa risulta sussistente.
Il secondo motivo di ricorso, con cui si eccepisce la prescrizione del reato, è manifestamente infondato.
Deve infatti rammentarsi come, tenuto conto della disciplina applicabile ratione temporis (segnatamente L. 14 settembre 2011, n. 148) per il reato di cui allÕart. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, il termine ordinario di prescrizione risulta essere pari ad anni otto, aumentati fino ad anni 10, in presenza di atti interruttivi.
Nello specifico, il Giudice di primo grado ha dato atto del rinvio dellÕudienza del 23/11/2022 per legittimo impedimento del difensore, con conseguente sospensione dei termini della prescrizione fino al 15.02.2023, data in cui il giudice di primo grado dichiarava chiuso il dibattimentoÈ (v. p. 1 della sentenza di secondo grado).
Considerato che il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti si connota come reato di pericolo e di mera condotta, che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari e prescinde dal verificarsi dell’evento di danno e dalla data di emissione delle fatture per operazioni inesistenti (Sez. 3, n. 25808 del 16/03/2016, COGNOME, Rv. 267659 Ð 01), si deve dunque concludere che la prescrizione del reato, pari a dieci anni dalla data di consumazione che coincide con la data della presentazione della dichiarazione,
unitamente al periodo di sospensione del corso della prescrizione, è maturata in data 14/11/2024 in epoca successiva alla sentenza impugnata.
Anche gli altri motivi di ricorso risultano inammissibili.
3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto viziato da genericitˆ intrinseca e anche versato in fatto.
Il ricorso della difesa, non si confronta appieno con le argomentazioni espresse nelle motivazioni delle sentenze di merito, in particolar modo in quella di primo grado. Sia il giudice di primo grado che la Corte dÕappello hanno infatti chiarito come, non risulti in alcun modo dirimente la circostanza che vi fossero concreti rapporti commerciali tra le societˆ RAGIONE_SOCIALE
La contestazione, risulta infatti fondarsi non sullÕasserita mancanza assoluta di rapporti commerciali, ma piuttosto sulla falsitˆ di alcune fatture desunta dalla mancata coincidenza di alcuni dati di alcune di queste (nello specifico dodici fatture, per un ammontare complessivo di euro 24.421,10), cos’ come accertato a seguito del deposito delle fatture, posto in essere dalle parti a seguito di invito.
In particolare, a seguito di controllo delle fatture, sono state accertate le seguenti difformitˆ: Çtimbro con carattere differente; calligrafia differente; non coincidenza del numero di fattura 02, 04, 05, 06, 10, 12, 14 per indicazione di altro acquirente; non coincidenza del numero di fattura 17, 20, 24, 27, 30, in quanto ultima fattura emessa dalla societˆ RAGIONE_SOCIALE è la n. 16; bollettario con codice n. 1641C rispetto al n.5273 CT utilizzato dalla RAGIONE_SOCIALE (v.p. 2 sentenza di primo grado). Poi il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE emittente le fatture, aveva disconosciuto le fatture.
Da tali elementi i giudici territoriali hanno argomentato lÕinesistenza delle prestazioni ivi indicate.
Risulta del tutto incongruente e dunque è manifestamente infondato il richiamo alla efficacia definitiva e vincolante dellÕaccertamento con adesione a seguito di accertamento di maggiori redditi per lÕanno 2013.
QuandÕanche si volesse ritenere lÕapplicazione della disposizione prevista nella materia tributaria al processo penale, va rilevato che pur avendo previsto il legislatore tale richiamata efficacia, lo stesso ha tuttavia chiarito allÕart. 2, comma 4, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, come Çla definizione non esclude lÕesercizio dellÕulteriore azione accertatrice entro i termini previsti dallÕarticolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativo allÕaccertamento delle imposte sui redditi, e dallÕarticolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, riguardante lÕimposta sul valore aggiunto: a) se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali è possibile accertare un maggior reddito, superiore al cinquanta per cento del reddito definito e comunque non inferiore a centocinquanta milioni di lireÈ. Dunque non è esclusa la rideterminazione del reddito giˆ in sede tributaria. Ma in ogni caso, ribadita lÕautonomia dellÕaccertamento del giudice penale, a corretta decisione sono
pervenuti i giudici del merito, i quali hanno argomentato, sulla scorta degli accertamenti espletati in sede tributaria, con autonomia di giudizio, che lÕimputato quale legale rappresentante aveva utilizzato nelle dichiarazioni fiscali relative allÕanno di imposta 2013, elementi passivi fittizi derivanti dallÕutilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti. Nel resto il motivo di ricorso propone censure in fatto, mentre è generica la censura secondo cui la condanna sarebbe fondata su presunzioni semplici.
LÕultimo motivo di ricorso, rubricato violazione del principio di certezza della prova, risulta anchÕesso non confrontarsi con le argomentazioni della sentenza di primo grado, limitandosi ad estrapolare unicamente un frammento della motivazione contenuta nella stessa (ÇlÕAgenzia delle Entrate non aveva ritenuto necessario procedere alla verifica circa la reale esistenza delle operazioni sottostantiÈ v. p. 2 sentenza di primo grado), e travisandone il significato e dunque in quanto censura in fatto non è proponibile in questa sedei
Il Giudice di primo grado ha argomentato che lÕinesistenza delle prestazioni indicate nelle fatture utilizzate nella dichiarazione fiscale era dimostrata dalla divergenza tra le fatture rivenute nella contabilitˆ della RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE, quel soggetto emittente, e di quelle utilizzate dal COGNOME.
La colpevolezza dellÕimputato, contrariamente da quanto lamentato dalla difesa, risulta dunque fondata su elementi indiziari dotati dei caratteri di gravitˆ, precisione e concordanza, valevoli dunque a fondare legittimamente il convincimento del giudice: come osservato nella motivazione della sentenza di primo grado Çè pacifica, infatti, la falsitˆ degli elementi indicati nella dichiarazione, come si desume dal complesso delle difformitˆ rilevate in sede di controllo . NŽ tanto meno lÕimputato ha fornito la prova contraria circa la legittimitˆ della fonte della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente a tal fine la regolaritˆ formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di circostanze a loro volta facilmente falsificabiliÈ (v. p. 3 sentenza di primo grado), giudizio condiviso dalla corte territoriale, la cui motivazione, in presenza del c.d. doppia conforme si salda con quella di primo grado costituendo un unico complesso argomentativo.
Va, infine, rilevato che un ricorso per cassazione inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, “non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilitˆ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilitˆ a norma dell’art. 129 c.p.p.” (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256463, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv 217266; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004, COGNOME) cosicchŽ è preclusa la dichiarazione di prescrizione del reato maturato dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello (Sez. 5, n. 15599 del 19/11/2014, COGNOME, Rv. 263119).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Cos’ è deciso, 27/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME