Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34071 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34071 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Torino il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 4120 della Corte di appello di Torino del 12 settembre 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
latta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
letta, altresì, la memoria di replica redatta, nell’interesse del ricorrente, dall’ NOME COGNOME, del foro di Torino, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunziata in data 12 settembre 2024, la Corte di appello di Torino ha integralmente confermato la precedente decisione con la quale, in data 6 maggio 2024, il Tribunale di Torino, in esito a giudizio celebrato nelle forme ordinarie, aveva dichiarato la penale responsabilità di COGNOME NOME, il quale, nella sua qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, aveva indicato, negli anni di imposta 2013 e 2014 elementi passivi di reddito inesistenti documentati con fatture relative ad operazioni fittizie, e lo aveva, pertanto, condannato alla pena complessiva, ritenuta la continuazione fra le due ipotesi di reato a lui contestate e riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, di anni 2 di reclusione oltre accessori.
Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, articolando 3 motivi di impugnazione; il primo motivo attiene al vizio di motivazione in relazione alla affermazione della penale responsabilità del COGNOME; questa sarebbe stata formulata sulla base di dati equivoci dedotti sulla base di elementi di carattere presuntivo idonei a giustificare un accertamento tributario ma non tali da fondare una pronunzia di condanna in sede penale; in pratica, sostiene la ricorrente difesa, la responsabilità del COGNOME sarebbe stata ricavata solamente sulla base del dato secondo il quale non sarebbe emersa la prova del fatto che gli importi documentati con le fatture emesse nei confronti del COGNOME siano stati pagati con strumenti di pagamento tracciabili; ha rilevato la difesa dell’imputato che i giudici del merito non solo non hanno riscontrato l’esistenza di altri elementi sintomatici della inesistenza delle operazioni documentate con le fatture di cui al capo di imputazione, ma neppure hanno valutato il fatto che le prestazioni in questione erano tutte riferibili all’ambito merceologico, quello della commercializzazione delle scarpe e di altri prodotti di pellame, nel quale operava la impresa gestita dal COGNOME; dati questi che, ove esaminati, avrebbero, quanto meno, dovuto far ritenere non provata, al di là di ogni legittimo dubbio, la responsabilità dell’imputato, non potendo essere esclusa la buona fede del COGNOME nel trattare con società poi rivelatesi delle mere cartiere.
Il secondo motivo di censura attiene al vizio di motivazione ed alla erronea applicazione della legge in relazione al disposto aumento di pena ex art. 81, cpv. cod. pen., per il reato di cui capo 8) della rubrica; infatti, pur avendo i giudici del merito rilevato la sensibile minore entità della evasione di imposta che sarebbe stata realizzata attraverso la commissione di tale
secondo reato, hanno, tuttavia, applicato per esso un aumento pari a sei mesi di reclusione, avendo indicato per tale reato una pena base pari a quella ritenuta congrua per il reato di cui al capo A), in ordine al quale l’evasione di imposta che sarebbe stata realizzata era indicata come di assai maggiore importo.
Infine, il terzo motivo di doglianza concerne il vizio di motivazione e quello di violazione di legge che minerebbero la sentenza impugnata in relazione all’ammontare del valore da confiscare per equivalente; in particolare si rileva come in sede di gravame la difesa del COGNOME avesse segnalato come non potessero essere assoggettate a confisca le somme indicate quale Iva pagata in caso di operazioni solo soggettivamente fittizie e comunque che tale ammontare non potesse essere determinato in base a presunzioni riguardanti solo il diritto tributario.
In data 30 aprile 2025 la difesa del ricorrente, replicando alla requisitoria scritta depositata dalla Procura AVV_NOTAIO e svolta nel senso della inammissibilità della impugnazione, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, risultato solo parzialmente fondato, deve essere, di conseguenza, accolto nei limiti di quanto di ragione.
Inammissibile, in quanto evidentemente infondato, è il primo motivo di impugnazione.
Premesso, infatti, che al COGNOME è imputato il reato di cui all’art. 2 del dlgs n. 74 del 2000, per avere lo stesso, in qualità di legale rappresentante di una società commerciale, indicato, nella esecuzione di un medesimo disegno criminoso, nelle dichiarazioni dei redditi relative agli anni di imposta 2013 e 2014, al fine di omettere il pagamento della imposta sul valore aggiunto e sul reddito in misura pari, rispettivamente, ad euri 148.041,00 ed ad euri 105.333,00 quanto all’anno 2013, ed ad euri 93.600,00 ed ad euri 33.414,00 quanto all’anno 2014, elementi passivi di reddito rivenienti da fatture aventi ad oggetto operazioni commerciali inesistenti, osserva il Collegio che la tesi difensiva sviluppata dal ricorrente in ordine alla natura meramente presuntiva dell’avvenuto accertamento della sua responsabilità è priva di consistenza; i giudici del merito hanno, invece, plausibilmente fondato il proprio giudizio su elementi di carattere indiziario aventi la caratteristica della univocità, precisione e concordanza.
Invero essi hanno valorizzato il dato, di per sé indicativo di scarsa correttezza commerciale, che i pagamenti delle fatture di cui al capo di imputazione risultavano essere stati fatti, a dispetto del loro non trascurabile importo, tramite mezzi non soggetti a tracciabilità; hanno, altresì, rilevato come le società che risultavano essere fornitrici di beni o servizi nei confronti del COGNOME apparivano essere prive di struttura operativa e sconosciute al fisco; hanno, infine, considerato che solo per una parte delle forniture in questione (i cui importi sono stati defalcati dall’ammontare della complessiva evase fiscale contestata) il COGNOME era stato in grado di offrire elementi dimostrativi della loro effettività.
Si tratta, come è evidente, non di dati di carattere presuntivo, ma di elementi di carattere reale sulla base dei quali i giudici del merito hanno ragionevolmente inferito la circostanza che le fatture oggetto del capo di imputazione erano riferite ad operazioni, quanto meno soggettivamente (circostanza quest’ultima che, da ricordato, non varrebbe ad elidere la rilevanza penale della condotta posta in essere; cfr. infatti, fra la tante: Corte di cassazione, Sezione III penale, 20 gennaio 2020, n. 1998, rv 278378), inesistenti.
Accantonato, per il momento, il secondo motivo di ricorso ed esaminato ora il terzo, deve rilevarsene la assoluta infondatezza; ritiene il ricorrente che sia stata illegittimamente disposta la confisca per equivalente dello somme aventi ad oggetto la imposta sul valore aggiunto indicata nella fatture relative ad operazioni inesistenti (non importa, tanto più in materia di Iva, si si sia trattato di fittizietà oggettiva o soggettiva); l’assunto non trova alcuna giustificazione, dovendo ritenersi che, non essendo stata effettivamente versata da parte del COGNOME – attesa la natura meramente formnale delle fatture da lui ricevute – la Iva in esse indicata, del tutto illegittimamente la stessa è stata portata a credito in sede di redazione della dichiarazione dei redditi da questo redatta quanto agli anni di imposta in esame; la relativa somma ha, pertanto, costituito, attraverso il meccanismo del risparmio di spesa, il profitto dei reati da lui perpetrati e, correttamente, visto l’art. 12-bis del dlgs n. 74 del 2000, il quale impone, in caso di condanna per uno dei delitti previsti dal predetto testo legislativo “la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto” ovvero, ove ciò sia materialmente impossibile “la confisca di beni, di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente a tale” profitto, ì giudici del merito ne hanno disposto la confisca.
Fondato è, viceversa, il secondo motivo di doglianza; esso è riferito all’entità dell’aumento di pena disposto, ex art. 81, cpv. cod. pen. in relazione al reato di cui al capo B) della imputazione contestata.
Osserva, infatti, il Collegio che, in relazione a tale aumento, inspiegabilmente il Tribunale, pur avendo concretamente applicato un aumento pari a mesi 6 di reclusione, ha, tuttavia, segnalato (non è chiaro, invero, a quale scopo) che, non diversamente da quanto indicato per il più grave fra i reati in contestazione, cioè quello di cui al capo A), la pena autonoma per esso sarebbe stata quella, pari alla pena base relativa al reato sub A), di anni 2 e mesi 3 di reclusione.
A fronte della doglianza formulata sul punto dalla difesa dell’imputato la quale, considerata la diversa gravità dei due reati (invero, la evasione riguardante l’anno di imposta 2013 è stata, complessivamente, pari ad oltre euri 253.000 mentre quella relativa all’anno di imposta 2014 è stata pari a circa euri 126.00, cioè meno della metà del precedente), ha osservato la irragionevolezza della individuazione di una identica “pena autonoma”, che deve ritenersi essere stata considerata dalla Corte di appello ai fini dell’entità dell’aumento per effetto della ritenuta continuazione – ha preso in esame esclusivamente l’entità dell’aumento di pena applicato, senza in alcun modo giustificare il singolare richiamo (contenuto a chiara lettere anche nella sentenza della Corte territoriale) ad una identica “pena autonoma” pur in presenza di reati aventi una evidente differenza di gravità; senza cioè argomentare sulla eventuale incidenza o meno di siffatta indicazione sulla determinazione dell’aumento di pena disposto ex art. 81, cpv., cod. pen.
Nei limiti di cui sopra la sentenza impugnata deve essere annullata.
Giova precisare che una tale pronunzia, tale da involgere esclusivamente valutazioni incidenti sul trattamento sanzionatorio da irrogare in funzione della confermata penale responsabilità del COGNOME per il capo di imputazione sub B), non riguardando, invece il diverso capo di imputazione sub A) uscito indenne da ogni censura, fa sì che non debba essere dichiarata la estinzione di quest’ultimo, che sarebbe maturata in data 22 settembre 2024 (quindi successivamente alla sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino che, invece, rimonta al 12 settembre 2024), esclude, sulla base della giurisprudenza di questa Corte (si veda, infatti: Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 14 febbraio 2017, n. 6903, rv 269866-01), stante la autonomia dei diversi capi della sentenza solo parzialmente annullata, che siffatta prescrizione debba essere ora rilevata.
Peraltro, l’annullamento ora pronunziato, avente ad oggetto il solo trattamento sanzionatorio riguardante il reato sub B), dovendo ritenersi oramai definitiva l’affermazione della penale responsabilità per entrambi i reati oggetto di contestazione, preclude anche la incidenza sulla perdurante rilevanza penale del secondo reato contestato, del decorso del tempo successivo alla presente pronunzia (al riguardo, in tema di formazione progressiva del giudicato penale, cfr.: Corte di cassazione, Sezione I penale, 8 aprile 2013, n. 15949, rv 256255).
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino, limitatamente alla entit dell’aumento da irrogarsi a carico del COGNOME ex art. 81, cpv, cod, pen mentre per il resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aumento di pena per la continuazione in relazione al reato di cui al capo B) della rubrica, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente