Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14635 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14635 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
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sul ricorso proposto da GLYPH NOME COGNOME NOME, nato a Casalpusterlengo (Lo) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/6/2023 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con memoria
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14/6/2023, la Corte di appello di Genova confermava la pronuncia emessa il 27/9/2022 dal Tribunale della RAGIONE_SOCIALE, con la quale NOME COGNOME era stato dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. 2, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e condannato alla pena di due anni di reclusione.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, deducendo i seguenti motivi:
inosservanza ed erronea applicazione della norma contestata. La Corte appello avrebbe confermato la condanna senza considerare che il ricorre avrebbe svolto soltanto le funzioni di generai contractor, senza occuparsi di profili contabili o della presentazione delle dichiarazioni; nella sentenza, per affermerebbe più volte che la RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE a intrattenuto rapporti commerciali con la RAGIONE_SOCIALE, sebbene que non fosse mai accaduto; la prima, infatti, avrebbe ricevuto fatture esclusiv dalla RAGIONE_SOCIALE. La pronuncia, inoltre, non dar conto del dolo specifico richiesto per il reato, indicando soltanto meri indi considerando, inoltre, che il periodo d’imposta 2013 – compreso tra i due og di contestazione – sarebbe rimasto estraneo al giudizio, a conferma dell’as di dolo;
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 158 cod. pen., con rigu al capo B). La Corte di appello non avrebbe dichiarato estinto per prescrizi reato, sebbene ne fossero già maturati i termini;
mancata assunzione di prova decisiva. Si contesta la motivazione con quale sarebbe stata rigettata la richiesta di assunzione dei contratti d stipulati tra RAGIONE_SOCIALE e soggetti terzi, che avrebbero consentito di provare l’ dei lavori commissionati alla prima, la regolarità degli appalti ricevuti e la operatività del ricorrente nella qualifica già indicata. Questa lacuna determinato un notevole pregiudizio per la difesa, facendo mancare un elemen significativo a riprova dell’innocenza dell’imputato; l’assenza di questi c dunque, avrebbe impedito di dimostrare che nessuna inesistenza oggettiva pot riscontrarsi nel caso di specie;
inosservanza dell’art. 192 cod. proc. pen. La Corte di appello avr confermato la condanna con mere congetture e senza compiere una verifica quanto ipotizzato, specie con riguardo ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE rel contratti effettivamente eseguiti, come confermato dalla mancata revoca d appalti. Quanto dichiarato dal teste COGNOME, peraltro, non integrereb indizio grave, preciso e concordante, così come costituirebbero solo ipot affermazioni sull’effettivo potere di spesa in capo al ricorrente;
in forza di tutto quanto precede, si lamentano la mancanza, contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione quanto alle do di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato; le censure in punto di responsabilità, peraltro, possono essere trattate in modo congiunto, risultandone comune il fondamento.
Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale del decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte, osserva allora il Collegio che le censure mosse al provvedimento impugnato sono inammissibili; dietro la parvenza di una violazione di legge o di un vizio motivazionale, infatti, il ricorso tende ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
La doglianza, inoltre, trascura che la Corte di appello – pronunciandosi proprio sulle questioni qui riprodotte – ha steso una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile, anche alla luce della decisione di primo grado, alla quale l’altra si lega in stretto nesso argomentativo, come doppia conforme.
I Giudici del merito, infatti, hanno evidenziato l’inesistenza oggettiva dell operazioni indicate nelle fatture di cui ai capi B) e C) poi portate in dichiarazion da “NOMENOME, desunta da plurimi ed oggettivi elementi emersi dall’istruttoria (diffusamente riportata nella sentenza del Tribunale).
6.1. In particolare, quanto al rapporto tra le tre RAGIONE_SOCIALE, queste erano risultat strettamente connesse, nel senso che – come da ampia prova testimoniale – la struttura gestionale ed organizzativa di NOME era emersa solo formalmente separata da quella propria di “RAGIONE_SOCIALE” e di “RAGIONE_SOCIALE” (al punto che, a partire dal 2012, la sede legale della prima era stata trasferita allo stesso indirizzo di quella del “RAGIONE_SOCIALE“). A conferma di ciò, era risultato che neppure i dipendenti erano a conoscenza della RAGIONE_SOCIALE per la quale effettivamente lavoravano, in quanto, pur pensando che questa fosse NOME, si erano visti consegnare buste paga emesse dalle altre due cooperative; queste ultime, peraltro, risultavano amministrate da meri prestanome, come diffusamente riportato alla pag. 4 della sentenza di primo grado e non contestato nel ricorso.
6.2. Di seguito, le sentenze hanno evidenziato gli elementi sintomatici del inesistenza delle operazioni fatturate di cui ai capi B) e C). Al riguardo, Tribunale, confermato in appello, aveva sottolineato che le stesse fatture aveva ad oggetto prestazioni generiche (come da pag. 6) e relative a servizi c esulavano del tutto dall’oggetto sociale dell’emittente “RAGIONE_SOCIALE“; tra queste, l edili o servizi di pulizia, che infatti tutti i dipendenti escussi negavano di a compiuto. Ancora, nel corso degli accertamenti non era stato rinvenuto alcun contratto di appalto sottoscritto da “NOME” e “RAGIONE_SOCIALE“, né era stato prodotto difesa; ebbene, le sentenze hanno efficacemente affermato al riguardo che, i mancanza di documentazione idonea a giustificare le operazioni sottese all fatturazione eseguita da “RAGIONE_SOCIALE” all’indirizzo dell’altra, appariva del immotivata l’emissione delle fatture medesime, e dunque finalizzata esclusivamente ad abbattere il reddito imponibile di “NOME“. Ancora nell medesima ottica, la “RAGIONE_SOCIALE” non risultava aver presentato le dichiarazioni annu relative alle imposte dirette e indirette, al pari, peraltro, della “RAGIONE_SOCIALE“; “RAGIONE_SOCIALE“, ancora, evidenziava costi sostenuti invero fittizi, finalizzati a compen i servizi resi da “RAGIONE_SOCIALE” che, a sua volta, era risultata non aver mai prese alcuna dichiarazione e non aver sostenuto costi per la retribuzione di collabora o dipendenti, tali da giustificare un volume d’affari pari a 1,2 milioni di euro senso della contestazione, infine, le sentenze hanno evidenziato le dichiarazi della teste COGNOME, risultata pienamente attendibile con giudizio che non pu essere superato dalle considerazioni difensive sul punto (di cui al quarto motiv secondo le quali tali parole non integrerebbero indizi gravi, precisi e concorda
6.3. In forza di queste considerazioni, i Giudici del merito – con argomen solido e privo di illogicità manifesta, non certo con mere congetture – hanno quin confermato la responsabilità del COGNOME con riguardo alle violazioni dell’art. Igs. n. 74 del 2000. L’elemento soggettivo del reato, nei termini del dolo specif è stato riscontrato alla luce dell’elevatissimo numero di fatture emes contabilizzate per ciascuna annualità, a significare una condotta evidentement ripetuta ed il cui unico scopo doveva essere rinvenuto nella evasione fiscale. A riguardo, peraltro, non possono qui valere le considerazioni del primo motivo ricorso, secondo cui l’imputato avrebbe svolto la sola funzione di generai contractor, privo di qualunque operatività in ambito contabile; l’affermazione peraltro di puro merito, dunque inammissibile in questa sede – trascura infatt carica di legale rappresentante che il COGNOME rivestiva in “NOME“, con consegu doveri di vigilanza e controllo.
6.4. Altrettanto fondate su argomenti di merito, dunque inammissibili, sono poi le ulteriori considerazioni difensive circa i rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE e le a cooperative, in particolare con “RAGIONE_SOCIALE“. Così come è generica, ancora, l’affermazion
secondo cui i testimoni escussi sarebbero soltanto una minima percentuale dei lavoratori che avevano prestato la propria attività, che ben avrebbero pot confermare l’esecuzione di interventi per come fatturati.
6.5. Negli stessi termini, risulta poi manifestamente infondata anche la te censura, che lamenta la mancata assunzione dei contratti stipulati tra “RAGIONE_SOCIALE soggetti terzi, intesi come prova decisiva. Come correttamente affermato dall Corte di appello, infatti, la contestazione mossa al ricorrente non rigu l’eventuale fittizietà dei lavori svolti per eseguire gli appalti né i rap “RAGIONE_SOCIALE” e i committenti, ma soltanto quelli – interni – tra la stessa e cooperative citate, ed in particolare l’emittente “RAGIONE_SOCIALE“. D’altronde, quando g primo Giudice riscontrava la mancata esibizione di contratti, si riferiva non a q tra “RAGIONE_SOCIALE” ed i propri committenti, ma a quelli relativi alle prestazioni poi og delle fatture in esame.
Infine, risulta manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso, che eccepisce l’intervenuta prescrizione del capo B) prima della sentenza appello.
7.1. Il d.l. n. 148 del 2011 ha introdotto il comma 1 -bis nell’art. 17, d. lgs. n. 74 del 2000, così stabilendo che i termini di prescrizione per i delitti previst articoli da 2 a 10 dello stesso decreto sono elevati di un terzo. Ne consegue c reato di cui al capo B), contestato al 6/9/2013, non era prescritto alla data sentenza impugnata, il 14/6/2023, maturando tale termine solo il 6/9/2023, senz considerare eventuali sospensioni.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguent irrilevanza della prescrizione nelle more maturata. Alla luce della sentenza giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattisp non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso se versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», a declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versament della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2024
liere estensore