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Fatture false: anche se autoprodotte scatta il reato

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’uso di fatture false autoprodotte per evadere le imposte configura il reato di dichiarazione fraudolenta. Tuttavia, ha annullato la condanna, rinviando alla Corte d’Appello per omessa valutazione sulla particolare tenuità del fatto e per l’errato calcolo della confisca, che includeva l’IRAP.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatture False Autoprodotte: Quando è Reato? L’Analisi della Cassazione

L’utilizzo di fatture false rappresenta uno degli espedienti più comuni per l’evasione fiscale. Ma cosa succede se tali fatture sono create direttamente dall’imprenditore che le utilizza, invece che da un fornitore compiacente? Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale (Sent. n. 3375/2025) affronta proprio questo tema, confermando principi importanti ma annullando la condanna per vizi procedurali. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni pratiche per imprese e professionisti.

I Fatti di Causa: L’Utilizzo di Fatture False Create in Proprio

Il caso riguarda un imprenditore individuale condannato in primo e secondo grado per il reato di dichiarazione fraudolenta, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era di aver utilizzato nelle proprie dichiarazioni fiscali delle fatture relative a operazioni inesistenti. La particolarità della vicenda risiede nel fatto che l’imprenditore aveva materialmente predisposto egli stesso tali documenti, facendoli apparire come emessi da altre ditte, in realtà cessate o del tutto ignare. L’evasione d’imposta contestata era di importo relativamente modesto, circa 2.500-3.000 euro per annualità.

La Difesa dell’Imputato: Semplici Artifizi o Vere Fatture False?

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. I principali argomenti riguardavano:

1. Errata qualificazione giuridica: Secondo il ricorrente, i documenti creati non potevano essere considerati vere e proprie ‘fatture’ ai sensi della normativa fiscale. Essendo autoprodotte e palesemente false, avrebbero dovuto essere qualificate come ‘altri artifici’, facendo rientrare il fatto nella diversa fattispecie di dichiarazione fraudolenta prevista dall’art. 3 del D.Lgs. 74/2000, che prevede soglie di punibilità non superate nel caso specifico.
2. Mancata valutazione di istanze difensive: L’imputato lamentava che la Corte d’Appello avesse completamente ignorato le richieste, formulate per iscritto, di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e le nuove pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia.
3. Errato calcolo della confisca: Si contestava che l’importo della confisca fosse stato calcolato includendo anche l’IRAP evasa, imposta che, secondo la difesa, non rientra nel profitto del reato di dichiarazione fraudolenta sui redditi.

La Decisione della Cassazione sulle Fatture False

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Bologna. Vediamo i punti salienti della decisione.

La Qualificazione del Reato: Anche le Fatture False Autoprodotte Contano

Sul punto centrale, la Corte ha rigettato la tesi difensiva. Ha ribadito il principio consolidato (ius receptum) secondo cui il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false è configurabile anche quando i documenti sono creati dallo stesso utilizzatore. Ciò che conta è che tali documenti siano stati portati in dichiarazione per attestare operazioni mai avvenute, inducendo in errore il fisco. La loro natura di ‘fatture’ non viene meno solo perché autoprodotte.

Le Omissioni della Corte d’Appello

La Cassazione ha invece dato ragione all’imputato riguardo ai vizi procedurali. Ha constatato che la Corte d’Appello aveva effettivamente omesso di pronunciarsi sulle richieste di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) e delle pene sostitutive. Tale omissione costituisce un vizio di mancanza di motivazione che impone l’annullamento della sentenza. I giudici supremi hanno chiarito di non poter decidere direttamente nel merito, poiché tali valutazioni richiedono un esame dei fatti precluso in sede di legittimità.

L’Errore sul Calcolo della Confisca e l’IRAP

Infine, la Corte ha accolto anche il motivo relativo alla confisca. Ha confermato che, ai fini della quantificazione del profitto del reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. 74/2000, non si deve tener conto dell’evasione dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Quest’ultima, infatti, non è un’imposta sui redditi in senso tecnico, e pertanto il suo mancato versamento non può essere considerato profitto diretto del reato contestato.

Le Motivazioni

La sentenza si basa su una chiara distinzione tra il merito della qualificazione del reato e i vizi del procedimento giudiziario. Da un lato, la Corte ha rafforzato l’interpretazione estensiva del concetto di ‘fatture o altri documenti per operazioni inesistenti’, includendovi anche quelli creati ‘in casa’ dall’evasore. Questa scelta mira a colpire la sostanza dell’inganno perpetrato ai danni dell’Erario, indipendentemente dalla provenienza formale del documento. Dall’altro lato, la decisione sottolinea l’inderogabile dovere del giudice di merito di esaminare e motivare su tutte le istanze difensive, specialmente quelle basate su novità normative rilevanti come la Riforma Cartabia. L’omessa motivazione su punti cruciali come la possibile non punibilità per tenuità del fatto o l’applicazione di pene alternative al carcere costituisce una violazione del diritto di difesa che invalida la sentenza.

Le Conclusioni

La pronuncia offre tre importanti insegnamenti pratici:
1. La creazione e l’utilizzo di fatture false autoprodotte per abbattere il reddito imponibile integra pienamente il grave reato di dichiarazione fraudolenta.
2. I giudici di merito sono tenuti a dare una risposta motivata a tutte le richieste della difesa, pena l’annullamento della sentenza. Ciò è particolarmente vero per istituti favorevoli all’imputato come la particolare tenuità del fatto.
3. La confisca del profitto del reato deve essere calcolata con precisione, escludendo imposte come l’IRAP che non sono direttamente collegate alla base imponibile dei redditi oggetto della frode.

Creare da soli delle fatture false e usarle in dichiarazione è reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il delitto di dichiarazione fraudolenta (art. 2 d.lgs. 74/2000) è configurabile anche quando la documentazione falsa è stata creata dallo stesso utilizzatore, facendola apparire come proveniente da terzi.

L’imposta evasa ai fini IRAP può essere oggetto di confisca nel reato di dichiarazione fraudolenta?
No. La sentenza chiarisce che l’evasione dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) non assume rilievo per quantificare il profitto del reato di cui all’art. 2 del d.lgs. 74/2000, poiché non è un’imposta sui redditi in senso tecnico.

Se un giudice d’appello non risponde a una richiesta di applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’, la sentenza è valida?
No. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza proprio perché il giudice d’appello ha omesso di valutare e motivare sulle richieste dell’imputato relative all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), configurando un vizio di mancanza di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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