Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27181 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27181 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANZARO il 15/02/1985
avverso la sentenza del 29/01/2025 della CORTE di APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 29 gennaio 2025 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza emessa il 17 gennaio 2024 dal Tribunale di Milano con la quale NOME COGNOME era stato dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 642, comma 2, cod. pen., in relazione all’utilizzo di una fattura contraffatta relativa a lavori di riparazione di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale, ciò al fine di conseguire un indennizzo dalla compagnia di assicurazione in relazione
al furto della vettura, avvenuto successivamente (fatto commesso in Milano il 26 luglio 2018).
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando quattro motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva violazione degli artt. 124 cod. pen. e 148 del codice delle assicurazioni, in relazione al capo della sentenza con la quale era stata rigettata l’eccezione di difetto di tempestività della denuncia all’assicurazione, effettuata in data 19 aprile 2019, nonché violazione degli artt. 111 Cost., 125 e 182 cod. proc. pen.
Assumeva, in particolare, che la perizia redatta dall’agenzia investigativa incaricata dalla compagnia di assicurazione datata 31 gennaio 2019 era comunque priva di data certa, così che non era corretto far decorrere da tale data il termine di novanta giorni per la proposizione della querela, e che le affermazioni della Corte territoriale relative alle difficoltà incontrate dall’agenzia incaricata dalla compagnia di assicurazione a reperire la documentazione fiscale utile ai fini dell’accertamento della falsità della fattura recante il corrispettiv delle riparazioni effettuate sulla vettura oggetto del sinistro erano del tutto apodittiche.
Con il secondo motivo deduceva violazione dell’art. 533 cod. proc. pen. in relazione alla statuizione di responsabilità dell’imputato, assumendo che non era stata raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio della falsità della fattura, ritenuta solo sulla base di un’incongruenza della data e del numero della stessa, a fronte delle testimonianze degli amici dell’imputato i quali avevano dichiarate che in effetti la vettura in discorso era stata oggetto di riparazione.
Con il terzo motivo deduceva violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in relazione alla omessa valutazione e al travisamento delle dichiarazioni dei testi COGNOME NOME e NOME, amici dell’imputato, e ancora contraddittorietà e illogicità della motivazione, assumendo che la Corte d’Appello aveva ritenuto la sussistenza di “un quadro probatorio assolutamente solido” senza indicare in maniera specifica gli elementi di prova utilizzati ai fini della decisione, e inoltre aveva ritenuto che nessuna ricostruzione alternativa dei fatti fosse supportata da riscontri oggettivi, senza considerare le suddette testimonianze e inoltre l’assenza di un’analisi delle scritture contabili dell’esercizio di officina meccanica che aveva provveduto alle riparazioni
dell’auto, analisi che era stata impedita dal fatto che l’officina era stata sottoposta a sequestro penale e che, nondimeno, doveva ritenersi necessaria ai fini di valutare l’autenticità o la falsità della fattura indicata nell’imputazione.
Con il quarto motivo deduceva contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale aveva ritenuto l’assenza di una ricostruzione alternativa dei fatti adeguatamente supportata da elementi di prova e violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. per difformità fra i fatti descritt nell’imputazione e quelli posti a base della statuizione di condanna, richiamando ancora una volta la testimonianza di COGNOME COGNOME che aveva affermato di aver incontrato l’imputato a bordo di una vettura diversa da quella di sua proprietà, evidentemente sostitutiva di quella che era oggetto di riparazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato, dovendosi considerare che correttamente la Corte territoriale ha fatto decorrere il termine per proporre la querela dalla data della perizia stragiudiziale effettuata sull’incidente denunciato, data che, in assenza di elementi in senso diverso, la Corte ha fatto coincidere con il momento in cui la compagnia di assicurazione parte offesa ha avuto piena contezza dell’esistenza del reato.
Né, per il fine qui di interesse, in assenza di elementi che inducano a ritenere la falsità della data indicata nella detta perizia, è necessario che la stessa fosse munita di data certa.
Gli ulteriori motivi, che devono essere trattati congiuntamente in quanto involgono le medesime questioni, non sono consentiti in quanto tendenti a una inammissibile rivalutazione nel merito delle prove assunte.
La Corte d’Appello, invero, ha reso una motivazione che appare immune da vizi in relazione a tutti i profili evidenziati nel ricorso, traendo dagli elementi d fatto valutati conseguenze del tutto logiche in relazione alla ritenuta responsabilità del Salvatore.
In particolare, ha passato in rassegna gli elementi in forza dei quali ha ritenuto la falsità della fattura, costituiti dalla “compilazione grafica” e dalla “numerazione, assolutamente distonica relativamente alla data e alla numerazione progressiva in essa indicata”, e ancora dal fatto che il sequestro dell’officina meccanica che aveva emesso la fattura era stato disposto, tra
l’altro,
“anche per la compilazione di documenti fiscali non veritieri”
(v. pag. 6
della sentenza impugnata).
Quanto alle dichiarazioni testimoniali degli amici dell’imputato, la Corte territoriale ha congruamente evidenziato che costoro si erano limitati a riferire
quanto appreso dallo stesso imputato in relazione all’utilizzo da parte di costui di una vettura diversa da quella allo stesso intestata, che a dire del Salvatore si
trovava ferma per delle riparazioni, ragione per la quale la stessa Corte, con valutazione non manifestamente illogica, ha ritenuto che tali dichiarazioni non
dessero
“contezza alcuna della veridicità né della denuncia dell’incidente né del prezzo asseritamente corrisposto per le riparazioni”,
dando invece
“un’ulteriore dimostrazione della precostituzione di un narrato teso a ottenere un
risarcimento non dovuto” (v.
pag. 7 del provvedimento impugnato).
3. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16/05/2025