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Fatto lieve stupefacenti: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. Il caso riguardava la detenzione di una notevole quantità di marijuana (circa 900 grammi) e un’accusa di ricettazione. La Suprema Corte ha ritenuto le censure dell’imputato, volte a ottenere la qualificazione del reato come fatto lieve stupefacenti, del tutto generiche. È stato ribadito che la valutazione del ‘fatto lieve’ deve considerare tutti i parametri (quantità, qualità, mezzi, circostanze) e che un solo indice negativo, come l’ingente quantitativo, può essere sufficiente a escludere tale ipotesi. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto lieve stupefacenti: la Cassazione boccia il ricorso generico

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato i principi cardine per la valutazione del fatto lieve stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti. La decisione sottolinea come la genericità dei motivi di ricorso conduca inevitabilmente alla sua inammissibilità, soprattutto quando la sentenza impugnata si basa su una motivazione solida e coerente. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per la detenzione di un’ingente quantità di sostanza stupefacente – nello specifico, 899 grammi di marijuana, corrispondenti a circa 7.000 dosi – e per il reato di ricettazione. L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, articolando la sua difesa su tre punti principali:

1. La richiesta di riqualificare il reato di detenzione di droga nell’ipotesi più lieve del fatto lieve stupefacenti.
2. Una diversa qualificazione giuridica del reato di ricettazione.
3. Una critica al trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.

Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di merito, sostenendo che non avessero adeguatamente valutato gli elementi a suo favore per l’applicazione dell’attenuante speciale.

L’Analisi della Cassazione e i Criteri del Fatto Lieve Stupefacenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, ritenendo le censure proposte del tutto generiche e incapaci di scalfire la logicità della sentenza impugnata. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia.

La valutazione per riconoscere l’ipotesi del fatto lieve stupefacenti non può essere frammentaria, ma deve basarsi su un’analisi complessiva di tutti i parametri indicati dalla legge: il dato quantitativo e qualitativo della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Un principio fondamentale, richiamato dalla Corte, è che anche un solo indice di particolare gravità può risultare decisivo e assorbente, rendendo irrilevanti altre considerazioni.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del ricorrente, evidenziandone la genericità.

Incompatibilità con l’Ipotesi di Fatto Lieve

Per quanto riguarda il primo motivo, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente escluso l’ipotesi lieve. Il dato ponderale (quasi 900 grammi di marijuana) e la qualità della sostanza (equivalente a 7.000 dosi) sono stati considerati elementi oggettivamente gravi. Questi fattori, uniti all’inserimento del soggetto in un traffico di rilevante diffusività, sono stati ritenuti circostanze incompatibili con la minima offensività richiesta per il fatto lieve. Il ricorrente, inoltre, non aveva specificato quali ulteriori elementi favorevoli avrebbero dovuto essere considerati, rendendo la sua doglianza astratta.

Genericità degli Altri Motivi

Anche le censure relative alla qualificazione del reato di ricettazione e al trattamento sanzionatorio sono state giudicate generiche. La Corte ha osservato che il ricorrente si limitava a sollecitare una diversa valutazione delle prove, senza individuare vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata, la quale risultava completa ed esaustiva sia nell’escludere il concorso nel furto sia nel giustificare la gravità della pena inflitta.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante promemoria: un ricorso per cassazione deve essere specifico, puntuale e basato su vizi logici o violazioni di legge, non su una mera richiesta di rivalutazione del merito. Per quanto riguarda il fatto lieve stupefacenti, viene confermato che elementi oggettivi di gravità, come l’ingente quantitativo destinato a un traffico diffuso, possono di per sé escludere l’applicazione di questa fattispecie attenuata. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, è la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma significativa alla Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in 3.000 euro.

Quando un reato di spaccio può essere considerato un ‘fatto lieve’?
Un reato legato agli stupefacenti può essere qualificato come ‘fatto lieve’ quando la condotta è di minima offensività. La valutazione viene fatta dal giudice considerando tutti i parametri di legge: la quantità e la qualità della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Se anche uno solo di questi indici risulta particolarmente grave, come un’ingente quantità di droga, ciò può essere sufficiente a escludere questa ipotesi attenuata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti ‘del tutto generici’. Il ricorrente non ha contestato specificamente le argomentazioni della sentenza precedente né ha evidenziato vizi logici, ma si è limitato a richiedere una diversa valutazione dei fatti già esaminati dalla Corte d’Appello, la cui motivazione è stata giudicata completa e corretta.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Secondo l’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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