Fatto Lieve Droga: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità in materia di stupefacenti, con particolare riferimento alla qualificazione del fatto lieve droga. La pronuncia sottolinea la netta distinzione tra la valutazione dei fatti, riservata ai giudici di merito, e il controllo sulla corretta applicazione della legge, unico compito della Suprema Corte. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere perché alcuni ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
Il Contesto del Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Roma per reati legati agli stupefacenti. L’imputato ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su tre argomenti principali: la destinazione della sostanza a uso esclusivamente personale, la richiesta di applicazione dell’ipotesi del fatto lieve droga prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, e la mancata concessione dell’attenuante per la collaborazione.
Fatto Lieve Droga: I Criteri di Valutazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, ritenendo che tutte le censure sollevate non fossero appropriate per il giudizio di legittimità. Analizziamo i punti chiave della decisione.
La Questione dell’Uso Personale e la Valutazione dei Fatti
Il primo motivo di ricorso, relativo alla destinazione della droga per uso personale, è stato respinto perché introduceva censure sulla ricostruzione dei fatti. La Suprema Corte ha ricordato che l’apprezzamento del materiale probatorio e la valutazione delle circostanze sono compiti esclusivi del giudice di merito. Se il giudice di merito ha fornito una motivazione logica e coerente, come nel caso di specie, la Cassazione non può intervenire per offrire una diversa interpretazione delle prove.
I Limiti per il Riconoscimento del Fatto di Lieve Entità
Anche le censure relative al mancato riconoscimento del fatto lieve droga sono state considerate generiche e infondate. La Corte ha richiamato un principio consolidato, espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 51063/2018), secondo cui la lieve entità deve essere valutata considerando un insieme di parametri: qualitativi, quantitativi, le modalità dell’azione e le altre circostanze. Nel caso specifico, il dato ponderale, pari a 1.098 dosi di hashish, e l’inserimento dell’imputato in una rete di spaccio sono stati ritenuti elementi talmente negativi da rendere irrilevante ogni altra considerazione, giustificando così l’esclusione dell’ipotesi lieve.
L’Attenuante della Collaborazione
Infine, anche il motivo sulla mancata concessione dell’attenuante della collaborazione è stato giudicato inammissibile. La Corte d’Appello aveva già motivato la sua decisione evidenziando l’assenza di elementi per verificare la rilevanza e l’attendibilità delle dichiarazioni dell’imputato. Anche questa, quindi, è stata considerata una valutazione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda sulla natura stessa del giudizio di Cassazione. Questo non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare le prove, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione delle norme giuridiche e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata. I motivi del ricorso, tentando di ottenere una nuova valutazione delle prove e delle circostanze del caso, superavano i limiti consentiti dalla legge, rendendo l’impugnazione inevitabilmente inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi intende ricorrere in Cassazione deve basare le proprie argomentazioni su vizi di legge o illogicità manifeste della motivazione, non sulla speranza di una diversa interpretazione dei fatti. Per quanto riguarda il fatto lieve droga, la decisione conferma che la presenza di uno o più indicatori particolarmente negativi, come l’ingente quantità di stupefacente, può essere sufficiente a escludere questa ipotesi più favorevole. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Perché un ricorso basato sulla destinazione della droga a uso personale è stato respinto dalla Cassazione?
Perché la valutazione sulla destinazione della sostanza stupefacente è una questione di fatto, la cui analisi spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito). La Corte di Cassazione si limita a controllare la corretta applicazione della legge, non a riesaminare le prove.
Quali sono i criteri per stabilire se un reato di droga è un ‘fatto lieve’?
La valutazione si basa su un insieme di parametri, tra cui la quantità e qualità della droga, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Come chiarito dalla Corte, se anche uno solo di questi elementi risulta particolarmente grave (in questo caso, una quantità pari a 1.098 dosi), può essere sufficiente per escludere la qualificazione di ‘fatto lieve’.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46211 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46211 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROMA il 31/07/1982
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
ritenuto che i motivi riferiti alla destinazione all’uso personale introducono inammissibilrne censure non consentite nel giudizio di legittimità, poiché concernenti la ricostruzione e valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudiz rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi i ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza;
ritenuto che le altre censure con le quali il ricorrente impugna la decisione con cui è st esclusa l’ipotesi prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90 sono del tutto generiche rispetto ad una motivazione che ha fatto corretta applicazione del principio di diri consolidato secondo cui l’ipotesi del fatto > lieve deve essere valutata alla stregua di tutti i parametri di legge, costituiti dal dato qualitativo e quantitativo, mezzi, modalità, circost dell’azione, con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risu negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076);
ritenuto che nel caso di specie, oltre al dato ponderale (pari a 1.098 dosi di hashish), modalità della detenzione della droga e l’inserimento in una rete di spaccio sono state ritenut motivatamente circostanze incompatibili con l’ipotesi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90, alla stregua dell’assenza di ulteriori elementi favorevoli che potessero giustificare la div qualificazione dei fatti invocata dalla difesa;
ritenuto quanto al motivo sulla mancata concessione dell’attenuante della collaborazione ex art. 73 comma 7, d.P.R. 309/90 che si tratta di censure non consentite nel giudizio di legittimità, poiché concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, avendo la Co congruamente evidenziato l’assenza di elementi utili di riscontro a verificare la rilevanz l’attendibilità della collaborazione resa dall’imputato, anche in dipendenza della scelta giudizio abbreviato e della mancanza di allegazioni di elementi di riscontro della veridicità de sue dichiarazioni;
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende
Così deciso il giorno 15 novembre 2024
liere estensore Il Co
Il Pesidente