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Fatto diverso: la Cassazione e la nullità della sentenza

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati, chiarendo un importante principio di procedura penale. Se nel corso del processo emerge un fatto diverso da quello originariamente contestato, il giudice non può assolvere l’imputato, ma deve dichiarare la nullità della sentenza e trasmettere gli atti al Pubblico Ministero. La Corte ha ribadito che il giudice del rinvio è vincolato ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione e che non possono essere introdotti nuovi motivi di ricorso non precedentemente devoluti.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto Diverso: Assoluzione o Nullità? La Cassazione Chiarisce

Nel processo penale, la corrispondenza tra l’accusa formulata e il fatto accertato in dibattimento è un principio cardine. Ma cosa accade quando le prove dimostrano un fatto diverso da quello contestato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35022 del 2024, offre un’importante lezione su questo tema, stabilendo che in tali casi la strada da percorrere non è l’assoluzione, ma la nullità della sentenza e la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero. Analizziamo insieme la vicenda.

Il Complesso Iter Processuale

La vicenda giudiziaria riguarda due imputati, condannati in primo grado e in appello per diversi reati. Il fulcro della questione ruota attorno al reato associativo. Inizialmente, l’accusa era di aver costituito una nuova associazione a delinquere di stampo mafioso. Tuttavia, nel corso dei giudizi di merito, era emerso che le condotte degli imputati erano in realtà riconducibili a dinamiche interne a una già esistente e nota organizzazione criminale del territorio, la cosiddetta “Società foggiana”.

Una precedente sentenza della Corte d’appello aveva assolto uno degli imputati dal reato associativo. Questa decisione era stata però annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, che aveva incaricato i giudici d’appello di stabilire se la vicenda, così come accertata, costituisse un fatto diverso ai sensi del codice di procedura penale. La nuova Corte d’appello, conformandosi all’indicazione, aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado limitatamente a quel reato, ordinando la trasmissione degli atti al PM, e aveva rideterminato la pena per gli altri reati. Contro questa decisione, gli imputati hanno nuovamente proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Dal Fatto Diverso ai Vizi di Motivazione

L’imputato principale ha sollevato diverse censure. In primo luogo, ha sostenuto che la dichiarazione di nullità della precedente sentenza di assoluzione costituisse una violazione del divieto di reformatio in peius, ossia un peggioramento della sua posizione. A suo dire, poiché il Pubblico Ministero non aveva mai esplicitamente sollevato la questione del fatto diverso, i giudici non avrebbero potuto dichiarare la nullità.

Altri motivi di ricorso riguardavano la determinazione della pena, ritenuta motivata per relationem (cioè con un semplice rinvio alla sentenza precedente) e l’omessa motivazione su pene accessorie e misure di sicurezza.

Il secondo ricorrente, invece, lamentava una mera incongruenza tra motivazione e dispositivo della sentenza, un vizio considerato dalla Cassazione come un semplice errore materiale.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Coerenza Processuale

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo chiarimenti fondamentali. Ha sottolineato che il giudice del rinvio ha il preciso dovere di uniformarsi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione nella sentenza di annullamento. In questo caso, la Cassazione aveva già tracciato il percorso: se le condotte sono riconducibili a un sodalizio criminale diverso da quello contestato, si configura un fatto diverso.

La conseguenza processuale di un fatto diverso non è l’assoluzione per insussistenza del fatto contestato, ma la declaratoria di nullità e la restituzione degli atti all’organo dell’accusa. Questo per garantire il corretto esercizio dell’azione penale e il diritto di difesa dell’imputato rispetto alla nuova configurazione del fatto. Procedere con un’assoluzione creerebbe una insanabile contraddizione, impedendo al PM di esercitare l’azione penale per il fatto come realmente emerso.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la questione del fatto diverso può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice d’appello. Non è necessario un motivo specifico di impugnazione da parte del PM. La logica del sistema processuale, infatti, impone al giudice di garantire la correlazione tra accusa e sentenza. Quando questa correlazione manca in modo sostanziale, la sanzione è la nullità.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Cassazione li ha ritenuti inammissibili perché proponevano questioni non sollevate nel precedente ricorso che aveva portato all’annullamento con rinvio. Il giudizio di rinvio ha confini ben precisi, limitati ai punti annullati dalla Suprema Corte. Non è possibile, in quella sede, introdurre doglianze nuove o riesaminare punti già decisi o non impugnati tempestivamente.

Infine, il motivo sollevato dal secondo ricorrente è stato liquidato come tentativo di utilizzare il ricorso per cassazione per correggere un mero errore materiale, compito che spetta invece allo stesso giudice che ha emesso la sentenza, attraverso la procedura di correzione.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza un principio cruciale: la corretta qualificazione del fatto è un pilastro del giusto processo. L’accertamento di un fatto diverso non è una via di fuga verso l’assoluzione, ma un meccanismo che riporta il procedimento al suo punto di partenza, garantendo che l’accusa sia formulata in modo preciso e che la difesa possa esplicarsi pienamente. La decisione consolida inoltre i limiti del giudizio di rinvio, che non può diventare un’occasione per riaprire questioni ormai precluse, assicurando così la stabilità e la progressione del processo penale.

Se durante un processo penale emerge un fatto diverso da quello contestato nell’imputazione, il giudice può assolvere l’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se il fatto accertato in dibattimento è diverso da quello contestato, il giudice non può pronunciare una sentenza di assoluzione. La procedura corretta è dichiarare la nullità della sentenza di primo grado e ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero, affinché possa esercitare nuovamente l’azione penale in relazione al fatto come effettivamente emerso.

È possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso che non erano stati sollevati nel precedente giudizio, poi annullato con rinvio?
No. La sentenza chiarisce che all’esito del giudizio di rinvio è preclusa la possibilità di dedurre una questione non già devoluta alla Corte di Cassazione con il ricorso che ha determinato l’annullamento. Il giudizio di rinvio è circoscritto ai punti della decisione annullati dalla Suprema Corte.

Una discrepanza tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza costituisce sempre un motivo valido per ricorrere in Cassazione?
Non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la divergenza lamentata (l’uso del verbo “conferma” in motivazione e “ridetermina” nel dispositivo) non integrasse un vizio di illogicità, ma un mero errore materiale. Tale errore può essere corretto tramite l’apposita procedura di correzione davanti allo stesso giudice che ha emesso la sentenza, e non costituisce motivo di inammissibilità per un ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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