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Fatto di lieve entità: spaccio seriale e valutazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26298/2024, ha stabilito che un’attività di spaccio di droga, anche se ripetuta e non occasionale, può essere qualificata come ‘fatto di lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90. La Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, sottolineando che la valutazione deve essere complessiva e considerare tutti gli aspetti della condotta (quantità modeste, prezzo, ambito territoriale limitato), senza che la sistematicità o i precedenti penali costituiscano un ostacolo automatico a tale qualificazione.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio Seriale e Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Valutazione

L’inquadramento di un’attività di spaccio di stupefacenti come fatto di lieve entità rappresenta un punto cruciale nel diritto penale, con significative conseguenze sulla pena e sulle misure cautelari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26298/2024) ha affrontato un caso emblematico, chiarendo che anche un’attività di spaccio prolungata nel tempo e non occasionale può rientrare in questa fattispecie meno grave, a patto che la valutazione del giudice sia complessiva e non si fermi alla sola sistematicità della condotta.

Il Contesto del Caso: Dalla Custodia in Carcere alla Riqualificazione del Reato

La vicenda giudiziaria ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Vicenza nei confronti di un soggetto, indagato per una serie di episodi di spaccio di stupefacenti commessi nell’arco di circa due anni. L’indagato, tramite i suoi legali, ha presentato istanza al Tribunale del Riesame di Venezia, il quale, pur confermando la misura cautelare, ha riqualificato i reati contestati. Invece della violazione dell’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/90 (legge sugli stupefacenti), il Tribunale ha ritenuto che i fatti rientrassero nell’ipotesi più lieve del comma 5 dello stesso articolo, ovvero il cosiddetto fatto di lieve entità.

Il Tribunale ha basato la sua decisione su alcuni elementi specifici: i quantitativi modesti di sostanza ceduta in ogni singolo episodio, il prezzo indicativo basso, la scarsa qualità della sostanza e una rete limitata di acquirenti, circoscritta a un piccolo comune.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il fatto di lieve entità

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso in Cassazione, articolando due principali motivi di doglianza.

La Sistematicità dell’Attività di Spaccio

Secondo l’accusa, il Tribunale del Riesame avrebbe errato nel non considerare la sistematicità dell’attività dell’indagato. La condotta si era protratta per due anni, con forniture a clienti abituali, e l’indagato aveva già due precedenti condanne specifiche. Questi elementi, a parere del PM, indicavano un inserimento stabile nel circuito dello spaccio, incompatibile con la qualificazione di fatto di lieve entità.

La Somma delle Singole Cessioni

Il secondo motivo di ricorso si concentrava su un’argomentazione logica: sebbene ogni singola cessione riguardasse una modica quantità di sostanza, la somma totale delle quantità cedute nel tempo a clienti stabili (uno per sei mesi, l’altro per due anni con frequenza di acquisto ogni 2-3 giorni) avrebbe configurato un quantitativo complessivo rilevante. Il PM sosteneva l’illogicità di considerare più grave la detenzione di un’unica grande partita di droga rispetto alla sua effettiva e frazionata cessione sul mercato, che concretizza il danno alla salute pubblica.

La Decisione della Cassazione e i suoi Principi

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del Pubblico Ministero, confermando la correttezza dell’ordinanza del Tribunale del Riesame. La sentenza offre importanti chiarimenti sui criteri per l’applicazione dell’ipotesi del fatto di lieve entità.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito che la valutazione sulla lieve entità del fatto deve essere complessiva, tenendo conto non solo del dato quantitativo e qualitativo della sostanza, ma anche dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione. Non è possibile escludere la lieve entità basandosi su un solo indicatore negativo (come la non occasionalità) se altri elementi depongono in senso contrario.

I giudici hanno sottolineato due aspetti fondamentali:
1. Non Occasionalità e Precedenti Penali: La giurisprudenza costante, avallata anche da una recente riforma legislativa (D.L. 123/2023), ha chiarito che l’ipotesi lieve non è incompatibile con un’attività di spaccio continuativa. La riforma ha persino introdotto una specifica fascia di pena per i fatti di lieve entità ma non occasionali, riconoscendone normativamente l’esistenza. Allo stesso modo, i precedenti penali non sono un elemento automaticamente preclusivo, ma uno dei tanti da considerare nel giudizio complessivo.
2. Valutazione della Quantità: L’argomento del PM sulla somma delle cessioni è stato ritenuto suggestivo ma non fondato. Per la Corte, non è affatto irrilevante se un certo quantitativo di droga venga detenuto in un’unica soluzione o ceduto in singole dosi nel tempo a consumatori specifici. Queste diverse modalità di realizzazione del reato possono e devono incidere sulla qualificazione giuridica. Il Tribunale del Riesame, valorizzando i modesti quantitativi ceduti, il prezzo basso e l’ambito territoriale limitato, ha logicamente inquadrato l’attività come un “piccolo spaccio seriale”, riconducibile a un fatto non occasionale ma, appunto, di lieve entità.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza della Cassazione consolida un principio di proporzionalità e concretezza. La qualificazione di un reato di spaccio non può basarsi su automatismi. Elementi come la serialità della condotta o i precedenti dell’imputato non escludono a priori il riconoscimento del fatto di lieve entità. Il giudice di merito deve, invece, compiere una valutazione globale che tenga conto di tutti gli indici previsti dalla norma, bilanciandoli tra loro per giungere a un giudizio unitario sulla reale offensività del fatto. La distinzione tra la detenzione di una grande partita e lo spaccio frazionato di piccole dosi è giuridicamente rilevante e può giustificare una diversa qualificazione del reato.

Un’attività di spaccio continuativa e non occasionale può essere considerata un ‘fatto di lieve entità’?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la non occasionalità della condotta non preclude l’applicazione dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90. Anche una recente riforma normativa ha previsto una specifica sanzione per i fatti lievi ma non occasionali, riconoscendone la compatibilità.

I precedenti penali specifici per spaccio impediscono la qualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’?
No. Secondo la Corte, i precedenti penali specifici non hanno un valore preclusivo automatico. Essi sono uno degli elementi che il giudice deve considerare nella sua valutazione complessiva del fatto, ma non impediscono di per sé il riconoscimento della lieve entità.

Ai fini della valutazione della gravità, la somma delle piccole quantità di droga cedute nel tempo equivale alla detenzione di un’unica grande quantità?
No. La Corte ha stabilito che non è irrilevante se un quantitativo di stupefacente venga detenuto in un’unica soluzione o ceduto in piccole dosi nel tempo. Queste diverse modalità di realizzazione del fatto possono concretamente incidere sulla sua qualificazione giuridica e la cessione frazionata di singole dosi può essere considerata di lieve entità, a differenza della detenzione di una quantità complessiva identica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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