Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26298 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26298 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VICENZA nel procedimento a carico di:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 16 febbraio 2022 il Tribunale di Venezia ha respinto la richiesta di riesame avanzata da NOME COGNOME contro l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza che aveva disposto la custodia cautelare in carcere per violazioni dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990 n.309 commesse: il 30 gennaio 2024 (capo 1); il 15 gennaio 2024 (capo 2); 1’8 e il 17 gennaio 2024 (capo 3); dal 2022 al 30 gennaio 2024 (capo 4).
Pur avendo respinto la richiesta di riesame e confermato l’ordinanza custodiale, il Tribunale ha qualificato i fatti per cui si procede quali violazio dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/902 sottolineando che si tratta di «condotte inquadrabili nel “piccolo spaccio” di strada, tenuto conto dei quantitativi modesti detenuti e ceduti, del prezzo indicativo, della scarsa qualità della sostanza e della rete limitata di acquirenti, circoscritta al Comune di Monticello».
Il Pubblico Ministero ha proposto tempestivo ricorso contro l’ordinanza del Tribunale per il riesame, dolendosi della diversa qualificazione giuridica del fatto e sottolineando che tale diversa qualificazione ha rilevanti conseguenze sulla durata dei termini di custodia cautelare / anche se riferita al secondo periodo dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 (introdotto dall’art. 4, comma 3, decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159).
Il ricorso si articola in due motivi.
2.1. Col primo motivo, il ricorrente lamenta manifesta illogicità della motivazione per essere stati presi in considerazione, ai fini della qualificazione giuridica dei fatti, i singoli episodi di spaccio (relativi a quantità non elevate di sostanze) senza tenere conto della sistematicità dell’attività compiuta e del fatto che l’indagato ha già riportato due condanne per cessioni di stupefacenti commesse il 17 aprile 2021 e il 15 settembre 2023. Secondo il ricorrente, i precedenti specifici e le modalità della condotta, protrattasi per due anni con fornitura di stupefacenti a clienti abituali, sono significativi di uno stab inserimento dell’indagato nel circuito dello spaccio e non avrebbero consentito di qualificare i fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90.
2.1. Col secondo motivo, il ricorrente deduce carenza e illogicità della motivazione per essere state qualificate come violazioni dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 le cessioni di stupefacente a NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno riferito di essere clienti stabili dell’indagato e di aver acquistato eroin da lui: COGNOME, per sei mesi; COGNOME, per circa due anni e con estrema frequenza (ogni due o tre giorni). Il ricorrente osserva che, se complessivamente
considerate, le cessioni così descritte sono necessariamente riferite a quantitativi rilevanti di sostanza. Sottolinea che, se l’indagato fosse stato trovato in possesso della sostanza che ha complessivamente ceduto, il fatto sarebbe stato certamente qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90, mentre la circostanza che si sia trattato di modiche cessioni reiterate nel tempo ha consentito al Tribunale di ritenere ciascun fatto di lieve entità e di qualificare come di lieve entità la condott complessivamente considerata. Tale conclusione – sostiene il ricorrente – è manifestamente illogica perché considera più grave la mera detenzione di una quantità rilevante di sostanza piuttosto che la concreta cessione, protrattasi nel tempo, di quantitativi modesti della stessa sostanza: annette dunque maggiore offensività a una condotta che ancora non ha recato danno alla salute pubblica rispetto a quella che invece ha prodotto tale danno perché si è concretizzata in una cessione e nella concreta assunzione di sostanza da parte dell’acquirente finale.
Il Procuratore generale ha depositato memoria scritta chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Nel definire i principi ermeneutici cui ci si deve attenere nell’applicare l’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90 la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che tale valutazione deve essere compiuta in concreto, tenendo conto non solo del dato qualitativo e quantitativo, ma anche dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione (cfr., da ultimo, Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076). Come opportunamente chiarito dalla sentenza citata (pag. 16 della motivazione), «ritenere che la valutazione degli indici di lieve entità elencati dal comma 5 dell’art. 73 debba essere complessiva, significa certamente abbandonare l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo o escludendo la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri». Implica però, allo stesso tempo, «che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo» e possano instaurarsi tra gli stessi rapporti di compensazione o neutralizzazione idonei a consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie.
Sulla base di questi principi è stata ritenuta legittima la scelta di non applicare l’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 «nel caso in cui l’attività di spaccio è svolta in un contesto organizzato le cui caratteristiche, quali il controllo di un’apprezzabile zona del territorio, l’impiego di mezzi funzionali a tale scopo, l’accertata reiterazione delle condotte e la disponibilità di tipologie differenziate di sostanze pur se in quantitativi non rilevanti, sono sintomatiche della capacità dell’autore del reato di diffondere in modo sistematico lo stupefacente» (Sez. 2, n. 5869 del 28/11/2023, dep. 2024, Costa, Rv. 285997). Per converso, si è ritenuto che i precedenti penali specifici «non hanno alcun valore preclusivo» ai fini della configurabilità del fatto di lieve entità «risultando gli stessi estranei agli in sintomatici previsti dalla disposizione» (Sez. 3, n. 13120 del 06/02/2020, COGNOME, Rv. 279233; Sez. 6, n. 8243 del 12/12/2017, dep. 2018, Scardia, Rv. 272378).
Con riferimento alle attività di spaccio non occasionali e continuative, la giurisprudenza di legittimità ha escluso l’incompatibilità tra questo tipo di condotte e l’ipotesi lieve osservando che, ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/90, un’associazione può costituirsi per commettere i fatti descritti dal quinto comma dell’art. 73, e ciò comporta che possano essere configurati «come lievi anche gli episodi che costituiscono attuazione del programma criminoso associativo» (Sez. 3, n. 14017 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272706; Sez. 6, n. 39374 del 03/07/2017, RAGIONE_SOCIALE Batouchi, Rv. 270849; Sez. 6, n. 48697 del 26/10/2016, Tropeano, Rv. 268171; Sez. F, n. 39844 del 13/08/2015, Bannour, Rv. 264678).
Di recente, inoltre, il decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, ha modificato l’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 introducendo un secondo periodo in base al quale: «Chiunque commette uno dei fatti previsti dal primo periodo è punito con la pena della reclusione da diciotto mesi a cinque anni e della multa da euro 2.500 a euro 10.329, quando la condotta assume caratteri di non occasionalità».
La riforma fornisce avallo normativo alla tesi secondo la quale l’ipotesi lieve non può essere esclusa sol perché l’attività di spaccio non è occasionale. Prevede infatti un autonomo e più grave trattamento sanzionatorio per i fatti che, pur non occasionali, siano di lieve entità «per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze». Ne risulta confermato il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale per applicare l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 il giudice di merito deve compiere una valutazione complessiva del fatto tenendo conto dei mezzi, delle modalità, delle circostanze dell’azione, della qualità e della quantità della sostanza (anche con riferimento specifico alla percentuale di purezza della stessa). Come è stato più volte sottolineato, infatti, solo in questo modo è possibile formulare un giudizio sulla lieve entità del fatto che sia fondato su elementi
concreti e consenta il controllo da parte del giudice di legittimità sul percorso giustificativo seguito nel merito per affermare o negare la configurabilità dell’ipotesi lieve. Non si può ignorare, peraltro, che, come anche le Sezioni unite hanno riconosciuto, «la fattispecie di lieve entità costituisce “strumento” di riequilibrio e “riproporzionannento” del sistema sanzionatorio in materia di stupefacenti in relazione a casi concreti nei quali, per la complessiva non gravità della condotta, il principio di offensività verrebbe sostanzialmente “tradito” applicando le più severe pene previste per le diverse fattispecie incriminatrici» (in tal senso Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018. COGNOME, Rv. 274076, pag. 13 della motivazione; Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959; Sez. 3, n. 12551 del 14/02/2023, COGNOME, Rv. 284319; Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023, COGNOME, Rv. 285706).
Alla luce dei principi esposti si deve concludere che le censure formulate dal Pubblico Ministero ricorrente non colgono nel segno quando valorizzano la non occasionalità della condotta e i precedenti penali dell’indagato per escludere la lieve entità dei fatti in relazione ai quali è stata applicata la misura cautelare.
Secondo il ricorrente ,sarebbe manifestamente illogico ritenere di lieve entità reiterate cessioni di modiche quantità di stupefacenti quando dalla somma di tali cessioni è possibile desumere la complessiva disponibilità di una quantità di sostanza la cui detenzione in un’unica soluzione non sarebbe considerata di lieve entità.
Si tratta di un argomento suggestivo che, tuttavia, non coglie nel segno: in una valutazione complessiva del fatto che tenga conto dei mezzi, delle modalità, delle circostanze dell’azione, della qualità della sostanza e della sua quantità, non è affatto irrilevante che la detenzione di un certo quantitativo di stupefacente avvenga in un’unica soluzione o invece si realizzi nel corso del tempo. Non è irrilevante, infatti, che sia detenuta una quantità di sostanza idonea ad essere contestualmente distribuita sul mercato dello spaccio o siano detenute invece singole dosi, di volta in volta destinate ad uno o più consumatori determinati. Non è manifestamente illogico, inoltre, che queste diverse modalità di realizzazione del fatto possano concretamente incidere sulla sua qualificazione giuridica.
In conclusione – e fermo restando che la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del tribunale in sede di riesame ha effetto limitato al procedimento incidentale “de libertate” (Sez. 6, n. 16202 del 11/03/2021, Voza, Rv. 280900; Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020, P., Rv. 279211) – la motivazione con la quale l’ordinanza impugnata ha qualificato i fatti ascritti a NOME ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 resiste alle censure del ricorrente. Ed
invero, non è manifestamente illogico – e non contrasta con i principi di diritto che regolano la materia – aver ritenuto che i precedenti specifici e la non occasionalità della condotta non precludano l’applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90. Non è manifestamente illogico, inoltre, aver valorizzato i modesti quantitativi detenuti e ceduti, il prezzo pagato dagli acquirenti per ciascuna cessione, il limitato ambito territoriale nel quale lo spaccio avveniva, per considerare l’attività ascritta all’indagato come un «piccolo spaccio seriale» e, quindi, come un fatto non occasionale, ma di lieve entità.
5 Per quanto esposto, il ricorso proposto dal Pubblico Ministero contro l’ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia non può trovare accoglimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 22 maggio 2024
Il Consigli e estensore
Il Presidente