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Fatto di lieve entità: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La richiesta di riconoscere il fatto di lieve entità è stata respinta a causa dell’ingente quantitativo di stupefacente (oltre 800 dosi), del denaro rinvenuto e degli strumenti per il confezionamento, elementi che escludono la minore gravità del reato. La Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non può rivalutare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando Quantità e Modalità Escludono l’Attenuante

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione su come viene valutato il fatto di lieve entità nei reati di droga. Anche se un imputato spera in una pena più mite, la presenza di specifici elementi qualitativi e quantitativi può rendere questa strada impraticabile. Analizziamo come i giudici di legittimità hanno confermato la decisione di merito, dichiarando inammissibile un ricorso che cercava di ottenere proprio questo riconoscimento.

Il Caso: Droga, Contanti e una Cassaforte Sospetta

I fatti alla base della vicenda giudiziaria sono chiari e dettagliati. A seguito di perquisizioni personali e domiciliari, un soggetto è stato trovato in possesso di una quantità di cocaina sufficiente a confezionare oltre 806 dosi medie singole. Oltre alla sostanza, le forze dell’ordine hanno rinvenuto una somma di 6.070 euro in banconote di vario taglio e l’attrezzatura necessaria per il confezionamento dello stupefacente, come carta argentata e una macchina termosaldante.

Un dettaglio cruciale è stato il luogo del ritrovamento: gran parte del denaro e della droga erano occultati in una cassaforte mobile, nascosta sotto il letto dell’imputato. Interrogato sulla provenienza, l’uomo ha fornito una spiegazione vaga e generica, attribuendo la disponibilità della cassaforte a terze persone di cui non conosceva le generalità.

I Motivi del Ricorso e l’Esclusione del Fatto di Lieve Entità

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. La richiesta di riqualificare il reato nell’ipotesi più lieve prevista dalla legge (il cosiddetto fatto di lieve entità).
2. La contestazione della recidiva, che aveva comportato un aggravamento della pena.

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare la sua condotta di minima gravità. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto il primo motivo del tutto inammissibile, spiegando che le argomentazioni proposte non erano altro che “mere doglianze in punto di fatto”. In pratica, l’imputato stava chiedendo alla Suprema Corte di riesaminare le prove e dare una lettura dei fatti diversa da quella, ben motivata, dei giudici di merito, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

La Recidiva e la Professionalità del Reato

Anche il secondo motivo, relativo alla recidiva, è stato rigettato. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato l’aggravante, evidenziando che l’imputato non era nuovo a reati simili. Aveva infatti precedenti penali specifici e, per sua stessa ammissione, traeva i propri mezzi di sostentamento dall’attività illecita, non avendo un lavoro lecito.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha confermato l’impianto accusatorio e le conclusioni dei giudici di merito, sottolineando come la sentenza impugnata avesse analiticamente spiegato perché il fatto non potesse essere considerato di lieve entità. Gli elementi decisivi sono stati:

* Quantità: Il potenziale di ricavare oltre 800 dosi è un indice oggettivo di una notevole offensività.
* Mezzi: La presenza di strumenti per il confezionamento e di una somma di denaro così cospicua indica una attività non occasionale.
* Modalità di occultamento: Nascondere droga e denaro in una cassaforte sotto il letto denota una particolare astuzia e premeditazione, incompatibili con una condotta di lieve entità.
* Condotta dell’imputato: Le spiegazioni generiche e inverosimili fornite dall’imputato hanno ulteriormente indebolito la sua posizione.

La Cassazione ha chiarito che il ricorso era inammissibile anche perché le censure erano una mera riproposizione di argomenti già vagliati e respinti con motivazioni logiche e giuridicamente corrette, senza che il ricorrente indicasse specifici travisamenti delle prove.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel processo penale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” dove si può ridiscutere la valutazione delle prove. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge. Nel caso specifico, la decisione di escludere il fatto di lieve entità era basata su una valutazione complessiva di elementi oggettivi (quantità, mezzi) e soggettivi (precedenti, stile di vita), che la difesa non è riuscita a scalfire con censure ammissibili. Questa pronuncia serve da monito: per ottenere l’attenuante della lieve entità, non basta solo un dato quantitativo basso, ma è necessario che l’intera condotta, valutata in ogni suo aspetto, dimostri una minima offensività, cosa che in questo caso era palesemente esclusa.

Quando un reato di droga non può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
Secondo l’ordinanza, il fatto non è di lieve entità quando sono presenti indici significativi di gravità, come un quantitativo di sostanza da cui è possibile ricavare un numero elevato di dosi (in questo caso oltre 800), il possesso di una cospicua somma di denaro, la disponibilità di strumenti per il confezionamento e modalità di occultamento che denotano astuzia (come una cassaforte nascosta).

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure presentate dall’imputato erano considerate ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, l’imputato non contestava errori di diritto, ma chiedeva alla Corte di rivalutare le prove e i fatti del caso, un’attività che non è consentita in sede di legittimità. Il ricorso era una semplice riproposizione di argomenti già respinti dai giudici di merito.

Come influiscono i precedenti penali sulla decisione?
I precedenti penali specifici dell’imputato hanno avuto un ruolo decisivo nel far applicare correttamente l’aggravante della recidiva. La Corte ha osservato che l’imputato era già stato condannato più volte per reati analoghi e che, per sua stessa ammissione, traeva sostentamento dall’attività illecita, essendo privo di un lavoro lecito. Questo quadro ha dimostrato una propensione al crimine, giustificando una pena più severa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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