Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12476 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12476 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MANDURIA il 17/05/1989
avverso la sentenza del 16/02/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 16 febbraio 2024, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce del 16 dicembre 2021, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale COGNOME NOME era stato condannato, per il reato di cui all’art. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990, per detenzione, a fini di spaccio, di 1.532,816 grammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana;
che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di doglianza, vizi della motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, malgrado la sussistenza di elementi di segno contrario, quali le circostanze fattuali del sequestro della sostanza (non occultata e subito dichiarata legale dal ricorrente) e l’assenza di altri elementi sintomatici dell’attività di spaccio;
che, oltre a ciò, i giudici di merito avrebbero erroneamente omesso di confrontare il dato ponderale puro con il dato qualitativo della sostanza medesima, avente un principio attivo di thc pari a 1,2, cioè di poco superiore alla soglia della punibilità.
Considerato che il ricorso è inammissibile, giacché meramente riproduttivo di doglianze già esaminate e motivatamente disattese nel giudizio di secondo grado, diretto altresì a sollecitare una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di un’alternativa “rilettura” del quadro probatorio, già adeguatamente valutato dai giudici di merito, con coerenti e conformi argomentazioni;
che, invero, la motivazione della sentenza impugnata risulta pienamente sufficiente e logicamente coerente, allorché giustifica la mancata qualificazione dei fatti di reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, sulla base dell’ingente dato qualitativo e quantitativo della sostanza, essendo emerso dagli accertamenti tecnici che la sostanza sequestrata conteneva mg 20.204,8 di Delta9-thc puro, idonei al confezionamento di ben 808 dosi, ragionevolmente sintomatici della capacità dell’imputato di commerciare stupefacenti in maniera non episodica né occasionale;
che, dunque, il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione del principio di diritto consolidato secondo cui l’ipotesi del fatto lieve deve essere valutata alla stregua di tutti i parametri di legge, costituiti dal dato qualitativo quantitativo, mezzi, modalità, circostanze dell’azione, con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/04/2015, Rv. 263651);
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.